La forza di un luogo sta nelle persone che lo abitano. Lo stesso vale per questo Centro italiano destinato ad accogliere molte persone anche dall’Europa. Forse è per questo che Daisaku Ikeda parlò di “legami indistruttibili, vittoriosi e costruttivi” che caratterizzano l’autentica Soka Gakkai
di Silvia Palombi
Mi sento in dovere di fare una piccola confessione: quando seppi che il vecchio Centro di Milano sarebbe stato chiuso e che il nuovo sarebbe sorto a Corsico non ho gioito, anzi, per dirla tutta, l’ho presa malissimo. Da casa mia lo raggiungevo in dieci minuti scarsi in bicicletta. Adesso come avrei fatto, spatentata come sono? Tutti a dire che era l’occasione d’oro per rideterminare, per stabilire nuovi legami… eccetera. Sì sì, certo, ma l’umore rimaneva basso e soprattutto scettico. Poi un giorno a un corso si parlò del nuovo Centro: piante, planimetrie, diapositive. Noi contrari giù a sbuffare (ci eravamo seduti anche vicini per farlo meglio), quando nella fila dietro di noi tre ragazzi dicono allegri: «Che bellezza, così ci mettiamo solo quattro ore per arrivare». Solo? Come “solo”? Senza neanche la forza di girarci per vederli in faccia, ci siamo guardati di sottecchi, mogi e da quel momento sono finiti i borbottii, le “orecchie sono tornate alte”, finiti per sempre anche i malumori: coraggio! Il nuovo Centro sarà una meraviglia di kosen-rufu. E così è.
Con Romano Jeran e Yuji Matsunaga, i due dipendenti che lavorano a Milano e che si occupano rispettivamente della segreteria del Nord Italia e della segreteria estera, ci siamo incontrati negli uffici e abbiamo cominciato a parlare. Yuji e Romano mi hanno raccontato che l’inizio dei lavori è stato travolgente, ma la gestazione lunga e laboriosa. Il primo progetto risale al duemila quando, di fronte a un plastico portato in Giappone, il presidente Ikeda disse che lo vedeva già come un importante Centro di kosen-rufu.
Romano e Yuji sono a Corsico dal 22 ottobre 2008, subito dopo aver lasciato il Centro culturale di via Keplero, ex sede di una scuola giapponese che aveva accolto il presidente Ikeda nelle due visite milanesi del 1992 e del 1994. In quei primi giorni di trasloco c’erano scatoloni dappertutto e ancora nessun allacciamento telefonico, solo acqua e corrente elettrica: Yuji ricorda le parole di Tadayasu Kanzaki, l’ultima volta che lo avevano visto prima della sua scomparsa: «L’organizzazione è importante, ma non così importante come i membri. La responsabilità è importante, ma non così importante come stare vicino ai membri. State vicino ai membri, incoraggiateli sempre e sarete felici. Mi raccomando».
La città di Corsico ha un legame profondo col Giappone: al Museo di Hiroshima c’è una targa che il comune gli ha donato nel 1997 per la commemorazione dell’esplosione della bomba il 6 agosto 1945.
La relazione col presidente Ikeda è forte ed evidente già nel nome: Centro culturale Ikeda di Milano per la pace. «Tutti i membri devono essere consapevoli dell’importanza del nuovo Centro e desiderare di proteggerlo – dice Romano -. Vogliamo far risplendere il nuovo Centro con le vittorie di tutti noi, come un faro di cultura e pace nella società». Romano si aspetta di accogliere tante persone, ma soprattutto tanti giovani perché senza di loro non c’è futuro per nessuno e l’Italia ripartirà da qui con una nuova ondata di giovani entusiasti, come i pionieri degli anni Settanta.
Nel 2011, quando vennero avviati i lavori di restauro, Daisaku Ikeda inviò questa poesia:
Ai membri italiani:
Avanzate insieme in armonia.
Legami più profondi di itai doshin,
legami indistruttibili,
legami vittoriosi,
legami costruttivi,
legami che permettano a tutti di realizzare i propri desideri.
È questo il mondo della compassione dei compagni di fede,
vera essenza del Buddismo.
È questa la vera Soka Gakkai.
Comincia una nuova epoca basata su itai doshin, su una fortissima relazione col maestro e con i compagni di fede, manifestatosi finora nelle preghiere intense di tanti membri in tutta Italia affinché il restauro proseguisse senza intoppi. Una catena di solidarietà spirituale che ha accompagnato i lavori fin dalla cerimonia di posa delle prime venti pietre, una per ogni regione.