Sabato 25 settembre, in concomitanza con il sesto anniversario dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, è stata inaugurata la mostra dell’a Saka Gakkai italiana “L’eredità della vita. Il clima è una scelta: salviamo il futuro”
Realizzata all’interno della campagna “Cambio io. Cambia il mondo” dell’IBISG, la mostra, interamente in formato digitale e fruibile attraverso un percorso multimediale composto da 18 pannelli, affronta il tema dell’emergenza climatica e dell’impatto che sta avendo sulle nostre vite e sul mondo intero.
Sul sito www.ereditadellavita.it è possibile fruire la mostra online, i video e gli approfondimenti dei contenuti extra.
In occasione dell’inaugurazione il presidente Ikeda ha inviato un messaggio in cui afferma:
«Il messaggio che viene lanciato attraverso ogni pannello di questa mostra non è altro che un appello a impegnarci insieme per la costruzione di una società globale sostenibile, con la speranza condivisa che “se cambio io, cambia il mondo”» (pag. 6).
La mostra, sostenuta da studi scientifici, analizza da vari punti di vista l’emergenza climatica, ma soprattutto evidenzia le azioni che ognuno di noi può fare per salvare la vita sul pianeta.
All’inaugurazione sono intervenuti diversi rappresentanti del mondo scientifico e istituzionale e specialisti di varie discipline che hanno affrontato le tematiche dell’emergenza climatica.
Come ha sottolineato Roberta Ianna, rappresentante del Ministero della Transizione Ecologica che ha patrocinato l’evento, tutte le nostre speranze sono riposte nei giovani e a questo proposito, il Summit giovani che si terrà a Milano a partire dal 28 settembre “Youth4Climate: Driving Ambition” raccoglierà le idee di 400 giovani provenienti da tutto il mondo. L’intento è di sottoporle ai Ministri presenti alla PreCop26 affinché alla Cop26 venga portato il loro messaggio e i governi di tutto il mondo possano decidere come dar seguito a queste proposte. Un evento veramente importante e unico nel suo genere.
All’inaugurazione hanno partecipato di Luca Sardo, esponente dei Fridays for Future di Torino, e Paloma Messina che insieme a Jacopo Narici, a giugno 2018 ha ricevuto a Roma l’Appello per la resilienza e la speranza firmato da Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda, premio Nobel per la Pace.
E proprio riprendendo alcuni passi dell’Appello, i giovani hanno rinnovato la loro decisione:
«Noi giovani, protagonisti del presente che si fanno carico del futuro, abbiamo deciso di cambiare quest’epoca e di creare una nuova cultura per ristabilire l’equilibrio tra l’essere umano e la madre Terra e realizzare “un nuovo mondo giusto e solidale”».
Nelle pagine che seguono pubblichiamo alcuni interventi all’inaugurazione che rimane ancora visibile sul canale Youtube Soka Gakkai Italia.
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Vivere per il bene delle generazioni future
Nel suo intervento all’inaugurazione della mostra, il presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai Alberto Aprea ha sottolineato che la chiave per il cambiamento sociale e ambientale si trova in una profonda trasformazione interiore
di Alberto Aprea, presidente dell’IBISG
Questa mostra si basa sul pensiero del maestro Daisaku Ikeda e analizza – sostenuta da studi scientifici – l’emergenza climatica da vari punti di vista, e soprattutto evidenzia le azioni che ognuno di noi può fare per salvare la vita sul pianeta creando un cambiamento positivo.
Nichiren Daishonin scrive: «Se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le cause del presente» (L’apertura degli occhi, RSND, 1, 252). Ciò che conta è il presente: quali cause stiamo creando oggi? Ciò che facciamo adesso decide il nostro futuro.
Nichiren Daishonin afferma ancora: «Se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 4). “Terra” qui si riferisce all’ambiente sociale e naturale in cui viviamo.
La chiave per il cambiamento sociale e ambientale, quindi, si trova in una profonda trasformazione interiore che il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda definì “rivoluzione umana”.
Chi ha trasformato così la propria vita potrà condurre anche altre persone verso la felicità, ispirandole a sviluppare un senso di responsabilità nei confronti di se stesse, del pianeta e del futuro.
Il maestro Ikeda racconta che gli alberi di ginkgo nella lingua giapponese vengono designati letteralmente “albero, nonno-nipotino”, poiché se qualcuno pianta un ginkgo adesso, i suoi frutti verranno raccolti dai nipoti. E scrive: «A me pare che questo nome voglia significare: “Non vivo per me stesso, ma per il bene delle generazioni che verranno dopo di me”».
Anche il Movimento della Cintura Verde fondato da Wangari Maathai, Premio Nobel per la Pace, scomparsa nel 2011, mirava a risvegliare in ogni membro della comunità locale un senso di responsabilità verso la propria terra e verso il futuro:
«È la vostra terra – diceva – la possedete, ma non ve ne prendete cura. Lasciate che il suolo subisca l’erosione, quando potreste piantare degli alberi».
Qualcuno talvolta diceva: «Non voglio piantare quest’albero, perché non crescerà abbastanza in fretta».
Ma lei rispondeva che gli alberi di cui stavano godendo i frutti oggi, erano stati piantati da coloro che li avevano preceduti.
Allo stesso modo, adesso, era necessario piantare degli alberi a beneficio della comunità futura.
Per Wangari Maathai era fondamentale l’incoraggiamento e l’educazione delle giovani generazioni, e si riferiva alle proprie iniziative usando sempre il “noi”: «È un lavoro di squadra – diceva – se lo fai da sola, corri il rischio che quando non ci sarai più, nessun altro lo farà».
La realizzazione di un grande obiettivo richiede molti anni e la cooperazione di un gran numero di persone. La questione di come trasmettere questo spirito alle generazioni successive è quindi cruciale nello sforzo di risolvere i problemi globali che ci troviamo di fronte.
Anche quando i risultati non sono immediatamente visibili, l’educazione sviluppa profonde radici nella società ed esercita un’influenza sempre più positiva nel passaggio da una generazione all’altra.
Questa è la ragione per cui gli sforzi della Soka Gakkai per promuovere la risoluzione dei problemi globali sono sempre concentrati sull’idea di empowerment delle persone comuni.
Come indicano i titoli delle mostre che abbiamo realizzato – “Semi del cambiamento”, “I Semi della speranza”, e l’attuale “L’eredità della vita” – noi crediamo fermamente che piantare i semi di una nuova consapevolezza nei cuori delle persone sia il mezzo più efficace per aprire nuove strade per un futuro sostenibile. Come afferma il maestro Ikeda: «È fondamentale estendere l’amore che proviamo per noi stessi, in modo che, con questo gesto di apertura, diventi amore per gli altri» (NR, 724, 6).
Colgo questa occasione per rinnovare l’impegno della Soka Gakkai italiana a far sì che le nostre comunità locali diventino un esempio di umanesimo, tolleranza e rispetto per la dignità della vita.
Vi ringrazio ancora una volta dal profondo del cuore.
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Messaggi di saluto da parte di alcuni rappresentanti delle Istituzioni in occasione dell’inaugurazione della mostra “L’eredità della vita”
Monsignor Olivero
Presidente della Commissione ecumenismo e dialogo interreligioso CEI
Siamo in un momento estremamente delicato per quanto concerne l’attenzione e la cura nei confronti della nostra Madre Terra, con molte urgenze sulla questione della transizione ecologica. Non possiamo più aspettare o stare a guardare.
Nessuno può più stare a guardare o semplicemente lamentarsi. Per questo sono molto contento di questa mostra L’eredità della vita e ringrazio l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai perché ha realizzato questa cosa molto bella che ci fa prendere coscienza delle tante problematiche, ma soprattutto fa questa cosa importantissima di aiutarci a partire da noi stessi per cambiare. Spesso questo discorso ci sembra spiritualistico, astratto; in realtà è un discorso molto serio, perché soltanto riprendendo la cura dell’interiorità possiamo giungere a fare scelte reali e a sostenerle. Altrimenti spesso questi discorsi rischiano di rimanere solo discorsi.
Io credo che il nostro Occidente oggi ha un bisogno enorme di spiritualità, intesa proprio come risposta alla domanda: “Come vogliamo stare al mondo?”. Dobbiamo davvero chiedercelo, in particolare riguardo al tema dell’ecologia. Questo possiamo farlo solo entrando dentro di noi, tirando fuori le nostre energie migliori per riuscire a riprendere fiducia nei sogni e nelle scelte coraggiose che abbiamo davanti. Perciò ringrazio l’Istituto Buddista e invito tutti a visitare la mostra.
Maurizio Martina
Vice direttore generale della FAO
Un saluto all’Istituto Buddista Soka Gakkai e un grande ringraziamento per la mostra che avete voluto proporre in occasione di questo appuntamento così importante. È fondamentale per noi ragionare sulla connessione che esiste fra la trasformazione agricola e alimentare che si sta compiendo nel mondo e la grande sfida climatica.
Abbiamo davanti un trend demografico sempre in crescita e un aumento della produzione agricola che rischia di essere inferiore agli anni passati, proprio a causa dei vorticosi cambiamenti climatici che stanno trasformando gli elementi fondamentali che sono alla base delle nostre agricolture: acqua, terra, disponibilità produttive. Questo è un tema decisivo ed è fondamentale parlarne perché bisogna accompagnare oggi la transizione ecologica ambientale con la transizione agricola e alimentare. Le due cose devono viaggiare nella stessa direzione. Ambiente e agricoltura non possono essere nemici, devono darsi la mano e l’essere umano, i governi, le comunità devono accompagnare questo percorso comune.
Io penso che una parte della soluzione alla grande questione climatica risieda in un nuovo modello agricolo-alimentare. Non abbiamo bisogno di omologazioni alimentari globali, ma abbiamo bisogno di valorizzare le nostre diversità anche agricolo-alimentari, facendo tutti questo passo verso la sostenibilità dello sviluppo. Grazie per il vostro lavoro!
Giuseppe Sala
Sindaco di Milano, città che ospita la PreCop26
Nell’ambito della PreCop ci sono parecchi eventi a latere, discussioni, esposizioni, che danno spessore allo sforzo che con la PreCop si vuol fare per assicurare al nostro pianeta una transizione ecologica giusta. Voglio ringraziare l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai per la mostra L’eredità della vita. Credo che sia una mostra molto importante e molto bella. Voglio dire soprattutto che condivido profondamente, anzi profondissimamente ciò che sta alla base del pensiero buddista, ovvero che il cambiamento nasce dal singolo e si può irradiare a tutta l’umanità. Siamo noi singoli che dobbiamo avere la volontà di cambiare, di trasformare le cose.
Per questo vi sono vicino e vi auguro buon lavoro.
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È necessario che i giovani agiscano in prima persona
In rappresentanza dei giovani, sono intervenuti Luca Sardo, esponente di Fridays for Future di Torino e Paloma Messina che insieme a Jacopo Narici ha ricevuto nel giugno 2018, a Roma, l’Appello per la resilienza e la speranza firmato da Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda
Luca Sardo
Il mio impegno è cominciato anni fa proprio con il movimento Fridays for Future in Italia. Questo movimento è nato in Svezia e si è esteso a oltre 100 paesi in tutto il mondo, e il nostro obiettivo è una delle sfide cruciali che viene citata all’interno dell’Appello alla resilienza e alla speranza: quella del contrasto ai cambiamenti climatici. Da tre anni cerchiamo di portare la voce dei ragazzi e delle ragazze nelle piazze e nelle Istituzioni, per far sì che questo tema venga messo al centro dell’agenda affinché questa crisi climatica venga trattata come qualcosa da risolvere nel più breve tempo possibile.
Quello che chiediamo e condividiamo con le tante altre associazioni della rete è che l’impegno dei giovani sia fondamentale. Non bisogna solo agire per i giovani, ma è necessario che essi agiscano in prima persona dal momento che è il nostro futuro ad essere messo in pericolo e che deve essere difeso. Altrimenti è difficile che queste sfide vengano raccolte.
Paloma Messina
L’Appello scritto da Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda parla di resilienza e di speranza come di qualità che i giovani possono coltivare nel proprio cuore per trovare nuove strade da percorrere insieme, e poter «generare un impeto irrefrenabile di azioni positive e collettive» e «generare una forza d’azione dinamica che permetta loro di affrontare le sfide planetarie, come la proibizione e l’eliminazione delle armi nucleari, la costruzione di una cultura dei diritti umani e la difesa della madre Terra» (NR, 630, 17).
In risposta a questo Appello noi giovani abbiamo deciso di creare una rete in movimento, Generazione per la resilienza e la speranza, composta da associazioni giovanili universitarie, religiose e laiche che tutti i giorni lavorano in linea con i valori dell’Appello e si impegnano quotidianamente per dare il proprio contributo per la risoluzione delle più impellenti sfide, sia ambientali che sociali, della nostra epoca.
In questi anni abbiamo fatto “camminare la parola”, abbiamo partecipato a eventi locali, nazionali e internazionali, soprattutto a sostegno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Sempre nell’Appello leggiamo che «il divenire del genere umano dipende dal presente e da come i giovani avranno il coraggio di affrontare la realtà, senza lasciarsi piegare dalle avversità» (Ibidem).
Quindi noi giovani, protagonisti del presente che si fanno carico del futuro, abbiamo deciso di cambiare quest’epoca e di creare una nuova cultura per ristabilire l’equilibrio tra l’essere umano e la madre Terra, e realizzare «un nuovo mondo giusto e solidale» (Ibidem).
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Domande e risposte
Di seguito gli interventi di alcuni esponenti del mondo scientifico e accademico che hanno risposto alle domande poste durante l’inaugurazione della mostra
Come possiamo riuscire ad avviare in tempi rapidi una transizione ecologica[ref]Transizione ecologica: con questa espressione si intende il passaggio o la trasformazione da un sistema produttivo intensivo e non sostenibile dal punto di vista dell’impiego delle risorse, a un modello che invece ha nella sostenibilità ambientale, sociale ed economica, il proprio punto di forza. [/ref] giusta e a ripensare il nostro modello di sviluppo?
Risponde Carlo Orecchia, economista presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze
Fin da quando ho iniziato gli studi di Economia ho sempre pensato che il cambiamento climatico fosse una grande occasione per un cambiamento dell’economia, in particolare per un ripensamento del concetto di crescita in senso qualitativo e non quantitativo, verso un paradigma di sostenibilità. Penso anche che in questa fase affinché la transizione sia giusta, sia necessaria una forte unità tra gli individui.
Da un punto di vista tecnico-teorico sappiamo cosa fare, sappiamo quali politiche mettere in campo, sappiamo che ci troviamo di fronte a un fallimento del mercato, che c’è bisogno di un intervento pubblico. Sappiamo anche che la cooperazione internazionale è difficile perché c’è il fenomeno del free riding, ossia che nessuno Stato vuole sostenere per primo i costi della transizione, aspettando che siano altri Stati a farlo.
Proprio per questo penso sia necessario che l’obiettivo sia condiviso con senso di unità. C’è un principio buddista che spiega bene questo concetto: itai doshin, che significa “diversi corpi, stessa mente”.
Gli obiettivi della riduzione delle emissioni e della transizione economica devono essere condivisi e calarsi nelle realtà locali; non devono essere imposti dall’alto ma vanno condivisi da ciascun individuo.
Questo significa che c’è bisogno di una pluralità di azioni: c’è bisogno di un cambiamento del sistema di produzione, che deve diventare sostenibile. Inoltre c’è bisogno di un cambiamento degli stili di vita da parte di tutti noi, da parte dei consumatori; altresì c’è bisogno di un cambiamento nella gestione dei rifiuti e si deve andare verso un’economia circolare.
L’importante è che tutte queste azioni non dimentichino mai che ogni singola politica economica deve essere tarata, accettata e condivisa sul territorio locale.
In questa direzione, l’Europa si è assunta il ruolo di sostenere questi obiettivi della riduzione delle emissioni e della transizione ecologica ed economica.
Questo ruolo di leadership – che si basa sulla presa di responsabilità degli Stati più avanzati, proprio perché sono loro i responsabili della situazione attuale – sta avendo effetti positivi ed è una causa molto importante per il raggiungimento dei nostri obiettivi.
Come ritrovare un equilibrio tra se stessi e l’ambiente?
Risponde Guido Giordano, professore di vulcanologia presso il Dipartimento di scienze dell’Università Roma Tre
Il concetto di interdipendenza tra tutti i fenomeni dell’universo è uno dei più sofisticati della tradizione buddista.
Dal punto di vista scientifico è solo da poco che abbiamo iniziato a comprendere i sistemi complessi.
Mentre da un lato siamo capaci di costruire macchine sofisticatissime e siamo capaci di mandare delle sonde su Marte, dall’altro quando si tratta di cercare di capire quali siano le relazioni tra il nostro modo di vivere e il nostro modo di produrre e consumare e gli effetti che questi hanno sulla biosfera, siamo essenzialmente disarmati, non sappiamo bene cosa fare.
È per questo che è così importante farci illuminare dalle parole di giganti della contemporaneità che hanno riflettuto su questi temi anche in tempi molto precedenti all’insorgere del dramma ambientale che stiamo vivendo oggi.
Ad esempio, Aurelio Peccei e Daisaku Ikeda hanno pubblicato un libro di dialoghi intitolato Campanello d’allarme per il ventunesimo secolo, dove non solo hanno illustrato i limiti del nostro modello di sviluppo, ma hanno posto le basi per la riscrittura del sistema di valori che ne sta alla base.
Quando parliamo di “limite” allo sviluppo ci viene in mente qualcosa che ci opprime, ma se noi invece guardiamo la cosa dal punto di vista del valore che possiamo creare nel momento in cui raccogliamo la sfida di rispettare un limite, improvvisamente ci si aprono davanti degli orizzonti inaspettati e assolutamente positivi.
Oggi abbiamo il dovere di raccogliere la sfida ambientale e abbiamo il dovere di offrire alle generazioni future una prospettiva in cui questa terra sia migliore di oggi, non soltanto dal punto di vista del sistema naturale ma anche delle relazioni tra noi esseri umani.
Da questo punto di vista è importante riflettere su ciò che ci conviene: ci conviene vivere in un mondo meno inquinato, ci conviene vivere in un mondo più giusto, ci conviene produrre meno e meglio, ci conviene consumare meno e meglio.
Far sì che le nostre azioni abbiano al centro il benessere di tutte e tutti – non soltanto di noi esseri umani, ma di tutti gli esseri viventi – ci consente di creare valore per riuscire a riscrivere il nostro futuro.
Qual è il ruolo della formazione nella sfida ambientale?
Risponde Maria Chiara Pettenati, dirigente di ricerca presso Indire, un istituto del Ministero dell’Istruzione, e ambasciatrice del Patto per il clima dell’Unione europea
Di fronte a sfide globali e così complesse come quelle della pandemia e del cambiamento climatico dobbiamo mettere in gioco una particolare capacità che si chiama “resilienza trasformativa”, ossia sfruttare la spinta che deriva dallo shock per compiere un balzo in avanti, piuttosto che cercare di tornare indietro.
Quando parliamo di temi globali o di scuola dobbiamo tenere presenti i dati e le ricerche che ci aiutano a descrivere in quale contesto andiamo a operare.
A tal riguardo trovo molto significativa la ricerca “OCSE Pisa“ condotta nel 2018. Da questa indagine emerge che nelle scuole del nostro paese si parla di temi globali – come il cambiamento climatico, la salute pubblica, i conflitti, le migrazioni, la fame, la povertà, le disuguaglianze – in misura significativamente minore rispetto agli altri paesi dell’area OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Tuttavia, parlare di questi temi a scuola sicuramente non basta.
Occorre mettere in moto atteggiamenti e comportamenti, cioè passare veramente all’azione.
Per contribuire a questo dibattito la domanda che vorrei ci ponessimo è: i giovani non agiscono perché pensano che la loro azione sia inutile?
Secondo una ricerca emerge che nei paesi OCSE solo il 50-55% dei giovani quindicenni si trovano d’accordo, o molto d’accordo con l’affermazione: “Penso di poter fare qualcosa per i problemi del mondo”.
Aumentare il numero dei giovani che sentono di poter fare qualcosa per il mondo è una grande sfida che i sistemi educativi di tutto il mondo stanno affrontando e per cui questa mostra può contribuire in termini di ispirazione dando un contributo al dibattito.
Un altro punto di forza che questa mostra mette in evidenza è il riferimento esplicito all’Agenda 2030 come riferimento per leggere la realtà, un quadro che soddisfi le aspirazioni degli esseri umani e rispetti i limiti del pianeta consentendoci di operare in quello spazio sicuro e giusto per l’umanità: quel nuovo modello di sviluppo che dobbiamo con urgenza cercare e mettere in azione.