Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Come insegna Nichiren Daishonin - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:24

568

Stampa

Come insegna Nichiren Daishonin

I numerosi scritti di Daisaku Ikeda offrono ai discepoli una diretta testimonianza della storia dello sviluppo del movimento di kosen-rufu nel dopoguerra e sono indicazioni preziose per mettere in pratica il Buddismo. In particolare, nel suo commento al Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita, Ikeda analizza alcuni aspetti centrali per praticare con lo stesso spirito del Daishonin. Lo speciale nasce dalla lettura di questo testo che mette in luce come mantenere viva la fede

Dimensione del testo AA

Lo scopo del Buddismo è mettere le persone in grado di superare le sofferenze della vita e costruire un’esistenza piena e appagante. Ogni essere umano possiede il potenziale per trasformare la propria esistenza e vincere sulle difficoltà di qualunque genere: «Non esiste nulla che non puoi superare»; «Puoi sicuramente farcela ad affrontare questa sofferenza e diventare felice»; «Puoi trasformare quello che ti accade». Frasi come queste racchiudono il cuore della religione di infinita speranza trasmessa da Nichiren Daishonin, che spiega come le persone comuni possono conseguire l’Illuminazione e realizzarsi pienamente.
Per sperimentare i benefici derivanti dalla pratica buddista è essenziale approfondire ogni giorno la propria fede ricercando lo stesso spirito del Daishonin. Approfondire come praticare il Buddismo così come insegna Nichiren Daishonin è fondamentale. Nel Gosho Le quattordici offese risponde alla domanda rivoltagli da un discepolo se ci sia una differenza tra il Daimoku di un santo (spesso usato come sinonimo di Budda) e quello di una persona comune: «Dal giorno in cui ho preso fede in questo sutra ho continuato a leggere i dieci fattori della vita e la parte in versi del capitolo “Durata della vita” e ho recitato il Daimoku senza alcuna negligenza. Ma c’è una differenza tra i benefici del Daimoku recitato da un santo e i benefici del Daimoku che recitiamo noi?». «Nessuno dei due – risponde il Daishonin – è in alcun modo superiore o inferiore all’altro. L’oro posseduto da uno stolto non è differente dall’oro posseduto da un sapiente; il fuoco acceso da uno stolto è uguale al fuoco acceso da un sapiente. Tuttavia c’è una differenza se si recita il Daimoku e allo stesso tempo si va contro l’intento di questo sutra» (RSND, 1, 670). “Andare contro l’intento di questo sutra”: ecco ciò che può fare la differenza. Ricercare lo stesso spirito del Daishonin ci permette di evitare di seguire concezioni personali che possono addirittura portarci nella direzione opposta all’intento dell’insegnamento.
Di fatto non è semplice in virtù delle differenze che contraddistinguono ogni essere umano che ha un proprio bagaglio personale e culturale. Da questo punto di vista far parte della Soka Gakkai e fare attività insieme ai compagni di fede è una grande fortuna perché permette ogni giorno di confrontarsi, sostenersi reciprocamente, mettere in discussione le proprie idee e, grazie alla guida dei tre presidenti, Makiguchi, Toda e Ikeda, avvicinarsi ogni giorno di più all’insegnamento di Nichiren Daishonin.
Sia che si pratichi da poco tempo sia che si pratichi da molti anni, il modo migliore per mantenere il sentiero corretto nella fede è coltivare un forte spirito di ricerca soprattutto verso l’intento del maestro: «Consideriamo un motore con una potenza di dieci milioni di cavalli vapore: se lo colleghiamo agli ingranaggi di una macchina possiamo generare un’energia pari a dieci milioni di cavalli vapore. Allo stesso modo la formula per la vittoria del nostro movimento è di collegare il nostro cuore con quello del maestro di kosen-rufu» (BS, 133, 13).

• • •      • • •      • • •

I punti cardinali

Come i quattro principali punti di riferimento in una bussola ci consentono di orientarci verso la mèta, una costante attenzione ai cardini di fede, pratica e studio permette di percorrere la corretta via del Buddismo

L’insegnamento da Nichiren è universale. Al centro della pratica buddista c’è la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon, e questa azione, che ogni persona può compiere liberamente a prescindere dalla condizione sociale ed economica, costituisce la “pratica per sé”.
Un altro aspetto fondamentale del Buddismo del Daishonin è il desiderio di trasmettere questo insegnamento agli altri, la cosiddetta “pratica per gli altri”.
«Il Daimoku che io, Nichiren, recito – scrisse a questo proposito – è differente da quello delle epoche precedenti. Questo Nam-myoho-renge-kyo comprende sia la pratica per sé sia l’insegnamento agli altri» (RSND, 2, 925).
La recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e il desiderio di condividere questo insegnamento, cioè il desiderio di fare shakubuku, costituiscono i due cardini del Buddismo del Daishonin. Parlare del Buddismo agli altri significa contribuire a realizzare la felicità di tutti, significa realizzare il “grande desiderio” del Daishonin. «Finché kosen-rufu non sarà realizzato, propagate la Legge al massimo delle vostre capacità senza risparmiare la vostra vita», esortava infatti Nikko Shonin (“I ventisei ammonimenti di Nikko Shonin” da Il Buddismo della gente, IBISG, 2013, pag. 109).
Anche se recitare Nam-myoho-renge-kyo e insegnarlo agli altri sono l’essenza della pratica del Buddismo del Daishonin, egli afferma inoltre che è fondamentale approfondire e migliorare sempre il nostro atteggiamento nella fede attraverso lo studio. Impegnarsi nel comprendere sempre meglio l’insegnamento del Daishonin e la visione dei tre maestri Makiguchi, Toda e Ikeda, esempi di dedizione alla propagazione della Legge, ci fa mantenere vivo ogni giorno questo desiderio di apprendere e di migliorare che è la chiave per portare avanti la nostra rivoluzione umana e sperimentare i benefici della pratica.
Infine, è fondamentale non dimenticare che il potere insito nella nostra vita, il potere della pratica, si attiva solo con la fede. Nella Raccolta degli insegnamenti orali il Daishonin afferma: «Questa parola “fede” è una spada affilata che taglia l’oscurità fondamentale o ignoranza, […] che taglia via il dubbio e l’incertezza» (BS, 111, 47). È grazie alla fede che possiamo disperdere l’oscurità e manifestare il potere immenso della vita, il potere del Buddismo di Nichiren.

• • •      • • •      • • •

La felicità propria e degli altri

Talvolta erroneamente interpretato come un elemento accessorio, la condivisione dell’insegnamento è in realtà la strada principale e la meta della pratica buddista. Ikeda ne ribadisce il senso e l’inestimabile valore per realizzare kosen-rufu

di Daisaku Ikeda

Avere un cuore che si preoccupa per gli altri
Mi ricordo che una volta, mentre studiavamo il Gosho, una giovane donna mi pose questa domanda: «Non riesco a fare shakubuku, come posso fare?». Preoccuparsi per lo shakubuku: questo cuore, questo sentimento è esattamente quello del Budda. Lodandola con tutto me stesso, le risposi: «Lo spirito di shakubuku, in sostanza, è il desiderio, l’ichinen di volere il bene dell’altro. Salviamo una persona infelice! La vita di una singola persona ha un peso maggiore di tutta la Terra». Nel Gosho Ripagare i debiti di gratitudine il Daishonin afferma: «Se la compassione di Nichiren è veramente grande e omnicomprensiva, Nam-myoho-renge-kyo si diffonderà per diecimila anni e più, per tutta l’eternità» (RSND, 1, 658). Parlare di Buddismo agli altri è un’azione della massima compassione direttamente collegata al Budda. Pregare per la felicità degli amici e realizzare dei dialoghi sinceri per incoraggiarli apre la strada al futuro sia per noi che per loro.

Decidere prima di tutto: «Io ci riesco»
Quando ero giovane anch’io soffrivo tanto perché non riuscivo a realizzare degli shakubuku. In quel periodo decisi in cuor mio: «Toda è il maestro dello shakubuku dell’Ultimo giorno della Legge. Io sono suo discepolo perciò non è possibile che non riesca a farlo». Quando si tratta di fare shakubuku è necessario decidere prima di tutto: «Io ci riesco». Condividere l’insegnamento buddista con una persona significa condurla verso l’orbita dell’eterna felicità: questo è il comportamento più nobile che possa avere un essere umano. Perciò, basandoci sul Daimoku, parliamo pieni di fiducia e allegria della pratica, delle nostre esperienze di fede e del mondo della Soka.

Propagate la Legge con tutte le vostre energie, parlate con energia
Il maestro Toda affermò con grande convinzione: «Farsi semplicemente ascoltare è già shakubuku, è seminare la Legge, perciò i benefici emergeranno immediatamente». Che la nostra azione abbia successo o meno, otteniamo benefici senza alcun dubbio. Lo shakubuku attiva la nostra crescita profonda e la nostra rivoluzione umana ed espande la cerchia di autentica amicizia tra coloro che hanno un legame karmico con il Budda. Anche i vostri predecessori, mettendo in pratica lo shakubuku, hanno rivoluzionato la loro condizione vitale, la situazione familiare e hanno dato prova concreta della vittoria nel lavoro, guadagnando così la fiducia degli altri. Nel Gosho si legge: «Finché kosen-rufu non sarà realizzato, propagate la Legge con tutte le vostre capacità senza lesinare la vostra vita» (Gosho Zenshu, 1618). “Propagare la Legge con tutte le proprie capacità senza lesinare la vita” rappresenta lo spirito della Gakkai. Giovani, lottate facendo emergere tutta la vostra forza!

(Tratto dalla serie Insegnamenti per la vittoria basati sull’umanesimo, puntata 74 su ilvolocontinuo.it)

• • •      • • •      • • •

Con lo stesso cuore del maestro

Praticare esattamente come insegna il Daishonin non è facile: non c’è un metodo particolare – spiega il direttore generale Tamotsu Nakajima – bisogna che ognuno si sforzi di migliorare ogni giorno sperimentando con la propria vita gli insegnamenti del Daishonin

a cura di Anna Conti e Valeria Santorelli

Cosa significa praticare correttamente?
Certamente bisogna praticare come insegna Nichiren Daishonin. Non è sempre facile capire i suoi insegnamenti, perché lui ha compreso la vita attraverso la compassione mentre noi filtriamo le sue parole attraverso la nostra esperienza, il nostro karma. Tuttavia è necessario sperimentare gli insegnamenti del Gosho nella nostra vita, anche se inizialmente non li capiamo; per comprenderli possiamo utilizzare le guide del presidente Ikeda che ci aiutano a metterli in pratica nel quotidiano.
L’importante è continuare a fare del nostro meglio chiedendoci sempre “cosa serve ora?”. Sensei ha una visione chiara, a lungo raggio, rispetto a kosen-rufu; le cose cambiano istante per istante e lui pensa continuamente a come utilizzare la situazione che ha davanti. Cerchiamo di fare come insegna il nostro maestro. Nessuno può dirci come si pratica correttamente, prima di tutto serve il Daimoku, in qualsiasi circostanza. Una volta qualcuno chiese al presidente Ikeda: «Sto soffrendo, cosa posso fare?» e lui rispose: «Se stai soffrendo davvero, rifletti e cerca di cambiare la situazione recitando Daimoku seriamente». Non si tratta di dire agli altri di recitare Daimoku, ognuno deve farlo per risolvere i suoi problemi. E dopo aver recitato Daimoku bisogna darsi da fare e agire con saggezza per creare un cambiamento.
Se la nostra pratica è corretta si vede dagli effetti nella nostra vita, da come cambia il nostro atteggiamento. Cerchiamo anche di essere sempre gentili con chiunque e di piacere a tutti. Una persona che pratica come insegna Nichiren Daishonin sta facendo la sua rivoluzione umana e la sua vita migliorerà sicuramente.

Spesso si tende a praticare basandosi sulle proprie idee personali. Come si fa a praticare esattamente come insegna il Daishonin?
L’importante è credere nel Buddismo e avere fiducia totale nel Daishonin e nel maestro Ikeda. Tra i discepoli di Shakyamuni, sia Chudapanthaka, che era considerato stupido, sia Shariputra, considerato quello più saggio, sono esempi di come l’Illuminazione non si ottiene con le proprie capacità o la conoscenza, ma solo con la fede. La tendenza a praticare basandosi sulle idee personali è naturale per gli esseri umani, e tuttavia è un problema. Poiché la nostra vita e il nostro karma non sono separati, vediamo tutto ciò che accade attraverso il “filtro” del nostro karma e cerchiamo di comprendere ogni cosa, incluso il Buddismo, in base al nostro vissuto. Ma le idee personali non sono in grado di misurare la Legge mistica. Se il punto di vista personale sostituisce quello del Buddismo è un problema, perché il nostro punto di vista è parziale, anche se pensiamo che sia giusto. In questo modo prevale il nostro “io” e ci allontaniamo dall’insegnamento di Nichiren Daishonin.
Per evitare questo non c’è un metodo particolare, bisogna che ognuno si sforzi di migliorare ogni giorno sperimentando con la propria vita gli insegnamenti del Daishonin.
Tante persone, ad esempio, non riescono a parlare agli altri del Buddismo perché non si sentono pronte, ma per trasmettere la nostra pratica basta condividere quello che abbiamo capito finora, quello che stiamo vivendo: ciò che conta è la nostra convinzione. Il presidente Ikeda scrive: «Condividere con gli amici l’emozione provata nell’aver fatto propria la più nobile filosofia della vita mettendola in pratica, questo è shakubuku» (Corriamo nella nuova era insieme al maestro / 21).
Ogni persona sta cercando un modo per diventare felice, perciò condividere i benefici della pratica buddista è importantissimo. Via via che aumentano le persone che recitano Nam-myoho-renge-kyo si riesce a influenzare positivamente l’ambiente e a cambiare il mondo intero.

Come possiamo migliorare il nostro Daimoku sia nella pronuncia che nell’atteggiamento?
Se vogliamo imparare bene qualcosa dobbiamo impegnarci a fondo. Se un francese parla l’italiano con la pronuncia francese, ha ancora tanto da migliorare. L’italiano e il giapponese si somigliano nella pronuncia, per questo è difficile riconoscere gli errori, ma la pronuncia corretta è importante. Comunque, continuando a sforzarci possiamo sicuramente migliorare.
Per quanto riguarda l’atteggiamento, il punto cruciale è la serietà. Il risultato è molto diverso se fai una cosa seriamente o no. Non è tanto quel che stai facendo, ma come lo fai. Come puoi dire se hai studiato bene? Lo vedi dal risultato. Di solito facciamo meglio quando abbiamo qualcosa che ci spinge, studiamo più seriamente quando l’esame è vicino. Quando facevo judo, ad esempio, all’inizio ero curioso e mi impegnavo molto, poi tutto diventava abitudine e perdevo l’entusiasmo di imparare. Può succedere anche con il Buddismo: pensiamo di saper fare Gongyo e Daimoku, invece bisogna mantenere lo spirito di ricerca e il desiderio di migliorarsi sempre.
In qualsiasi campo bisogna allenarsi ogni giorno. Se non ci alleniamo come possiamo migliorare?

È giusto recitare Daimoku in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione, anche per strada o mentre guidiamo?
Nel Gosho si legge: «Risveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio notte e giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam-myoho-renge-kyo» (RSND, 1, 4). Da ciò si comprende l’importanza del Daimoku. Il desiderio di recitare Nam-myoho-renge-kyo in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione è ammirevole, ma cerchiamo di comprendere che il Daimoku che recitiamo davanti al Gohonzon non è sostituibile. Infatti è solo recitando davanti al Gohonzon che avviene la fusione tra persona e Legge, e possiamo far emergere la nostra Buddità.
Spesso però non riusciamo a farlo per mancanza di tempo e tendiamo a dare la responsabilità a qualcosa fuori di noi. Il presidente Toda diceva ai giovani: «Trovate il tempo per leggere e riflettere. Tuttavia, qualche giovane lamenterà di non avere il tempo per farlo. Amici miei, riflettete sulle vostre vite ancora una volta! […] Non è che non avete tempo, è che non siete decisi nel vostro cuore. […] A volte sprecate il vostro tempo pigramente. Nell’arco di una giornata, potete facilmente trovare una o due ore per leggere e almeno mezz’ora per riflettere. Il punto è se voi stessi cercate di creare questa tendenza oppure no» (I protagonisti della nuova era, pag. 13).
La stessa cosa vale per il Daimoku. È la decisione che conta, perciò sforziamoci di praticare davanti al Gohonzon. È difficile per gli esseri umani fare bene due cose contemporaneamente. Mentre guidiamo la macchina, ad esempio, è primario concentrarsi nella guida e fare molta attenzione a non causare incidenti.

Il Buddismo insegna l’importanza di creare la “non dualità” tra maestro e discepolo e una solida unità tra compagni di fede. Come possiamo farlo?
Il maestro è il centro, il punto di riferimento di tutte le nostre attività. Andare avanti insieme a lui, quindi, è fondamentale. Dal punto di vista del Buddismo, per noi discepoli creare questa unicità con il maestro significa portare avanti i suoi ideali. Sensei racconta spesso di quanto ha lottato per concretizzare la visione di Toda. Ciò che ci unisce al maestro è il desiderio di realizzare la felicità di tutti e la pace nel mondo. Se noi discepoli siamo veramente uniti al cuore del maestro, diventa naturale comportarci bene con tutte le persone.
Quando c’è il maestro è facile, ma quando non ci sarà più cosa vorrà dire creare la non dualità con il maestro? Nella Nuova rivoluzione umana leggiamo: «Mitsushima si rivolse loro dicendo: “Tutti voi siete sempre nel cuore del presidente Yamamoto, e se anche lui è nel vostro cuore, creerete una relazione di non dualità con il vostro maestro. La forza del legame tra maestro e discepolo non dipende dalla distanza geografica o dalla posizione nell’organizzazione. Coloro che si mettono in sintonia con sensei, che hanno sempre il loro maestro nel cuore e lottano per kosen-rufu con la sua stessa determinazione, sono le persone più vicine a lui, i suoi veri discepoli!» (NRU, vol. 28, cap. Isole vittoriose, www.ilvolocontinuo.it).
Un altro aspetto fondamentale nel Buddismo è creare unità tra compagni di fede. Spesso pensiamo che ciò avvenga in modo automatico, o che sia un optional, non pensiamo che bisogna proprio crearla. Ma è essenziale che noi ci uniamo per kosen-rufu.
Il nostro scopo è realizzare la felicità e la pace, per questo è importante creare l’unità di itai doshin (diversi corpi, stessa mente). È questo che ci lega l’uno all’altro e ci permette di armonizzare le nostre diversità. Solo mettendo al centro il desiderio del maestro di realizzare kosen-rufu è possibile creare unità tra noi. Senz’altro studiare e ispirarci a ciò che il presidente Ikeda ha fatto con il suo maestro Toda è fondamentale, ma è necessario che ciascuno decida personalmente. Se ognuno crea un forte legame con il maestro, l’unità tra compagni di fede si può realizzare.
Se abbiamo fiducia gli uni verso gli altri possiamo discutere con chiarezza di qualsiasi cosa, ma se non c’è fiducia non si può fare. Creare unità è l’impresa più difficile e la più importante.
Anche con i giovani vale la stessa cosa: cerchiamo di avere fiducia in loro al cento per cento e di sostenerli affinché possano manifestare tutte le loro capacità. Fra cinquant’anni come sarà la Soka Gakkai in Italia? Bisogna mantenere vivo il desiderio del Daishonin di realizzare kosen-rufu, e utilizzare tutti gli scritti di Ikeda come riferimento per portare avanti le nostre attività. Per questo non bisogna mischiare le idee personali con il Buddismo.
La non dualità con il maestro e l’unità tra i praticanti sono aspetti cruciali.
Una cosa è chiara: man mano che aumentano i praticanti bisogna migliorare come organizzazione cercando continuamente di correggersi, tornando sempre al Gosho e alle guide del maestro. La chiave del miglioramento è l’unità tra i praticanti.
Nel Gosho Come coloro che inizialmente aspirano alla via il Daishonin parla di tre elementi per realizzare kosen-rufu: «un buon maestro, un buon credente e una buona dottrina» (RSND, 1, 782). Quando ci sono tutti e tre questi requisiti, kosen-rufu avanza. Noi abbiamo il maestro e la Legge, quindi non ci resta che diventare buoni credenti…

Ci sono dei Gosho che è più importante studiare rispetto ad altri?
In generale è importante studiare il Gosho per metterlo in pratica, non per accumulare conoscenza. Nella Soka Gakkai studiamo per realizzare kosen-rufu, non per poter dire “io so tutto”. Il presidente Ikeda afferma che anche le università esistono per essere al servizio di chi non ha l’opportunità di studiare, perciò coloro che studiano hanno il dovere di usare ciò che imparano per essere utili agli altri, diventando “persone che proteggono altre persone” (cfr. NR, 429, 8). Non serve capire le parole, bisogna metterle in pratica e comprenderle con la vita. Tutti gli scritti di Nichiren Daishonin sono importanti e utili per approfondire la fede. Il Buddismo è un insegnamento molto profondo e ogni volta che lo studiamo possiamo scoprire qualcosa di più.

• • •      • • •      • • •

Geografia della Buddità

Tre sono gli elementi che dovrebbero essere sempre presenti nell’atteggiamento di chi pratica il Buddismo. Nichiren, rispondendo a un discepolo, indica con chiarezza le caratteristiche della fede, necessarie per approfondire l’insegnamento e vincere nella propria vita

Al tempo del Daishonin i discepoli erano soliti porgli domande animati dal sincero desiderio di approfondire la loro comprensione del Buddismo per mettere in pratica fedelmente l’insegnamento del maestro. Il Daishonin lodava continuamente questo forte spirito di ricerca cercando di dissipare ogni loro minimo dubbio. I Gosho sono lettere indirizzate ai discepoli che racchiudono lo spirito di unità tra maestro e discepolo: entrare in contatto con questi scritti permette di approfondire il modo corretto di praticare.
In uno dei più importanti, L’eredità della Legge fondamentale della vita (un ampio stralcio è a pag. 21), il Daishonin risponde alla domanda di Sairen-bo circa la possibilità per le persone comuni di conseguire la Buddità e manifestare il potenziale illimitato presente nella vita: come dovrebbe praticare un discepolo per ereditare correttamente la Legge?
Daisaku Ikeda, che ha dedicato un intero libro al commento di questo scritto, riassume le principali caratteristiche delle fede in tre punti: praticare con la consapevolezza di essere un Budda; praticare con lo spirito secondo cui questo è l’ultimo istante di vita; perseverare nella pratica buddista per tutta la vita (L’eredità della Legge fondamentale della vita – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, esperia, 2008). Analizziamole una per una.

1. Tutti siamo Budda
Veniamo al primo punto. Il cuore dell’insegnamento del Daishonin è la profonda consapevolezza che ciascuno è un Budda e che non esiste differenza tra il Budda e le persone comuni: in altre parole credere che tutti i fenomeni dell’universo sono manifestazioni della Legge mistica.
Recitare Nam-myoho-renge-kyo con questa consapevolezza è il modo corretto per “ereditare la Legge”, spiega Nichiren al suo discepolo: «Recitare Myoho-renge-kyo con la consapevolezza che non esiste alcuna differenza fra Shakyamuni che ottenne l’Illuminazione nel lontano passato, il Sutra del Loto che è la strada dell’Illuminazione di tutti gli esseri viventi e noi essere comuni, significa ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Questo è essenziale per i discepoli, preti e laici, di Nichiren: questo è il significato di abbracciare il Sutra del Loto» (RSND, 1, 189). Recitare Daimoku credendo con tutto il cuore in queste parole diventa quindi fondamentale.
Commenta Ikeda: «Quando recitiamo il Daimoku di Nam-myoho-renge-kyo con la profonda convinzione che siamo entità della Legge mistica – la Legge fondamentale dell’universo – possiamo sprigionare la grande forza vitale propria di questa Legge, dotata di saggezza e compassione. Possiamo utilizzarla per superare qualsiasi dolorosa difficoltà od ostacolo e stabilire uno stato di assoluta felicità che nulla può distruggere» (L’eredità della Legge fondamentale della vita – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, esperia, 2008, pag. 45). Poiché il Daimoku ha un significato profondo, quando recitiamo dobbiamo sempre ricordarci che Nam-myoho-renge-kyo è la nostra vita, e fare appello a una fede coraggiosa e vincere le illusioni che impediscono di credere in queste parole. Infatti il Daishonin, in un altro Gosho, afferma a tal proposito: «Quando invochi myoho e reciti renge devi sforzarti di credere profondamente che Myoho-renge-kyo è la tua stessa vita» (RSND, 1, 3). A volte, anche impegnandosi, non è semplice percepire di essere uguali al Budda, o riuscire a vedere gli altri come Budda.
Il presidente Ikeda spiega che non si tratta di una consapevolezza di tipo intellettuale, ma di una comprensione che nasce dalla fede (cfr. L’eredità della Legge fondamentale della vita – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, esperia, 2008, pag. 65). Per questo motivo è fondamentale coltivare la propria fede giorno dopo giorno. Quando ci si impegna nelle attività per kosen-rufu, quando si sostengono amici e parenti con il desiderio di aiutarli a superare le difficoltà e diventare felici, quando si parla agli altri della forza del Buddismo, in realtà si sta già vivendo sulla base della consapevolezza che “tutti sono Budda”.
«I membri si stanno impegnando anima e corpo – scrive sensei – nella missione di propagare Nam-myoho-renge-kyo come Bodhisattva della Terra. Come tali essi stanno già manifestando il grande stato vitale della Buddità» (Ibidem, pag. 66).

2. Vivere come se fosse l’ultimo istante
Eccoci al secondo punto: praticare con lo spirito secondo cui questo è l’ultimo istante di vita. Il Buddismo afferma che la vita è eterna e che la chiave per ogni vittoria risiede nel presente, nell’atteggiamento di vivere ogni istante pienamente. Nel Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita il Daishonin spiega: «Per chi raccoglie la propria fede e recita Nam-myoho-renge-kyo con la profonda consapevolezza che adesso è l’ultimo momento della sua vita, il sutra proclama: quando la loro vita giungerà al termine, esse saranno accolte dalle mani di mille Budda che le libereranno da ogni paura e impediranno loro di cadere nei cattivi sentieri dell’esistenza» (RSND, 1, 189). Secondo la prospettiva buddista la vita è, in tutte le sue fasi – secondo il ciclo di nascita, invecchiamento, malattia e morte – funzione della Legge mistica. Le persone comuni però non riescono a percepire questa verità e questo le porta a vivere nell’illusione e nella sofferenza.
Il Daishonin spiega al suo discepolo che abbracciare la Legge mistica con lo spirito secondo cui adesso è “l’ultimo istante della propria vita” è l’atteggiamento corretto per dissolvere le illusioni e dischiudere il proprio potenziale illimitato.
Nel momento presente è possibile cambiare il proprio stato vitale e stabilizzare una condizione di autentica felicità in grado di superare qualsiasi difficoltà, trasformando completamente il proprio ambiente.
Impegnarsi con tutto il cuore come se fosse l’ultimo istante di vita è la chiave per costruire una condizione vitale che permette di affrontare e superare ogni difficoltà. Questo significa dare il meglio di sé nel momento presente, con perseveranza, decisi a non avere alcun rimpianto. «La potente forza vitale della Buddità – scrive Ikeda – fluisce nelle vite di coloro che possiedono un tale spirito combattivo» (L’eredità della Legge fondamentale della vita – Lezioni sugli scritti di Nichiren ­Daishonin, esperia, 2008, pag. 79).

3. Non abbandonare mai la fede
Perseverare nella pratica buddista per tutta la vita è il terzo aspetto. Nel Gosho il Daishonin scrive: «I miei discepoli, preti e laici, ora possono accettare e sostenere il Sutra del Loto in virtù del forte legame formato con esso nelle vite passate e senza dubbio conseguiranno la Buddità nel futuro. L’eredità del Sutra del Loto fluisce nella vita di coloro che non lo hanno mai abbandonato in nessuna esistenza» (RSND, 1, 190).
Il Daishonin asserisce quindi che il legame creato con il Sutra del Loto nelle vite passate è la causa che ha permesso di abbracciarlo anche in questa esistenza, sottolineando che questa causa permetterà di conseguire la Buddità anche nel futuro. Perché ciò accada nelle tre esistenze di passato, presente e futuro è necessaria la condizione di non abbandonare mai il Gohonzon e la Soka Gakkai.
Anche se si ha la fortuna di incontrare il Buddismo in questa esistenza, se ci si allontana dal sentiero corretto della fede, dall’orbita della Soka Gakkai, non si può raggiungere la vetta della Buddità. Scrive Nichiren, «coloro che non credono nel Sutra del Loto e lo offendono “distruggeranno immediatamente tutti i semi per divenire Budda in questo mondo”» (Ibidem).
Pur sapendo dell’importanza di perseverare fino in fondo, a volte la fiamma della pratica buddista si può spegnere; il presidente Ikeda spiega che può succedere che le persone smettono di praticare «perché permettono a se stesse di farsi sconfiggere dal desiderio di fama e fortuna e dagli attacchi dei tre ostacoli e quattro demoni» (L’eredità della Legge fondamentale della vita – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, esperia, 2008, pag. 86). Lo stesso Nichiren esortava i suoi discepoli a rinnovare costantemente la decisione di perseverare nella pratica buddista: «Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese. Se la vostra determinazione cala anche solo un po’, i demoni prenderanno il sopravvento» (RSND, 1, 885).
Mantenere la fede per tutta la vita richiede la determinazione di continuare a praticare qualunque cosa accada. Per fare ciò è necessario formulare un grande voto che permetta di avanzare guardando al futuro, approfondendo la fede senza abbandonare per nessun motivo il sentiero corretto.
Scrive il Daishonin: «È mio desiderio che tutti i miei discepoli formulino un grande voto» (RSND, 1, 891). Nichiren e i tre maestri sono l’esempio del voto di perseverare per tutta la vita. Durante l’esilio a Sado, Nichiren rimase saldo nella fede anche di fronte alle più aspre difficoltà: «Io sarò il pilastro del Giappone. Io sarò gli occhi del Giappone. Io sarò il grande vascello del Giappone. Questo è il mio voto e io non lo infrangerò mai» (RSND, 1, 254). L’esempio dei maestri risveglia il voto individuale dei discepoli di avanzare insieme fino all’ultimo istante.

• • •      • • •      • • •

Un’inarrestabile forza vitale

Aprire la strada per realizzare kosen-rufu nel mondo ha portato il presidente Ikeda a lottare duramente contro l’oscurità fondamentale. La sua testimonianza incoraggia a lottare fino in fondo cercando sempre di creare unità

di Daisaku Ikeda

Per sessant’anni mi sono impegnato incessantemente per kosen-rufu, decidendo di vivere ogni momento come se fosse “l’ultimo istante della mia vita” . Quando ero giovane, avevo una salute cagionevole e rischiavo di morire in qualunque momento. Per questa ragione ho lottato per sostenere e proteggere il presidente Toda con questa rigorosa determinazione: «Questo è il mio ultimo istante di vita». Mi sono alzato e ho combattuto da solo contro l’attacco sferrato contro il mio maestro dagli ostacoli e dalle funzioni demoniache. Successivamente, basandomi sulla convinzione che diffondere la visione buddista dell’eternità della vita è indispensabile per lo scopo della pace mondiale, ho raccolto tutto il coraggio che avevo e ho fatto appello alle mie risorse intellettuali, assumendomi il compito di creare la pace in tutto il mondo.
Poiché noi della SGI ci siamo impegnati nella fede basandoci sullo spirito secondo cui adesso è l’ultimo istante, dalle nostre vite è sgorgata copiosa la forza vitale del tempo senza inizio, e sono fermamente convinto che siamo stati in grado di costruire la SGI come organizzazione mondiale perché abbiamo proceduto insieme in armonia con lo spirito di “diversi corpi stessa mente”. Tantissimi membri della SGI hanno scalato con tenacia le sfide della vita e hanno raggiunto la brillante vetta del momento finale con una mente corretta e salda, avendo praticato per tutta la vita con lo spirito secondo cui «adesso è l’ultimo momento»: questa è la prova concreta che l’eredità della Legge fondamentale della vita e morte scorre in maniera vibrante nella SGI.

(D. Ikeda, L’eredità della Legge fondamentale della vita, esperia, 2008, pag. 78)

• • •      • • •      • • •

Risvegliare il potere della fede

Alla domanda non comune su come si trasmette l’eredità della Legge mistica, il Daishonin risponde che è necessario essere fortemente determinati a risvegliare il potere della fede fino all’ultimo istante

«Finora nessuno mi aveva fatto una domanda sulla trasmissione dell’eredità della Legge fondamentale della vita. È ammirevole, ammirevole! Comprendi profondamente ciò che ho spiegato dettagliatamente in questa lettera. Pratica con la convinzione che solo Nam-myoho-renge-kyo è l’eredità trasmessa da Shakyamuni e Molti Tesori al Bodhisattva Pratiche Superiori.
«La funzione del fuoco è bruciare e dare luce. La funzione dell’acqua è lavare la sporcizia. Il vento spazza via la polvere e infonde la vita nelle piante, negli animali e negli esseri umani. La terra produce le piante e gli alberi, e il cielo provvede all’umidità che reca nutrimento. Anche i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo operano così: sono le funzioni benefiche dei Bodhisattva della Terra, discepoli del Budda nella sua vera identità. Il Sutra del Loto dice che il Bodhisattva Pratiche Superiori deve apparire adesso, nell’Ultimo giorno della Legge, per propagare questo insegnamento, ma ciò è accaduto realmente? Che il Bodhisattva Pratiche Superiori sia già apparso o no, Nichiren ha già cominciato la propagazione.
«Sii fermamente deciso a risvegliare il grande potere della fede e recita Nam-myoho-renge-kyo con la preghiera che la tua fede continui a essere ferma e corretta anche nel momento della morte; non cercare mai un modo diverso da questo per ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Questo è il significato di “le illusioni e i desideri sono illuminazione” e di “le sofferenze di nascita e morte sono nirvana”. Anche abbracciare il Sutra del Loto sarebbe inutile senza l’eredità della fede».

(dal Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND, 1, 191).

• • •      • • •      • • •

Una strada impervia

Immaginando la pratica corretta come una strada impervia in cui il rischio di perdersi è sempre in agguato, presentiamo sotto forma di domanda e risposta alcuni argomenti dal commento di Ikeda al Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita, utili per approfondire qual è il sentiero corretto che un discepolo dovrebbe seguire nella fede per non smarrirsi. Temi centrali sono: lo sviluppo di kosen-rufu, l’unità tra i membri e la relazione maestro e discepolo

Qual è il sentiero che un discepolo dovrebbe seguire nella fede?
Alla ricerca della felicità nostra e dei nostri cari, ci interroghiamo sul significato di avere una fede corretta. Nel commento a L’eredità della Legge fondamentale della vita Daisaku Ikeda scrive: «Il sentiero fondamentale della fede è quello di impegnarsi nelle attività per aiutare e guidare gli altri all’Illuminazione. È quello di dedicarsi a kosen-rufu che è il desiderio di tutti i Budda ed è il grande desiderio di Nichiren Daishonin» (esperia, 2008, pag. 66). La vita di Nichiren ne è un esempio intramontabile. Egli recitava Nam-myoho-renge-kyo e propagava l’insegnamento affinché le altre persone potessero conseguire il suo stesso stato vitale. Allo stesso modo i tre maestri della Soka Gakkai hanno fatto loro questo desiderio e si sono dedicati alla realizzazione di kosen-rufu facendo conoscere il Buddismo del Daishonin nel mondo.
Il desiderio che tutti divengano felici è il cuore del Buddismo di Nichiren e il cuore della Soka Gakkai. «Insegnare agli altri la fede nella Legge mistica – scrive sensei – e realizzare un mondo pacifico sono gli obiettivi del nostro movimento di kosen-rufu» (Ibidem, pag. 93).

Quali sono i passi fondamentali per stabilire la felicità di tutte le persone, nessuno escluso?
Per mirare alla realizzazione di kosen-rufu è necessario approfondire due aspetti centrali: l’unità di “diversi corpi, stessa mente” (itai doshin) e la relazione tra maestro e discepolo. Il Daishonin insegna che dedicarsi alla felicità delle persone, impegnarsi per la realizzazione di kosen-rufu insieme ai compagni di fede e uniti al maestro è il modo corretto per ereditare la Legge: «In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna distinzione fra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio di un’ampia propagazione potrà realizzarsi» (RSND, 1, 190).
«Il flusso corretto dell’eredità della Legge – commenta Ikeda a questo proposito – è strettamente legato alla lotta del maestro e del discepolo per realizzare kosen-rufu e fluisce nella vita di coloro che recitano Nam-myoho-renge-kyo, la pratica per se e per gli altri basata su uno spirito di uguaglianza e unità (L’eredità della Legge fondamentale della vita, esperia, 2008, pag. 93).

Il concetto buddista di unità si traduce nello sforzo di superare le distinzioni fra le persone. Cosa significa e perché l’aspetto dell’unità è così centrale?
«La parola “distinzione” – commenta Ikeda – indica i sentimenti di antagonismo, discriminazione ed egoismo che sorgono dalla tendenza a vedere se stessi separati dagli altri, dai vari fenomeni o dagli eventi. Questa tendenza impedisce di creare empatia e comprensione» (Ibidem, pag. 94).
Il Daishonin esortava i suoi discepoli a coltivare uno spirito che non tenesse conto delle differenze superficiali, legate alle circostanze, e di unirsi fra loro basandosi su comprensione, sostegno e rispetto reciproco. Il Buddismo spiega che l’unità fra le persone è la chiave per vincere in ogni impresa, e questo vale anche per la realizzazione di kosen-rufu, l’impresa più importante di tutte. Lottare per ottenere una forte unità rappresenta la vittoria del Budda contro l’oscurità fondamentale e permette di vincere anche nella vita individuale. Questo è il sentiero della vittoria, il cuore della strategia del Sutra del Loto che non teme niente.
Scrive Ikeda: «lo spirito di “diversi corpi, stessa mente” rappresenta in un certo senso la manifestazione fondamentale della strategia del Sutra del Loto, cioè recitare Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon ricordandoci che condividiamo lo stesso impegno per kosen-rufu. Nessun piano o strategia per kosen-rufu potrà essere vincente se non è basato su una preghiera basata sull’unità […] Avanzando con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente” e recitando Daimoku per la realizzazione di kosen-rufu, si crea una potente energia e uno slancio in avanti verso una vittoria certa» (Ibidem, pagg. 96-97).

Perché la relazione tra maestro e discepolo è imprescindibile per praticare correttamente?
Il Buddismo si trasmette grazie alla relazione tra maestro e discepolo e la non dualità, ovvero il loro impegno comune nel realizzare kosen-rufu, costituisce l’essenza della pratica buddista.
«Se si dimentica la relazione tra maestro e discepolo – scrive Ikeda – non si può conseguire la Buddità né conquistare la felicità eterna e realizzare kosen-rufu, poiché attraverso questo legame si trasmette la Legge. Il Buddismo è la Legge della vita che non può essere trasmessa soltanto a parole o tramite concetti» (Ibidem, pag. 103).
La sorgente di questo legame è il desiderio condiviso di realizzare kosen-rufu, la più profonda aspirazione degli esseri umani: l’Illuminazione e la felicità per se stessi e per gli altri. Il maestro è colui che ricorda tale aspirazione; il discepolo colui che segue l’insegnamento del maestro e agisce perciò in accordo con i suoi insegnamenti.
Da questo punto di vista il significato buddista di questa relazione è diverso dall’interpretazione che comunemente siamo soliti attribuirgli. «In termini generali, è un maestro colui che insegna nuove e migliori abilità, nozioni tecniche, conoscenze più profonde, un modo più elevato di vivere, uno stato della mente più appagante e così via. Le persone considerano come loro maestro chi le aiuta a migliorarsi e a sviluppare se stesse. Nell’insegnamento buddista del Sutra del Loto, il maestro Shakyamuni, basandosi sul suo risveglio alla Legge, si impegnò insieme ai discepoli per fare sì che essi potessero far emergere il più elevato e nobile potenziale come esseri umani. Questa legge era la Legge mistica, che i discepoli non erano in grado di percepire da soli poiché la loro consapevolezza era offuscata dall’oscurità fondamentale e non erano quindi capaci di concepirla. Anche se fossero state date loro spiegazioni ­teoriche della Legge o fosse stato detto loro di praticare per superare la sofferenza, non sarebbe stato possibile trasmettere lo stato vitale della Buddità solo attraverso le parole. Piuttosto, fu attraverso l’ispirazione che essi sentirono venendo in contatto con il carattere umano del Budda, oltre alle istruzioni da lui ricevute, che essi furono in grado di risvegliarsi alla Legge con la loro stessa vita. La Legge fu comunicata loro in questo modo» (Ibidem, pag. 114).

Cosa dovrebbe fare un autentico discepolo?
Il Sutra del Loto rivela che l’essenza della vita del Budda è il grande voto di rendere tutte le persone capaci di ottenere il suo stesso stato di Illuminazione.
Il Daishonin insegna che dopo la morte di Shakyamuni, questo stato vitale illuminato può essere trasmesso a coloro che agiscono basandosi sullo stesso voto e con il medesimo spirito di dedizione altruistica, nucleo della vita del Budda. Di fatto, è il grande voto l’elemento determinante in questa trasmissione.
«Nichiren espose Nam-myoho-renge-kyo come il mezzo per manifestare la natura innata di Budda e rivelò che il grande voto di kosen-rufu e la dedizione altruistica sono la chiave della pratica buddista nell’Ultimo giorno della Legge. Così facendo assicurò la trasmissione dell’eredità per il conseguimento della Buddità» (Ibidem, pag. 116).
La relazione tra maestro e discepolo è la chiave per conseguire l’Illuminazione e risvegliare il potenziale insito nella propria vita. Nikko Shonin, discepolo diretto del Daishonin, disse a tal proposito: «Nell’insegnamento del Daishonin, si consegue la Buddità seguendo correttamente il sentiero di maestro e discepolo. Se si devia dal sentiero di maestro e discepolo, anche se si sostiene il Sutra del Loto, si cadrà nel sentiero di sofferenza incessante» (Ibidem, pag. 117).
Nell’epoca attuale i primi tre presidenti si sono risvegliati al grande voto di kosen-rufu, il voto del Budda, e hanno lottato con lo spirito di non risparmiare la vita. Con il loro esempio la Soka Gakkai ha aperto la strada dell’azione condivisa di maestro e discepolo, essenza del Buddismo. «Poiché i maestri e i discepoli Soka hanno vinto, siamo stati in grado di realizzare kosen-rufu mondiale, che costituisce il decreto del Sutra del Loto e il desiderio di Nichiren Daishonin» (Ibidem).
Recitare Daimoku e impegnarsi per realizzare kosen-rufu, seguendo il sentiero di maestro e discepolo, è il modo giusto per mantenere una fede corretta per tutta la vita.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata