In trent’anni di pratica Franco ha accumulato molti tesori del cuore e a ottant’anni continua a migliorare se stesso, seguendo l’esempio del maestro Ikeda
Provengo da una famiglia benestante e ho ereditato un discreto patrimonio immobiliare, dilapidato in pochi anni a causa della cattiva gestione di una merceria che aprimmo io e mia moglie. Il disastro economico si ripercosse sui rapporti familiari generando disarmonia e tanta sofferenza.
Fu allora che mia figlia ci parlò del Buddismo e, nel giro di un anno, tutti in famiglia diventammo membri della Soka Gakkai. Recitavo Daimoku con decisione, mi impegnavo nello studio e nello shakubuku con la speranza di risolvere i problemi economici che mi attanagliavano. La nostra casa divenne un luogo di riunione e un punto di riferimento per la nostra città. I risultati tardavano ad arrivare ma io mi ripetevo costantemente le parole di Sensei: «Chi basa la propria vita sul Daimoku non si troverà mai in un vicolo cieco» (NR, 551, 4).
La vittoria arrivò: un avvocato ci guidò in un ricorso per ottenere il rimborso per un esproprio ingiusto. La metà della somma ricavata ci permise di risolvere la disastrosa situazione economica e di ritornare a sorridere.
Nel 2005, mi fu diagnosticata una cirrosi epatica da virus all’ultimo stadio con il rischio di morte in breve tempo e l’unica possibilità era provare una cura ancora sperimentale con tutti i rischi conseguenti. Non fu facile accettare questa condizione, ma recitando Daimoku e studiando il Gosho ho inciso nella mia vita che problemi e avversità sono inevitabili e che possono diventare l’occasione per trasformare il karma e rinvigorire la fede. La cura fu molto pesante ma nonostante la sofferenza fisica recitavo Daimoku più che potevo con l’obiettivo di guarire completamente e incoraggiare i membri del gruppo.
Un giorno, dopo aver parlato del Buddismo a un vecchio amico, che decise di iniziare a praticare, il medico che mi stava seguendo mi telefonò per dirmi che il virus dell’epatite era stato bloccato. Incredibile! Nel 2014 poi, quando i medici trovarono nel fegato un nodulo di natura maligna la cui posizione non consentiva l’intervento chirurgico, l’impulso a sprofondare nella disperazione fu forte. Determinai davanti al Gohonzon di risolvere anche questo problema per kosen-rufu, intensificai il Daimoku e mi sfidai il più possibile nello shakubuku.
A dicembre, il nodulo si era talmente ridotto da non costituire più un pericolo. Ancora una volta l’impossibile era diventato possibile.
Anche l’anno scorso ho avuto la possibilità di trasformare un altro pezzo del mio karma.
Il 3 maggio infatti, in seguito a una caduta domestica, mi sono ritrovato con un’anca e un femore fratturati. La paura e i dolori lancinanti mi fecero subito precipitare nell’abisso dello sconforto. Tuttavia, cominciando subito a recitare Daimoku ho affrontato la sfida con coraggio e speranza. Il lungo intervento chirurgico è andato per il meglio e dopo la prassi riabilitativa sono tornato a casa pronto a esprimere la mia gratitudine al Gohonzon e a contribuire alle attività del mio settore. Ora, seguendo l’esempio del maestro Ikeda, ho acquisito la convinzione che nulla può scalfire chi persevera con coraggio nella fede. Oggi sono grato di godere di ottima salute e desidero trasmettere a tutti la gioia di praticare questo meraviglioso Buddismo.