Nell’affrontare la paura e la disperazione causate da un terribile incidente del figlio Riccardo, Silvia attraverso la preghiera lotta come una leonessa e manifesta nella sua vita una forza e una convinzione senza precedenti
Ho conosciuto la pratica buddista quando avevo sedici anni e l’ho abbracciata con entusiasmo iniziando a partecipare alle attività del Gruppo Leonardo (antesignano del Gruppo futuro) e delle giovani donne. Ho realizzato tante cose in questi anni, tra cui la nascita di due splendidi figli.
Il 23 gennaio 2021 ricevo una telefonata da Riccardo, il maggiore, che con voce flebile mi dice di essere stato investito. In moto, mentre era fermo per dare la precedenza a una macchina, ne era sopraggiunta un’altra che lo aveva travolto.
Al nostro arrivo lo troviamo vigile ma immobile. Chiunque avrebbe capito che la situazione era grave. Mentre mio marito si lancia d’impulso in mezzo ai tanti soccorritori io, sebbene terrorizzata, riesco a mantenere la calma ripetendomi la frase: «Considera allo stesso modo, sofferenza e gioia e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo» (Felicità in questo mondo, RSND, 1, 607). Recito Daimoku per rivederlo vivo, e incoraggio mio marito che è disperato. Arrivano le prime notizie: fratture multiple (si saprà in seguito che sono 67, tra braccio e gamba sinistra, di cui tre esposte), e si valuta l’amputazione di una gamba. Lo operano quella sera stessa. Continuo a recitare con convinzione perché il mio Daimoku guidi le mani dei chirurghi e le loro scelte: «Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito del leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (Risposta a Kyo’o, RSND, 1, 365). Quando finalmente rivedo mio figlio lo stanno portando in rianimazione, ma non gli hanno amputato la gamba. Subirà otto interventi per ricostruire pezzo per pezzo. Insieme a queste notizie tremende, riesco a vedere chiaramente la grande protezione: nonostante il forte impatto Riccardo non ha avuto lesioni interne o cerebrali; alla TAC, il piede è risultato vascolarizzato, quindi i medici hanno confermato la scelta di salvare l’arto, contattando subito un istituto di chirurgia plastica ricostruttiva.
Sono stati interventi lunghi e dolorosi, tutti con esito positivo, durante i quali non ho mai smesso di recitare Daimoku e a chi mi chiedeva dove trovassi la forza, parlavo del Buddismo. Sono stati mesi di lotta sostenuta dalle guide del maestro Ikeda e da tutti i compagni di fede.
E man mano che Riccardo recuperava forze, la nostra vita quotidiana ritornava alle sue scadenze. Per Riccardo doveva essere anche l’anno della maturità. E lo è stato. Ho lottato come una leonessa per star dietro a tutta la burocrazia e ai professori affinché non perdesse quest’occasione di vincere. Riccardo assumeva una terapia per il dolore molto forte e da solo non riusciva a studiare. Ho chiesto un consiglio nella fede e una mia responsabile mi ha incoraggiata con queste parole: «Noi siamo Bodhisattva della Terra e abbiamo scelto una missione. Recita per ricordare alla tua vita che hai già vinto». Io non ho mollato e nemmeno Riccardo, che ha iniziato a recitare Daimoku regolarmente insieme a me a ha partecipato a una riunione online del Gruppo futuro. Ho trovato ben quattro insegnanti che da maggio si sono alternati per prepararlo alla maturità. Siamo arrivati a scuola in ambulanza, Riccardo si è seduto sulla nostra sedia “speciale” e l’ho accompagnato in aula. Mentre veniva interrogato io facevo shakubuku a una sua ex professoressa. È uscito raggiante e tutti ci hanno fatto i complimenti per la forza che ha trasmesso ai suoi compagni e professori. La notizia della promozione (con 70/100) è arrivata due giorni dopo, ma noi già la sentivamo nel cuore.
Ora abbiamo davanti ancora tante sfide, ma il peggio è alle spalle. E se ogni tanto mi sento più fragile, c’è Riccardo che mi aspetta per fare Gongyo insieme e ricordarmi che abbiamo già vinto!