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Buoni e cattivi, tutti esseri umani - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:32

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    Buoni e cattivi, tutti esseri umani

    Cos’è il bene e cos’è il male? Esistono questi due concetti nella filosofia buddista? In che misura? Con queste riflessioni, che non pretendono in alcun modo di esaurire un argomento vastissimo né fornire alcuna regola preconfezionata, cerchiamo di comprendere cosa ne dicono gli scritti buddisti e di capire come poter sviluppare un atteggiamento attivo di fronte a questi due aspetti della vita

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    Cos’è il bene e cos’è il male? Esistono questi due concetti nella filosofia buddista? In che misura? Con queste riflessioni, che non pretendono in alcun modo di esaurire un argomento vastissimo né fornire alcuna regola preconfezionata, cerchiamo di comprendere cosa ne dicono gli scritti buddisti e di capire come poter sviluppare un atteggiamento attivo di fronte a questi due aspetti della vita

    A volte si sente dire nelle riunioni di discussione che “nel Buddismo bene e male non esistono”.
    È un’affermazione un po’ superficiale e fuorviante, come lo sono spesso tutte le “frasi fatte” che cercano di ridurre un insegnamento sulla vita vasto e profondo a qualche formuletta che spesso è un alibi per giustificare le proprie debolezze o la paura di cambiare. È vero che la visione buddista della vita non è statica ma dinamica: tutte le cose, gli esseri, i fenomeni non sono entità isolate e assolute, ma esistono in relazione gli uni agli altri e sono in continuo divenire. In questo senso, sì, nel Buddismo non esiste una distinzione assoluta fra bene e male né una “morale precostituita”, stabilita una volta per tutte da qualche autorità esterna e onnipotente, che distingua “ciò che è bene e ciò che è male”, ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare indipendentemente dal variare delle circostanze.
    Daisaku Ikeda, proprio nella discussione del capitolo “Devadatta”, nella Saggezza del Sutra del Loto, a cui faremo principalmente riferimento, mette severamente in guardia nei confronti delle categorizzazioni rigide e delle regole assolute che lungi dall’unire le persone servono a dividerle e allontanarle: «I precetti hanno lo scopo di permettere a molte persone di entrare nel sentiero del bene e diventare felici. I precetti fini a se stessi, imposti solo per rendere la vita più difficile e penosa, sono perversi» (La saggezza del Sutra del Loto, vol. 2, pag. 155). Premesso questo, può essere utile partire intanto da ciò che insegna in proposito Nichiren Daishonin.
    Nel Gosho Curare la malattia egli afferma: «Il bene e il male sono inerenti alla vita sin dal tempo senza inizio» (RSND, 1, 987), per essere precisi, secondo l’originale giapponese, «sono la legge della sinistra e della destra», cioè i due lati di cui ogni fenomeno è per sua stessa natura dotato. E prosegue spiegando che, mentre per gli insegnamenti provvisori le persone che hanno ottenuto l’Illuminazione si sono definitivamente liberate dal male presente nella loro vita, «il cuore della scuola del Loto è il principio dei tremila regni in un singolo istante di vita che rivela che bene e male sono presenti anche in coloro che si trovano al supremo stadio della perfetta Illuminazione». Dunque, bene e male esistono ed esisteranno sempre dentro di noi e non si può scappare.
    Ma cosa sono in realtà? Scrive Ikeda: «Nel passato e nel presente, in Oriente e in Occidente, i filosofi hanno molto discusso sul bene e sul male, ma il punto fondamentale è che la vita deve essere il fine, non un mezzo. Arricchire e far risplendere la vita è bene, impoverire la vita e ridurla a un mezzo è male. Inoltre l’unità è bene, la disgregazione è male. Perciò il massimo bene è dischiudere il mondo di Buddità in tutti gli uomini e creare legami di solidarietà».
    Sempre in Curare la malattia Nichiren spiega che «la natura fondamentale dell’Illuminazione si manifesta come Brahma e Shakra, mentre l’oscurità fondamentale si manifesta come re demone del sesto cielo» (RSND, 1, 988). Brahma e Shakra, antiche divinità, rappresentano funzioni protettrici, creatrici e armonizzatrici, mentre il demone del sesto cielo rappresenta la funzione oppressiva e distruttiva del potere, la mancanza di rispetto per la dignità della propria vita e di quella degli altri. In questo senso gli insegnamenti che negano che ogni persona possiede la natura di Budda, tutte le idee e i comportamenti che offendono il valore della vita in qualsiasi sua manifestazione, che spingono le persone a disprezzarsi e a combattersi a vicenda invece di rispettarsi e sostenersi, rappresentano il “male”, cioè svolgono una funzione malvagia. Un insegnamento come il Sutra del Loto che, al contrario, afferma che la vita di ogni singolo essere ha un valore immenso e unico, e che va valorizzata, rispettata e aiutata a sbocciare in tutto il suo splendore, rappresenta il bene.
    Entrambe queste pulsioni – quella a creare, costruire, armonizzare, rispettare e proteggere, e quella a denigrare, criticare, attaccare e distruggere – esistono dentro ognuno di noi.
    Ne Il conseguimento della Buddità in questa esistenza Nichiren spiega che bene e male sorgono entrambe dalla nostra mente o vita in ogni singolo istante e che questa in realtà è l’entità della Legge mistica (vedi RSND, 1, 4). T’ien-t’ai scrive ne Il significato profondo del Sutra del Loto che «Il bene esiste in relazione al male. Non c’è bene separato dal male […] Il male sostiene il bene e senza il male non ci sarebbe il bene» e Ikeda commenta in proposito: «Il bene e il male sono concetti relativi. Perciò non si può dire che una persona sia del tutto cattiva o del tutto buona» e «anche il Budda possiede la natura del male e anche il malvagio possiede la natura di Budda» (La saggezza del Sutra del Loto, vol. 2, pag. 156).
    Quando si ha il coraggio di sfidare il male dentro e fuori di noi questo rivela la propria vera funzione. Nichiren Daishonin dice: «Opporsi al bene si chiama male e opporsi al male si chiama bene» (GZ, 563). E Daisaku Ikeda osserva: «Il male che aiuta a manifestare il bene, diviene il bene; ma ciò non accade se non si fa niente per arrestare il male; solo quando il male viene sfidato e sconfitto si ha l’unità di bene e male» (Ibidem, 161).
    In parole povere, pur consapevoli, come si accennava all’inizio, che in questo ambito le semplificazioni sono pericolose, potremmo riassumere questa panoramica sull’argomento in due concetti chiave:

    1. bene e male sono concetti relativi e indissolubilmente legati; entrambi sono manifestazioni del vero aspetto della vita, presenti in ogni cosa o persona;
    2. contrastare il male dentro e fuori di noi è ciò che fa emergere il bene.

    Avere ben chiari questi concetti ci evita di cadere in due punti di vista errati rispetto alla relazione fra bene e male.
    Il primo punto di vista, tipico dei sutra precedenti al Sutra del Loto, ma anche di gran parte del pensiero filosofico e religioso occidentale dualista, è che siano due cose distinte e separate, in opposizione una all’altra.
    L’altro punto di vista è che siano differenti aspetti della stessa entità, come le due facce di una moneta. «Se fosse così – dice Ikeda – bene e male sarebbero semplicemente differenze di prospettiva e la vita sarebbe statica e immutabile mentre il vero aspetto della vita è il suo dinamismo, il suo incessante cambiamento. Il vero significato dell’unità di bene e male è che l’entità della vita che produce valori a volte negativi a volte positivi è essenzialmente una» (Saggezza, vol. 2, pag. 164).
    L’importanza di contrastare il male per far emergere il bene era chiara al fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi. Egli spiegava che la relatività di bene e male non ha un valore teorico, ma implica un impegno attivo, quello che egli definiva «creare attivamente il bene», sostenendo che, così come combattere il male permette di per sé di creare il bene, «non fare il bene equivale a fare il male». Un suo esempio illuminante è quello di una persona che vede un masso collocato da qualcun altro sulle rotaie e non lo toglie né da l’allarme. Anche se non è stato lui a commettere l’azione malvagia, se il treno deraglierà e tante persone moriranno, egli sarà responsabile del disastro ferroviario che avrebbe potuto evitare.
    Sembra un paradosso affermare che anche il male possa avere una funzione positiva quando decidiamo di sfidarlo nella nostra vita e nella società. Il male, scriveva il poeta indiano Rabindranath Tagore, è simile agli argini di un fiume. Gli argini sono ostacoli necessari per contenere le acque del fiume e far avanzare il suo corso. Senza argini il fiume strariperebbe portando distruzione invece di creare valore e, allo stesso modo, il male è un ostacolo che costringe gli uomini a dirigersi verso il bene. A compiere, insomma, in ognuna delle diverse circostanze della vita, una scelta attiva.

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