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Il principio per trasformare la vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:46

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    Il principio per trasformare la vita

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    Nel 2021 le riunioni dei Gruppi uomini, donne e giovani della terza settimana saranno incentrate sul libro Cos’è la felicità. A febbraio ci baseremo sul secondo capitolo, intitolato “Il principio per trasformare la vita”. Segue una tavola rotonda in cui alcuni responsabili di regione della Calabria riflettono sui temi di questo capitolo

    Vincenzo Avolio, responsabile di regione uomini
    Cesare Filiberto Tenuta, responsabile di regione giovani uomini
    Tiziana Schiavelli, responsabile di regione giovani donne
    Rosa Audia, vice responsabile di regione donne

    Cosa si intende con “principio per trasformare la vita”?

    Vincenzo: Scrive il nostro maestro, il presidente Ikeda: «Il modo in cui vediamo il mondo e percepiamo la nostra vita è determinato unicamente dalla nostra condizione vitale interiore. […] Questa condizione vitale determina la nostra visione e la nostra percezione del mondo esterno. Le stesse circostanze possono essere percepite come assoluta beatitudine da una persona e come intollerabili da un’altra. Mentre alcuni amano il luogo in cui vivono e lo considerano il posto migliore che ci sia, altri lo odiano e cercano costantemente la felicità da qualche altra parte. Il Buddismo di Nichiren Daishonin è un insegnamento che ci permette di elevare il nostro stato vitale interiore, realizzando vite veramente felici e il benessere della società» (pag. 18).
    Ultimamente mi chiedo spesso quale sia il modo migliore per riuscire a relazionarmi con gli altri. Quando si sta male non si vede via d’uscita, ci si chiude in se stessi e l’ambiente in cui si vive appare come un’insopportabile prigione. È facile vedere gli altri intorno a noi come gli artefici della nostra sofferenza e quindi ogni azione è prigioniera di questa percezione.
    Al contrario, se davanti al Gohonzon, con un Daimoku potente e rivoluzionario, riusciamo a cogliere il grande valore della vita, allora abbiamo l’occasione preziosa e unica per comportarci come Bodhisattva della Terra, per condividere la nostra esperienza di fede, per incoraggiare gli altri.
    Possiamo recitare Nam-myoho-renge-kyo e alimentare la speranza e la decisione di trasformare ciò che ci fa soffrire in una grande vittoria. Tutto dipende dallo stato vitale. Così riusciamo a percepire il posto in cui viviamo il migliore e i nostri simili diventano le persone a cui dedicare la nostra vita.

    Qual è la chiave per rivitalizzare l’umanitàe la società?

    Cesare: Come tutti noi, ogni giorno sperimento i cosiddetti “Dieci mondi”, ossia dieci condizioni vitali che per il Buddismo sono costituite dai “sei cattivi sentieri” (Inferno, Avidità, Animalità, Collera, Umanità e Cielo) e dai “quattro mondi nobili” (Apprendimento, Realizzazione, Bodhisattva e Buddità).
    Prima di conoscere la pratica buddista, quindici anni fa, ero totalmente in balìa degli eventi e non sapevo riconoscere queste dieci condizioni vitali all’interno del mio cuore. Ma da quando recito Nam-myoho-renge-kyo tutto è cambiato. Il maestro Ikeda scrive: «Un aereo, anche nelle giornate piovose o nuvolose, quando raggiunge un’altitudine di circa diecimila metri vola sopra le nubi e percorre agevolmente la sua rotta. Allo stesso modo, per quanto la nostra vita quotidiana possa essere dolorosa o difficile, se facciamo risplendere il sole nel nostro cuore possiamo superare tranquillamente ogni avversità. Questo sole interiore è lo stato vitale della Buddità» (pag. 21).
    Ognuno di noi può essere come quell’aereo! Se facciamo risplendere lo stato vitale della Buddità, la più nobile e suprema condizione vitale dell’essere umano, possiamo superare tranquillamente ogni avversità.
    Recitando Daimoku come per “fonderci” con il Gohonzon, la vita di ognuno di noi, qualunque sia il nostro karma, si indirizza in questo luminoso sentiero Soka, che porta così alla rivitalizzazione dell’umanità e della società, mai come ora così necessaria.
    Personalmente questa visione continua a darmi ogni giorno speranza per le future e incredibili vittorie della mia vita, qualsiasi cosa possa accadere e in qualsiasi condizione vitale io sia.

    In questo capitolo si parla dell’importanza di trasformare la “tendenza vitale fondamentale”. Cosa significa?

    Tiziana: In questo brano, basandosi sul principio del mutuo possesso dei dieci mondi, il presidente Ikeda introduce l’idea che «ogni persona ha una tendenza vitale di base formata dalla ripetizione di pensieri, parole e azioni». Chiarisce poi che «conseguire la Buddità significa fare del mondo di Buddità la propria tendenza vitale di base che, nonostante le sofferenze dei nove mondi, farà sempre sorgere da dentro di noi compassione, speranza e gioia» (pag. 22).
    Negli ultimi anni la mia lotta è stata quella di cercare di stabilire la Buddità come tendenza vitale di base. Ciò non vuol dire che non ho problemi, difficoltà, o non sperimento gli altri mondi!
    In questi anni sono ripartita da zero in tutti i campi della mia vita, ma grazie al Daimoku assiduo, al Gosho, agli scritti di Sensei, allo shakubuku e alle attività, ogni volta ho cercato di costruire nel mio cuore, davanti al Gohonzon, la speranza e la certezza che avrei vinto. Così ho usato le sofferenze legate ai nove mondi come legna da ardere per creare il massimo valore nella mia vita e manifestare la Buddità. Ciò mi è servito per crescere e migliorarmi come essere umano, superare i miei limiti e trasformare il mio karma.
    La cosa straordinaria è che ogni volta che affronto una sofferenza mi rendo conto di come io non debba vincere solo per me, ma anche per tutte le persone che vivono situazioni simili e ciò mi fa tirare fuori ancora più coraggio e forza per vincere e adempiere alla missione di kosen-rufu insieme al mio maestro e a i miei compagni di fede.

    Cosa significa “non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te”?

    Rosa: Il Daishonin afferma: «Non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te. Il Gohonzon esiste solo nella carne di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam-myoho-renge-kyo» (RSND, 1, 738).
    Il maestro Ikeda ci invita a soffermarci su questo passo e a considerarlo un ammonimento, sottolineando in particolare il «mai» di «non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te». È pur vero che per noi, nati e cresciuti in occidente, dove la cultura religiosa ha sempre rivolto le sue preghiere all’esterno, risulta spesso naturale rivolgerci al Gohonzon come se chiedessimo la grazia.
    Ma ciò equivale a considerare il Gohonzon al di fuori di noi e a evadere dalla responsabilità della propria vita. A tal riguardo nel Gosho leggiamo: «Perciò, quando invochi myoho e reciti renge devi sforzarti di credere profondamente che Myoho-renge-kyo è la tua vita stessa» (RSND, 1, 3). Avere questa consapevolezza e convinzione ci porta a un nuovo e corretto modo di approcciarci al Gohonzon, e tutto cambia. Il maestro Ikeda scrive che così «il sole del mondo di Buddità sorge nel nostro cuore». E l’intensità della sua luce dipende dalla forza della nostra fede. Il Daishonin scrive anche che il Gohonzon «è come uno specchio appannato che brillerà come un gioiello se viene lucidato». Il Gohonzon è lo specchio che riflette gli aspetti profondi della nostra vita, come tale non va cercato all’esterno ma può essere acceso solo dalla sincerità del nostro cuore.

    RIFERIMENTI

    Cos’è la felicità, Cap. 2, pagg. 17-37, pubblicato anche su BS, 166, 18-31

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