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Per una società autenticamente umana - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:52

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Per una società autenticamente umana

Nell’arco della sua vita Toynbee ha descritto fatti e processi storici dichiarando come il Buddismo potesse essere una chiave di lettura. Negli anni ’70 Ikeda e Toynbee si incontrarono per dar luogo attraverso i loro dialoghi alla spiegazione di alcune problematiche dell’essere umano. Entrambi alla ricerca della pace, dove l’essere umano diventi spontaneamente capace di superare differenze di razza, genere e religione

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Nell’arco della sua vita Toynbee ha descritto fatti e processi storici dichiarando come il Buddismo potesse essere una chiave di lettura. Negli anni ’70 Ikeda e Toynbee si incontrarono per dar luogo attraverso i loro dialoghi alla spiegazione di alcune problematiche dell’essere umano. Entrambi alla ricerca della pace, dove l’essere umano diventi spontaneamente capace di superare differenze di razza, genere e religione

Arnold J. Toynbee, Daisaku Ikeda, Dialoghi – L’uomo deve scegliere

Tra Daisaku Ikeda e lo storico inglese Arnold Toynbee (1889-1975) intercorse un dialogo lungo quattro anni, dal 1971 al 1974. La prima volta si incontrarono a Londra e per molti giorni continuarono la loro conversazione. Nei successivi incontri e negli intensi scambi epistolari, Ikeda e Toynbee si sono confrontati sui più svariati argomenti: suicidio, eutanasia, inquinamento, esplosione demografica. Ogni tematica aveva come centro sempre lo stesso elemento: l’essere umano.
La prima parte del libro si apre infatti su una sorta di profilo dell’essere umano: ricordando le sue origini animali, che si manifestano ancora oggi in istinti reconditi, gli autori analizzano l’evoluzione della mente, il subconscio, la ragione; soprattutto l’uomo come essere intelligente, legato al suo ambiente – che plasma per renderlo più rispondente alle sue esigenze -, all’universo e ai suoi simili. Toynbee infatti afferma: «L’aspetto più significativo degli esseri umani è la loro appartenenza al genere umano. Ognuno di noi è un essere umano prima di essere un tipo particolare di uomo: bianco o nero, buddhista o confuciano, ebreo o ateo, intellettuale o ignorante. Le più importanti esperienze umane sono universali: tutti nascono e devono morire. La difficoltà di essere una creatura consapevole e il mistero dell’universo in cui viviamo sono eguali per l’intellettuale e per chi non lo è».

Parole senza tempo

La seconda parte guarda alla vita politica e internazionale, quel sistema fatto di regole e leggi autoimposte che mirano al mantenimento della vita.
Con grande attenzione i due autori analizzano la politica e le peculiarità degli USA; nello stesso modo affrontano le realtà delle loro nazioni d’origine, il Giappone e la Gran Bretagna, non senza sottolineare le loro divergenze. Le parole di Toynbee hanno il sapore di universalità: «La mia lealtà più profonda va al genere umano, non al mio Stato nazionale o alle istituzioni che lo controllano». Anche Ikeda si sofferma su questo sentimento: «L’amore per il paese e la società in cui si vive e il desiderio di promuoverne lo sviluppo sono la manifestazione, rivolta al sociale, all’innato amore di ogni essere umano per la propria vita e al suo desiderio di migliorarla».
Sebbene in questi primi capitoli sia particolarmente evidente che, dai tempi del dibattito, alla prima pubblicazione in italiano (1988) fino a oggi, molte circostanze politiche, economiche e sociali sono cambiate radicalmente, le riflessioni di Ikeda e Toynbee sul futuro possono considerarsi in ogni caso attuali, prima tra tutte la speranza in un mondo che ricerchi la pace, dove l’essere umano diventi spontaneamente capace di superare differenze di razza, genere, religione.

Ritrovare la dignità della vita

Nella terza e ultima parte la filosofia e la religione sono i temi principali, a cui si legano princìpi come l’eternità – o meno – della vita, il rapporto con l’universo, i ruoli che la religione riveste e quali soluzioni essa offre alle sofferenze dell’uomo. Grazie alle spiegazioni di Ikeda, la prospettiva buddista viene approfondita ulteriormente spiegando, per esempio, i dieci mondi, il karma e i dieci fattori. E quanto il Buddismo sia una chiave di lettura dei fenomeni lo afferma lo stesso Toynbee dichiarando che «il Buddismo ha compiuto un’analisi psicologica più sottile di quelle finora realizzate in Occidente».
“L’uomo deve scegliere” è il sottotitolo del dialogo e, nell’ultima pagina del libro, il presidente Ikeda invita i lettori a una scelta: «Per il fatto di essere insostituibile, la vita umana ha dignità. […] La dignità della vita umana esiste da quando l’uomo ha raggiunto un alto livello di coscienza, tuttavia la storia dell’umanità è una storia di discordie, di odio e di crimini. Perché l’uomo possa restituire effettiva dignità a ogni aspetto della sua vita, dovrà assolutamente abbandonare l’odio e il male e cercare di agire con nobiltà e amore».

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Sfogliando il libro

Arnold J. Toynbee nacque a Londra il 14 aprile 1889, studiò a Oxford, dove cominciò la sua carriera come docente nel 1912. Durante la Prima guerra mondiale lavorò al ministero degli Esteri britannico, e fu un delegato alla Conferenza di pace di Parigi, incarico che ricoprirà anche negli anni a seguire.
Le sue teorie e il tipo di approccio sono quelli della “storia comparata”: analizzando analogie e differenze tra più fenomeni sociali, cercava di dare, relativamente a specifiche problematiche, descrizioni, spiegazioni e interpretazioni generali di fatti e processi storici. In particolare, la sua definizione di civiltà si basava su criteri religiosi e culturali, anziché su divisioni in gruppi nazionali o etnici. Secondo lui queste si formano in risposta a una serie di sfide difficili, nelle quali “minoranze creative” escogitano soluzioni che danno un nuovo orientamento all’intera società. Quando le civiltà rispondono alle sfide si sviluppano, mentre declinano quando i loro leader smettono di rispondere creativamente. Era inoltre convinto che l’arrivo del Buddismo in Occidente si sarebbe rivelato come l’evento più importante del ventesimo secolo. Infatti, conosciuto Daisaku Ikeda, portò avanti con lui una serie di conversazioni che furono raccolte in forma di dialogo, pubblicato postumo, in italiano col titolo Dialoghi – L’uomo deve scegliere, tradotto finora in ventotto lingue. Le idee di Toynbee hanno avuto una certa risonanza nel secondo dopoguerra, tanto che il Time Magazine nel 1947 gli ha dedicato una copertina.
Muore nel 1975.

Pag. 47

Toynbee: La natura umana è avida perché l’avidità è una delle caratteristiche della vita.
Anche altre specie viventi lo sono, ma l’uomo dispone di coscienza e autocoscienza: può quindi rendersi conto che l’avidità accoppiata al potere è distruttiva e quindi è un male, e così può compiere il difficile sforzo morale di dominarsi.

Ikeda: La sola via per evitare le catastrofi di cui stiamo discutendo è una sorta di rivoluzione interiore di ciascun individuo. Tutti, a cominciare dai politici, dagli industriali e dagli scienziati, devono ammettere le responsabilità dell’uomo di tali disastri.
Secondo qualche scienziato, un ulteriore progresso scientifico potrà condurre in futuro alla totale eliminazione delle calamità naturali. Io non sono d’accordo. Sostenere che il progresso della scienza possa eliminare l’inquinamento ambientale equivale ad alimentare una fiducia cieca nel potere della scienza. Ciò, oltre a distogliere l’attenzione dal problema fondamentale e più urgente, la necessaria rivoluzione della morale umana, potrebbe condurre a disastri ancora maggiori.

Pagg. 63-64

Toynbee: Fin dai tempi della rivoluzione industriale, si è tentato con la pubblicità di condizionare la gente a dare importanza prioritaria alla soddisfazione massima dei desideri. Ora dobbiamo invertire la scala dei valori, annullare ogni bramosia di possesso e considerare la frugalità il nostro primo obiettivo. Ci sono almeno tre buoni motivi per farlo: la salvaguardia della dignità umana, la tutela della nostra generazione contro il pericolo dell’inquinamento e la conservazione delle limitate risorse naturali per le generazioni future. In altre parole, dobbiamo sostituire gli ideali suggeriti dalla pubblicità industriale con l’ideale del monachesimo cristiano e buddista.

Ikeda: Partendo dalla premessa che la tutela della dignità della vita deve ispirare ogni nostra azione, ritengo che si debbano promuovere alcune azioni concrete. Primo, ridurre al minimo i consumi e utilizzare al massimo i rifiuti riciclandoli: si evita in questo modo sia l’inquinamento dell’ambiente sia l’esaurimento delle risorse naturali. Secondo, usare l’energia del nostro corpo: oltre a ridurre l’inquinamento, questo ci aiuterà a mantenerci in buona salute. Terzo, evitare ogni abuso di medicine, additivi alimentari e altri prodotti chimici, tenendo presente che queste sostanze accanto ai vantaggi presentano sempre notevoli svantaggi. Ognuno di noi deve mettere in pratica ogni giorno queste semplici regole e inoltre deve lottare nel proprio ambito sociale contro chi le trascura minacciando il futuro del genere umano. Gli scienziati devono usare le loro conoscenze per illuminare la popolazione e i giornalisti servirsi del potere della stampa per denunciare i mali della società. La casalinga può combattere la sua battaglia in casa, l’operaio sul posto di lavoro.
Questo movimento però, per essere efficace, deve essere sostenuto da una solida base spirituale e questa base la può fornire la religione. Deve essere una religione che possa far comprendere a tutti gli uomini due verità fondamentali: la vita di ogni singola persona vale più di tutte le ricchezze della Terra e la dignità di questa vita può mantenersi soltanto nell’armonia con la natura.

Toynbee: Esatto. L’attuale minaccia alla sopravvivenza del genere umano può venir rimossa soltanto da un mutamento rivoluzionario nel cuore di ciascun individuo. E per generare la forza di volontà necessaria a mettere in pratica i nuovi e difficili ideali, questo mutamento rivoluzionario deve assolutamente essere ispirato dalla religione.

Pagg. 212-214

Toynbee: La guerra non è più antica della civiltà, nacque insieme con essa ed è quindi una sorta di malattia congenita della civiltà. La guerra non è sinonimo di violenza e di crudeltà, è una manifestazione particolare della violenza e della crudeltà dell’uomo. Questi due impulsi negativi sono innati nell’uomo e fanno parte della vita stessa: ogni singolo essere vivente è in potenza violento e crudele. La guerra rappresenta la forma organizzata e istituzionalizzata della malvagità e della prepotenza. In guerra gli uomini si colpiscono e si uccidono per ordine o con il beneplacito delle pubbliche autorità, siano esse ufficiali o non ufficiali, come nel caso delle guerre civili. I soldati si ammazzano senza animosità personale: per la maggior parte non sanno nulla della personalità del “nemico”. […] La guerra rientra nel destino dell’uomo? Per le ragioni storiche a cui alludevo poco fa, la mia risposta è negativa. Penso però che la violenza e la crudeltà siano caratteristiche innate nell’uomo.

Ikeda: Si è giunti a considerare la guerra e i preparativi alla guerra la condizione normale dei rapporti tra i vari paesi; si considera giusto spianare il fucile contro le nazioni confinanti. Bisogna smettere di considerare la pace come l’intervallo fra due guerre: solo quando la gente comincerà a considerare la pace (il tempo in cui gli esseri umani non hanno paura gli uni degli altri e tutti si fidano e si amano) come lo stato naturale e giusto della vita umana, sarà possibile creare una società autenticamente umana. Diffondere questa opinione e creare tale società è compito dei politici, dei filosofi degli intellettuali.

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