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La pratica buddista quotidiana - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 06:56

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    La pratica buddista quotidiana

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    Queste pagine contengono alcuni chiarimenti sulla nostra pratica buddista quotidiana, dedicati in particolare a chi sta iniziando, ma utili a tutti per rinfrescare la nostra consapevolezza e il senso di responsabilità (tratto da NR, 588, 17 e NR, 601, 11)

    Praticare il Buddismo per i membri della Soka Gakkai vuol dire essenzialmente migliorare se stessi, fare la propria rivoluzione umana.
    Nichiren Daishonin scrive che, per risolvere qualsiasi sofferenza, bisogna usare la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra, e spiega in cosa consiste questa strategia: recitare Daimoku al Gohonzon per la felicità nostra e degli altri, trasmettere la Legge mistica a quante più persone possibile e agire basandosi su questo tipo di preghiera, per creare valore.

    In particolare è fondamentale prenderci cura del Gohonzon, l’oggetto di culto che ci permette di manifestare la Buddità, perciò il posto della casa che scegliamo per custodirlo, la cura per tenere questo luogo pulito e dignitoso, non sono formalità rivolte a qualcosa di esterno, bensì azioni rivolte all’affermazione del rispetto della nostra stessa vita.
    Ogni cosa nella nostra pratica è volta a permetterci di pregare con la massima concentrazione. A tal proposito, i cellulari non sono “buoni amici” mentre si recita Daimoku. Non sarebbe meglio disattivare la suoneria fino al termine della recitazione?

    Senza formalità

    La recitazione di Gongyo e Daimoku è una cerimonia solenne attraverso la quale stiamo facendo emergere la Buddità dal profondo della nostra vita.
    L’essenza del Buddismo di Nichiren Daishonin non è formalità.
    Il Daimoku è la base di tutto e ciò che conta è il nostro cuore, la nostra fede.
    La chiave è l’atteggiamento con cui preghiamo, come afferma il presidente Ikeda:
    «È importante pregare con cuore aperto e sincero, così come siamo. Tutti affrontiamo momenti di preoccupazione, angoscia o tristezza nella vita; in quei momenti possiamo andare davanti al Gohonzon con la nostra sofferenza e pregare con tutto il cuore, come un bambino che cerca il caldo abbraccio della mamma.
    Il presidente Toda diceva spesso che quando preghiamo per i nostri problemi non c’è bisogno di fare tante cerimonie, bisogna solo pregare sinceramente al Gohonzon per guardare cosa abbiamo davvero nel cuore.
    Quando siamo di fronte a una sfida decisiva possiamo pregare con forza, coraggio e con la ferma determinazione di vincere.
    Quando lottiamo contro i tre ostacoli e i quattro demoni possiamo pregare con un cuore di leone, fiduciosi di sconfiggere quelle funzioni negative.
    Quando siamo di fronte all’opportunità di trasformare il nostro karma, possiamo infondere nel nostro Daimoku l’incrollabile decisione di non essere sconfitti.
    Quando siamo felici per qualcosa possiamo pregare con profonda soddisfazione e gratitudine. Ciò che conta è continuare a recitare Nam-myoho-renge-kyo fino in fondo, in ogni circostanza».

    Quale atteggiamento avere nella preghiera?

    Prendiamoci un attimo e riflettiamo sul modo in cui preghiamo. Qual è il nostro atteggiamento, la postura, il tono e il ritmo della nostra voce?
    Considerando le circostanze particolari della vita di ognuno, è importante pregare davanti al Gohonzon come se fossimo in presenza del Budda stesso. Con l’obiettivo di fare una pratica quotidiana gioiosa e appagante, ecco alcune indicazioni concrete volte a rinnovare il nostro atteggiamento nella preghiera

    La voce

    «La voce compie il lavoro del Budda» (Raccolta degli insegnamenti orali, BS, 109, 41)

    La nostra voce riflette lo stato del nostro corpo e della nostra mente, oltre che il potere inerente alla nostra vita. Nichiren Daishonin lo spiega con queste parole: «Ascoltando la voce si può conoscere la mente di una persona perché l’aspetto fisico rivela quello spirituale» (RSND, 1, 75).
    Riguardo alla voce, il presidente Ikeda afferma: «Quando recitiamo Daimoku con fede, la nostra voce è la voce del Budda che è sempre qui a propagare la grande Legge e, attraverso la prova tangibile dei benefici, insegna il grande potere della Legge mistica» (Hoben e Juryo, Esperia, pag. 232).
    Recitare Daimoku con voce chiara, risonante e sicura ci condurrà alla realizzazione e alla vittoria.

    Il ritmo

    «Sto pregando con tanta convinzione come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal terreno riarso» (RSND, 1, 395)

    Spiega il presidente Ikeda:
    «L’atteggiamento di una persona nel fare Gongyo e Daimoku rivela il suo modo di vivere. Una persona che fa un Gongyo debole mancherà di energia vitale e scivolerà gradualmente in uno stile di vita fragile. Se fate Gongyo perché vi sentite obbligati o come se fosse una routine, sarà molto difficile che proviate gioia grazie alla vostra fede.
    Quindi vi prego di incoraggiarvi gli uni con gli altri a fare sempre un Gongyo ritmico e rinfrescante, come un bianco cavallo alato lanciato al galoppo nel cielo. Insieme facciamo un Gongyo vigoroso giorno dopo giorno, un Gongyo che sia in grado di smuovere l’universo e sia colmo delle nostre sincere preghiere» (RU, 12, 107).

    La postura

    «Seduti con la schiena eretta meditando sul vero aspetto» (SDL, 466)

    Come gli insegnanti di canto ben sanno, la postura è fondamentale per la qualità della voce. Una postura corretta, in piedi o seduti, può influenzare positivamente il nostro modo di pensare e aumentare le possibilità di vittoria. Ad esempio, quando da seduti parliamo con una persona verso la quale portiamo rispetto, generalmente teniamo la schiena eretta, gli occhi aperti e le rivolgiamo la massima attenzione.
    La stessa cosa può dirsi se consideriamo la recitazione del Daimoku come una conversazione con il Budda. Ne La rivoluzione umana è descritto il modo in cui il presidente Ikeda faceva Gongyo durante un incontro con un gruppo di membri: «Si voltò verso il Gohonzon e recitò Daimoku con voce possente, carico di energia. Le persone di Yamaguchi ebbero un primo moto di sorpresa: allora era quello il modo corretto di fare Gongyo. Le dita delle mani giunte, gli occhi rivolti verso il Gohonzon, ogni parola scandita con cura» (RU, 11, 25).

    Suggerimenti sulla postura

    • Schiena eretta
    • Palmi uniti, al di sotto del mento
    • Se siete seduti su una sedia, i piedi toccano il pavimento
    • Occhi aperti che guardano il Gohonzon

    Prendersi cura del Gohonzon

    Il Gohonzon è il cardine centrale del Buddismo di Nichiren Daishonin e il modo in cui ce ne prendiamo cura nelle nostre case esprime il rispetto e la sincerità della nostra fede. Leggiamo nel Gosho: «Io, Nichiren, ho iscritto la mia vita in inchiostro di sumi, perciò credi profondamente nel Gohonzon» (Risposta a Kyo’o, RSND, 1, 365).
    È evidente, da questa affermazione, quale sia il rapporto fra la vita del Daishonin e il Gohonzon. Dal momento in cui riceviamo il Gohonzon, in un certo senso è come se Nichiren Daishonin entrasse nella nostra casa.
    È importante quindi usare vari accorgimenti

    • Porre il butsudan, il mobiletto dove teniamo il Gohonzon, nel posto migliore della casa, su un mobile che sia saldamente poggiato per terra. Evitare di spostarlo da una stanza all’altra.
    • Spolverare con cura il butsudan ogni mattina.
    • Evitare di appendere il mobiletto al muro o di posarlo su una mensola. Controllare che sia ben stabile e che non si muova quando apriamo gli sportelli.
    • Sopra al butsudan non dovrebbe esserci niente: è consigliabile togliere eventuali quadri, mensole o altro. Inoltre, è bene liberare il più possibile la zona circostante, per favorire la concentrazione.
    • Per sicurezza è anche consigliabile tenere le candele a una certa distanza dal Gohonzon, anche per evitare possibili schizzi di cera.
    • Riguardo all’altezza del Gohonzon, quando recitiamo Daimoku lo sguardo deve essere rivolto leggermente verso l’alto, tenendo conto che la maggior parte delle persone usa le sedie.
    • L’illuminazione va sistemata in modo che il Gohonzon possa essere visto senza riflessi fastidiosi, facendo attenzione che la lampadina non sia troppo vicina perché il calore potrebbe danneggiarlo.

    Le offerte al Gohonzon

    Nichiren Daishonin scrive: «Sia che tu invochi il nome del Budda, che reciti il sutra o semplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose metteranno nella tua vita buone radici e benefici» (RSND, 1, 4).

    Il significato delle offerte al Gohonzon quindi non è formale. Offrire l’acqua, la frutta, le candele, l’incenso o le piante sempreverdi, è un segno di sincerità della fede.
    Ogni mattina prima di Gongyo offriamo l’acqua fresca in segno della nostra rinnovata determinazione che ci permetterà di sfidare i problemi quotidiani e togliamo l’acqua prima della preghiera serale.
    Le piante, l’incenso e le candele sono offerte tradizionali che rappresentano i tre corpi del Budda (corpo della Legge, corpo di ricompensa e corpo manifesto). Si preferisce usare le piante sempreverdi perché simbolizzano l’eternità della vita.

    Il Gosho afferma: «Non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te. Il Gohonzon esiste solo nella carne di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam-myoho-renge-kyo» (RSND, 1, 738). Si comprende quindi che fare offerte sincere al Gohonzon non è altro che offrire alla nostra vita.

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