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Una gioia indescrivibile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:17

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Una gioia indescrivibile

Superare i miei limiti nel condividere il Buddismo con gli altri mi ha regalato una gioia che faccio fatica a descrivere

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Superare i miei limiti nel condividere il Buddismo con gli altri mi ha regalato una gioia che faccio fatica a descrivere

Èsempre stata una grande sfida per me riuscire a fare shakubuku e lo scorso anno, per sfidarmi ulteriormente, il primo gennaio ho determinato di riuscire a portare una persona a ricevere il Gohonzon entro il 9 giugno, giorno del Gruppo donne italiano. Subito dopo sono stata presa dal panico. Lavoro per lo più da sola, la maggior parte delle persone che frequento praticano già e quanto al fatto di parlare di Buddismo al primo che passa non ne sono proprio capace! Ma nel mio cuore il desiderio era forte. Quando ho condiviso queste preoccupazioni con la mia compagna lei mi ha detto: «Il Buddismo rende felici le persone, quindi basta che vedi una persona che soffre e le parli di Buddismo, no?!». Inizio a fare Daimoku per tirar fuori dalla mia vita il coraggio di agire.
Un giorno, prima di arrivare al lavoro, mi fermo al bar e vedo una ragazza in lacrime. Mi soffermo qualche secondo, ma poi mi incammino verso l’ufficio. Dopo qualche metro, mi tornano in mente le parole della mia compagna, quindi vado in ufficio prendo un paio di libri e torno al bar. Imbarazzatissima mi avvicino: «Scusami se ti disturbo… io conosco un solo modo per trasformare questa sofferenza, se vuoi approfondire puoi chiamarmi e ne parliamo». Esco dal bar che cammino a un metro da terra. Ero felice di aver vinto sulla mia chiusura. Passa una settimana e continuo a fare Daimoku per avere il coraggio di parlare del Buddismo alle persone.
Pochi giorni dopo ricevo una telefonata. È Roberta, la ragazza del bar: la sua situazione è disperata, ha venticinque anni, suo marito ventisette e hanno un figlio idrocefalo. Quando l’ho incontrata i medici le avevano appena detto che non si sapeva quanto avesse da vivere. Mi dice che il giorno dopo il nostro incontro ha iniziato subito a ripetere Nam-myoho-renge-kyo, mentre giocava con il figlio. Quando smetteva il bimbo le diceva: «Mamma non smettere, quando canti mi passa il mal di testa!». Poi anche il bimbo ha iniziato a fare Daimoku insieme a lei e quando è rientrato il papà gli è andato incontro dicendo: «Canta con noi, così mi passa il mal di testa!». Il giorno dopo vado a trovarli a casa. Appena entrata il bambino mi corre incontro abbracciandomi: «Sei tu la signora della canzone? Grazie!». Io trattengo le lacrime a stento, rispondo a tutte le loro domande e li incoraggio a mettersi un obiettivo impossibile: cercheranno di partecipare a una cura sperimentale in Canada a cui possono accedere solo due casi al mondo. Li saluto dandomi disponibile a rivederci quando lo desiderano.
A fine febbraio arriva la telefonata di Roberta che mi dice incredula che sono riusciti a entrare in quel protocollo sperimentale e partiranno per il Canada, e mi chiede un contatto con i buddisti.
Non ho più avuto notizie. Si avvicina la scadenza del 9 giugno per il mio obiettivo di shakubuku e continuo a recitare Daimoku per loro e a sfidarmi per riuscire a parlare di Buddismo a più persone possibili.
A fine maggio ricevo un messaggio di Roberta che mi chiede un appuntamento urgente via Skype, temo sia successo qualcosa al bimbo. In videochiamata mi fa vedere la casa e mentre gira il monitor, in salotto intravedo il mobiletto dove custodiamo il Gohonzon! Mi dice che hanno ricevuto il Gohonzon qualche giorno prima e che volevano ringraziarmi di nuovo.
La loro vita aveva preso una svolta epocale. Suo figlio stava rispondendo benissimo alle cure, suo marito aveva trovato un lavoro in uno studio di architettura dove avevano deciso di assumerlo, permettendogli di studiare per ottenere l’abilitazione in Canada, e quindi erano riusciti ad avere il permesso di soggiorno. Ecco perché avevano deciso entrambi di ricevere il Gohonzon!
Da quel momento ho deciso che non posso assolutamente smettere di parlare di Buddismo alle persone, a prescindere da quale sarà la loro reazione e da quanto potrò sentirmi inadeguata e imbarazzata. Superare il mio limite ha regalato a questa famiglia una speranza senza pari, e a me una gioia che faccio fatica a descrivere.

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