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L’accoglienza che sta cambiando le nostre vite - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:07

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L’accoglienza che sta cambiando le nostre vite

Roberto Bonora, Trieste

Roberto racconta come, insieme a suo marito, ha deciso di dare il proprio contributo in risposta allo stato di emergenza causato dalla guerra in Ucraina

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Roberto racconta come, insieme a suo marito, ha deciso di dare il proprio contributo in risposta allo stato di emergenza causato dalla guerra in Ucraina

24 febbraio 2022, inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
Nello sgomento più grande recitiamo Daimoku con vigore, con la speranza che tutto cessi prima possibile e con conseguenze minime. Passano i giorni e tutto sembra precipitare.
Approfondiamo la lezione sul Gosho Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese: incredibile la coincidenza tra le parole di Nichiren Daishonin e la situazione attuale!
Mio marito e io viviamo a Trieste, confine ben noto per essere la porta verso l’Italia della così detta “rotta balcanica”. Iniziano gli arrivi dei profughi dall’Ucraina.
L’8 marzo ci alziamo presto, recitiamo Daimoku e Gongyo e decidiamo di andare al confine per capire se è possibile partire per la Polonia con un minivan carico di beni di prima necessità e tornare con persone da portare in salvo, oppure se è necessario dare ospitalità a qualcuno che è riuscito ad arrivare fin qui.
Troviamo i volontari della Protezione Civile ai quali lasciamo borse piene di viveri, e gli operatori dell’UNHCR che accolgono chi arriva. Ci presentiamo e si apre immediatamente un canale di comunicazione semplice e diretto. Chiediamo cosa possiamo fare. «Qui c’è una famiglia di cinque persone, padre, madre e tre figli di sei, undici e quattordici anni. Li portate a casa con voi?».
Mio marito e io ci guardiamo, viviamo in una casa di 80 mq con una sola camera da letto, la stanza del Gohonzon, un salotto e due bagni. Valutiamo che forse cinque persone da ospitare sono tante e decidiamo di attendere qualche altra possibilità.
Prima di salire in macchina ripenso allo sguardo di queste persone… i loro occhi mi attraversano anima e corpo come se fossero una lama rovente in un panetto di burro. Alla fine decidiamo di accoglierli e lasciamo il nostro numero di telefono.
Nel pomeriggio ci chiamano, “possiamo venire?”.
Il giorno dopo arrivano, sperduti, spaesati, i bambini sono bellissimi. Parliamo come possiamo.
La casa è pronta, ci adattiamo con una gioia nel cuore che ci scuote.
Ci attiviamo in tutte le direzioni: mio marito lavora in ospedale, quindi assistenza sanitaria.
Nel nostro gruppo buddista c’è una dirigente scolastica, quindi dalla prossima settimana i tre bambini andranno a scuola.
Grazie al dialogo interreligioso costruito in questi anni l’archimandrita della chiesa greco-ortodossa mi prega di accettare offerte dalla loro comunità. Tutto il nostro gruppo (meravigliosi, cuori traboccanti di generosità e compassione) si attiva per sostenere.
Un amico ieri mi ha mandato questo scritto di Sensei: «Nel mondo c’è un incalcolabile numero di persone ferite nel profondo, dobbiamo aiutarle a guarire. Aiutando loro, di fatto saniamo la nostra vita. Quando ci capita qualche disgrazia, tendiamo a pensare che nessuno sia più infelice e sfortunato di noi, e chiusi nella nostra autocommiserazione diventiamo incapaci di guardare oltre il nostro problema. […] In tali momenti, cos’è che ci dà la forza di continuare a vivere? Sono i legami umani, il desiderio di vivere per il bene degli altri. Fin quando rimaniamo chiusi in noi stessi non sentiamo alcuna felicità, ma quando ci adoperiamo coraggiosamente per gli altri rivitalizziamo la sorgente della nostra vita» (NR, 603, 11).
Ho sempre creduto fermamente che il Daimoku debba essere utilizzato per illuminare le nostre azioni. Abbiamo deciso di agire pensando al cuore del nostro maestro.
La gratitudine è contagiosa.
Grazie Sensei!

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