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A Cecina un castello per kosen-rufu - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:34

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A Cecina un castello per kosen-rufu

In occasione dell’inaugurazione del Centro culturale di Cecina, è stata conferita al presidente della Sgi Ikeda la cittadinanza onoraria in virtù del suo impegno nella diffusione di una cultura di pace

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In occasione dell’inaugurazione del Centro culturale di Cecina, è stata conferita al presidente della Sgi Ikeda la cittadinanza onoraria in virtù del suo impegno nella diffusione di una cultura di pace

“Centro culturale della gloria di Piermattei e Geiger”, questo il nome scelto da Daisaku Ikeda per la nuova struttura aperta il 18 novembre scorso con una inaugurazione in tre tappe.
Prima tappa: il 18 novembre mattina intervengono le autorità comunali e alla presenza di sindaco, giunta, consiglio comunale di Cecina e quattrocentocinquanta persone si celebra il conferimento della cittadinanza onoraria al presidente della SGI. Dopo la proiezione del video Ikeda, uomo di pace, e dopo avere ascoltato il coro che ha cantato Rosso, Giallo e Blu, il sindaco Paolo Pacini assegna la cittadinanza onoraria a Daisaku Ikeda, ritirata dal direttore generale Nakajima, nelle cui motivazioni si legge: «Per il suo impegno in favore della pace e affermazione dei diritti civili e umani di tutti i popoli e nazioni».
Seconda tappa: il 18 novembre pomeriggio si apre ufficialmente il Gohonzon del nuovo Centro culturale e, alla presenza di vari responsabili dell’Istituto Buddista, Sybille Geiger e Rocco Piermattei ricevono il premio “Alba di kosen-rufu” da parte della Soka Gakkai Internazionale.
Terza tappa: il 25 novembre ancora una riunione a cui sono invitati gli operai delle ditte che hanno lavorato alla costruzione del Centro.
Tre incontri toccanti per inaugurare un edificio che può vantare alcuni primati. È il primo in Italia appositamente costruito per diventare un Centro culturale buddista, e inoltre sorge a Cecina, che attualmente in Europa è il luogo con la più alta percentuale di membri in rapporto al numero degli abitanti. Elegante e funzionale, curato con stile in ogni aspetto dall’architetto Massimo Argelassi, il Centro copre una superficie di 1200 mq, con tre sale rispettivamente da 350, 65 e 25 posti, due stanze per riunioni e due uffici, una biblioteca, uno spazio per i bambini e una cucina. Intorno un giardino, due parcheggi per le auto, un parcheggio per le biciclette e una pista ciclabile.
La sua realizzazione è nata grazie alla sincerità di due coniugi, Rocco Piermattei e Sybille Geiger (di cui il Nuovo Rinascimento pubblicherà l’esperienza nel prossimo numero), che da lungo tempo desiderano mettere a disposizione della Soka Gakkai un Centro culturale.
Durante l’inaugurazione, Rocco Piermattei ha voluto ringraziare, oltre al presidente Ikeda, tutti i membri per il loro sostegno e impegno.
Nel marzo scorso, in una breve poesia inviata agli italiani, Ikeda prefigurava bagliori di nuove vittorie e benefici per il movimento di kosen-rufu in Italia. Si può dire che questo nuovo Centro culturale rappresenti una componente ulteriore, concreta e tangibile, nello scenario di una “nuova alba” di una società di pace.
Annalisa Marangio

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Esami del quarto livello del dipartimento di studio

La mattina del 18 novembre 2007 si sono tenuti gli esami del quarto livello nei Centri culturali di Roma, Milano e Firenze. I settantotto partecipanti, scelti fra coloro che avevano superato l’esame di terzo livello nel 1987, hanno sostenuto due prove scritte sulle lezioni di Daisaku Ikeda sull’Apertura degli occhi e sul Raggiungimento della Buddità in questa esistenza. Gli orali, sugli stessi argomenti, sono in programma per il 9 e 10 febbraio 2008.

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I corsi a Trets nel 2008

3-6 gen Educatori
20-23 apr Lombardia
11-14 mag Toscana
15-18 mag Umbria
18-21 mag Piemonte
22-25 mag Emilia
25-28 mag Roma Sud
15-18 giu Piemonte
22-25 giu Lombardia
15-18 ott Sud
18-21 ott Sud
21-24 ott Sud
24-27 ott Sud
13-16 nov Lombardia
16-19 nov Toscana
20-23 nov Toscana
4-7 dic Sicilia-Sardegna
7-10 dic Piemonte
11-14 dic Liguria
in data da destinarsi Triveneto

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Lo studio mensile per il primo semestre del 2008

Nei primi due mesi dell’anno lo studio verterà sul tema della vita e della morte.
A partire dal mese di marzo saranno proposti alcuni Gosho che il presidente Ikeda sta spiegando mensilmente sul giornale di studio giapponese Daibyakurenge; questi fanno parte di una nuova serie dal titolo Imparare dal Gosho, uno scritto ricco di speranza.
Ecco dunque il programma in dettaglio:
gennaio: L’eredità della Legge fondamentale della vita (brani scelti) (BS, 113, 5; cfr. SND, 4, 221)
febbraio: L’eredità della Legge fondamentale della vita (brani scelti) (BS, 113, 5; cfr. SND, 4, 221)
marzo: Il tamburo alla porta del tuono (SND, 7, 215)
aprile: Il prolungamento della vita (SND, 4, 87)
maggio: Risposta a Sairen-bo (SND, 9, 155)
giugno: Inferno e Buddità (SND, 5, 195)

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Tutti in cerchio con Jacqueline

Jacqueline Morineau è la fondatrice della “mediazione umanistica”. Facendo tesoro degli studi di archeologia classica e partendo dalla tragedia greca, ha sviluppato un metodo di riconciliazione e perdono fra due confliggenti che si incontrano davanti a un mediatore. Il set di mediazione è il luogo in cui prendono la parola due realtà, due sofferenze che si raccontano a una profondità tale da permettere la trasformazione interiore e, quindi, l’incontro. Su mandato del Consiglio d’Europa, ha lavorato nell’ambito della mediazione interculturale in Kosovo e nell’ex Yugoslavia riconciliando persone di etnie in guerra.

«Facciamo un cerchio», dice Jacqueline appena entrata nella sala del Centro culturale di Firenze il 15 novembre. Lasciandosi il palco alle spalle, Jacqueline rimane in platea insieme a noi per raccontarci una bellissima storia.
«Sono felice di condividere questo momento con voi. Vorrei chiarire il significato della parola “mediazione”, perché oggi c’è un po’ di confusione in questo ambito. Molti puntano al risultato e, piuttosto che lavorare sul processo, cercano di risolvere la situazione ovviando la trasformazione. La parola “mediazione” vuol dire legame fra uomo e Dio. Il legame parte da una profonda ricerca interiore che ci porta a rivivere un’esperienza e a diventarne consapevoli. Senza la trasformazione, la mediazione rimane a livello superficiale. Al processo manca l’umanità. La domanda dei confliggenti è quella di ritrovare la pace e la felicità. Come possiamo vivere insieme in armonia? Senza conflitto? Fortunatamente il conflitto, la separazione, l’ingiustizia, sono cose che fanno parte di tutti noi. Il fallimento, che risiede dentro di noi, è dovuto a qualcosa di irrazionale. La mediazione è il linguaggio del cuore e della pancia. Ha bisogno di incontrare il grido della sofferenza, che è alla base di tutte le situazioni di violenza. Tante volte cerchiamo il capro espiatorio e non la causa della sofferenza. La mediazione è un processo per incontrare prima di tutto se stessi. Solo così può avvenire il percorso per l’individuazione del punto dove ognuno ha mancato. Nel momento in cui esiste una possibilità di incontro può nascere un dialogo. Noi siamo completamente accecati dalla nostra società, non sappiamo più riconoscere la verità. Chi siamo, dove andiamo… abbiamo bisogno di iniziare un percorso che ci porta a ritrovare prima di tutto noi stessi. Solo così possiamo eliminare l’illusione: buttando via le maschere che indossiamo per compiacere o per convenzione. Solo se mostriamo la nostra vera natura, senza alcuna vergogna, senza sensi di colpa, siamo veramente liberi. Noi siamo tridimensionali: siamo fatti di corpo, mente e anima. Abbiamo imparato bene cosa sono il corpo e la psiche, ma abbiamo dimenticato l’anima. Conosciamo tutte le malattie psicosomatiche e il legame che si crea quando uno è vittima dell’altro, ma, rifiutando la fede, abbiamo perso l’identità della dimensione più elevata: quella spirituale. Non esiste guarigione dell’uomo se non c’è guarigione dell’anima. Le emozioni creano il caos quando non sono più in armonia, e questo porta allo squilibrio totale. Per trovare la soluzione è dunque necessario riarmonizzare i livelli emozionali. Questo è possibile attraverso la creazione di valore, della dignità e della nobiltà d’animo».

Riconoscere gli stati vitali è un principio fondamentale per noi buddisti. Lei come agisce rispetto alla parte oscura che tutti noi abbiamo?
«Nella vita ordinaria, cerco di identificare la profondità della sofferenza. La natura del dolore e la sua origine. Io ho conosciuto l’esperienza di un militare che aveva completamente perso se stesso perché non si sentiva all’altezza delle aspettative della sua famiglia. Per la prima volta ha avuto la possibilità di parlare del suo vissuto e questo è stato il primo passo verso la cura. La mediazione segue il percorso della drammatizzazione greca: theoria (esposizione del vissuto, essere ascoltato senza essere giudicato), krisis (secondo passo verso la verità in cui si manifesta la vergogna e la fragilità dell’essere umano) e katarsis (incontro e riconciliazione). I greci avevano avuto la bella idea di drammatizzare le situazioni e di metterle in scena, come strumento di vita. La mediazione è la stessa cosa. La mediazione accoglie il dramma e conduce la sofferenza verso un altro livello. La guarigione può avvenire solo attraverso la cura dell’anima. Se non si raggiunge la dimensione più elevata è molto difficile trovare la pace».

Come possiamo fare per essere mediatori di noi stessi?
«Prima di essere mediatori degli altri dobbiamo oggettivamente avere spirito di mediazione verso noi stessi. È un cammino che facciamo insieme agli altri. Vale la pena incontrare conflitti per incontrare se stessi. Riconoscere la mia sofferenza è già un passo, ma poi ho bisogno di continuare.
La mediazione per me è come la nascita del fiore di loto. Come può rinascere l’uomo in mezzo a tanta sofferenza, in mezzo a una tale devastazione dell’anima? Solo utilizzando la stessa sofferenza per vivere e sentirsi uomo. Ecco perché questa mediazione è umanistica, perché la trasformazione avviene al livello più elevato dell’uomo, è la prova che l’uomo può rinascere per trovare la speranza. Non è un concetto, è una realtà, perché tutti noi, quando vediamo la luce, non vogliamo più tornare nelle tenebre. La speranza apre lo spiraglio verso una nuova vita. La mediazione non si basa sulla ricerca esclusiva della soluzione, ma sul modo, sulla via da percorrere per arrivare alla conoscenza di sé. Prima di tutto bisogna ascoltare il grido di questa sofferenza, poi avviene la trasformazione».

Coloro che si rivolgono a lei sanno già di avere un problema. Nel caso in cui altre due persone hanno un conflitto noi preghiamo secondo la nostra modalità buddista. Ma come posso praticare la mediazione senza avere la sua esperienza?
«Occorrerebbe molto tempo per spiegare tutto il processo, anche se non servono molti anni di formazione per apprenderlo. Ieri, per esempio, in una sola lezione alcune persone hanno già imparato a incontrarsi un pochino. A Milano l’università ha previsto un corso di tre giorni per offrire a più gruppi di persone la possibilità di conoscere il metodo. Tre giorni sono già utili per avere una visione differente della vita. È un cammino di vita che non finisce mai, possiamo andare sempre più nel profondo. Si tratta di una crescita interiore che ci aiuta a diventare esseri umani completi. È come se avessimo molti handicap che non vediamo per anni e anni. Noi siamo ciechi e non lo sappiamo, che è peggio. La mediazione ci fa vedere i nostri limiti e ci aiuta ad aprire gli occhi, le orecchie e poi tutto il resto viene da sé. È impossibile tornare indietro perché, se guardiamo indietro, già non ci piacciamo più».

Come si fa a credere nel potenziale di guarigione dell’altro? Come fa lei ad alimentare la fiducia che la persona cambi?
«Con la fede. È un cammino di libertà che rimane fra i due. Credo fondamentalmente che anche il peggior criminale nasconde in sé questo tesoro. Questa è la mia fede, lo faccio esclusivamente perché credo davvero nella natura dell’essere umano. Quando uno apre il proprio cuore, dall’altra parte c’è sempre l’attesa del meglio, è inevitabile. La verità è legata indissolubilmente alla libertà: io per prima posso accedere alla verità, fidandomi della capacità dell’altro e mostrando il cammino per lasciare esprimere la libertà dell’essere e quindi mostrare la possibilità di cambiare senza influenzare l’altro, pur condividendone il vissuto. Voi che praticate il Buddismo siete particolarmente pronti a comprendere questa dimensione del linguaggio dell’anima. Per molte persone il livello spirituale è una cosa strana, che non fa parte di noi. Voi siete pronti a toccare questo argomento più da vicino».
Maria Paparazzo

Per approfondire:
J. Morineau, Lo spirito della mediazione, Franco Angeli, 1998.
La mediatrice dell’anima (BS, 120, 58).

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Il sogno del piccolo Yuta
Un romanzo scritto da Ikeda per i ragazzi: tre personaggi che danno vita a una storia avvincente sullo sfondo di una città impreziosita da incredibili tesori.

Daisaku Ikeda, I tesori di Dunhuang, esperia ragazzi, 2007, 40 pagine con illustrazioni di Luisa Sala de Villaris, € 12,00

La città di Dunhuang è situata nel deserto cinese lungo la Via della Seta, la storica via di comunicazione che collegava oriente e occidente nell’antichità. Era una nota città oasi e conserva importanti vestigia di una tradizione buddista molto antica.
Yuta, il protagonista del racconto, è un bambino che in sogno compie un viaggio fino a Dunhuang, dove conosce il simpatico nonno Shu e la nipotina Yuran, che si danno un gran da fare per proteggere i tesori di Dunhuang da moltissimi nemici. La curiosità di Yuta si accende all’idea di poter ammirare dei tesori incredibili, ma presto rimane deluso nello scoprire che questi tesori non sono altro che le grotte affrescate in epoca antica. Ma nonno Shu, con il suo entusiasmo e la sua dedizione, riesce a far capire al bambino quanto siano preziosi i tesori di Dunhunag, per i quali è disposto a mettere in gioco tutto se stesso. “Un vero tesoro è ciò che è fatto con tutto il cuore, una cosa a cui ci si dedica con serietà e impegno.” È grazie a queste parole che Yuta stesso, nel racconto, diventa un prezioso alleato intento a difendere le grotte di Dunhuang.
L’autore ha dedicato questo libro al prof. Chang Shuhong, chiamato “il protettore di Dunhuang”, che già durante la guerra tra Cina e Giappone si dedicò alla tutela di questo importante sito archeologico. Attraverso il racconto veniamo così a conoscere le difficili condizioni in cui egli dovette lottare per salvare le grotte dalla distruzione.
Le illustrazioni a corredo del racconto sono di Luisa Sala de Villaris, che lavora da molti anni con i collage e riesce a ricreare i paesaggi e le atmosfere sognanti del racconto attraverso un uso raffinato dei più diversi elementi grafici e materici.

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