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Combattere l’ingiustizia - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:13

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Combattere l’ingiustizia

Assorbito dagli studi in Fisica e dalle difficoltà quotidiane, Andrea si chiede come può dedicarsi, in quanto giovane, ai problemi globali. Con spirito rivoluzionario, inizia un percorso che lo porta a incidere nel suo ambiente più prossimo

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Assorbito dagli studi in Fisica e dalle difficoltà quotidiane, Andrea si chiede come può dedicarsi, in quanto giovane, ai problemi globali. Con spirito rivoluzionario, inizia un percorso che lo porta a incidere nel suo ambiente più prossimo

Ho ventisei anni e sono dottorando in Fisica. Chi mi conosce sa che di base sono una persona molto timida. Mi faccio sempre molti problemi su ciò che dico e come mi comporto con gli altri. Circa tredici anni fa probabilmente mi trovavo davanti a uno schermo a giocare a un video gioco. La mia vita era scandita da una routine con pochi stimoli verso la società e il mio futuro.
Durante il liceo cominciai a rompere il guscio. Inoltre, mi avvicinai all’ambiente dei movimenti sociali e cominciai ad attivarmi al suo interno. Grazie a queste esperienze affrontai tanti limiti ritrovandomi, alla fine del liceo, molto più aperto.
Dopo le superiori, mi iscrissi alla facoltà di Fisica. All’università cercai subito di partecipare alle assemblee e trovai un ambiente maturo e stimolante. Essendo però preso dal percorso di studi non cominciai ad attivarmi in prima persona, anche se ne sentivo il desiderio. Non c’era effettivamente nulla che andasse male ma sentivo che lo studio, vissuto in quel modo, portava ad alienarmi mentalmente dalla società. Dopo alcune vicissitudini personali tra studio, lavoro e sconvolgimenti emotivi, mi ritrovai a chiedermi: “Ma se già è difficile andare avanti nel quotidiano della vita personale, come posso dedicarmi ai problemi che affliggono il mondo?” Capii che mi stavo ponendo la domanda da una prospettiva limitata di ragazzo occidentale nato e cresciuto in una metropoli.
Decisi così di fare un viaggio che avrebbe cambiato la mia vita e la mia visione del mondo. La meta scelta fu la regione palestinese della Cisgiordania. Avrei fatto volontariato in un villaggio di novecento persone vicino Betlemme, lavorando in un centro estivo per bambini.
Pochi giorni prima di partire scoppiò l’ennesimo conflitto armato: un’operazione militare che consisteva in una serie di bombardamenti nella striscia di Gaza al fine di stroncare gli attacchi terroristici di Hamas. In una zona così densamente popolata come Gaza ciò avrebbe comportato numerose vittime tra la popolazione civile. Nonostante la Cisgiordania sia molto vicina a Gaza, i conflitti armati non vi arrivarono, dunque decisi di partire lo stesso.
L’esperienza al villaggio fu incredibile, una totale immersione nella cultura locale, ma anche molto impegnativa. Intanto le incursioni a Gaza continuavano ed era davvero orribile quando sentivamo il suono degli aerei da guerra nel cielo… Di lì a poco avrebbero sganciato delle bombe, stroncando vite umane. Durante quella esperienza toccai con mano il fatto che nel mondo esistono persone la cui quotidianità è permeata da violenza e ingiustizia, dove ognuno ha almeno un parente stretto morto in guerra o prigioniero, dove le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno e in un certo senso legalizzate. In tutto ciò ho conosciuto l’umanità di moltissime persone, la loro capacità di resistere e il loro ammirevole sforzo di immaginare un futuro diverso. L’operazione militare si concluse con un bilancio di più di duemila vittime.
Tornai con una visione effettivamente diversa delle cose. Con la volontà di combattere quel tipo di ingiustizie di cui ero stato testimone. Con ricordi e sensazioni che sarebbero rimaste impresse anche nei ritmi metropolitani più frenetici.
Tuttavia, le mie domande continuavano: “Ma io che studio Fisica e passo la giornata in un mondo di numeri, come posso combattere queste ingiustizie?”.
Qualche mese dopo mi proposero di far parte del comitato organizzativo di Senzatomica che si sarebbe svolta nella primavera del 2015. Insieme ad altri amici mi occupai di pianificare la formazione e i turni dei volontari che avrebbero fatto da guida alla mostra. Parliamo di più di mille persone, davvero una grande sfida! Questo tipo di impegno mi permise di approfondire la relazione con il maestro Ikeda. Ebbi per la prima volta la sensazione che oltre a essere incoraggiato dal suo pensiero, davanti a quelle interminabili tabelle excel, stavo ponendo delle azioni permeate dal medesimo spirito.
Inoltre, approfondendo le tematiche di Senzatomica, rimasi colpito dalla questione della responsabilità sociale degli scienziati. Il tema degli armamenti nucleari ha smosso un grande dibattito nella comunità scientifica internazionale: gli scienziati, detenendo il sapere necessario per la costruzione degli armamenti, dovrebbero infatti svolgere un ruolo chiave nel disarmo nucleare.
Da una parte avevo tutti questi stimoli, dall’altra la mia quotidianità che continuava a volermi alle prese con un percorso di studi che non prevedeva momenti di riflessione sul rapporto tra scienza e società.  
Pian piano cominciai a unire i puntini. Insieme ad altri compagni, attraverso le assemblee studentesche iniziammo l’epopea di “Mind The Gap: festival del sapere libero”, un percorso che tramite iniziative di autoformazione arrivasse a workshop e dibattiti riguardanti il rapporto tra scienza e società, con tanto di festa conclusiva. In tre anni e cinque edizioni del festival abbiamo affrontato molte tematiche, tra cui finanziamenti e applicazioni belliche della ricerca, divulgazione didattica ed editoria scientifica, sfruttamento nell’era del lavoro digitale e migrazioni climatiche. Grazie a questo impegno ho capito che il mondo della scienza che vivo ogni giorno è strettamente collegato a molte ingiustizie e contraddizioni della società, anche a quelle che avevo potuto vedere più da vicino. Ad esempio, molte nuove tecnologie militari utilizzate nei conflitti in medio oriente sono applicazioni di recenti ricerche in fisica.
Dunque ha ancora molto senso per noi studenti e lavoratori della scienza essere in prima linea contro un utilizzo distorto del sapere che produciamo. Dobbiamo trovare il modo di sabotare tutto ciò dall’interno, ma questo non è possibile se non si coltiva la sensibilità sociale degli scienziati fin da quando sono studenti.
Mind The Gap rappresenta per me un piccolo esempio di come poter agire lì dove siamo, partendo da quella routine che spesso tende ad alienarci. L’anno scorso ho vinto il concorso per il dottorato, entrando nel mondo lavorativo della ricerca scientifica. La mia determinazione è continuare a condividere con gli altri questo spirito di cambiamento e di non-compromesso con le ingiustizie. Continuerò a sforzarmi per essere coerente con la guida che sensei ha dato agli studenti di tutto il mondo: «A che scopo dovreste coltivare la vostra saggezza? Ponetevi sempre questa domanda».

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