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A Firenze sbocciano fiori di umanità - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:31

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A Firenze sbocciano fiori di umanità

In questo saggio della serie “Viaggi indimenticabili” del giugno 2012 Ikeda ricorda la sua prima visita a Firenze e l’incontro con i pionieri del movimento di kosen-rufu in Italia. Episodi inediti, colmi di emozione, a testimonianza del suo forte legame con i membri italiani

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In questo saggio della serie “Viaggi indimenticabili” del giugno 2012 Ikeda ricorda la sua prima visita a Firenze e l’incontro con i pionieri del movimento di kosen-rufu in Italia. Episodi inediti, colmi di emozione, a testimonianza del suo forte legame con i membri italiani

L’alba dell’Italia
che avvolge
tutto il mondo,
profuma della piena fioritura
del Rinascimento.

Che la nostra divenga una “città dei fiori”. Poiché viviamo, facciamo sì che le nostre città risplendano come “città dei fiori” e abbelliamo la nostra esistenza con i “fiori della vita”.
Anche se le strade appaiono disadorne e la nostra quotidianità a prima vista può sembrare normale, poiché tutti hanno un desiderio comune si possono far sbocciare fiori di dialogo gioioso, fiori di belle amicizie e fiori di generosa cultura.
Firenze, la “città dei fiori”, ne è un esempio. Pare che il suo nome tragga origine da Flora, la dea dei fiori, da cui proviene il nome Florentia, datole quando fu costruita in epoca romana. Si dice che “il nome si manifesti nelle sembianze”: in questa città sono sbocciati i fiori dell’arte e poi quelli della “cultura della rinascita umana” chiamata Rinascimento. Il filosofo rinascimentale Giovanni Pico della Mirandola scrisse con trasporto che, sul palcoscenico chiamato mondo, «l’essere umano vien proclamato e ritenuto un grande miracolo e meraviglia fra i viventi!».
In noi esseri umani si trova il tesoro più sublime. Se riusciamo a trovare questo tesoro e a risvegliarci a esso possiamo far sbocciare i fiori della vita, diffondere appieno il loro profumo e manifestare tutto il loro peculiare colore.
Firenze trasmette tutto ciò: ispirando un rinascimento della vita rappresenta la “città del fiore di umanità”.

Avete scritto la storia
dell’Italia
miei nobili amici
di Firenze,
vi auguro felicità eterna.

Il filosofo rinascimentale Leonardo Bruni ha detto: «Nessuna distanza fisica potrà rompere la nostra amicizia e nessuna forza dell’oblio potrà cancellare la nostra memoria».
Ho visitato per la prima volta Firenze, chiamata anche “museo a cielo aperto”, nel maggio del 1981. Mi aspettavano amici allegri, affettuosi e dagli occhi limpidi. Ho dialogato intensamente insieme a questi giovani: a volte in una casa, altre volte seduto con loro su un prato illuminato dal sole, oppure passeggiando sul Ponte Vecchio sull’Arno, o ammirando il panorama della città dal piazzale Michelangelo.
A quell’epoca in Italia tanti giovani erano entrati nel tunnel della droga; la situazione era veramente difficile. In quelle circostanze, giovani ammirevoli avevano preso l’iniziativa di lottare e io desideravo in qualche modo incoraggiarli e dare loro forza: «Non dovete scappare dalla realtà. Abbracciando la filosofia della speranza affrontate ciò che si erge davanti a voi. Cercando di non far preoccupare i vostri genitori, in accordo con la vostra giovane età, studiate più che potete e impegnatevi attivamente. Avanzate insieme costruendo legami armoniosi e di fiducia reciproca».
I giovani della città d’arte, con voce fiera, intonarono per me la canzone che avevano scritto e composto. Traboccavano del desiderio di aprire insieme una nuova era del Rinascimento e diventare come un sole che illumina la società.
Giorgio Vasari diceva che nel momento in cui appare una persona eccellente, di solito non è sola. Qualsiasi persona ricca di talento, se rimane isolata non riuscirà a svilupparsi ulteriormente. È risaputo che il Rinascimento ha dato vita a grandi artisti del calibro di Leonardo da Vinci, perché i maestri formavano direttamente i discepoli, e fra amici ci si correggeva reciprocamente allo scopo di migliorarsi.
Credo che nei legami umani ci sia la luce, l’acqua e il nutrimento necessari a far nascere e sbocciare i fiori della creatività.

Attraverso l’incoraggiamento
i compagni di fede
infine vincono.

C’era una signora, alla quale mia moglie era molto vicina, che ascoltava sempre le parole degli amici e dei giovani, continuando a incoraggiarli e facendo crescere numerose persone di valore. Non la dimenticherò mai [il riferimento è ad Amalia Miglionico, “Dadina”, nella foto sopra insieme a Daisaku Ikeda nell’incontro avvenuto al Centro culturale di Firenze nel 1992, n.d.r.].
All’età di quindici anni si ammalò di poliomielite, che la rese invalida, ma lei non si arrese mai. Invece di lasciarsi andare, si impegnò nello studio e conseguì la laurea in medicina. Proprio perché lei per prima aveva sofferto a causa della malattia, voleva aiutare i malati che soffrivano. Quando lasciò il lavoro, concludendo la sua missione professionale alla quale si era dedicata con passione, incontrò il Buddismo. Trascorse i suoi ultimi anni propagando questa filosofia della dignità della vita in Europa, un tempo teatro di atroci guerre, costruendo una rete di solidarietà tra le persone e contribuendo alla pace.
Si muoveva autonomamente appoggiandosi a un bastone e, pur non avendo figli, era riuscita a creare numerosissimi legami con i giovani, incoraggiandoli come fossero suoi figli e figlie. Inoltre conosceva bene la lingua giapponese e grazie alle sue eccellenti traduzioni è stato possibile far conoscere in Italia la saggezza orientale e aprire la strada a tanti giovani che oggi stanno proseguendo quella stessa via studiando il rinascimento della vita.
Ricordo le parole che questa saggia signora una volta mi disse col sorriso sulle labbra: «In qualunque situazione possa trovarsi una persona, anche la più difficile, se continuiamo a dialogare con lei e a incoraggiarla con cuore e pazienza, riuscirà sicuramente ad andare avanti». E ancora: «È importante che le persone dalle differenti caratteristiche siano saldamente unite, altrimenti non si potrà realizzare la pace nel mondo».

Costruisci pienamente
la felicità
attraverso questa strada.

Il Centro culturale italiano, che è stato teatro di incontri significativi, è una villa appartenuta alle famiglie dei Tornabuoni e dei Medici, oggi patrimonio riconosciuto e protetto dalla Soprintendenza.
Nel quindicesimo secolo, per tre generazioni, a partire da Cosimo il Vecchio – ricordato anche come Padre della Patria della vita politica fiorentina – e poi con Piero e con Lorenzo il Magnifico si sviluppò l’epoca d’oro dei Medici, che coincide con l’epoca d’oro di Firenze.
Le radici della prosperità della famiglia si dice siano merito della madre di Cosimo, che aveva una grande forza di carattere. Questa donna, infaticabile lavoratrice, sostenne il marito, uomo coscienzioso, e insieme riuscirono a far prosperare la famiglia. Si dice che il padre esortasse Cosimo e i fratelli a imparare dalla madre la virtù di lavorare sodo.
Cosimo assimilò molto osservando i genitori e si impegnò anche nello studio della filosofia. Aveva un spirito di ricerca tale da fargli dire: «Nel mio cuore l’unica cosa che desidero conoscere è la strada che mi porterà sicuramente alla felicità». Credo che in questo pensiero si celi la saggezza della madre, che desiderava la felicità della famiglia e quella dei discendenti.
Il valore autentico di una filosofia della felicità si manifesta attraverso il comportamento che si tiene verso gli altri. Mi trovavo a pranzo in un ristorante nel centro della città e mentre dialogavo serenamente con i miei amici, rovesciai accidentalmente del vino sulla tavola. Ero molto imbarazzato per l’incidente, ma un cameriere sorridendo mi disse: «Si dice che versare il vino sulla tovaglia porti allegria» e con destrezza rimise tutto a posto. In quel momento vidi brillare l’arte di aver premura dell’altro: la cura di non far sentire a disagio il cliente e di trasformare un incidente in buonumore.
Nelle scritture buddiste troviamo questa frase: «La fortuna viene dal cuore e ci fa onore» (Gosho di Capodanno, RSND, 1, 1008). Con un cuore forte, intelligente e allegro possiamo dipingere nella nostra vita quotidiana una grande opera di felicità.

In Italia
insieme ai miei amici osservo
l’arte
suprema
e il mio cuore danza.

Mina Gregori, presidente della Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi, è una “madre dell’arte” che ha formato numerosi giovani ricercatori. Una volta mi disse: «L’arte arricchisce la vita ed è un tesoro indispensabile per vivere un’esistenza prospera. Per sconfiggere quest’epoca cruenta basata sul materialismo, sul calcolo e sull’interesse, l’arte deve entrare profondamente nella vita del maggior numero di persone possibili».
Palazzo Vecchio, uno dei simboli di Firenze, può essere considerato un santuario dell’arte poiché tutti i suoi spazi, dal soffitto alle pareti, alle colonne, sono adornati da opere. Inoltre, questo luogo è stato il centro della vita politica fin dal Medioevo e ancora oggi è la sede del Comune.
In un angolo del Salone dei Cinquecento si staglia con naturalezza il “Genio della vittoria”, la statua di Michelangelo il quale, superando attacchi e sofferenze di vario tipo, creò capolavori immortali. Egli affermò con risolutezza: «Partendo dalle mie condizioni attuali, farò del mio meglio». Come il giglio, simbolo di Firenze, che non si lascia sporcare da niente e rimane puro, creiamo un grande valore ora, proprio nel luogo in cui ci troviamo, forti di una condizione vitale che non si arrende e trasforma ogni sofferenza: questa è l’arte umana più nobile.
Da questo fiore del cuore sboccia il fiore della vita, e così risplende la città dei fiori.

Fiore di umanità
fiore del cuore
fiore di ogni viaggio.

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