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Ai miei compagni della Divisione uomini - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:48

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Ai miei compagni della Divisione uomini

Davanti a ogni difficoltà e sfida della vita, un caldo incoraggiamento ad assaporare l’esperienza esaltante di superare i propri limiti, di scoprire in sé talenti sconosciuti, di costruire una fede che niente possa distuggere. Perché, come afferma Daisaku Ikeda, «la fede è il supremo diritto che abbiamo scelto liberamente»

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Davanti a ogni difficoltà e sfida della vita, un caldo incoraggiamento ad assaporare l’esperienza esaltante di superare i propri limiti, di scoprire in sé talenti sconosciuti, di costruire una fede che niente possa distuggere. Perché, come afferma Daisaku Ikeda, «la fede è il supremo diritto che abbiamo scelto liberamente»

La poetessa inglese Anne Brontë (1820-1849) ha scritto: «Mentre la fede è in me, io sono benedetta / Essa volge in alba la mia notte più scura». Viviamo con fede nella sublime Legge mistica; è il Buddismo del sole, che ci mette in grado di superare ogni ostacolo e ogni difficoltà, di vincere su tutto ciò che il destino ci può riservare. Non dimenticate mai che la fede nella Legge mistica ci colloca nella traiettoria più vera, più potente e più profonda della vittoria nella vita come esseri umani.
Come membri della Divisione uomini, la nostra missione e il nostro dovere è quello di proteggere con fermezza il nobile regno della fede, un regno di integrità e di felicità, da ogni forza demoniaca e di infondere energia e dignità a tutti i nostri compagni di fede.
Anche il noto storico inglese Arnold J. Toynbee (1889-1975) non ha avuto una vita facile. È stato testimone di due guerre mondiali, nelle quali hanno perso la vita molti dei suoi compagni d’università. Ha perso un figlio che amava moltissimo; è stato oggetto delle più volgari calunnie e ha sperimentato ogni sorta di vicissitudini nella vita. Nonostante questo, Toynbee è rimasto saldo e ha vissuto in maniera coerente con il suo principio di impegnarsi per il bene degli altri.
Anche a ottant’anni si svegliava sempre alle 6,45 e dopo colazione iniziava a lavorare alle 9. Senza dar peso a come si sentiva, sedeva alla scrivania e iniziava il suo lavoro. Mi disse una volta: «Se aspetti di aver voglia di lavorare non combinerai mai niente». Fino agli ultimi giorni di vita si è sempre impegnato al cento per cento, lottando per realizzare tutto quello in cui credeva, fedele al suo motto di sempre, “Laboremus!” (Mettiamoci all’opera!). Anche noi, oggi, mettiamoci di nuovo al lavoro, sfidiamoci e partiamo per i vari luoghi della nostra missione!
Nichiren Daishonin scrive: «La vita è limitata; non dobbiamo lesinarla. Ciò a cui dobbiamo principalmente aspirare è la terra del Budda» (WND, 214; SND, 7, 144). Gli individui coraggiosi e tenaci, che nutrono una ferma convinzione, sono certi che per quanto la sfida sia ardua, alla fine vinceranno.
Euripide, poeta tragico dell’antica Grecia (ca. 484-406 a.C.), pose una domanda retorica: «Chi può ottenere grandi onori senza alcuno sforzo? Ha mai un uomo debole e pigro ottenuto il sommo premio?». Naturalmente no.
Il 7 di giugno, l’avventuroso velista Ken’ichi Horie è tornato felicemente in Giappone dopo aver circumnavigato la terra verso est, in solitario e senza scali. Horie è un mio caro amico da più dei dieci anni. In questo suo ultimo viaggio, quando ha doppiato l’equatore gli ho mandato un messaggio: «Non abbassare la guardia. La vittoria sarà tua! I miei più fervidi auguri di successo!» Gli ho anche fatto giungere un messaggio proprio prima che iniziasse a superare il Capo Horn, la punta più a sud dell’America Latina e anche la parte più difficile della traversata: «Attendo con gioia che ritorni sano e salvo il più grande eroe del mondo».
Quando ho saputo del suo ritorno, ho lanciato un grido di gioia. Era la sua terza circumnavigazione del mondo e adesso che aveva percorso anche la rotta dell’est, era diventato la seconda persona nella storia che da sola avesse circumnavigato il globo sia da ovest che da est in una barca a vela.
Horie ha sessantasei anni. Il suo ultimo viaggio è durato duecentocinquanta giorni e ha coperto 31.069 miglia marine (circa 50.000 chilometri). Perché continua a sfidarsi così? «Quando hai assaporato una volta l’esperienza sublime di superare i tuoi limiti personali – dice Horie – non puoi fare altro che ripeterla nuovamente». È veramente un campione fra i campioni. Attraversò il Pacifico quando aveva ventitré anni e da allora si è imbarcato in tanti viaggi avventurosi, navigando spesso in mari tempestosi. A volte la sua barca si è adagiata sul fianco e alcune volte si è perfino ribaltata, ma egli ha sempre imparato da ciascuna di queste esperienze e, invece di farsi spaventare dai suoi fallimenti, li ha considerati come una lezione facendoli diventare carburante per un futuro successo. Come lui stesso ha detto: «Ponendosi continuamente sfide e impegnandosi in esse, si possono far emergere capacità nuove».
La vita è come un viaggio per mare. Con la forza delle proprie convinzioni, ciascuno di noi deve tracciare la propria rotta, senza mai lasciarsi sviare dalle ondate del tumultuoso mare della vita. Più infuria la tempesta, più abbiamo bisogno di far emergere il nostro spirito combattivo e governare il timone con tutta la nostra energia e capacità, gridando: «Sempre avanti!». Lottando con questo coraggio forgeremo in noi la saggezza pratica per vincere concretamente e “fare la storia” da vittoriosi campioni.
Le realtà sociali sono molto severe, il mondo può essere un luogo duro e crudele. Anche se ci può essere stato un miglioramento delle condizioni economiche, le prime linee della società ci rimandano l’immagine caotica di una lotta disperata.
Subire un fallimento negli affari è una sofferenza angosciosa. Io stesso mi sono trovato a viverla quando lavoravo per il mio maestro Josei Toda e lo aiutavo nei suoi affari. È una lezione che si è profondamente impressa in me: non dimenticherò mai lo sguardo smarrito sul viso di Toda, normalmente molto sereno. Per lui quello fu un vero momento di crisi. Da giovane qual ero, diedi tutto me stesso per sostenerlo. Non poteva pagarmi, i miei colleghi se ne’erano andati e la mia salute era pessima. Nonostante tutto ho lottato come un demonio per proteggere Toda. Così, da una situazione disperata, grazie agli sforzi congiunti per kosen-rufu di maestro e discepolo, abbiamo superato ogni difficoltà, sgombrando la strada alla nomina di Toda a secondo presidente della Soka Gakkai (1951). Aveva cinquantun’anni, era nel pieno delle sue capacità. Disse: «La sola cosa che ho veramente a cuore è kosen-rufu. È il fondamento della mia vita! Non ho paura di niente che chiunque possa dire, niente mi può fermare!».
Il Buddismo si occupa prima di tutto di vincere e lo scopo del Buddismo e della fede è di permetterci di fare proprio questo. Il maestro e il discepolo che si dedicano a kosen-rufu condividono la missione di dare una chiara dimostrazione di fede realizzando una vittoria completa nella vita e nella società.
Uno dei titoli del Budda è “Eroe del mondo”. Il Budda è un valente e nobile campione che ha vinto le sofferenze della vita nel mondo reale.
Il Daishonin scrive: «Il Buddismo è come il corpo e la società è come l’ombra. Quando il corpo si piega, si piega anche l’ombra» (SND, 5, 70). La gente non può vivere separata dalla società ma un’esistenza in balìa degli alti e bassi della società è infelice, perciò è cruciale essere forti e saggi. Il “corpo” a cui si riferisce il Daishonin è, sul piano personale, la nostra fede. Comunque sia la vita, abbiamo bisogno di raccogliere tutta la nostra fede, alzare la testa e affrontare con coraggio la sfida che ci sta davanti. Per quanto difficile sia la situazione da affrontare, decidiamo di vincere e recitiamo con tutte le nostre forze. Questa è la strategia del Sutra del Loto potente e invincibile.
I membri della Divisione uomini sono i solidi responsabili che stanno guidando in una direzione positiva questo nostro mondo problematico e tumultuoso. Il poeta tedesco Friedrich Hölderlin (1770-1843) ha scritto che tutte le grandi imprese sono una lotta che può essere vinta solo con l’energia e lo spirito. Miei compagni della Divisione uomini, tutti degni del massimo rispetto, dato che lottare si deve, lottiamo con gioia e coraggio per una grande causa! E per il bene dei giovani che verranno dopo di noi, trionfiamo su ogni ostacolo con energia e spirito indomabili perché la fede è il supremo diritto che abbiamo scelto liberamente.
Il Daishonin scrisse una lettera al padre di Nanjo Tokimitsu che, benché si fosse convertito agli insegnamenti del Daishonin, era confuso e incapace di liberarsi completamente dell’attaccamento alle sue convinzioni precedenti. Per questo nella lettera il Daishonin lo ammonisce a non “avere due menti” e non aver “paura di ciò che gli altri possono dire”. («Ma se tu hai due menti e reciti una volta il Nembutsu e una volta il Sutra del Loto per paura di ciò che gli altri possono dire, anche se dici di essere discepolo di Nichiren, non accetteranno mai le tue parole» WND, 82 – vedi anche SND, 8, 230). Qui “avere due menti” indica una condizione di dubbio e di debolezza che rende una persona incapace di dedicarsi con tutta se stessa alla fede nel Sutra del Loto.
Fede autentica significa portare avanti le proprie convinzioni con un’unica mente. Al contrario, essere intimiditi da quello che possono pensare gli altri e non riuscire a confutare chi si oppone al Sutra del Loto significa proprio “avere due menti”. Coloro che hanno “due menti” non potranno mai raggiungere la Buddità, anche se passeranno l’intera vita a studiare gli insegnamenti buddisti. Sapere ciò che è corretto e ciò che è sbagliato e non dichiararlo quando è il momento significa – per usare le severe parole del Daishonin – agire come un «mortale nemico di tutti gli esseri viventi condannato immancabilmente all’inferno Avichi» (SND, 8, 183).
In senso stretto, lasciare che siano gli altri a fare kosen-rufu è un altro modo di “avere due menti”. Il Daishonin afferma anche «Ricercare l’Illuminazione senza denunciare le eresie è vano come tentare di trovare l’acqua in mezzo al fuoco o il fuoco in mezzo all’acqua» (SND, 4, 100). Alla fine, sforzarsi a metà porta solo a nutrire un eterno rimpianto. È autolesionismo. È importante impegnarsi, avanzare senza esitazioni e vivere ogni istante tenendo alta la bandiera del movimento Soka con l’orgoglio di essere i membri della Divisione uomini della Soka Gakkai.
Nichiren Daishonin afferma: «Il messaggio essenziale di questo trattato [L’apertura degli occhi] è che il destino del Giappone dipende esclusivamente da me. Una casa senza pilastri crolla, un uomo senza anima è morto. Io sono l’anima del popolo giapponese» (SND, 4, 57-58). La Soka Gakkai che ha ereditato lo spirito di adottare la dottrina corretta per la pace del paese, è il pilastro e l’anima del Giappone. La Divisione uomini è il pilastro centrale della Soka Gakkai, un solido bastione di nobili persone comuni.
«È meglio vivere un solo giorno con onore piuttosto che morire a centovent’anni in disgrazia» (SND, 4, 177), afferma il Daishonin. Un giorno dedicato a kosen-rufu è un prezioso giorno di fortuna che durerà per sempre. Per favore fate in modo di non avere dei rimpianti.
Il poeta scozzese Robert Burns (1759-96) ha scritto «Oggi è il giorno, adesso è l’ora; guarda il minaccioso fronte della battaglia». Adesso è il momento di alzarsi e di affrontare la sfida! Qualsiasi cosa accada, non arretrate. In ogni lotta, il segreto della vittoria è una fervida preghiera, il passo successivo è agire con coraggio. Conservando il coraggio, la speranza e la perseveranza, spronate ciascuno all’azione e incoraggiatevi a vicenda per la vittoria. Questa è la ricetta per vincere in qualsiasi campagna.
Ai membri più giovani della Divisione uomini, ai pensionati degni di lode che fanno attività nel Tayo-kai e a tutti i membri della Divisione uomini, pilastro di kosen-rufu, dico: non siate sconfitti! Miei valorosi campioni della Divisione uomini, lottiamo insieme e conseguiamo una vittoria dopo l’altra.

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