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I cavalieri di kosen-rufu a Malta - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:20

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I cavalieri di kosen-rufu a Malta

Nell’isola che vanta uno dei più antichi templi preistorici si sta costruendo il futuro: chi si è avvicinato al Buddismo recentemente desidera veder crescere questo movimento di pace anche qui, immaginando il momento in cui la SGI sarà riconosciuta ufficialmente. Grazie anche agli amici italiani

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Nell’isola che vanta uno dei più antichi templi preistorici si sta costruendo il futuro: chi si è avvicinato al Buddismo recentemente desidera veder crescere questo movimento di pace anche qui, immaginando il momento in cui la SGI sarà riconosciuta ufficialmente. Grazie anche agli amici italiani

«Ho conosciuto il Buddismo di Nichiren grazie al mio migliore amico, Tiziano, in un momento particolarmente difficile della mia vita e ho ricevuto il Gohonzon il 31 luglio del 2012». A parlare è Stefano, un giovane calciatore italiano, trasferitosi a Malta per ragioni professionali. Inizia così la sua avventura in un paese straniero dove ancora non c’è la Soka Gakkai. «Avevo sempre avuto una vita felice, quando nel giro di pochi mesi mi successero molte cose brutte: fui lasciato dalla fidanzata, rimasi senza squadra e a mio zio fu diagnosticato un tumore incurabile. Fu così che iniziai a praticare. Nel giro di qualche giorno le prime squadre iniziarono a contattarmi, ma la chiamata che più mi affascinava veniva da lontano e prevedeva uno stipendio basso. Eppure rimasi impressionato da quella telefonata da Malta. Decisi di buttarmi in questa avventura: sentivo che sarebbe stato qualcosa di speciale». Gli ostacoli sono sempre in agguato e Stefano continua a recitare sostenuto dagli incoraggiamenti del suo amico Tiziano. Finché incontra un responsabile italiano, Riccardo: «Mi incoraggiò a non mollare e mi trasmise una grande carica. Tramite lui conobbi due sorelle maltesi che praticavano: Antonella e Tiziana. Iniziai a recitare con loro e a fare le prime riunioni di discussione della zona». Antonella e Tiziana ricevettero il Gohonzon il mese successivo, suggellando la prima cerimonia maltese di consegna dei Gohonzon: «Fu lì che scattò in me una grande forza – racconta Stefano – e nel giro di pochi giorni le cose cambiarono. Ripresi a giocare con grandi risultati personali e di squadra, la situazione di mio zio migliorò, la mia ex ragazza tornò da me, e a fine anno raggiunsi l’obiettivo di firmare per altre due stagioni al doppio dello stipendio». Stefano viene premiato come uno dei migliori giocatori nella stagione calcistica 2013/14, e, oltre ai traguardi personali, coltiva ottimi rapporti d’amicizia, tanto che la sorella, il cognato e due compagni di squadra, John e Glenn iniziano a praticare: «Adesso capisco qual è la mia missione e il motivo per cui tre anni fa ho scelto di venire qui: contribuire al movimento di kosen-rufu a Malta».

Il primo Daimoku dell’isola

Ma la vera pioniera maltese è Antonella, una delle sorelle che Stefano incontra grazie a Riccardo, a cui un’amica aveva parlato del Buddismo via skype: «Da nove mesi era nata mia figlia e le liti tra me e il mio compagno erano molto accese, a causa del mio forte nervosismo che provocava reazioni aggressive da parte sua. La situazione era talmente pesante che volevo lasciarlo. Per fortuna ero sostenuta dalla mia migliore amica che mi inviava del materiale buddista e mi incoraggiava raccontandomi esperienze quasi ogni giorno. Non potevo frequentare i meeting ma ero determinata a continuare a recitare.
«La mia fede cresceva e la mia vita migliorava. In particolare vedevo il cambiamento del rapporto con quello che, nel frattempo, era diventato mio marito. Eravamo più sereni e le liti un po’ alla volta diminuivano. Mi sarebbe piaciuto tanto incontrare altre persone per praticare insieme e parlare di Buddismo. Dopo un anno e qualche mese sono riuscita a entrare in contatto con una buddista maltese, Brigitte, ma per un altro anno ho continuato a recitare da sola o con mia sorella che nel frattempo aveva iniziato a praticare».
Nel 2012 Antonella sente il desiderio di ricevere il Gohonzon, ma, per una zona pionieristica come la sua, era tutt’altro che semplice: «Sarei dovuta andare io in Italia e invece ho avuto il grande beneficio di riceverlo qui, grazie a Riccardo che veniva con regolarità e credeva fermamente nello sviluppo di kosen-rufu sulla nostra isola. Mi incoraggiò molto e mi comunicò che si stava per trasferire a Malta Stefano, un ragazzo italiano che aveva iniziato a praticare da poco. Dal momento in cui ho ricevuto il Gohonzon il mio cambiamento interiore è stato così profondo e radicale da determinare un cambiamento anche nel mio ambiente: ho sciolto la mia sofferenza e non sono più nervosa, anzi sono diventata più serena e forte, di conseguenza le liti furiose con mio marito sono cessate».
Grazie alla sua trasformazione, Antonella incoraggia naturalmente altre persone a iniziare a recitare Daimoku: «In quel periodo mi capitava spesso di incontrare persone che soffrivano e le incoraggiavo parlando loro della mia esperienza e di come fossi più felice grazie alla pratica. Da quel momento abbiamo iniziato a far crescere kosen-rufu anche qui. All’inizio eravamo solo in tre o quattro, ma ora i nostri meeting sono cresciuti e a volte arriviamo a essere quindici persone. Al momento non siamo tanti, ma ci siamo posti l’obiettivo di crescere entro la fine dell’anno, affinché anche qui possa nascere ufficialmente la SGI».

Il cambiamento intorno a me

La prima persona che Antonella incoraggia con la sua trasformazione è la sorella, Tiziana: «Ho trentun anni e sono maltese anch’io. Nel 2010 decisi di lasciare il lavoro che facevo da dieci anni senza averne uno nuovo. Stavo incontrando molte difficoltà nel trovare quello giusto per me: ero molto demoralizzata e stavo per mollare la mia ricerca. Parlai con una mia amica italiana che mi disse di provare a recitare Nam-myoho-renge-kyo e mi raccontò tutti i benefici che aveva ricevuto grazie alla pratica buddista. Ricordo che andai su You Tube per vedere come si pronunciasse e come pregassero i buddisti. La mia amica aveva avvicinato al Buddismo mia sorella un po’ di tempo prima, mentre stava attraversando un periodo difficile, e potei osservare il suo cambiamento: non era più nervosa e sorrideva nuovamente. Iniziai a pregare pochi minuti ogni giorno. Dopo tre mesi feci due colloqui di lavoro e risultai essere la favorita per entrambe le posizioni. Oggi sono molto felice della mia scelta.
«Nel frattempo pregavo con mia sorella col desiderio che emergessero altri buddisti a Malta. I nostri amici ci sostenevano e ci mandavano materiale per lo studio. Con l’aiuto dei responsabili stranieri, entrammo in contatto con Brigitte, una donna maltese che aveva il Gohonzon. Riuscimmo anche a sapere che Riccardo, responsabile della Divisione uomini in Italia, spesso era a Malta. Lo incontrammo e con il suo aiuto trovammo un calciatore italiano che giocava in una squadra locale. Iniziammo a incontrarci una volta a settimana per recitare Daimoku insieme».
Finché anche Tiziana decide al cento per cento: «Nel 2013 ho ricevuto il Gohonzon. Oggi sono mamma di un bellissimo bambino: qualche volta sono così stanca e scarica che fatico a recitare, ma sento subito la differenza, perché il Daimoku aiuta a ricaricarti e a sentirti nuovamente e pienamente te stessa. La pratica mi ha cambiata: ora vedo i problemi in modo positivo, riesco a trovare sempre una soluzione e i colleghi mi dicono che amano il fatto che sorrido sempre, perfino nelle situazioni difficili».

Unità per crescere

Stefano, Antonella e Tiziana pregano per non essere più soli a Malta e così, due compagni di squadra di Stefano cominciano a praticare: «Mi chiamo Glenn, e ho ventotto anni. Di mestiere faccio il professore di matematica e gioco come portiere semiprofessionista in una squadra di calcio maltese. Ho incontrato la fede buddista circa due anni fa tramite Stefano, amico e compagno di squadra. Nell’estate del 2012 mi sono trasferito nella squadra di Sliema Wanderers per fare il portiere di riserva. Ho cominciato la stagione in panchina, fino a quando il primo portiere si è infortunato. Ho giocato bene tutta la stagione e, tra coppa e campionato, ho disputato circa venticinque partite. L’anno successivo ero il favorito per il ruolo di primo portiere, ma, senza alcuna ragione, sono diventato riserva. Non l’ho presa bene: vedevo tutto nero, ce l’avevo con tutti, specialmente con l’allenatore. Un giorno mi si avvicinò Stefano e mi parlò della sua fede buddista. Decisi di provare: lo vedevo sempre sorridente, felice, sicuro di sé, tutti gli volevano bene. Pensai che il Buddismo potesse farmi lo stesso effetto. Andai da lui per saperne di più: la mia prima impressione non fu buona. Mi diede un libretto da leggere: c’era scritto che se uno non era felice sul posto di lavoro doveva impegnarsi a cambiare attitudine, essere positivo, non lamentarsi e non incolpare gli altri. Sembrava scritto proprio per me. Nonostante i miei sforzi, non cambiava nulla. A gennaio volevo a tutti i costi trasferirmi in un’altra squadra. Era tutto pronto, quando l’allenatore mi convinse a restare, dicendo che aveva fiducia in me. Non capivo perché fino ad allora mi aveva fatto giocare solamente le partite di coppa, ma sono rimasto avendo fiducia che qualcosa sarebbe cambiato. Così è stato: ho disputato un buon numero di partite, la finale di coppa, i preliminari di Europa League, sono stato nominato tra i tre migliori portieri del campionato maltese e infine sono stato selezionato per la squadra nazionale. Nella stagione 2014-2015 ho fatto il primo portiere e ho giocato tutti gli incontri. Anche se non ho ancora ricevuto il Gohonzon, grazie all’incoraggiamento dei miei compagni di fede recito ogni giorno per essere il migliore in tutto, specialmente nel mio lavoro, per essere felice io insieme agli altri e affinché il Buddismo cresca anche qui».

La prova concreta

E in effetti sta crescendo, tanto che anche un altro loro compagno di squadra, John, ha cominciato a praticare: «Ho ventisei anni, lavoro come insegnante di educazione fisica e gioco a calcio da semiprofessionista nella Sliema Wanderers. Pratico il Buddismo da due anni ormai, anche se non regolarmente. Sono stato introdotto al Buddismo dal mio compagno di squadra italiano, Stefano, che con calma ma efficacemente mi ha spiegato tutto quello che riguarda Nam-myoho-renge-kyo.
«All’inizio non ero convinto, eppure praticando quotidianamente con lui, ho compreso meglio quello che stavo facendo. Ho iniziato a recitare Daimoku per giocare in Nazionale. Non era un obiettivo facile, considerando che non giocavo nemmeno con il mio club, ma mantenendo la fede, recitando e allenandomi duramente, qualcosa è successo: sono stato scelto per giocare contro l’Italia per la qualificazione europea 2015. Recitare Daimoku mi fa credere in me stesso e negli altri, e ho notato che le relazioni con le altre persone e gli amici sono migliorate. Oltre a pregare, leggo riviste e libri per conoscere il pensiero del presidente Ikeda. Desidero approfondire la fede e poter ricevere il Gohonzon per realizzare più obiettivi, diventare una persona migliore, far sì che altre persone conoscano il Buddismo, realizzare kosen-rufu a Malta».

Gli amici italiani

Stefano, Antonella, Tiziana, Glenn e John sono sostenuti dall’Italia, prima grazie a Riccardo, poi a sua moglie Patrizia e oggi da Massimo. «Per incoraggiare gli amici maltesi – racconta Patrizia – per un periodo mi sono recata una volta al mese sull’isola. Quello che colpisce è la sincerità delle loro preghiere: un atteggiamento diretto di fronte al Gohonzon che permette loro di fare rapidamente esperienze incredibili».
Massimo, che ha raccolto le testimonianze dei pionieri maltesi, ci racconta invece com’è organizzata la loro attività: «Riusciamo a fare una riunione di discussione e un meeting di studio al mese, che prepariamo usando la rivista americana della Soka Gakkai, così abbiamo il materiale in inglese. Da marzo tutte le mattine recitiamo un’ora di Daimoku a casa mia per la pace nel Mediterraneo e il 7 giugno si è tenuto anche qui il meeting donne e giovani donne. Abbiamo inoltre una sala con trenta posti per le riunioni più grandi. Anche qui basiamo le attività sulle visite a casa e dall’inizio dell’anno abbiamo consegnato due nuovi Gohonzon: l’obiettivo è che diventino quattro entro la fine del 2015. E poi recitiamo, recitiamo, recitiamo».

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