Contesto storico
Proseguono i dialoghi di Shin’ichi Yamamoto per creare le fondamenta della pace mondiale. Conclusosi l’incontro con Mandela, Shin’ichi continua i suoi viaggi per promuovere la “diplomazia dei cittadini comuni”, dialogando ogni giorno con politici, studiosi e con i compagni di fede di tutto il mondo.
Potete leggere le puntate del volume 30 pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/
Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[36] La conversazione tra Shin’ichi Yamamoto e il vicepresidente Mandela continuò vivacemente, e i cinquanta minuti programmati per il loro incontro sembrarono volare. Accompagnando Mandela verso l’uscita, al termine dell’incontro, Shin’ichi disse: «Tutti i grandi leader sono vittime di persecuzioni, la storia lo insegna. Lottare, superare e trionfare sulle persecuzioni è ciò che rende grande una persona. Lei continuerà senza dubbio a essere bersaglio di attacchi insidiosi, ma la vera giustizia sarà dimostrata tra cento o duecento anni. Per favore, si prenda cura di sé!».
In un certo senso, Shin’ichi stava parlando anche a se stesso. I cuori di questi due uomini, entrambi in lotta per la felicità del genere umano, erano entrati in calorosa risonanza.
Dopo l’incontro con Nelson Mandela, Shin’ichi continuò a perseguire la sua diplomazia dei cittadini comuni per il bene della pace con vigore ancora maggiore. Dedicava il massimo impegno a ogni incontro per ispirare i suoi interlocutori e per stimolarli a loro volta a ispirarlo attraverso una comunicazione al livello più profondo.
Nel novembre del 1990, un mese dopo l’incontro con Nelson Mandela, Shin’ichi incontrò in rapida successione altri capi di stato africani, tra cui l’ex presidente nigeriano Yakubu Gowon e il presidente dello Zambia Kenneth Kaunda. Nello stesso mese, intraprese un dialogo con il presidente bulgaro Zhelyu Zhelev e con il presidente turco Turgut Özal. Nel 1991, incontrò la presidente filippina Corazon Aquino, il presidente tedesco Richard von Weizsäcker, il primo ministro britannico John Major e altri politici.
Dialogare insieme, condividere le speranze per la pace e creare legami sinceri, costituisce un processo graduale per la risoluzione dei problemi. Un dialogo può definirsi tale se si persevera finché non porta un risultato, e richiede dunque perseveranza e tenacia spirituale. Coloro che invece adottano un atteggiamento estremista e non rispondono alle domande poste, ricorrono spesso all’aggressione a causa della loro debolezza interiore. Questo atteggiamento è una dichiarazione di sconfitta della loro umanità, che li porta a dipendere dalla violenza e da altre forme di coercizione per raggiungere i loro obiettivi.
L’unione delle persone attraverso il dialogo si trasforma in una forza che crea una rete per la pace.
[37] Shin’ichi non incontrava solamente i presidenti e i primi ministri di nazioni straniere, ma anche figure di spicco del mondo accademico, delle arti e dell’educazione provenienti da tutto il mondo: Europa, Asia, Oceania, Nord e Sud America, e Africa.
Tra il dicembre del 1990 e la metà del 1991 incontrò personaggi quali il direttore del PRIO, l’Istituto per la Ricerca sulla Pace di Oslo Sverre Lodgaard, il rettore dell’Università di Montréal René Simard, il professore emerito dell’Università di Harvard John Montgomery, il direttore generale dell’UNESCO Federico Mayor Saragozza, il presidente dell’Università delle Filippine José Abueva, il vice rettore dell’Università di Hong Kong, Charles K. Kao, e il rettore dell’Università di Palermo in Argentina, Ricardo Popovsky.
Per stringere legami genuini con leader e pensatori di tutto il mondo, inoltre, Shin’ichi non si impegnava solo in dialoghi amichevoli, ma scriveva anche per molti di loro delle poesie in cui esprimeva i suoi pensieri e la sua ammirazione.
In Cina dedicò le sue poesie al presidente dell’Associazione buddista cinese, Zhao Puchu; alla presidente della Conferenza politica consultiva del popolo cinese Deng Yingchao, moglie del defunto premier cinese Zhou Enlai; e al presidente dell’Università di Pechino Ding Shisun. In Unione Sovietica, scrisse delle poesie per il compianto rettore dell’Università statale Rem Khokhlov e per Valentina Tereshkova, presidente dell’Unione delle associazioni sovietiche per l’amicizia e le relazioni culturali con i paesi stranieri; per il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov e altri. Compose anche delle poesie per il primo ministro indiano Rajiv Gandhi, per l’ex segretario di stato americano Henry Kissinger, per il presidente argentino Raúl Alfonsín, per il rettore dell’Università nazionale di San Marcos del Perù, Juan de Dios Guevara, e per l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher.
Ci sono invisibili “corde dorate” nel cuore di ogni persona. L’espressione poetica risveglia nei cuori una profonda risonanza che cresce fino a diventare una melodia di amicizia e pace.
La persona che abbraccia fino in fondo gli ideali
scopre che gli ideali sono suoi alleati.
La persona che pratica fino in fondo la giustizia
scopre che la giustizia è sua amica.
La persona che protegge fino in fondo le persone
scopre che le persone sono dalla sua parte.
È un verso della poesia Brilla luminosa, corona della Madre delle Filippine, che Shin’ichi dedicò alla presidente delle Filippine Corazon Aquino, la quale si era messa al servizio della popolazione del suo paese e aveva portato avanti la causa del marito dopo l’assassinio di quest’ultimo.
[38] Shin’ichi scriveva poesie anche per i compagni di fede in tutto il mondo, per incoraggiarli mentre si sforzavano instancabilmente nelle attività per kosen-rufu e nella loro vita quotidiana. Mentre visitava l’Europa e il Nord America nel 1981, scrisse una serie di poesie per i membri del Gruppo giovani in Francia e negli Stati Uniti. Nello stesso anno, durante un viaggio di incoraggiamento nel Kyushu, nelle prefetture di Oita e di Kumamoto, scrisse la poesia Giovani, scalate la montagna di kosen-rufu del ventunesimo secolo, dedicata ai giovani del Giappone e di tutto il mondo. Da allora, dedicò energie sempre maggiori a scrivere lunghe poesie per i membri dei vari paesi.
Ad esempio, solo nel 1987, scrisse Sorgi, sole del secolo! per la SGI statunitense, I fiori di Panama per la SGI panamense, L’eterna corrente del Rio delle Amazzoni per la SGI brasiliana, Il grande sole dei Caraibi per la SGI della Repubblica Dominicana, Il fiore della cultura, il castello della vita per la SGI francese, Suonate la campana del Nuovo Rinascimento per la SGI italiana, Verso i sette mari, verso il secolo dell’umanità per la SGI del Regno Unito, La sinfonia della pace risuona sul Reno per la SGI tedesca e Un arcobaleno sulle cascate del Niagara per la SGI canadese.
Quello stesso anno dedicò delle poesie anche ai membri giapponesi: Brezze di felicità nei cieli di Chubu e Ode al porto verde, Shikoku. L’anno seguente, oltre a Cupola della pace e Canto di trionfo per i membri di Hiroshima, compose delle poesie dedicate allo Hokuriku, a Okinawa e al Tohoku. Continuò a scrivere poesie per ogni prefettura e regione del Giappone, e persino per ogni quartiere di Tokyo. In Un arcobaleno sulle cascate del Niagara, dedicato ai compagni di fede canadesi, troviamo questi versi:
Nichiren Daishonin disse:
«La legge non si propaga da sola; e poiché sono le persone a propagarla,
sia le persone sia la legge sono degne di rispetto».
Questo è il motivo per cui, amici miei,
dovete lucidare a fondo il vostro carattere.
La fede si manifesta nella vita quotidiana;
la fede si riflette nel carattere.
Dimostriamo che una persona di forte fede
sviluppa una personalità luminosa
che abbraccia tutti con compassione.
Solo la luce del carattere
renderà possibile espandere sempre più
il cerchio della Legge.
Con le sue poesie, Shin’ichi offriva ai membri incoraggiamenti e consigli per la vita quotidiana e per la fede, continuando a infondere speranza e coraggio.
[39] Nei dieci anni successivi alle dimissioni da presidente della Soka Gakkai, presentate nel 1979, Shin’ichi Yamamoto viaggiò instancabilmente, incontrando moltissime persone per creare una grande ondata di kosen-rufu, per aprire la strada alla pace mondiale.
Proprio in quegli anni si stava preparando una svolta importante: la fine della Guerra Fredda.
La divisione del mondo in due blocchi – tra Est e Ovest, tra comunisti e capitalisti – si può far risalire alla conferenza di Yalta del febbraio del 1945, pochi mesi prima della fine della Seconda guerra mondiale. I governi alleati, rappresentati dal presidente statunitense Franklin Roosevelt, dal primo ministro britannico Winston Churchill e dal premier sovietico Joseph Stalin, si incontrarono nella città di Yalta, a sud della penisola di Crimea, dove raggiunsero un accordo sull’assetto del mondo nel dopoguerra, sull’istituzione delle Nazioni Unite, sull’entrata in guerra dell’Unione Sovietica contro il Giappone e su altre questioni.
In questo modo fu deciso l’assetto dell’ordine mondiale nel dopoguerra e i paesi europei furono divisi nel blocco occidentale capitalista, alleato con gli Stati Uniti, e nel blocco orientale comunista, alleato con l’Unione Sovietica. Dopo la guerra, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si impegnarono in una costante crescita degli armamenti nucleari, mentre erano in competizione per raggiungere i propri obiettivi. Per l’Unione Sovietica si trattava di diffondere il socialismo in tutto il mondo, per gli Stati Uniti di portare tutti i paesi del mondo sotto la sua sfera di influenza.
Sebbene non vi fosse uno scontro militare diretto tra le due potenze nucleari, ragion per cui questo conflitto fu definito “Guerra Fredda”, c’era pur sempre il pericolo che potesse degenerare in un conflitto vero e proprio.
A causa delle tensioni crescenti tra i due fronti, nel 1961 fu costruito in Germania il muro di Berlino, che separava la zona est della città da quella occidentale, e ai cittadini delle due zone fu proibito di spostarsi liberamente da una all’altra.
Con la crisi di Cuba del 1962 il mondo si rese dolorosamente conto della precarietà di una situazione che poteva degenerare in qualsiasi momento in un conflitto nucleare tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Il conflitto tra il blocco orientale e quello occidentale si allargò all’Asia e ad altre parti del mondo, innescando guerre tragiche come quella del Vietnam.
Si svilupparono inoltre tensioni all’interno della sfera socialista tra Unione Sovietica e Cina, il che portò a una divisione e a una complessità ancora maggiore del quadro conflittuale generale.
La divisione genera divisione, ragion per cui è importante diffondere una filosofia che ci unisca e ci faccia tornare al comune denominatore della nostra umanità.
[40] Il mondo è costantemente in preda a cambiamenti sconvolgenti. Nessuna epoca rimane sempre uguale a se stessa; nessuna società si ferma. Persino gli scenari che sembrano dover durare eternamente alla fine si scongelano. Shin’ichi Yamamoto nutriva una grande fiducia nel fatto che la storia dell’umanità si stesse dirigendo verso la pace e l’unità o, meglio, era deciso a fare tutto il possibile per far sì che ciò accadesse.
Col passare del tempo, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica iniziarono a prendere dei provvedimenti per alleviare le tensioni esistenti tra loro. Nel 1969 i due paesi negoziarono una limitazione alle armi strategiche. Negli anni Settanta firmarono finalmente due trattati al riguardo, noti come SALT-I e SALT-II. Sebbene il secondo dei due non sia mai stato ratificato, la firma di quegli accordi che limitavano l’escalation dell’armamento nucleare, fu comunque un evento storico non solo per i due avversari, ma per il mondo in generale.
Man mano che le cose prendevano la piega della distensione, ciò che preoccupava maggiormente Shin’ichi erano le relazioni sempre più tese tra la Cina e l’Unione Sovietica, una situazione che poteva avere gravi conseguenze per il Giappone, vicino di entrambi i paesi, ma anche per la pace in Asia.
Durante una riunione generale del Gruppo studenti nel settembre 1968, Shin’ichi aveva fatto diverse proposte riguardanti la Cina, tra cui la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Cina e l’ammissione della Cina alle Nazioni Unite. Era spinto non solo dal desiderio di promuovere relazioni amichevoli e durature tra Giappone e Cina, ma anche dalla convinzione che per raggiungere la pace mondiale la Cina non dovesse rimanere isolata dalla comunità internazionale.
Più tardi, in qualità di privato cittadino, esortò direttamente i capi di stato cinesi e sovietici a perseguire la riconciliazione.
Nel periodo tra maggio e giugno del 1974, sei anni dopo aver avanzato le sue proposte a quella riunione del Gruppo studenti, Shin’ichi si recò in Cina per la prima volta e incontrò il vice premier Li Xiannian. A settembre fece la sua prima visita in Unione Sovietica e incontrò il premier Aleksey Kosygin, ricevendo dal capo di stato sovietico una chiara assicurazione che la superpotenza non aveva intenzione di attaccare la Cina. Durante la sua seconda visita in Cina a dicembre, Shin’ichi trasmise quel messaggio ai politici cinesi e incontrò il premier Zhou Enlai.
Tutti quegli sforzi erano motivati dal suo sincero desiderio che il conflitto tra i due paesi potesse essere risolto in modo pacifico, a beneficio di tutti i cittadini.
Non si ottiene nulla se rinunciamo a provarci. La pace è una lotta contro la rassegnazione.
[41] Poiché sono gli esseri umani a ingaggiare la guerra, non c’è guerra a cui gli esseri umani non possano porre fine. Con questa convinzione, Shin’ichi Yamamoto si preparò per la sua seconda visita in Cina. Il premier Zhou Enlai, ansioso di incontrarlo, ignorò le obiezioni dei medici e accolse Shin’ichi nell’ospedale dove era ricoverato.
Shin’ichi percepì che il suo sincero desiderio di pace tra Cina e Unione Sovietica aveva raggiunto Zhou. Il leader cinese era convinto che la direzione verso cui tendeva il mondo era l’amicizia tra tutti i popoli.
Gli anni Settanta videro una graduale riduzione delle tensioni internazionali, ma quando le forze sovietiche invasero l’Afghanistan a sostegno del regime filo-sovietico nel 1979, le nazioni occidentali condannarono duramente l’URSS. Per protesta, molte nazioni del blocco occidentale boicottarono le Olimpiadi di Mosca del 1980.
Per ritorsione, le nazioni alleate all’Unione Sovietica boicottarono le Olimpiadi di Los Angeles del 1984, in segno di protesta contro l’invasione americana della piccola nazione caraibica di Grenada, nel 1983. Sembrava che il tempo stesse andando a ritroso, e si parlava di una “nuova Guerra Fredda”.
Per superare l’antagonismo tra le due parti, Shin’ichi perseverò nei suoi sforzi, incontrando figure di spicco sia negli Stati Uniti sia in Unione Sovietica e formulando una serie di proposte concrete, tra cui la scelta di un luogo neutrale come la Svizzera per un incontro ai vertici.
Il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov svolse un ruolo importante nel porre fine alla Guerra Fredda. Nel 1985, l’allora segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica diede il via alle nuove politiche della glasnost (apertura) e della perestrojka (ristrutturazione), determinando un coraggioso cambiamento di rotta dell’Unione Sovietica e conducendo il rigido sistema comunista verso una maggiore liberalizzazione.
Lanciando il “nuovo pensiero”, Gorbaciov cercò di migliorare le relazioni con le nazioni occidentali, proponendo e attuando una riduzione degli armamenti. Nel novembre del 1985, la porta che si era chiusa più di sei anni prima fu riaperta, e i politici statunitensi e sovietici si incontrarono a Ginevra. Quando Shin’ichi venne a saperlo, percepì che finalmente il desiderio che aveva a lungo accarezzato si era infine realizzato. Quando due parti avverse aspirano seriamente alla pace, possono superare le differenze e raggiungere un accordo, come fiumi che scorrono su alvei diversi ma che finiscono per fondersi nell’oceano.
[42] Mikhail Gorbaciov prese la decisione di ritirare le truppe sovietiche dall’Afghanistan, dove si era creata una situazione di stallo. Nel dicembre del 1987 Stati Uniti e Unione Sovietica firmarono un trattato che eliminava i missili nucleari a raggio intermedio (INF), un evento epocale nella storia militare.
Le riforme in atto nell’Unione Sovietica coinvolsero le altre nazioni dell’Europa orientale, dando corso a un’ondata di libertà e democrazia che portò alla caduta dei governi comunisti in Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia e in altre nazioni. Questi fatti divennero noti come le “rivoluzioni del 1989”.
La Germania dell’Est era in ritardo nell’attuazione delle riforme e i suoi cittadini continuavano a fuggire verso l’Occidente. Di conseguenza, il 9 novembre 1989, un portavoce del governo annunciò in una conferenza stampa che i cittadini, con effetto immediato, sarebbero stati liberi di viaggiare fuori dal paese. Si trattava in realtà di un errore, perché il responsabile delle pubbliche relazioni avrebbe dovuto annunciare che le domande di visto per lasciare la Germania dell’Est sarebbero state accettate a partire dal giorno seguente, il 10 novembre.
I tedeschi di Berlino Est si precipitarono alle postazioni di confine, le guardie furono costrette ad aprire i varchi e la folla si riversò a Berlino Ovest. Allo stesso tempo, i cittadini iniziarono a demolire il muro che divideva la città. Quella corrente montante di libertà e democrazia, dal punto di vista storico, era inevitabile.
All’inizio di dicembre di quel 1989, il presidente degli Stati Uniti George H.W. Bush e il segretario generale sovietico Mikhail Gorbaciov si incontrarono a un summit sull’isola mediterranea di Malta. Per la prima volta i due capi di quelle nazioni tennero una conferenza stampa congiunta annunciando l’inizio di un “nuovo periodo di pace” e decretando di fatto la fine della Guerra Fredda.
Il 22 dicembre fu riaperta la Porta di Brandeburgo, che era diventata il simbolo della divisione della Germania.
Guardando il telegiornale, Shin’ichi Yamamoto si ricordò di quando, in visita a Berlino, si era trovato davanti a quella porta insieme ai membri della sua delegazione nell’ottobre del 1961. Era da poco cessata la pioggia e lui disse agli altri: «Sono sicuro che fra trent’ani anni questo muro non esisterà più».
Quelle parole esprimevano la convinzione di Shin’ichi che la coscienza, la saggezza e il coraggio degli esseri umani che desideravano la pace, alla fine, avrebbero trionfato. Allo stesso tempo, esprimevano la sua decisione, in quanto buddista, di dedicare la vita alla realizzazione della pace nel mondo. Ora, ventotto anni dopo, le sue parole erano diventate realtà. I tempi erano cambiati e un grande passo avanti era stato fatto.
(continua)