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La pratica che permette di cambiare lo stato vitale / parte 2 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:37

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    La pratica che permette di cambiare lo stato vitale / parte 2

    Nel 2021 le riunioni dei Gruppi uomini, donne e giovani della terza settimana saranno incentrate sul libro Cos’è la felicità. Ad aprile ci baseremo sulla seconda parte del terzo capitolo, intitolato “La pratica che permette di cambiare lo stato vitale”. In questa tavola rotonda alcuni responsabili delle Marche riflettono su alcuni temi di questo capitolo

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    Nel 2021 le riunioni dei Gruppi uomini, donne e giovani della terza settimana saranno incentrate sul libro Cos’è la felicità. Ad aprile ci baseremo sulla seconda parte del terzo capitolo, intitolato “La pratica che permette di cambiare lo stato vitale”. In questa tavola rotonda alcuni responsabili delle Marche riflettono su alcuni temi di questo capitolo

    Anna Ricci, responsabile di regione donne
    Paolo Falasco, responsabile di regione uomini
    Luca Petti, responsabile di regione giovani uomini
    Jennifer Michetti, responsabile di regione giovani donne

    La seconda parte di questo capitolo si apre con un incoraggiamento del presidente Ikeda sull’importanza della preghiera.
    Quale passo ti ha colpito in particolare e perché?

    Anna: «La fede e lo spirito della Soka Gakkai nascono da una forte e profonda preghiera per le nostre attuali situazioni e condizioni reali… una profonda preghiera nasce da un profondo senso di responsabilità… Coloro che si assumono la responsabilità di ogni aspetto della loro esistenza e si impegnano al massimo avranno lo stesso atteggiamento nella preghiera» (pag. 55). Sia il Daishonin che Daisaku Ikeda hanno dedicato la loro vita a insegnarci che ognuno di noi è capace di illuminare il mondo in cui vive, pieno di angosce e sofferenze, e trasformarlo nel mondo delle nostre speranze e dei nostri sogni.
    Per poter riuscire in questa impresa, è necessaria una preghiera “speciale” che sostenga, con fede nel Gohonzon, la decisione di un vero cambiamento: quella di assumersi la responsabilità di cambiare rotta al proprio destino, per vivere senza rimpianti. Una preghiera che si concretizza in capacità nuove e creative mentre si resiste al dolore che diviene forza. Una preghiera per vincere e aiutare gli altri a vincere.
    Più volte il maestro Ikeda ne La nuova rivoluzione umana ha dichiarato: «Vincere è il mio destino» (NRU, 12, 109).
    Quando faccio mia la preghiera di Sensei, non solo mi sento profondamente grata, ma riesco a creare con le mie mani il mondo che desidero e illuminarlo di speranza.

    C’è una parte in cui viene posta la domanda: “Daimoku: quantità o qualità?”. Qual è la risposta di Sensei?

    Paolo: In merito alla preghiera il presidente Ikeda, come sempre, ci porta all’essenza delle cose; non alla formalità o al senso del dovere, ma piuttosto al giusto atteggiamento che dovrebbe essere alla base della preghiera.
    Ci incoraggia infatti ad andare davanti al Gohonzon così come siamo, addolorati o desiderosi, tristi o felici, disperati senza una via d’uscita o pieni d’orgoglio.
    Dovremmo rivolgerci al Gohonzon come fa un figlio verso il proprio genitore, in maniera naturale, confidando nel potere del Gohonzon, finché non ci sentiamo veramente confortati e soddisfatti. Così sicuramente si manifesterà un cambiamento.
    Quando incoraggio una persona e percepisco la sua sofferenza, in quel momento sarei disposto a tutto per toglierle il dolore, ma ciò non è possibile. Cerco quindi di trasmettere la stessa passione e forza con cui il mio maestro mi incoraggia a pregare davanti al Gohonzon. La invito a porsi con un atteggiamento combattivo e suo che coinvolge tutto il proprio essere, come dice Sensei: “con tutto il cuore”, per non lasciare spazio a niente se non alla propria determinazione di vincere.
    È importante che la preghiera sia fiduciosa, con la decisione di superare il dubbio e i propri limiti. Come scrive Sensei: «Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Basta che reciti Daimoku con tutto il cuore e fai del tuo meglio in ogni impresa, senza arrenderti mai. Se farai così, vincerai sicuramente. Io ti sosterrò» (NRU, 12, 107).

    In queste pagine si parla anche di benefici visibili e invisibili. Puoi indicare un estratto in cui Sensei parla di questo argomento e una tua esperienza in merito?

    Luca: Il brano che mi ha colpito in merito al tema dei benefici è quello in cui il presidente Ikeda scrive:
    «I benefici del Gohonzon sono essenzialmente di due tipi: visibili e invisibili. I benefici visibili sono quelli ben riconoscibili, come ad esempio essere protetti quando un problema si manifesta, oppure essere in grado di superarlo molto rapidamente, indipendentemente dalla sua natura. I benefici invisibili sono invece difficili da riconoscere: vanno di pari passo con l’accumulo di fortuna, sono lenti ma continui, simili alla crescita di un albero o al montare della marea, e sono la base di uno stato vitale estremamente ricco. Potrà anche essere difficile, nel quotidiano, accorgersi di tali cambiamenti, tuttavia, con il passare degli anni, ci renderemo conto di essere diventati felici e scopriremo di essere cresciuti come individui: ecco il risultato dei benefici invisibili. In ogni caso è vero che, recitando Daimoku, è sempre possibile raccogliere i migliori risultati, perfettamente adeguati alle circostanze in cui ci troviamo, al di là del fatto che siano di tipo visibile o invisibile» (pag. 60).
    Da quando sono diventato membro nel 2007 ho ricevuto tantissimi benefici “visibili“. Ma il beneficio più grande è stato il beneficio “invisibile” di creare un forte legame di maestro e discepolo recitando Daimoku giorno dopo giorno davanti al Gohonzon. Questo mi ha permesso di sentire più sicurezza in me stesso, nelle relazioni quotidiane superando la paura che mi faceva dubitare di essere un giovane uomo di valore.

    In conclusione del capitolo il maestro Ikeda risponde alla domanda se abbia o meno valore recitare passi del sutra o il Daimoku senza capirne il significato. In base alla tua esperienza quali sono i punti essenziali?

    Jennifer: Alla fine del capitolo Ikeda cita il Gosho Lettera a Niiike in cui il Daishonin afferma: «Anche noi, benché […] nel guscio dell’ignoranza, covati dalla recitazione di Nam-myoho-renge kyo, […] possiamo volare nel cielo del vero aspetto di tutti i fenomeni» (RSND, 1, 914). Anche se non si capisce il significato del Sutra, i benefici che si acquisiscono sono gli stessi perché vi si accede soltanto tramite la fede, lottando contro la nostra oscurità fondamentale.
    Personalmente ho trovato molto utile studiare il significato di Gongyo nel libro Hoben e Juryo. Tuttavia, conoscere il significato di ogni singolo carattere mentre si recita Daimoku non è ciò che ci permette di conseguire la Buddità.
    In questo capitolo Sensei ci invita a pregare di fronte al Gohonzon essendo semplicemente noi stessi: «Affinché le nostre preghiere abbiano una risposta dobbiamo esprimerle al Gohonzon in maniera sincera e diretta» (pag. 56).
    Sensei cita nuovamente il Daishonin che scrive: «Anche se egli è come un tralcio di glicine, poiché si arrampica sul pino del Sutra del Loto può scalare la montagna della perfetta Illuminazione» (RSND, 1, 729). Questo passo mi fa pensare che, così come siamo, umani e imperfetti, possiamo manifestare la Buddità nel momento presente recitando Nam-myoho-renge-kyo.
    La metafora dell’arrampicata mi colpisce molto perché è uno sport che in passato ho praticato, nonostante soffra di vertigini. Quando si sale non si pensa ai propri limiti, altrimenti ci si fa prendere dalla paura, si inizia a sentire il vento e le ginocchia tremano.
    Una mente concentrata e fiduciosa riesce invece a superare i propri limiti arrivando fino in cima.

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