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Capire è cambiare - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:21

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Capire è cambiare

Cinque giorni di intenso studio per 220 responsabili provenienti da 22 paesi d’Europa, più alcuni rappresentanti di Israele e della Turchia, al Corso estivo tenutosi a Trets dal 21 al 26 agosto

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Cinque giorni di intenso studio per 220 responsabili provenienti da 22 paesi d’Europa, più alcuni rappresentanti di Israele e della Turchia, al Corso estivo tenutosi a Trets dal 21 al 26 agosto. È l’ultimo di una serie di cinque corsi annuali nei quali il responsabile del Dipartimento di studio della Sgi, Katsuji Saito, ha discusso temi fondamentali della filosofia buddista affinché ognuno possa trasformare la propria vita e diventare sempre più felice, facendo al tempo stesso tutti insieme un ulteriore un passo nello sviluppo del nostro movimento in Europa. E per sostenere il più possibile coloro che saranno la forza trainante di questa seconda fase di kosen-rufu, il prossimo anno e per altri due anni ancora, Saito sarà di nuovo in Europa per un altro corso di studio che sarà rivolto unicamente alla Divisione giovani. Al termine del corso si è tenuta una riunione generale per i rappresentanti dei paesi europei a cui hanno partecipato Yoshitaka Oba, direttore generale della Sgi, Kayoko Asano e Noriko Oguma, rispettivamente responsabile e vice responsabile delle donne e giovani donne, e Masaru Uchiyama, responsabile del Dipartimento europeo della Sgi.

«Il Buddismo non è mera teoria o un ideale vuoto. Il Buddismo esiste solo nelle azioni concrete per kosen-rufu e nello studio degli insegnamenti buddisti. L’essenza del Buddismo risiede nella vostre preghiere sincere per la felicità dei compagni di fede e nel vostro impegno concreto, giorno e notte, per contribuire alla prosperità delle vostre comunità», scrive il presidente Ikeda nel suo messaggio per il Corso estivo europeo di studio.
Il responsabile del Dipartimento di studio della Sgi, Katsuji Saito, ha dato inizio al corso citando le parole di un ulteriore messaggio ricevuto da sensei poco prima della sua partenza in cui lo esortava a realizzare un corso “gioioso” nonostante la serietà degli argomenti, il primo dei quali era la concezione buddista di vita e morte. E il suo impegno in tal senso è stato determinante nell’esporre questo e gli altri due argomenti del corso, il conseguimento della Buddità in questa esistenza e il significato della felicità, in maniera analitica ma brillante, trasmettendo un’idea di studio attivo e di concreta applicazione per trasformare la propria vita, per comunicare che lo scopo del corso di studio era anzitutto la felicità di ognuno. «Perché – ha aggiunto – capire è cambiare, afferma il presidente Ikeda, capire significa mettere in pratica e cambiare se stessi».
Una corretta visione della vita e della morte è cruciale per la trasformazione degli attuali problemi dell’umanità, spiega sensei nelle sue recenti lezioni sul Gosho L’eredità della legge fondamentale della vita (di prossima pubblicazione su Buddismo e società). L’angoscia relativa alla morte è alla base dell’instabilità del mondo moderno. Da questa hanno origine le due principali concezioni erronee rispetto alla morte: la cosiddetta idea dell’annientamento o completa cessazione dell’io, secondo la quale la morte è la fine di tutto e quella della permanenza secondo la quale l’io continua sotto forma di anima o spirito immortale. La prima porta alla paura e all’angoscia di morire, la seconda riflette l’attaccamento al sé, il desiderio di voler rimanere eternamente così come si è. Coloro che dedicano la propria vita alla realizzazione di kosen-rufu, combattendo l’oscurità fondamentale in se stessi e negli altri, provano gioia sia nella vita che nella morte. Nel momento della morte, la loro vita, spiega Ikeda, si fonde con l’universo, come onde dell’oceano e, poiché l’universo nella condizione vitale di Buddità è una entità di infinita compassione, in un istante ritorna al mondo reale per continuare a dedicarsi alla felicità degli altri.
Ma cosa significa concretamente conseguire la Buddità in questa vita? Questo è stato l’argomento della seconda lezione. Conseguire la Buddità non significa diventare un essere speciale separato dal mondo reale, come le divinità delle religione monoteiste, bensì risvegliarsi alla propria dignità di essere umano, vivere fino in fondo con la piena consapevolezza del proprio supremo e unico valore in quanto entità della Legge mistica. Per risvegliarsi a questa suprema condizione bisogna lottare duramente contro l’oscurità fondamentale connaturata alla nostra vita, credendo fermamente nella possibilità di ottenere l’Illuminazione per sé e per gli altri. Ciò significa affrontare qualsiasi ostacolo, difficoltà o sofferenza che possiamo incontrare nel corso della nostra esistenza, e vincere attraverso la forza che scaturisce dalla recitazione del Daimoku e l’azione coraggiosa, continuando al tempo stesso ad adoperarsi per trasmettere la consapevolezza di possedere la natura di Budda anche agli altri, animati dal profondo desiderio che possano diventare felici insieme a noi.
Per affermare quale sia l’autentica felicità secondo l’insegnamento di Nichiren Daishonin, Saito ha poi tenuto una lezione sul Gosho Felicità in questo mondo scritto a Shijo Kingo, uno dei suoi più fedeli discepoli, mentre questi stava incontrando gravissime difficoltà e sofferenze, proprio a causa della sua fede. Felicità, nel Buddismo, è avere una condizione vitale completamente libera da ogni condizionamento. Non è la felicità effimera che deriva dalla soddisfazione dei propri desideri bensì quella che il Buddismo chiama “la gioia illimitata che deriva dalla Legge”. In termini moderni, ha spiegato Saito, questa espressione buddista di cui si parla nel Gosho significa tre cose: 1) È la gioia di capire chi si è veramente. Di essere felici e grati per il solo fatto di esistere. È una felicità che niente e nessuno può distruggere a differenza della gioia dell’appagamento dei desideri che è passeggera. 2) Significa acquisire la propria vera e solida identità, cioè diventare consapevoli di essere un’entità unica e insostituibile che vive in relazione con tutti gli altri fenomeni ed esseri dell’universo. 3) Quando si prova questo tipo di felicità che in definitiva è la condizione vitale di Buddità sorge un inesauribile senso di compassione verso tutte le forme di vita e verso tutte le cose. Infatti una delle caratteristiche della gioia che deriva dalla Legge è un profondo senso di simbiosi e di armonia con tutto ciò che esiste. Perché riconoscere il valore inestimabile della propria vita e l’unicità di ogni altra foma di vita è la stessa cosa e da questa profonda comprensione scaturisce la compassione di voler trasmetterla anche a chi non è consapevole e quindi soffre.
Infine nel significato del termine giapponese che significa “gioia illimitata che deriva dalla Legge” (Jiju horaku) è contenuta l’idea che tale condizione si sviluppa “personalmente”. Renderci felici non spetta agli altri; né Nichiren Daishonin né il Sutra del Loto ci insegnano a vivere in un modo condizionato dagli altri o dall’ambiente. Nella sua lezione sul Gosho Felicità in questo mondo, Ikeda spiega che «vincendo la tendenza a incolpare dei propri problemi qualcun altro o qualcos’altro, lo stato vitale si dilata enormemente» (Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, pag. 164).

Due ma non due

Le riunioni di studio sono state seguite da due sessioni di domanda e risposta, nelle quali Saito ha preso in esame alcuni degli argomenti che i partecipanti hanno proposto. Uno di questi chiarimenti era relativo al concetto di funi, abbreviazione del giapponese nini funi, letteralmente “due ma non due”, per descrivere ad esempio la relazione che sussiste fra la mente e il corpo o fra la vita e il suo ambiente. Funi si può tradurre con “non dualità”, e indica quindi due cose che sembrano essere una, ma analizzate attentamente, non lo sono. Per spiegare una applicazione concreta di questo concetto Saito ha usato l’esempio del Bodhisattva Mai Sprezzante (Fukyo), descritto nel ventesimo capitolo del Sutra del Loto. Questi lodava la Buddità presente in tutte le persone, alcune delle quali però non solo non lo rispettavano, ma anzi lo perseguitavano. Egli, però, non viveva questa situazione sentendosi vittima o perseguitato. Le persone che lo perseguitavano creavano una situazione conflittuale, mentre il Bodhisattva Mai Sprezzante rispettava la loro Buddità facendo così emergere la sua stessa Buddità. Rispettare la propria e altrui Buddità indica in questo caso la non dualità fra se stessi e gli altri. Questo principio può consentire di superare ogni conflitto. Se si eleva la propria condizione vitale fino ad abbracciare se stessi e gli altri, si può uscire dalla collera e dala contrapposizione. Le differenze rimangono, ma se la nostra condizione vitale è “più alta”, possiamo percepire che siamo due ma non due. C’è quindi una dimensione in cui esistono due entità diverse, ma ce n’è un’altra in cui le differenze non esistono. Scoprire questa dimensione elevando la propria condizione vitale è la chiave per risolvere i conflitti.

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Parliamo di coerenza

Il Consiglio nazionale incontra i membri della Campania

C’erano più di 300 persone a Napoli l’8 luglio per l’incontro con il Consiglio nazionale. Tutti insieme, malgrado il caldo e la tentazione delle spiagge, per vivere una tappa fondamentale per la crescita del movimento di kosen-rufu nel Sud. Nonostante, anzi proprio grazie alle difficoltà che la regione Campania vive nella società civile, si rafforza il desiderio di crescere, perché, come ha detto il presidente Ikeda, nel discorso il cui video è stato proiettato alla riunione: «Una volta che sei nato come essere umano, bisogna vincere. Si tratta di vincere contro le proprie debolezze insite nella vita». Vincere coltivando il proprio spirito combattivo: «Se non riusciamo a farlo emergere – ha detto Marta Bonomo, vice responsabile nazionale della segreteria della Divisione donne – rimarremo sconfitti. Creare questo tipo di spirito significa assaporare la speranza per trasformare la funzione regressiva, la nostra oscurità interna».
Vincere sulla propria oscurità, come ha sottolineato Marita Bombardieri, responsabile nazionale educatori è seguire il nostro maestro che «ci insegna la coerenza tra il Buddismo parlato e quello vissuto», a vivere in accordo con l’insegnamento. Insomma, sostiene Dino Bucalo, vice nazionale della Divisione giovani, vincere dipende da noi, dalla nostra perseveranza, dal legame con il nostro maestro. E una chiave importante è “offrire” la propria vita, il proprio tempo, le proprie risorse materiali per sostenere la propagazione di Nam-myoho-renge-kyo. «Gettare via con gioia» i propri attaccamenti, ci ha ricordato il direttore generale onorario Mitsuhiro Kaneda, è importante per trasformare le illusioni che contaminano la nostra vita.

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Dietro le quinte

Due degli organizzatori del grande incontro del gruppo Leonardo svoltosi a Firenze il 7 luglio raccontano la preparazione di quell’evento.

La rivoluzione dei ranocchi…slogan insolito, ma se ci pensiamo bene, non è vero che tutti abbiamo qualcosa che vorremmo trasformare per poter diventare principi, eroi o protagonisti della nostra vita o favola? Beh, le opportunità per la nostra rivoluzione sono molte e sicuramente vanno utilizzate al massimo ed è proprio così che ci siamo lanciati in questa nuova avventura! Siamo partiti da zero a organizzare questa riunione, con poche indicazioni, tempi un pochino stretti e un briciolo di esperienza… magari anche spaventati o lamentosi o perché no, pure ottimisti, ma con la consapevolezza che questa sarebbe stata un’occasione meravigliosa! Ikeda ci insegna che ogni sfida presenta delle difficoltà, che ogni ostacolo ci permette di crescere realizzando un forte io. Affidandoci al Gohonzon abbiamo realizzato quello che ci sembrava impossibile. Il dopo riunione si è svolto sul prato gustando un buon aperitivo per poi scatenarci un po’ con un concerto nell’anfiteatro. È stato davvero incoraggiante vedere il sorriso sui volti di tanti ragazzi, siamo veramente riusciti a vincere e proprio per questo vorremo cogliere l’occasione per ringraziare sinceramente tutti. Come scrive Ikeda: «La vita non è sempre facile. Se lo fosse non cresceremmo né progrediremmo come esseri umani […]. Dolori e sofferenze inattese possono ritrovarsi sul cammino di ognuno. Ma è proprio nel momento in cui incontrate queste prove che non vi dovete far sconfiggere. Non mollate mai. Non retrocedete mai».
Daniele Meoni e Irene Sicari

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Preghiere silenziose

Seconda edizione del corso del linguaggio dei segni presso il Centro culturale di Milano

Avete mai fatto un viaggio nella terra del silenzio? La terra dei non udenti, può sembrare un luogo d’imbarazzo. Si ha l’impressione che il silenzio generi altro silenzio. Ci si sente impacciati di fronte a quei movimenti e quei suoni strani. Ma in realtà, per chi lo conosce da vicino, il mondo dei sordi può essere pieno di risate, della capacità d’inventare frasi a partire da un gesto, una sorta di disegno che prende forma dalle mani e dalle espressioni del viso.
La mia esperienza a contatto con questa realtà è cominciata il 4 settembre 2005, quando partecipai in qualità di soka-han alla prima riunione nazionale sordi e udenti tenutosi a Belluno. In quei giorni di attività mi resi conto di quante volte non ascoltiamo pur potendo udire e di quanto sia prezioso poter comunicare per capirsi e per essere felici. Grazie a quell’incontro che ha riempito il cuore dei partecipanti arrivati da tutta Italia decisi di chiedere un consiglio sulla fede a Milano, lì mi sono trasferito per amore e quest’anno ho partecipato presso il Centro culturale milanese, al corso Lis (dove s’insegna la lingua italiana dei segni) nato per sostenere i sordi e che permetterà di creare nuovi interpreti nella Soka Gakkai.
Il corso è ripreso a settembre, sempre al Centro culturale di Milano.
Andrea Gasperin

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Catania ospita i leonardini da tutta l’isola

Per la prima volta i membri del gruppo Leonardo si sono ritrovati per conoscersi meglio e confermare gli scopi comuni. L’incontro si è tenuto in una casa di campagna nei pressi di Catania e ha visto la partecipazione di oltre trenta “leonardini” provenienti da tutte le province dell’isola: Siracusa, Palermo, Messina, Catania, Enna, Trapani e Caltanissetta.

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Al centro di Trets un Corso Internazionale per 21 nazioni

In un’atmosfera gioiosa e cosmopolita, dal 7 all’11 luglio si è svolto a Trets il corso estivo europeo che ha visto la partecipazione di 160 persone provenienti da 21 nazioni tra cui: Croazia, Slovenia, Serbia, Macedonia, Islanda, Israele, Turchia, Ungheria, Repubblica Ceca, per citarne alcune. Primo nel suo genere per la presenza di membri italiani, inglesi, francesi e tedeschi, la cui funzione è stata quella di incoraggiare e supportare i compagni di fede che praticano in paesi in cui la sfida quotidiana consiste anche nel percorrere grandi distanze per fare attività o dove vi sono importanti restrizioni imposte dalla legge.

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Divisione donne e giovani donne: abbattere i confini nel cuore

Il Triveneto ha ospitato in due città l’ultima tappa degli incontri promossi dalla Divisione donne e giovani donne su tutto il territorio nazionale.

Trieste – Il 23 giugno ottanta persone hanno accolto per le donne, Asa Nakajima e Marta Bonomo e, per le giovani donne, Tamiko Kaneda e Karin Sarnacchiaro. La riunione aveva lo scopo di sottolineare il reciproco vantaggio che le due Divisioni ricevono dall’agire insieme. Dopo la visione del filmato sulla figura di Kaneko Ikeda e il suo ruolo nel sostenere il marito, la riunione si è aperta con un’esperienza che coniugava l’allenamento nella Divisione giovani donne con gli obiettivi e le responsabilità di una madre. L’intera riunione ha evidenziato un filo conduttore: il valore dell’impegno comune nella realizzazione degli obiettivi che abbiamo assunto insieme al nostro maestro. Così ogni attività, dalla riunione di discussione al grande incontro dei giovani il 16 marzo 2008 a Milano, concorre allo scopo di realizzare kosen-rufu e come tale impegna il cuore. In una zona geografica come questa, che è stata teatro di sanguinosi conflitti, incrocio di confini linguistici e ideologici, l’invito ad avere cura dell’unità per potenziare la forza del nostro movimento è stato particolarmente significativo.

Verona – 190 partecipanti il 24 giugno hanno dato vita al meeting che raccoglieva donne e giovani donne di Bolzano, Trento, Vicenza e naturalmente Verona. Una domenica speciale fatta di incoraggiamenti, dialoghi “da cuore a cuore”, esperienze, guide e momenti lieti con il gruppo artisti. La giornata è iniziata con il messaggio del presidente Ikeda e di sua moglie Kaneko dedicato a tutte le donne che hanno abbracciato la Legge mistica. Eppoi la consegna del premio alle rappresentanti di Bolzano per il successo della recente mostra “I semi del cambiamento”. La lettura della poesia “Credere nei propri obiettivi” ha preceduto l’approfondimento della Proposta di pace 2007; con le relazioni di Clara Mancini, Marita Bombardieri e Alessia Viale. Si è parlato di lotta, non solo di quella contro gli armamenti nucleari ma anche di quella lasciata in eredità da Josei Toda a Daisaku Ikeda, e grazie a lui, arrivata fino a noi: la lotta contro il male della nostra epoca e cioè “la rassegnazione”. Le esperienze della veronese Mara Santi e della trentina Donatella Manca hanno contribuito a dare un volto speciale a questa giornata. Tanti e vigorosi gli applausi alla cantante lirica Antonella Trevisan. Nel pomeriggio la parola è passata a Pamela Alocci, Fausta Cianti e Giulia Savarese, con la partecipazione di Sumiko Anfosso. Al centro del dibattito una serie di domande delle partecipanti: cosa vuol dire veramente vincere o perdere; sentirsi “inadeguate” pur facendo molta attività; cosa significano in concreto l’atteggiamento, la determinazione e il cuore; itai doshin e molto altro ancora. A ricordo dell’incontro è stato offerto in dono un piccolo fiore multicolore di stoffa perché «rappresenta le donne: belle da sole o tutte insieme» hanno spiegato le ospiti veronesi.

hanno collaborato Maria Teresa Mezzina, Laura Barbieri e Manuela Beccati

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Domenica 24 giugno l’hombu Siena ha tenuto un incontro dal tema “La relazione maestro e discepolo: insieme verso il futuro”. L’idea, nata da un gruppo di membri che avevano partecipato poco tempo prima a un corso a Trets – dedicato proprio al tema della non dualità fra maestro e discepolo – è stata rilanciata dalle varie divisioni e ha finito per coinvolgere un centinaio di persone. La giornata, oltre che occasione di approfondimento nella fede, è stata anche un modo per condividere momenti di scambio fra amici che si rispettano profondamente.

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Il Budda Geoff e io. Una storia moderna

Abbiamo rivolto alcune domande a Eddy Canfor-Dumas, autore del romanzo in cui si racconta un insolito legame di amicizia che porta il protagonista a scoprire un nuovo modo di vedere la vita attraverso la filosofia buddista.

Prima di tutto ci piacerebbe che ti presentassi brevemente ai lettori italiani.
Sono originario di Londra e vivo nella periferia nordovest con mia moglie e mia figlia di sedici anni. Mio figlio, che ne ha diciannove, ha appena finito il primo anno di università. Ho conosciuto il Buddismo di Nichiren Daishonin nel 1982, mentre seguivo un corso di sceneggiatura. L’insegnante era davvero in gamba e quando mi disse che tutto quello che insegnava era basato sul Buddismo rimasi stupefatto e incuriosito. Ma l’impatto più forte lo ebbi ascoltando Gongyo durante una riunione. Si percepiva una sorta di corrente elettrica cui mi parve necessario poter attingere. Ho collaborato per diversi anni alla redazione del mensile della Sgi britannica, Uk-Express e in seguito ne sono stato il caporedattore. Nel 1987 collaborai con Richard Causton (1920-95), il primo direttore generale della Sgi-Uk, alla stesura di un libro sul Buddismo che so essere stato pubblicato in due volumi in italiano (La Legge meravigliosa e I dieci mondi, Esperia, n.d.r.). Ma l’anno che per me fu un punto di svolta fu il 1988, quando divenni direttore responsabile della rivista della Soka Gakkai britannica Uk-Express e nacque mio figlio. In pratica, da quando ho cominciato a praticare, il Buddismo e la scrittura sono sempre stati molto collegati nella mia vita. Recito Daimoku per tutto quello che scrivo e non credo proprio che sarei in grado di scrivere senza recitare, soprattutto lavorando per la televisione, che talvolta impone ritmi molto intensi.

Penso che uno degli elementi interessanti del tuo romanzo sia il fatto che la filosofia buddista viene introdotta in modo morbido, come un suggerimento al lettore che non prende mai il sopravvento sulla trama narrativa. Il lettore si sente attratto dalla vicenda a prescindere dal suo interesse per la filosofia. Come è nata in te l’idea di usare la forma del romanzo per avvicinare i lettori al Buddismo?
Si potrebbe rispondere a questa domanda in vari modi ma, in breve, il punto fondamentale è che noi tutti amiamo le storie. Quando raccontiamo un’esperienza noi narriamo una storia, la nostra. Chiunque ha nella propria vita una storia da raccontare e se è ben raccontata, ha un chiaro sviluppo della vicenda e dei personaggi in cui noi ci possiamo riconoscere, tutti desiderano ascoltarla.

Il romanzo narra di un giovane alla ricerca del suo percorso che vive in condizioni di estrema incertezza. Fino a che punto si spinge la relazione tra il protagonista Ed e te stesso nella vita reale?
Questa è una domanda che mi è stata fatta molte volte. In realtà il libro è una miscela di realtà e immaginazione. Ed assomiglia molto a come ero io quando ho cominciato a praticare. Non ero soltanto scettico, ero assolutamente contrario all’idea stessa della religione. Nessuno è più stupito di me del fatto che io abbia continuato a praticare per tutti questi anni.

Geoff è un maestro del tutto particolare, ma Ed percepisce qualcosa in lui che lo cattura. Come descriveresti questa relazione tra i due personaggi?
Prima di tutto è amicizia. Molto deriva dalla mia relazione con l’amico che mi ha parlato del Buddismo. Era un po’ più anziano di me, ma era simpatico e saggio; era un gran raccontatore di storie e i suoi occhi avevano un che di magnetico. Il libro in breve è una storia di shakubuku, con tutti gli alti e i bassi che le persone comuni vivono quando incontrano il Buddismo e decidono di fare un tentativo. Penso che molte persone si possano riconoscere in queste vicende perché in tutti si cela qualche tratto di Geoff o perché loro stesse sono dei Geoff per qualcun altro.
a cura di Sergio Notari

Il Budda Geoff e io. Una storia moderna.
(esperia, 2007, pagg. 324, euro 12,50)

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