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Volume 30, capitolo 2, puntate 52-59 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:02

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Volume 30, capitolo 2, puntate 52-59

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

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«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Seguite le puntate che il presidente Ikeda sta scrivendo ogni giorno pubblicate su
www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[52] Shin’ichi si presentò al meeting di scambio dei responsabili per fare Gongyo insieme ai membri e pregare affinché il viaggio di ritorno dei compagni giunti dallo Shikoku si svolgesse senza incidenti, e per la salute di tutti i partecipanti e la prosperità delle loro famiglie.
Nella sala vide diversi visi noti che destavano in lui cari ricordi. Via via che Shin’ichi incontrava i compagni, rivolgeva loro qualche parola di incoraggiamento.
Poi si rivolse ai responsabili uomini dello Shikoku: «I responsabili non devono mai essere prepotenti o rimproverare i membri. Devono trattarli sempre con la massima cura e rispettarli come i figli del Budda. Il maestro Josei Toda a volte rimproverava i discepoli, ma c’erano sempre delle ragioni profonde per farlo.
In primo luogo ciò accadeva quando voleva allenarli nella fede, affinché potessero contribuire alla causa di kosen-rufu ed elevare lo stato vitale al suo stesso livello, con l’intenzione di affidare loro ogni cosa. Pensando all’importante responsabilità che alcuni membri si erano assunti nell’organizzazione, poteva anche redarguirli severamente.
In secondo luogo, egli rimproverava alcuni discepoli per sconfiggere le funzioni demoniache che ostacolavano la loro crescita nella fede, per risvegliare in loro il desiderio di alzarsi e combattere contro di esse. Ci sono persone tutte d’un pezzo, talmente franche che poi non riescono ad andare d’accordo con gli altri; altre hanno la tendenza a cadere nell’autodistruzione; altre ancora cercano sempre di evitare le difficoltà, o nei momenti critici scaricano la responsabilità sugli altri mentendo e usando sotterfugi. Queste tendenze, così come la furbizia, la codardia e le debolezze che si celano dietro a esse, si trasformano in malvagità e in funzioni demoniache che impediscono di crescere nella fede e di imboccare la strada della felicità. Il maestro Toda in questo caso riprendeva i membri perché potessero rendersi conto della natura negativa di quelle tendenze e decidere di reciderle.
In terzo luogo, redarguiva i membri per porre fine ai fastidi che arrecavano a molte persone, alle azioni che potevano incrinare l’unità di kosen-rufu, per il bene dei membri e di tutti gli altri.
In ogni occasione la determinazione del maestro Toda era sorretta nel profondo dall’immensa compassione di togliere la sofferenza e dare gioia. Non deve mai accadere, assolutamente, che si rimproverino i compagni di fede imitando superficialmente le azioni e le parole del maestro, senza neanche comprenderle. Nessun responsabile ne ha il diritto. Anche quando desideriamo correggere gli errori degli altri, è importante dialogare con pazienza per far comprendere bene».

[53] Shin’ichi chiedeva informazioni ai partecipanti sulla loro situazione e, traendo spunto da semplici argomenti, incoraggiava le persone spiegando loro quale fosse l’atteggiamento nella fede, in particolare dei responsabili.
Erano tutti in attesa di quei discorsi che spaziavano così liberamente.
Shin’ichi si soffermò sull’atteggiamento dei responsabili verso i membri. «Vi prego di rispettare sempre il pensiero dei membri e di stare attenti a non ferirli in alcun modo. Ovviamente tra loro vi sono persone di ogni tipo. Non è detto che tutti accettino di ascoltare i vostri consigli. In qualità di leader gli sforzi da fare sono tanti, ma ricordate che l’allenamento nella pratica buddista risiede proprio in questo atteggiamento di avvolgere tutti con un grande cuore, di dedicarsi fino in fondo affinché tutti diventino felici e di incoraggiare con grande pazienza ogni singola persona. Tutti questi sforzi si tramuteranno nella vostra buona fortuna, nei vostri benefici. Nelle parole della canzone dei pionieri della Soka Gakkai, I veri uomini del Giappone, non vi è forse un verso che recita “con una compassione che avvolge il mare intero“? Non va bene cantarlo senza metterlo in pratica, non credete?».
Una risata si propagò per la sala.
«Facciamo Gongyo, allora!» disse Shin’ichi, che guidò la cerimonia.
La voce del Gongyo e del Daimoku del maestro e dei discepoli che giuravano solennemente di impegnarsi per la realizzazione di kosen-rufu risuonò con un ritmo vigoroso e dinamico. Alle tre e mezza di pomeriggio, nella sala all’ottavo piano del Centro culturale, Shin’ichi pranzò insieme ai membri dei Gruppi uomini e donne, prestando ascolto ai loro resoconti.
I giovani che si trovavano al quinto piano si unirono a loro ed ebbero inizio degli spettacoli preparati per l’occasione. Il coro cantò la canzone Lasciandomi alle spalle Tosa, la terra del sud, poi seguirono altri spettacoli quali la Danza di Awa [danza folkloristica di Tokushima, n.d.t.].
Shin’ichi si rivolse ai membri dicendo: «Facciamo in modo che sia un pranzo piacevole», e applaudì senza risparmiarsi ciascuno degli spettacoli messi in scena. Quando le canzoni e le danze terminarono, Shin’ichi disse: «Allora tocca a me! Suonerò per voi il pianoforte», e si mise a intonare La canzone di Atsutamura.
Mentre le sue dita scorrevano sulla tastiera, pregava profondamente in cuor suo che tutti avanzassero con vigore coltivando nel cuore, proprio come il maestro Toda, il coraggio e l’entusiasmo di affrontare da soli qualsiasi bufera. Le prove della vita forgiano le persone. Per questo coloro che affrontano con coraggio le avversità che ostacolano il progresso di kosen-rufu, sono le persone più coraggiose.

[54] Shin’ichi eseguì al pianoforte i brani I tre martiri di Atsuhara e Sakura. Suonando pregava in cuor suo che tutti i membri crescessero sorretti da un vigoroso coraggio, e che giungesse per tutti la primavera della vita capace di far sbocciare i fiori di ciliegio della felicità.
Egli pensò tra sé: «L’impresa coraggiosa compiuta dai compagni dello Shikoku che, in un momento come questo, facendo ardere il loro cuore di spirito di ricerca e superando un mare tempestoso, sono giunti fin qui a Yokohama, brillerà meravigliosamente nelle pagine della storia di kosen-rufu e verrà tramandata in eterno. Quando la Gakkai si trova in difficoltà, l’importante è come agiamo e come cerchiamo di aprire una nuova breccia».
«Per concludere – proseguì Shin’ichi – vorrei suonarvi Dainanko. Spero di rivedervi presto».
Così dicendo ritornò al pianoforte. Tutti ascoltarono con attenzione la sua esecuzione e, sovrapponendo l’immagine di Kusunoki Masashige e del figlio Masatsura celebrati dalla canzone con quella del maestro e dei discepoli Soka, giurarono in cuor loro: «Porteremo assolutamente avanti lo spirito della Soka Gakkai. Qualsiasi cosa accada, apriremo fino in fondo la strada al cammino di kosen-rufu. Lo Shikoku non si lascerà sconfiggere. Riusciremo certamente a far sventolare il vessillo di vittoria della Soka Gakkai».
Gli occhi di quei compagni ardenti di spirito di ricerca luccicavano di lacrime. Fecero tre “urrà” per la Soka Gakkai dello Shikoku e tra gli applausi che risuonavano per la sala, il pranzo si concluse. Shin’ichi disse: «Vi ringrazio. State bene! Oggi verrò a salutarvi alla partenza. Vi prego di trasmettere i miei saluti ai vostri familiari e a tutti i compagni dello Shikoku che sono rimasti a casa. In particolare, prego voi giovani di aver cura dei vostri genitori».
Quando i membri dello Shikoku lasciarono il Centro culturale di Kanagawa era già calata la notte. Circa duecento membri di Kanagawa si radunarono sul molo per salutarli mentre salivano sulla nave.
La banda musicale accompagnava la loro partenza con le note della canzone dello Shikoku La nostra amata terra, mentre dalla nave venivano lanciati nastri multicolori. Dopo che i membri di Kanagawa intonarono insieme, con entusiasmo, la canzone della loro prefettura Ah, il sole sorge, tutti si misero a cantare Avanti verso kosen-rufu (Kofu-ni-hashire) e La canzone della dignità indomita (Ifu-dodo).
I cuori di questi amici della Legge mistica si fusero in un tutt’uno, mentre le voci del coro si innalzavano nel cielo stellato.

[55] La sirena a vapore che segnalava la partenza della Sunflower 7 risuonò sul mare avvolto dall’oscurità notturna. I membri dello Shikoku erano usciti sul ponte, mentre la nave si allontanava silenziosamente dalla banchina.
I membri di Kanagawa che si erano riuniti sul molo per salutare i compagni in partenza, agitando la mano gridavano: «Arrivederci! Venite ancora!». Sulla riva si ergeva il Centro culturale di Kanagawa con le finestre illuminate che rischiaravano tutto intorno, insieme alle luci della città di Yokohama.
Poi, improvvisamente, tutte le luci del Centro culturale si spensero. Da una finestra dell’ultimo piano si distinsero delle lucine che si accendevano e si spegnevano. Al telefono di bordo giunse un messaggio: «Il maestro Yamamoto e sua moglie vi stanno inviando dei messaggi luminosi con le torce elettriche, dall’ultimo piano, li vedete?».
Il messaggio venne immediatamente trasmesso ai membri tramite gli altoparlanti della nave. Rivolti verso quelle luci all’ultimo piano del Centro, tutti sul ponte agitavano le mani gridando a squarciagola con tutte le loro forze: «Sensei! Lo Shikoku ce la metterà tutta!», «Non si preoccupi!», «Saremo i precursori di kosen-rufu nelle nostre comunità!».
Tutti avevano gli occhi velati di lacrime. Shin’ichi e sua moglie Mineko continuarono ininterrottamente ad agitare le torce, finché la nave svanì all’orizzonte. Non riuscivano più a udire le voci dei membri che continuavano a gridare dalla nave che si allontanava. Tuttavia, entrambi potevano sentire distintamente la voce del cuore di quei compagni.
Le luci di quelle torce divennero fiaccole di coraggio e di speranza che non si sarebbero mai più spente nel cuore dei membri dello Shikoku.
Nichiren Daishonin afferma: «La grande distanza percorsa da queste persone è indicativa della loro devozione» (RSND, 2, 965).
Coloro che coltivano lo spirito di ricerca possono sempre contare su un grande potenziale di crescita, possono percepire la gioia e la gratitudine che si trasformano in una forza enorme per compiere nuovi passi avanti.
Quella sera Shin’ichi recitò Daimoku affinché la nave non venisse scossa dalle onde e tutti tornassero a casa senza incidenti.
La mattina dopo si mise in contatto con il personale di bordo e inviò un nuovo messaggio: «Trasmettete i più calorosi saluti ai compagni che non sono potuti venire!». Anche la mattina seguente si informò per sapere se tutti i membri stavano bene. Per Shin’ichi i discepoli erano il tesoro più prezioso, il sole che avrebbe illuminato il futuro.

[56] Il 17 febbraio, dopo un mese dall’arrivo dei membri dello Shikoku al Centro culturale di Kanagawa con la nave Sunflower 7, ottantasei giovani donne si recarono al Centro culturale di Tachikawa, nell’area metropolitana di Tokyo, dove si trovava Shin’ichi.
Venivano dal lontano hombu di Amami Oshima, un’isola situata nella prefettura di Kagoshima.
Il primo febbraio dell’anno precedente, Shin’ichi aveva partecipato a una riunione dei responsabili del Kyushu presso il loro Training center, poco prima della visita in India che avrebbe coronato il completamento del ciclo delle “sette campane”.
Tra i partecipanti, giunti dalle varie prefetture del Kyushu, c’erano anche alcune rappresentanti delle giovani donne di Amami.
In quell’occasione Shin’ichi fece delle foto ricordo insieme ai membri presso il Training center e disse alle giovani donne: «Se avete delle richieste, parlatene dopo con la responsabile delle giovani donne. Potete rivolgervi a lei per qualunque cosa, senza fare complimenti. Per quanto mi è possibile, vorrei soddisfare tutte le vostre richieste, poiché siete le preziosissime compagne di Amami che avete continuato a lottare e ad accumulare sforzi su sforzi nelle vostre isole lontane».
Una rappresentante di Amami espresse così il desiderio di tutte le compagne alla responsabile delle giovani donne: «La preghiamo di darci la possibilità di organizzare una recitazione per le giovani donne del nostro hombu presso il Centro delle giovani donne Soka!».
Il Centro dedicato alle giovani donne era stato inaugurato nel dicembre del 1977 nel quartiere di Shinanomachi, a Tokyo, e da allora le giovani donne di tutto il paese desideravano visitarlo. Shin’ichi diede il pieno consenso a quella richiesta.
Le ragazze promisero: «Riuniamoci insieme al maestro Yamamoto, il nostro maestro di kosen-rufu, creando in ciascuna delle nostre comunità una potente ondata di espansione del movimento di kosen-rufu!».
I preti della Nichiren Shoshu continuavano a lanciare i loro ignobili attacchi alla Gakkai, ma nonostante quelle circostanze così critiche, i membri si dedicavano con tutto il cuore alla diffusione del Buddismo facendo ardere il loro entusiasmo e innalzando il vessillo della giustizia Soka.
Dopo tre mesi dal loro incontro presso il Training center del Kyushu, Shin’ichi rassegnò le dimissioni da presidente. Per loro era come se il sole fosse stato improvvisamente offuscato da una spessa coltre di nubi. Tuttavia, non abbandonarono la loro determinazione pensando: «In una situazione come questa, rassicuriamo il nostro maestro con una meravigliosa vittoria nell’espansione del Buddismo!».
Le avversità sono occasioni decisive in cui il valore autentico di un essere umano viene messo alla prova.

[57] In passato, in un’area dell’isola di Amami Oshima, i membri della Gakkai erano stati vittime di violente persecuzioni. Subivano continui maltrattamenti, come la confisca del Gohonzon e la perdita del posto di lavoro a opera delle persone più influenti dei villaggi. Si trovavano inoltre nell’impossibilità di acquistare i generi di prima necessità.
Furono persino organizzate manifestazioni con cortei di automobili per ottenere la loro espulsione dall’isola.
Le giovani donne di Amami sin da bambine erano state testimoni degli sforzi tenaci dei loro genitori per propagare il Buddismo del Daishonin per la propria e l’altrui felicità, e delle lacrime amare che cercavano di trattenere in quelle condizioni così avverse.
Rei Osada, responsabile delle giovani donne dell’hombu di Amami Oshima, era una di quelle ragazze. Quando aveva appena un anno perse il padre in un naufragio.
La madre, cagionevole di salute, si occupava da sola dell’educazione sua e della sorella, mentre guadagnava da vivere per tutta la famiglia confezionando kimono. Vivevano in uno stato di profonda indigenza. La famiglia aderì alla Soka Gakkai nel 1958.
La madre si dedicava con il massimo impegno all’attività, convinta che solo la fede avrebbe potuto aiutarle a trasformare il karma e a diventare felici.
E così, giorno dopo giorno cominciò a percepire la speranza e la voglia di vivere, la sua salute migliorò, e gradualmente cominciò a sentire sempre più convinzione e a maturare una forte fede. Pur essendo una persona di poche parole, si dedicava incessantemente alle attività per la propagazione del Buddismo portando con sé Rei, che allora frequentava la scuola elementare. Ma in quella zona erano fortemente radicate antiche abitudini. Spesso le persone che andava a trovare a casa le esprimevano il loro disprezzo o la deridevano, oppure la coprivano di insulti, ma lei non si dava per vinta.
Dichiarava con fermezza: «La fede propagata dalla Gakkai è assolutamente corretta. Con questa pratica si diventa sicuramente felici».
Rei aveva l’impressione di vedere lo splendore e la forza degli esseri umani attraverso la figura della madre che desiderava con tutta se stessa la felicità delle persone. Quando frequentava l’ultimo periodo delle elementari, sua madre prese un’influenza che, aggravandosi, le provocò una febbre talmente alta che la borsa del ghiaccio si scioglieva subito. Rei l’assistette per un’intera notte. Mentre era a letto malata, la madre le ripeteva: «Se mi dovesse succedere qualcosa, mi raccomando, non ti allontanare mai dalla Gakkai! Se c’è una cosa che non dovrai mai abbandonare, è il Gohonzon…».
Quelle parole rimasero incise nel profondo della vita della bambina.
Intanto la madre, che si era ristabilita, ricominciò a dedicarsi con vitalità alle attività della Gakkai. Gli ordini di kimono aumentarono e la famiglia poté condurre una vita economicamente stabile.
Quando sperimentiamo i benefici della pratica buddista possiamo coltivare una forte convinzione e rafforzare sempre di più la nostra fede.

[58] In un momento in cui le critiche alla Gakkai da parte del clero della Nichiren Shoshu si erano fatte particolarmente aspre, Rei Osada venne chiamata dalla moglie del prete capo del tempio locale.
Dopo aver ascoltato ogni genere di insulti sulla Gakkai, si ritrovò costretta a scegliere: o il clero o la Gakkai.
Rei rispose in tono risoluto: «È la Gakkai che ci ha insegnato la pratica buddista. Chi ci ha sempre incoraggiato sono stati il maestro Yamamoto e i compagni di fede della Gakkai, non certo i preti!».
Le giovani generazioni che avrebbero avuto la responsabilità della nuova epoca avevano indubbiamente ereditato lo spirito combattivo di “non arrendersi mai”, che si trasmetteva ad Amami. Le dimissioni di Shin’ichi dall’incarico di presidente furono per le giovani donne di Amami un evento sconvolgente. Ma Rei Osada si appellò a tutte loro dicendo: «Proprio in un momento come questo, riportiamo la vittoria della Soka e rechiamoci dal maestro Yamamoto a Tokyo, al Centro Soka delle giovani donne!». E così andò a incoraggiare le giovani donne nelle varie isole dell’arcipelago di Amami.
L’hombu che comprendeva Amami Oshima e le isole secondarie era molto esteso. C’erano ben otto isole abitate, inclusa Amami Oshima, dove viveva Rei. Per raggiungere l’isola Tokunoshima, ad esempio, ci volevano tre ore di traghetto, mentre per recarsi all’isola Okinoerabujima ce ne volevano cinque, e per l’isola di Yoron sette. Da queste isole le giovani leader che facevano ardere nel loro cuore il voto di kosen-rufu avevano intrapreso un’allegra marcia di speranza per propagare l’insegnamento buddista.
Potrà esserci lontananza geografica, ma non esiste alcuna distanza tra i cuori del maestro e del discepolo che avanzano per realizzare kosen-rufu. Né l’immensità del mare, né le vette impervie delle montagne potevano dividere quei cuori. Anzi, il legame spirituale che li univa si approfondì e si rafforzò ulteriormente.
Il 17 febbraio del 1980, le giovani donne dell’hombu di Amami Oshima arrivarono con due pullman al Centro culturale di Tachikawa, dove le attendeva Shin’ichi. Erano ottantasei ragazze provenienti dalle isole di Amami Oshima, Kakeromajima, Tokunoshima e Okinoerabujima.
I volti di quelle compagne lì riunite per aprire un capitolo di storia vittoriosa, dopo essersi sfidate in un’impresa senza precedenti, erano raggianti e luminosi.
Le persone che lottano sono belle, perché nella loro vita risplende la luce meravigliosa della gioia.

[59] Erano da poco passate le nove di sera del 15 febbraio quando le giovani donne di Amami lasciarono il porto di Naze, nell’isola di Amami Oshima. Dopo un viaggio di undici ore in traghetto, la mattina del 16 febbraio giunsero a Kagoshima e da lì, in aereo, si diressero verso Tokyo. Arrivarono all’aereoporto di Haneda dopo le tredici. Poi visitarono la circoscrizione di Edogawa, con la quale i membri di Amami avevano creato forti legami, e parteciparono a un meeting di scambio e a un seminario con le giovani donne del luogo.
La sera giunsero finalmente davanti al Centro culturale delle giovani donne, un momento atteso da tanto tempo. La temperatura era intorno ai due gradi. I loro respiri erano bianchi per il gelo. Non avevano mai provato quel freddo ad Amami, dove le temperature medie a febbraio superavano sempre i 15 gradi. Ma il cuore di ognuna ardeva di passione.
Non appena Shin’ichi fu informato che le giovani donne erano partite da Amami Oshima, cominciò a recitare Daimoku pregando affinché non ci fossero incidenti durante il viaggio. Pensando poi che le giovani amiche provenienti dai caldi mari del sud avrebbero patito il freddo di Tokyo, fece preparare per loro una tipica zuppa calda [chiamata oshikuro: dessert giapponese con fagioli azuki, n.d.t.].
Presso il Centro culturale le giovani donne levarono grida di gioia di fronte a quel dessert, espressione della premura di Shin’ichi, e lo gustarono fino a fondo.
Fecero Gongyo guidato da Yuko Machino, responsabile delle giovani donne da maggio dell’anno precedente, e assaporarono la gioia della vittoria per aver mantenuto la loro promessa. Seppero poi dal presidente Kiyoshi Jujo che il maestro Yamamoto nutriva grandi aspettative nei confronti dei compagni di Amami. Il loro cuore si riempì di gioia nell’attesa dell’incontro con il maestro.
La mattina del giorno dopo visitarono la sede della Soka Gakkai e del giornale Seikyo, e nel pomeriggio si diressero con dei pulmann noleggiati per l’occasione verso il Centro culturale di Tachikawa, dove si trovava il maestro Yamamoto.
Shin’ichi aspettava con impazienza il loro arrivo e continuava a chiedere: «Le giovani donne di Amami non sono ancora arrivate?».
Pensava agli incredibili sforzi di queste giovani che continuavano a incoraggiare i membri e a dialogare sul Buddismo in realtà difficili come quelle delle isole lontane, dove i collegamenti non erano dei migliori e i compagni si trovavano a camminare la sera guardandosi dai serpenti velenosi habu. Shin’ichi, che desiderava incoraggiare al più presto questi membri, non riusciva a stare fermo con le mani in mano.
La fede non dipende dall’età o dal ruolo che si ricopre. Coloro che lottano con spirito sincero per kosen-rufu e aprono le porte al futuro sono i più preziosi tesori della Soka Gakkai.
Questo era il sentimento di Shin’ichi, era la sua ferma convinzione.

(continua)

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