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La Soka Gakkai, un movimento buddista resiliente - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:26

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La Soka Gakkai, un movimento buddista resiliente

Dal 30 agosto al 3 settembre si è tenuta a Pisa l’annuale conferenza dell’Associazione europea per lo studio delle religioni (EASR). Riportiamo di seguito alcuni punti della sessione dedicata alla Soka Gakkai

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Dal 30 agosto al 3 settembre si è tenuta a Pisa l’annuale conferenza dell’Associazione europea per lo studio delle religioni (EASR). Riportiamo di seguito alcuni punti della sessione dedicata alla Soka Gakkai

Il 3 settembre, alla diciottesima conferenza annuale dell’EASR (European Association for the Study of Religion) sul rapporto tra resilienza e dimensione spirituale della religione tenuta presso l’Università di Pisa, un’intera sessione dal titolo “Resilienza e solidarietà in un movimento buddista globale” è stata dedicata alla Soka Gakkai.

Come è noto, con resilienza si intende la capacità di reagire positivamente di fronte a un cambiamento senza dovervisi adattare in modo permanente, sapere affrontare una crisi in modo costruttivo.
E la Soka Gakkai ne ha dato prova fin dagli inizi della sua storia in Giappone, quando dopo la seconda guerra mondiale ha saputo ricostruire la speranza nel futuro e in seguito, di fronte alle incomprensioni e alle persecuzioni, è riuscita a tenervi testa e a svilupparsi anche oltre i confini nazionali, fino alla più recente sfida della pandemia attuale su scala planetaria.
Nei cinque interventi della sessione coordinata da Massimo Introvigne, sociologo fondatore e direttore del Centro studi sulle nuove religioni (CESNUR), sono stati affrontati alcuni fondamentali aspetti dottrinali, sociologici e storici che svelano, anche a chi non conosce né pratica l’insegnamento di Nichiren Daishonin, l’anima resiliente della nostra organizzazione.

Intorno alla resilienza come base filosofica racchiusa nel concetto di “rivoluzione umana” si è sviluppato il discorso di Vinicio Busacchi (professore associato di Filosofia teoretica all’Università di Cagliari), articolato su cinque livelli: la resilienza e l’esperienza religiosa pratica; il punto di vista teorico-dottrinale; quello filosofico; psicologico; pedagogico; sociologico. In quest’ultimo ambito, grazie alla «dialettica tra gli sforzi di emancipazione personale e l’impegno altruistico» avviene il miracolo di un circolo virtuoso: «L’empowerment dei membri contribuisce alla fioritura della vita comunitaria della Soka Gakkai e della società nel suo complesso, mentre il supporto della comunità dei praticanti e della società permette e nutre il rafforzamento delle capacità resilienti degli individui – sia di chi riceve attivamente il sostegno sia di chi attivamente lo esercita».

Una notazione interessante: l’uso dei termini “resilienza” o “resiliente” sulle riviste online Il Nuovo Rinascimento e Buddismo e società negli ultimi vent’anni, sporadico dal 2014 fino al 2017, aumenta in seguito alla presentazione nel 2018 dell’Appello per la resilienza e la speranza a firma di Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda. Il termine, nel quale confluiscono concetti quali coraggio, forza, capacità, tenacia, flessibilità, determinazione, fede, nella prospettiva del Buddismo di Nichiren denota anche una «disposizione psicologica e spirituale ad andare oltre le circostanze contingenti, oltre il limite che di solito si ritiene invalicabile».

Di taglio prettamente sociologico l’intervento di Massimo Introvigne, profondo conoscitore del nostro movimento in Italia. Ripercorrendo le tappe principali che hanno portato la Soka Gakkai a diventare da noi il più numeroso movimento buddista laico e la maggiore organizzazione non cristiana in Italia, ha tratteggiato le caratteristiche della nostra organizzazione con l’occhio dello studioso che la osserva dall’esterno, per esempio a proposito del suo sviluppo così insolitamente massiccio e rapido.
Riproponendone la storia fin dall’inizio: dalla visita di Daisaku Ikeda nel 1961, e poi citando uno per uno tutti i pionieri, i primi praticanti giapponesi, i musicisti jazz fino a personaggi famosi entrati a far parte dell’organizzazione. Ma, spiega Introvigne, più che per la presenza di queste celebrità, la fama della Soka Gakkai nel nostro paese si è consolidata grazie alla campagna antinucleare Senzatomica, iniziata nel 2011, e alla mostra omonima visitata da centinaia di migliaia di persone, un impegno che ha restituito alla società l’immagine della Soka Gakkai come di un’organizzazione umanitaria attivamente impegnata per la pace.

Ha citato poi la separazione dalla Nichiren Shoshu avvenuta nei primi anni ‘90, circostanza nella quale l’organizzazione italiana si è dimostrata «molto resiliente: una rottura sofferta ma utile visto che in quanto movimento laico progressista si è potuto emancipare dalla scuola monastica, strettamente conservatrice, “de-giapponesizzandosi”».
A coronamento del suo ingresso nella società italiana dalla porta principale c’è stata l’Intesa con lo Stato, firmata nel 2015 e approvata l’anno seguente dal parlamento all’unanimità: «Fatto rarissimo in questioni religiose, nemmeno un parlamentare ha votato contro».
Cosa comporta dal punto di vista sociologico diventare un movimento così popolare, si è chiesto l’esperto? «Quando il fenomeno si verifica molto velocemente accade che alcuni non ne siano contenti. […] Certi dicono che sia un culto o frutto di una cospirazione politica. Sono calunnie della stampa che certamente disturbano i membri, ma che non pesano più di tanto visto che loro continuano a crescere, continuano la loro attività sul territorio e sono così numerosi che molti di noi ne conoscono alcuni direttamente, per cui ci risulta difficile credere a tali maldicenze».
E conclude: «Poiché la popolarità sociale tende a seguire quella legale, non ci sono dubbi che la Soka Gakkai resterà permanentemente nel panorama del pluralismo religioso italiano».

Prima di lasciare la parola ai due ultimi conferenzieri (Bernadette Rigal-Cellard dell’Università di Bordeaux sull’“Interesse di Daisaku Ikeda per Victor Hugo” e Yanis Ben Hammouda, dello stesso ateneo, sulla “Eccessiva secolarizzazione della Soka Gakkai per il secolarismo francese”), l’antropologa sociale Anne-Mette Fisker-Nielsen (associata presso l’Università Soka di Tokyo) con lo sguardo rivolto soprattutto al Giappone ha calato il suo intervento nell’attualità della pandemia, chiedendosi come la Soka Gakkai abbia reagito di fronte a questo inaspettato e vertiginoso aumento di insicurezza e di incertezza.
Facendo notare per esempio come il quotidiano Seikyo abbia svolto due funzioni: una pratica, fornendo informazioni secondo le indicazioni della scienza (per esempio attraverso un forum pubblico di discussione e una rubrica “Comprendere correttamente il Coronavirus”), un’altra di fede, incoraggiando a trasformare la paura in speranza. Del resto, la studiosa ricorda che al centro dell’insegnamento di Nichiren c’è lo scritto Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, da leggere come un «principio guida su come rispondere alle crisi di carattere sociale, e quindi anche al Coronavirus. […] Il punto sta nella trasformazione dei princìpi che albergano nel cuore umano».
Anche per un altro verso la Soka Gakkai ha saputo fare di necessità virtù: l’uso dei media per le riunioni ha favorito una transizione generazionale rendendo i giovani più attivi, mentre le molte attività condotte attraverso i social media «hanno rafforzato l’identità globale facendo sorgere da domande collettive risposte di respiro più ampio».

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