Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Capitolo 2, puntate 12-17 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:33

614

Stampa

Capitolo 2, puntate 12-17

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Dimensione del testo AA

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Seguite le puntate che il presidente Ikeda sta scrivendo ogni giorno pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[12] Continuando a praticare con tenacia nonostante le avversità, Torao Tamori iniziò a vendere il pane all’ingrosso in alcune mense scolastiche, mentre nel suo negozio i clienti stranieri aumentavano.
Riuscì inoltre a vendere i suoi prodotti in un’importante pasticceria, mentre la sua panetteria acquisiva ben presto una salda reputazione a Karuizawa. Inoltre non si limitò a mostrare la prova concreta negli affari, ma si sforzò di contribuire allo sviluppo della città e alla felicità delle persone della sua comunità. Con il suo atteggiamento dissipò i pregiudizi e i malintesi sulla Gakkai e numerose persone ne divennero sostenitrici.
Conversando con i coniugi Tamori presso il Training center di Nagano, Shin’ichi decise di organizzare per il giorno seguente una riunione informale, nella caffetteria situata al piano superiore del negozio, a cui invitare alcuni rappresentanti dei membri locali.
In quell’occasione Shin’ichi riferì delle affermazioni che il suo maestro Josei Toda aveva fatto nell’estate del 1957, quando era accorso da lui a Karuizawa.
«Il maestro Toda amava molto questo paesaggio con i suoi monti che alla luce del sole assumono mille riflessi, e l’acqua limpida dei fiumi, e provando una sincera emozione disse: “In futuro, vorrei tanto organizzare qui dei corsi estivi”. Creando in questa terra un Centro per i corsi della Soka Gakkai, sono riuscito a fare un ulteriore passo in avanti nella realizzazione dei desideri del mio maestro. Non passerà molto tempo prima che nel Centro culturale di Nagano si riuniscano rappresentanti dei membri di tutto il paese, anzi, di tutto il mondo. In altre parole, esso diventerà sicuramente una sorgente di energia per il conseguimento di kosen-rufu. Per rendere possibile tutto ciò, costruite qui, nella prefettura di Nagano, una Soka Gakkai che possa diventare un modello per il mondo intero. Io vi sosterrò con tutte le forze».
Quella sera si tenne al Centro culturale una riunione congiunta dei responsabili dei capitoli di Karuizawa e Nakakaruizawa. Shin’ichi, che arrivò nella sala prima della chiusura della riunione, fece Gongyo con tutti i partecipanti. Poi si diresse verso il pianoforte e incoraggiò i membri con l’esecuzione di due canzoni: Ureshii Hinamatsuri [“Felice Hinamatsuri”, la festa delle bambine che si celebra il 3 marzo, n.d.t.] e Tsuki no sabaku [“Il deserto della luna”, n.d.t.]. Tutti esplosero di gioia e nella sala regnava un’atmosfera di irrefrenabile entusiasmo. I membri fissarono indelebilmente l’immagine di Shin’ichi nella memoria e rideterminarono di percorrere con orgoglio il maestoso cammino di maestro e discepolo Soka.
Il potere autoritario può utilizzare tutte le sue armi, ma non potrà mai spezzare il legame che unisce i cuori del maestro e dei discepoli.

[13] L’unico desiderio che Shin’ichi nutriva nel profondo del suo cuore era che tutti, portando avanti fino in fondo una salda fede, divenissero felici.
Coloro che avevano abbandonato la fede e tradito la Soka Gakkai, e i preti della Nichiren Shoshu, portarono avanti nell’ombra le loro trame per dividere il maestro e i discepoli Soka, impedendo a Shin’ichi di dare guide e di comparire sulle pagine del giornale Seikyo. Era una situazione senza vie d’uscita, che generava un’atmosfera cupa.
Shin’ichi, a cui venivano imposte limitazioni nel prendere parte alle grandi riunioni, dedicò tutto se stesso alla visite a casa e alle guide personali. Dal momento che gli veniva proibito di parlare, cercava di incoraggiare le persone componendo versi waka e haiku (forme di componimento poetico giapponese, n.d.t), o suonando il pianoforte. Nulla può fermare uno spirito indomito che arde per kosen-rufu. Shin’ichi fece la seguente proposta ai membri riunitisi presso il Training center di Nagano: «Che ne dite di fare una bella foto commemorativa domenica 26, insieme a tutti i presenti alla riunione di oggi? Cosa ne pensate? Se vi fosse qualcun altro che desidera partecipare, venga pure senza esitazioni…». Dai partecipanti si levò un grido di entusiasmo. Era proprio ciò che i membri di Nagano avevano a lungo desiderato. La notizia percorse in un attimo tutte le zone della prefettura. I responsabili di Nagano non sapevano quanti sarebbero stati i partecipanti. Si impegnarono quindi con tutte le forze nei preparativi facendo affidamento sulla Divisione giovani affinché, anche nel caso fossero accorse due o tremila persone, non si verificasse alcun disordine.
Si preoccuparono inoltre di allestire tre palchi per le sessioni fotografiche, per evitare che ci fossero intoppi.
Stabilirono degli orari precisi di arrivo per ciascuna zona della prefettura e in alcune zone vennero presi a noleggio dei pulmann. Sicuramente molti dei partecipanti sarebbero arrivati con le proprie macchine. Preoccupati che vi fosse carenza di parcheggi, chiesero il permesso ai proprietari dei terreni che fiancheggiavano la strada provinciale di fronte al Centro culturale. Il permesso arrivò, ma essendo ricoperti d’erba folta i terreni erano inutilizzabili. «Va bene. Noi giovani uomini ci occuperemo di tagliarla», dissero tutti con entusiasmo. Erano felici di poter lavorare insieme al maestro per incoraggiare i membri. La gioia scaturisce laddove si agisce consapevolmente in nome della lotta condivisa di maestro e discepolo.

[14] Shin’ichi trascorse il 24 agosto, giorno del trentaduesimo anniversario della sua adesione alla Soka Gakkai, presso il Training center di Nagano. Giurò di partire con una nuova determinazione nel cuore e fece Gongyo con grande serietà. Nel pomeriggio fece un giro dei dintorni in bicicletta, insieme ai giovani.
Desiderava ricordare il suo maestro ripercorrendo i luoghi dove Toda aveva trascorso l’ultima estate della sua vita. Rientrò al Centro proprio nel momento in cui arrivava un pullman con i rappresentanti del gruppo “giovani educatori”, giunti lì per partecipare a un corso. Quando i membri vennero a sapere che il maestro Yamamoto si trovava presso il Training center, sul pullman esplose la gioia. Si misero in fila ad attendere il suo arrivo all’ingresso del Centro, con un luminoso sorriso sul volto. «Grazie – disse Shin’ichi. – Sono veramente felice di incontrarvi! Scattiamo una bella foto, tutti insieme» e si fece ritrarre in una foto con i membri: «Come potete vedere io sto molto bene. Vi prego di vincere avanzando con entusiasmo lungo il cammino della vostra missione e coltivando nel cuore l’orgoglio di essere membri della Soka Gakkai. Qualsiasi cosa accada vi prego di non abbandonare mai la fede. Scolpite bene questo punto nel vostro cuore. La cosa che più mi rattrista, che più mi fa soffrire, è vedere qualcuno allontanarsi dalla strada di kosen-rufu».
Anche quella sera Shin’ichi andò a trovare a casa alcuni compagni di fede e conversò con le persone che si erano riunite. La mattina del giorno dopo, il 25, si intrattenne giocando a tennis con i membri del gruppo educatori presso il giardino del Centro, dando loro numerosi incoraggiamenti.
Il campo era stato allestito in tutta fretta dai membri locali affinché quella riunione potesse divenire per tutti un piacevole ricordo. Poco dopo Shin’ichi fece Gongyo insieme a tutti i partecipanti e accompagnò i membri che partivano stringendo loro la mano.
Continuava a pregare e a ingegnarsi per sostenere e infondere coraggio ai membri nonostante le limitazioni che gli erano state imposte. Nel Gosho Nichiren Daishonin afferma: «E se la fede è perfetta, l’acqua della grande imparziale saggezza non si prosciugherà mai» (RSND, 1, 901).
Finché ci sono un forte ichinen e una profonda preghiera per kosen-rufu, saremo in grado di abbattere qualsiasi barriera e apriremo sicuramente la strada alla vittoria.

[15] La pioggia che aveva iniziato a scendere in mattinata era aumentata di intensità.
Shin’ichi partì dal Training center di Nagano per andare a trovare un compagno di fede che si era distinto nelle attività, presso la sua abitazione nella città di Saku. Nel frattempo dei giovani, malgrado piovesse a dirotto, stavano falciando l’erba nei terreni che fiancheggiavano la strada provinciale per potervi scattare, il giorno seguente, delle foto di gruppo insieme a Shin’ichi. Egli disse ai responsabili che l’accompagnavano: «Mi raccomando, fate in modo che i ragazzi possano fare un bagno al Training center una volta finito il lavoro, per togliersi di dosso fango e sudore, e soprattutto perché non prendano il raffreddore!». Erano i suoi preziosi giovani, “il tesoro della Soka”, e gli rincresceva che si infangassero lavorando; non voleva, nella maniera più assoluta, che prendessero il raffreddore. Dopo cinquanta minuti di viaggio in auto dal Centro culturale, arrivarono all’abitazione di Katsuo Ishizuka, a Saku. Il signor Ishizuka, un uomo sulla quarantina, era responsabile dell’hombu di Saku. Profondamente commosso disse a Shin’ichi: «Sensei! La ringrazio di cuore per essere venuto fino a casa mia!», e gli strinse forte la mano. Il padre del signor Ishizuka, che per l’occasione aveva indossato un completo, e la madre che indossava il kimono, accolsero con gentilezza la delegazione. Shin’ichi aveva avuto occasione di conversare con il signor Ishizuka al Centro culturale mentre partecipava all’attività di staff. Venuto a sapere che metteva a disposizione un Centro per le attività della Gakkai, era andato a ringraziarlo. I Centri privati svolgono un ruolo estremamente importante per lo sviluppo di kosen-rufu. Benché si costruiscano grandi Centri culturali nelle varie località, sono quelli privati e le abitazioni dei membri che vengono principalmente utilizzati per le attività quotidiane a livello di capitolo o settore, o per gli zadankai.
Essi corrispondono nell’epoca moderna ai luoghi dove un tempo si svolgevano le solenni assemblee buddiste. Shin’ichi e le persone che lo accompagnavano vennero fatte accomodare nel salotto, dove ebbe inizio una piacevole conversazione. Quel giorno il padre del signor Ishizuka festeggiava il suo ottantesimo compleanno. Shin’ichi disse: «Per esprimere le mie congratulazioni, desidero offrirle una poesia», e puntò lo sguardo verso un calendario appeso al muro, di quelli con i fogli che si staccano ogni giorno. «Posso scriverla lì?».
Staccarono dalla parete il calendario su cui Shin’ichi scrisse una poesia, indicando la data a fianco e pregando per la salute e longevità dell’anziana coppia:
Oh, quale gioia / dopo ottant’anni
rifulge sul suo viso / di luce dorata.

[16] Shin’ichi disse a Katsuo Ishizuka: «Si prenda cura per tutta la vita di suo padre e di sua madre. Il percorso di un essere umano inizia con il ripagare i debiti di gratitudine nei confronti dei propri genitori. Un autentico buddista non dimentica mai questo punto».
Ringraziandolo inoltre per aver messo a disposizione un Centro privato, egli sottolineò i punti a cui rivolgere una particolare attenzione nelle attività quotidiane.
«Collaborando con coloro che si occupano di organizzare le riunioni, per non arrecare alcun disturbo ai vicini sarà importante curare attentamente ogni aspetto, tra cui il parcheggio delle auto e delle bici, evitando anche il fastidio che si provoca parlando a voce troppo alta subito fuori dall’abitazione. So che è impegnativo, ma è di vitale importanza conquistare la comprensione dei vicini, recarci da loro per scusarci dell’eventuale disturbo arrecato e chiedere di farci subito sapere se sorgono problemi. Quando il vicinato collaborerà volentieri con noi e sosterrà le nostre attività, allora potremo dire di aver realizzato kosen-rufu nella nostra comunità. I Centri privati sono roccaforti delle persone comuni che si ergono per la causa di kosen-rufu. L’edificazione di solide “mura di fiducia” contribuirà a rendere la Gakkai ancora più forte e stabile». Shin’ichi andò quindi a visitare il Centro privato che si trovava accanto all’abitazione di Ishizuka. Al piano terra si trovava l’ufficio della sua azienda, specializzata in impianti elettrici per l’edilizia, e al primo piano una sala per le attività della Gakkai di trenta tatami di ampiezza (un tatami equivale a 91×182 cm). Lì si erano riuniti alcuni responsabili di capitolo dell’hombu di Saku. Shin’ichi trascorse un po’ di tempo con loro, fecero Gongyo e conversarono insieme. Compose inoltre due poesie per i compagni di fede di Saku.
Non dimenticherò mai / quelle pupille / che a Saku sprizzano felicità.
Ogni giorno prego / pensando a come stanno oggi / i compagni di Saku.
Dalla casa di Ishizuka, Shin’ichi si diresse verso quella di Tatsuomi Kurabayashi, discendente di un’antica famiglia di capi villaggio (shoya), la cui storia risaliva al primo periodo dell’epoca Edo (1603-1867).
La casa, che aveva trecentocinquant’anni, era chiamata dalla gente del posto “la villa degli usignoli”. Tatsuomi, il proprietario, attendeva Shin’ichi e Mineko all’ingresso sotto un ombrello in stile giapponese.
Shin’ichi gli sorrise dicendo: «Sono venuto per mantenere la promessa!».
In occasione di una riunione dei responsabili di Centro tenutasi sei anni prima a Tokyo, Kurabayashi aveva chiesto a Shin’ichi di andarlo a trovare, spiegando che la sua era un’antica abitazione che risaliva al periodo Edo.

[17] Tatsuomi Kurabayashi, che aveva settantuno anni, si dedicava dinamicamente alle attività per kosen-rufu insieme ai suoi cinque figli. Anche quel giorno, a parte il quarto figlio che risiedeva negli Stati Uniti, figli e nipoti si erano riuniti per accogliere Shin’ichi e Mineko in modo allegro e festoso.
Kurabayashi invitò Shin’ichi a sedersi davanti al tokonoma[ref]Tokonoma: una nicchia dove si espongono oggetti decorativi come pergamene, composizioni di ikebana o bonsai. Gli ospiti d’onore si siedono di fronte a essa.[/ref] dicendo: «Prego, si accomodi», ma Shin’ichi rispose: «Non mi permetterei mai. Qui si sieda lei, che ha così tante, preziose esperienze di vita!».
Per un momento, negli occhi del padrone di casa, dietro le spesse lenti, si scorse quasi un senso d’imbarazzo ma, fortemente esortato da Shin’ichi, finì per sedersi davanti al tokonoma.
Tra i vari oggetti esposti nella stanza c’era un magnifico paravento in legno. Sia le parti di sostegno, di un bel nero lucente, sia gli elaborati trafori decorativi spiccavano per la loro eleganza.
Shin’ichi volle informarsi sulla storia della dimora, e Kurabayashi cominciò a raccontare: «Sulla nostra casa si tramanda questa leggenda…».
Tanto tempo fa, in una notte d’inverno, il capo del villaggio Hitozaemon salvò una volpe caduta in un lago, che stava per morire congelata. Prima la riscaldò con l’acqua calda, poi l’asciugò e la lasciò andare sui monti. La volpe guaì tutta felice, e poi sparì. La mattina seguente, davanti alla casa c’erano due fagiani morti, e nella neve qua e là si potevano distinguere le impronte di volpe.
«Era venuta a esprimere la sua gratitudine».
Shin’ichi commentò: «Anche gli esseri umani avrebbero molto da imparare da questa storia», e le persone vicino a lui annuirono con espressione seria. In quel periodo c’erano persone ingrate che complottavano nell’ombra maltrattando e facendo soffrire i membri della Gakkai, e tutti i presenti avvertivano fortemente l’importanza della gratitudine.
Anche quando l’azienda di Josei Toda fallì, ci furono persone che nonostante tutti gli aiuti ricevuti fino a quel momento e i conseguenti debiti di gratitudine, fecero un brusco voltafaccia e lo abbandonarono, calunniandolo e nutrendo odio e rancore nei suoi confronti.
Socrate asseriva in un aforisma che «l’ingratitudine è un’ingiustizia».
Nichiren Daishonin, citando l’esempio di una vecchia volpe e di una tartaruga che restituirono i favori ricevuti, afferma: «Persino gli animali conoscono la gratitudine, a maggior ragione dovrebbero conoscerla gli esseri umani» (RSND, 1, 614). Egli sottolinea l’importanza per un individuo di vivere serbando un sentimento di sincera riconoscenza.
Il desiderio di ripagare i debiti di gratitudine è l’atteggiamento fondamentale nel modo di vivere di un essere umano.

(continua)

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata