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"Strenua lotta", puntate 1-11 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:34

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“Strenua lotta”, puntate 1-11

È necessario coltivare una forte fede, perché le difficoltà nella vita ci sono sempre. Shin’ichi incoraggiava continuamente i giovani a migliorarsi, rafforzarsi e sfidarsi; per vincere dobbiamo affrontare una dura lotta di miglioramento e trasformazione

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È necessario coltivare una forte fede, perché le difficoltà nella vita ci sono sempre. Shin’ichi incoraggiava continuamente i giovani a migliorarsi, rafforzarsi e sfidarsi; per vincere dobbiamo affrontare una dura lotta di miglioramento e trasformazione

Inizia la pubblicazione del terzo capitolo del volume 27, “Strenua lotta”.

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[1] Nella lotta c’è progresso.
Nella lotta c’è crescita.
Nella lotta c’è speranza.
Nella lotta c’è gioia.

«La vita è una lotta e deve sempre continuare a esserlo». Queste parole sono state scritte dal padre dell’unità europea ­Coudenhove-Kalergi, per esprimere la sua ferma determinazione.

Forza, continuiamo a lottare!
Lottiamo con tutti noi stessi!
Lottiamo contro il nostro karma!
Lottiamo contro la natura demoniaca che pervade l’intero universo.
Portiamo avanti la grande lotta per kosen-rufu!

Il momento per iniziare il nuovo viaggio della nostra vita è ora.
In tutti i Centri culturali del paese, in un’atmosfera gioiosa, il 3 maggio 1978 si tennero le cerimonie di Gongyo per celebrare il diciottesimo anniversario da quando Shin’ichi Yamamoto aveva assunto la presidenza della Soka Gakkai. Quella mattina egli partecipò alla cerimonia che si tenne presso il Centro culturale di Tachikawa: «È grazie a tutti voi – disse – se ho potuto celebrare i miei diciotto anni di presidenza. Vi ringrazio, davvero. Ci troviamo in un passaggio epocale, il corso di questo grande fiume si sta trasformando in un grande mare. Quando attraversiamo un tratto di mare esteso dobbiamo aspettarci di incontrare tempeste e burrasche ma, alla luce delle scritture buddiste, le avversità che sembrano fare a gara nell’abbattersi su di noi sono la prova che stiamo portando avanti correttamente la pratica del Buddismo.
«Il Daishonin afferma: “Quanto più grandi saranno le difficoltà che incontrerà, tanto più grande la gioia che egli proverà grazie alla sua forte fede” (Una nave per attraversare il mare della sofferenza, RSND, 1, 29). Se coltiviamo una forte fede, le avversità che incontreremo non faranno altro che rafforzare la nostra convinzione nel Buddismo e farci gioire. L’espressione shujo sho yu-raku. (gli esseri umani sono felici) non indica affatto che la nostra vita è priva di difficoltà. Al contrario, significa realizzare uno stato vitale che ci permette ogni giorno di superare qualsiasi situazione con quella gioia che scaturisce dalla fede, senza avere paura di nulla, qualunque cosa accada. Coltivando una fede sempre più forte, perciò, viviamo una vita gioiosa, impavida e ricca di benefici».
Fu un breve saluto che toccò nel profondo i compagni di fede presenti.

[2] Terminata la cerimonia di Gongyo presso il Centro culturale di Tachikawa, Shin’ichi si diresse verso l’Università Soka per partecipare alla cerimonia di conferimento dei riconoscimenti “al merito Soka” e “al merito per kosen-rufu“, evento principale delle celebrazioni del 3 maggio. Egli desiderava elogiare e incoraggiare i compagni di fede che fin dai primi anni avevano lottato con lui per kosen-rufu.
La Soka Gakkai stava attraversando una fase di ampio ricambio generazionale. Era necessario che nascessero nuovi giovani responsabili per poter garantire un futuro sicuro allo sviluppo di kosen-rufu e allo stesso tempo infondere vitalità all’organizzazione. Un punto fondamentale era che i nuovi responsabili mostrassero un profondo rispetto nei confronti dei membri più anziani nella fede che avevano accumulato esperienze importanti per kosen-rufu.
Questi nuovi giovani responsabili avrebbero dovuto incontrare i membri più anziani nella fede, ascoltando con rispetto l’esperienza di coloro che avevano dedicato la propria vita a kosen-rufu imparando da loro con umiltà. Queste persone nel corso del tempo hanno inciso numerosi anelli nell’albero della fede della propria vita, e brillano per la convinzione e la saggezza che hanno accumulato.
«Gli uomini che mancano di rispetto non daranno mai frutti»: questo è il monito del poeta Rainer Maria Rilke. È importante riflettere su come fare perché anche i “veterani” nella fede possano esprimere liberamente il loro potenziale, tutti siano felici e kosen-rufu avanzi nella comunità. La Soka Gakkai è un castello di persone di valore che hanno contribuito a kosen-rufu, ciascuno con le proprie capacità e conseguendo molte vittorie. Se diamo loro la giusta considerazione e ci facciamo aiutare, l’organizzazione si rafforzerà enormemente.
È la forza di tutti che decide le sorti di kosen-rufu. La “forza di tutti” significa la forza dell’unità.
Shin’ichi aveva scelto questa cerimonia come evento principale dell’anniversario dei suoi diciotto anni di presidenza, non solo per ringraziare i valorosi pionieri per il contributo, ma anche perché riteneva che valorizzare le loro qualità maturate negli anni e la loro ricca esperienza sarebbe stata una spinta ulteriore per il progresso di kosen-rufu. Solo chi vive per kosen-rufu fino in fondo può dire di accumulare meriti in questo cammino, mentre retrocedere significa infangare la meravigliosa storia per kosen-rufu.

[3] Durante la cerimonia, che ebbe luogo presso la palestra dell’Università Soka, Shin’ichi voleva ribadire l’importanza di portare avanti fede, pratica e studio per tutta la vita.
Il Buddismo di Nichiren Daishonin è il Buddismo della “causa originale” (honnin-myo). Applicare questo principio al nostro modo di vivere, significa “continuare a ricercare la verità per tutta la vita”, “continuare a impegnarsi per tutta la vita”, “continuare a crescere per tutta la vita”.
Il Daishonin afferma: «Rafforza il potere della tua fede più che mai» (RSND, 1, 607), «Continua a imparare sempre più da lui i princìpi del Buddismo e prosegui il viaggio della fede» (RSND, 1, 911), e «Rafforza sempre più il tuo spirito di ricerca e consegui la Buddità in questa esistenza» (RSND, 1, 840).
Continuare a ricercare la Legge guardando sempre al domani, migliorando, rafforzando e sfidando se stessi. Questo è il modo di vivere di un buddista.
Per questo, le “persone che si sono distinte per i loro meriti per kosen-rufu” non appartengono al passato: sono invece persone che, puntando al futuro, intraprendono continuamente nuove sfide.
Dopo la cerimonia Shin’ichi partecipò al concerto commemorativo del 3 maggio dell’orchestra sinfonica Fuji, che si tenne presso il dormitorio Shirayuri dell’Università Soka. Il giorno dopo, insieme agli addetti dell’Ambasciata dell’Unione Sovietica in Giappone, partecipò al secondo Festival dei cori di Tokyo che ebbe luogo presso la palestra.
Il 5 maggio, dopo essersi fatto ritrarre ai piedi della statua dell’università in una serie di foto con i rappresentanti delle scuole superiori, medie ed elementari per celebrare il “giorno dei successori della Soka”, partecipò nel campo sportivo alla riunione generale delle bande musicali Soka.
Dopo aver lodato la meravigliosa esecuzione e lo spettacolo offerti, Shin’ichi lanciò questo appello: «Non faccio altro che pregare e attendere con ansia la vostra crescita per la pace eterna nel mondo. Desidero passare a voi il testimone, affidandovi ogni cosa».
Al termine della manifestazione Shin’ichi scese dagli spalti e raggiunse il campo sportivo, fra grida di gioia, e andò a incoraggiare i giovani, cominciando da coloro che si erano esibiti. Erano presenti tremila membri delle bande musicali Soka provenienti da tutto il paese, dalla cittadina di Abashiri in Hokkaido, nel nord del Giappone, fino a Okinawa, nel sud del paese. Tra questi vi erano membri che per tutta la durata della manifestazione avevano innalzato la bandiera del proprio territorio. Tra loro c’erano anche studenti delle scuole medie.

[4] Facendo il giro del campo, Shin’ichi andò a stringere la mano ai direttori delle bande musicali provenienti dalle varie province. Quando incontrava studenti delle scuole medie che avevano partecipato alle varie esecuzioni, andava loro incontro a braccia aperte e diceva: «È stata una splendida esecuzione. Mi raccomando, impegnatevi seriamente anche nello studio!».
Tra le impalcature che sorreggevano il pannello sullo sfondo della manifestazione, c’erano dei membri addetti all’installazione, in tenuta da lavoro che da sotto il casco facevano risplendere i loro sorrisi. Shin’ichi strinse loro la mano e si inchinò. Nonostante il caldo continuava a stringere la mano ai tanti giovani, ed era commovente vederlo impegnarsi nel ringraziare i partecipanti del loro impegno.
Durante l’incontro con i giornalisti di emittenti televisive e quotidiani presso una sala dell’Università Soka, uno di questi gli chiese: «In qualsiasi momento si ha l’impressione che i membri della Divisione giovani della Soka Gakkai facciano attività con dinamismo e che abbiano con lei una profonda relazione di fiducia. Come è riuscito a coltivare con loro questo tipo di relazione?».
Shin’ichi assentì in silenzio e poi cominciò a parlare: «Le rispondo francamente. Anche oggi ho detto ad alcuni giovani: “Sto pregando con tutto il cuore, attendendo con gioia la vostra crescita”. E ancora: “Desidero passare a voi il testimone affidandovi ogni cosa”. I miei sentimenti nei confronti dei giovani sono assolutamente sinceri. Ho anche detto: “Consideratemi un vostro ‘trampolino di lancio’. Io, per voi, farò qualsiasi cosa”. La verità, quindi, è che ho pienamente fiducia nella Divisione giovani, al cento per cento, e per loro sono pronto a fare qualsiasi cosa. E non solo per i giovani. Ad esempio, lo scorso anno, pensando di incoraggiare tutti i membri, ho scritto su carta di vari colori 10.784 calligrafie. Mi rivolgo sempre a ciascuno con la massima sincerità ed è per questo che le mie parole toccano nel profondo gli altri, che mi aprono a loro volta il cuore accordandomi fiducia».
La sincerità è un sentimento ricco di umanità che fa sbocciare fiducia, proprio come una terra fertile nutre numerosi giardini fioriti.

[5] Shin’ichi parlò con tono energico e risoluto: «Inoltre, agli studenti delle scuole Soka che ho fondato, ho detto che essi sono più importanti della mia stessa vita. Ho pronunciato queste parole per comunicare la mia decisione di dedicarmi a loro senza risparmiarmi. Trasmetto loro i miei pensieri in modo autentico. Credo sia per questo motivo che gli studenti, e i giovani insegnanti, rispondono dando vita a relazioni di autentica fiducia. Le decisioni ipocrite, le parole belle e lusinghiere non hanno alcuna risonanza nell’animo umano. Anche se ci saranno persone che all’inizio ci crederanno, se tali parole si dimostreranno false, nessuno si fiderà più di coloro che le hanno pronunciate. In altri termini, l’importante è trasmettere, con franchezza, i propri sentimenti e mantenere sempre le promesse, anche per le più piccole cose. Credo siano questi i requisiti più importanti di un leader.
«È strano, ma più passano gli anni, più aumentano le aspettative che nutro nei confronti dei giovani. Sarà stato sicuramente così anche per il mio maestro Josei Toda. Ora posso capire bene i suoi sentimenti. Negli ultimi anni della sua vita diceva spesso: “Mi raccomando, conto su di voi”. Credo che dietro quelle parole ci fosse la convinzione che io e gli altri giovani avremmo sicuramente risposto alle sue aspettative, anzi, che avremmo senza dubbio realizzato imprese superiori a esse.
Cos’è per me la cosa più preziosa in assoluto? Sono i giovani successori. Qual è il mio orgoglio più grande? La meravigliosa crescita di tanti giovani».
Un altro giornalista gli chiese: «In quale ambito pensa di concentrare le sue energie in futuro?».
Shin’ichi rispose: «Come ho detto altre volte, nell’educazione. In particolare, desidero concentrarmi non tanto sull’insegnamento, quanto sulla formazione, lo sviluppo delle capacità umane».

[6] Separando gli ideogrammi della parola giapponese kyoiku (educazione), kyo significa “insegnare” e iku “far crescere” o “sviluppare capacità intrinseche”. Voleva impiegare le sue energie su questo secondo aspetto, che derivava dalla sua concezione educativa. Secondo Shin’ichi l’educazione in Giappone si occupava solo di impartire conoscenze o nozioni tecniche, eppure l’importante era coltivare la capacità creativa di utilizzare queste conoscenze e le tecniche acquisite per la propria felicità e la società. Più che “insegnare”, inteso come conferire dall’alto, unilateralmente, dei saperi o delle nozioni tecniche, per lui era più significativo “far crescere” gli individui, sviluppando le loro potenzialità intrinseche. Perciò tra insegnante e studente e tra esseri umani, era necessario un continuo stimolo e una relazione che implicasse l’intera personalità dell’individuo.
Shin’ichi disse: «Credo che se non spostiamo l’asse portante dell’educazione dall’”insegnamento” allo “sviluppo delle potenzialità” delle persone, non potremo coltivare la loro ricca creatività. Penso inoltre che, proprio attraverso questo lavoro di formazione e sviluppo delle capacità degli individui, si possa realizzare il rinnovamento di un’epoca e la costruzione del futuro. Vorrei conoscere le vostre opinioni in merito».
Lo stesso giornalista disse: «Effettivamente, in ambito educativo anch’io percepisco la necessità di dare rilievo ad attività mirate a sviluppare e coltivare le capacità delle persone. A tal proposito, credo che nell’epoca attuale le idee sui valori sostenute dai giovani si diversifichino e che anche i consigli a loro rivolti, debbano essere vari e diversificati. Lei presidente, quando si rivolge ai giovani, su che cosa insiste maggiormente?».
«È una domanda acuta. Ai giovani cerco di spiegare i princìpi essenziali della vita, la visione fondamentale dell’esistenza umana. Questo perché desidero che ognuno possa riflettere profondamente sui problemi concreti che sta affrontando e giungere a una propria conclusione. Una cosa che sottolineo a questo proposito è “non evitate le difficoltà e le sofferenze. Affrontate fatiche e difficoltà fino in fondo”».
Il grande scrittore Victor Hugo nei Miserabili scrisse: «Dall’abbraccio di tutte le desolazioni, scaturisce la fede».

[7] «Una dura lotta è indispensabile per completare lo sviluppo dell’individuo: può coltivare così la stessa tenacia dell’erba selvatica che cresce ovunque, e non lasciarsi vincere da alcuna avversità. Al giorno d’oggi, invece, riscontriamo nei giovani una forte tendenza a evitare le difficoltà e a fuggire dalle ­preoccupazioni.
Ritengo che ciò sia un grave pericolo che rischia di minare il completamento dello sviluppo umano nei giovani. Quando riflettono seriamente su come vivere la propria vita, quando cercano di affrontare la realtà coltivando un ideale nel cuore, quando guardano in profondità ogni singolo aspetto della vita, si trovano naturalmente ad affrontare una moltitudine di pensieri e conflitti interiori. Prendendo ad esempio anche il solo lavoro, quanto maggiore sarà la volontà di migliorarsi e cambiare le cose, tanto più numerose saranno le preoccupazioni che li attendono.
«Capiterà che in alcuni momenti, sentendosi allo stremo delle forze, se la prendano con se stessi pensando di non essere all’altezza e perdano le speranze. La lotta sta proprio lì: nel riflettere su come riuscire a risollevarsi da una situazione di quel tipo e aprire la strada alla propria vita. Ed è per questo che si soffre. Se i giovani distogliessero lo sguardo dagli ideali e dalla realtà, e vivessero alla giornata in balìa delle circostanze, eviterebbero sicuramente molte preoccupazioni, ma non vi sarebbe più nessuna crescita a livello umano, né riceverebbero alcun allenamento spirituale. Si ridurrebbero, alla fine, a essere individui apatici, che vivono solamente di espedienti, incapaci di costruire la propria felicità personale. Se ciò dovesse avvenire, la società non avrebbe futuro».
Ciò che preoccupava Shin’ichi era che si stesse pian piano diffondendo la mentalità opportunista di chi vuole ottenere risultati con facilità, evitando di sforzarsi e faticare in modo onesto e costante; un atteggiamento incline a modelli di vita arrivistici, di chi sogna di arricchirsi in fretta e facilmente; un modo di pensare che si ricollega per affinità alla filosofia nembutsu, il cui rifiuto verso questo mondo, perché impuro, portava le persone a rinunciare a sforzarsi o a sfidarsi con tenacia nella vita reale e, aspirando a un lontano paradiso buddista, a dedicarsi solamente alla recitazione della preghiera nembutsu. In realtà è proprio in questo atteggiamento di rinuncia alla vita che si cela l’origine principale dell’infelicità comune negli esseri umani.
La strada del miglioramento e della trasformazione personale è una dura lotta contro le sofferenze. Ma in ciò si trova il reale appagamento della nostra vita, il vero slancio vitale, la crescita personale che rappresenta il frutto più grande che possiamo raccogliere dalla nostra esistenza. Perciò Gandhi esortava in questo modo le persone: «La gioia non risiede nella vittoria in sé, ma nella battaglia, nella fatica e nella strenua lotta che portiamo avanti nel cercare di raggiungerla».

[8] La dura lotta è come un padre che forgia lo spirito e ci permette di sviluppare la forza come esseri umani, è come una madre che genera gioia.
Shin’ichi proseguì: «Vogliamo che i giovani non disprezzino la lotta e coltivino un ideale, una filosofia. È difficile impegnarsi, eppure è importante guardare dritto negli occhi la realtà in cui ci troviamo e le difficoltà che da lì nascono, senza evitarle e prendendole di petto. Non vi è nessun grande uomo, nessun eroe che non abbia dovuto sopportare sofferenze: esse rappresentano la fucina per forgiare uno spirito d’acciaio. Ogni singola difficoltà della nostra vita è come un motore che può farci progredire e diventare fonte della creazione di valore. È possibile, ad esempio, trasformare persino le sofferenze di una malattia nella spinta per completare il nostro sviluppo come esseri umani. Nel Gosho il Daishonin afferma: “la malattia stimola lo spirito di ricerca della via” (La buona medicina per tutti i mali, RSND, 1, 833).
«La sofferenza che si prova nell’affrontare una malattia genera una forte fede determinata a vincere, genera l’ardente determinazione di ricercare la Legge che ci fa crescere. Il Buddismo insegna il principio “le sofferenze di nascita e morte sono nirvana”. Le sofferenze e le illusioni possono divenire, così come sono, Illuminazione. In altre parole, dove c’è la sofferenza, vi è Illuminazione. Di fronte a una sofferenza più grande, ancora più sublime sarà l’Illuminazione. Questo è ciò che insegna il Daishonin: “Tutte le molteplici sofferenze dell’umanità sono le sofferenze di Nichiren”. In questo passo si coglie la grande compassione del Budda originale che, facendo proprie le molteplici sofferenze dell’umanità intera, aprì la strada all’Illuminazione per tutti gli esseri umani.
«Noi, umili discepoli del Daishonin, dobbiamo alzarci facendo nostro il suo stesso spirito. Questo deve essere il modo di vivere. Non dobbiamo pensare solo a noi stessi e vivere spensieratamente, bensì comprendere le sofferenze delle persone che ci circondano, le sofferenze di tutti, condividerle e vivere fino in fondo la nostra vita per kosen-rufu, per mostrare a tutti la strada per conquistare una felicità indistruttibile. Ascoltare con attenzione i problemi che affliggono un amico e incoraggiarlo con tutto il cuore, parlargli del Buddismo con la speranza che possa essere felice, recitare Daimoku per lui: questa nostra lodevole pratica quotidiana è la strada che ci collega direttamente al Daishonin. In quel momento, riuscendo a rompere il “guscio” del gretto egoismo che ci avvolge, facciamo pulsare il nostro cuore dello stato vitale dei Bodhisattva della Terra, del Budda originale, e mettiamo in moto l’ingranaggio della nostra rivoluzione umana».

[9] Shin’ichi proseguì con una riflessione sul significato della sofferenza: «Non si possono comprendere le sofferenze della gente se non ci impegniamo ad affrontare in prima persona preoccupazioni e difficoltà. Se un leader con un simile atteggiamento dovesse avere il controllo della società, provocherebbe l’infelicità del popolo. Per questo continuo a dire ai giovani che hanno la responsabilità del futuro: “Affrontate fatiche e difficoltà”. Il mio desiderio è che divengano persone capaci di comprendere il dolore e le preoccupazioni altrui. Non dovranno evitare gli ostacoli che si frappongono dinanzi a loro: dovranno anzi sostenere con coraggio fatiche e avversità e, più di ogni altra cosa, prendere di petto le sofferenze».
Tutto ciò è indispensabile agli esseri umani per completare la crescita, per temprare lo spirito e diventerà una fonte di energia creativa per aprire nuove strade. Le svariate capacità e competenze che l’individuo possiede possono essere considerate indubbiamente il risultato della “capacità di soffrire”. Questa è dunque la condizione indispensabile per fare fino in fondo il percorso umano.
Rivolto ai giornalisti, Shin’ichi parlò dell’epoca futura. «Nel maggio dell’anno prossimo cadrà il ventesimo anniversario del mio insediamento come presidente. Ho deciso che sarà un anno in cui porterò a compimento la mia missione. Mi dedicherò più che posso alla crescita dei giovani successori e farò ogni sforzo per incoraggiare i membri che incontrerò in tutto il paese. Vi prego di seguire con attenzione le mie azioni, tutto ciò che farò nel corso di quest’anno».
Shin’ichi cercava, per quanto possibile, di creare occasioni di incontro con i giornalisti e altri operatori mediatici, accettando le loro richieste di interviste. Anche il suo maestro, Josei Toda, incontrava direttamente i giornalisti, e parlava con loro francamente, senza riserve, di sé e di ciò che era realmente la Gakkai.
Le critiche dei mass media all’organizzazione, che si leggevano in tanti articoli, erano dovute all’incomprensione, ai fraintendimenti e ai pregiudizi su di essa e sulla persona di Shin’ichi.
Molti equivoci e preconcetti si possono abbattere incontrando direttamente le persone e mostrando la verità dei fatti. Con questa consapevolezza, Shin’ichi creava di sua iniziativa occasioni di dialogo.

[10] Incontrando le persone e dialogando con franchezza, potremo far nascere comprensione, fiducia e reciproca empatia. Per realizzare kosen-rufu è importante impegnarsi con perseveranza nello scambio di opinioni e nel dialogo.
Tuttavia ci sono stati casi in cui rappresentanti della stampa e dei media, si sono avvicinati alla Gakkai sin dall’inizio con l’obiettivo di calunniarla e attaccarla per scopi politici o spinti da cattive intenzioni. Pur avendo risposto a tali critiche con onestà, tutte le buone intenzioni furono calpestate e ogni parola detta fu intenzionalmente distorta e utilizzata per attaccare l’organizzazione. Ciononostante, Shin’ichi si impegnava in un dialogo sincero con i giornalisti, desiderando far capire che cosa è realmente la Gakkai.
Accorreva dai compagni di fede, decidendo costantemente di incontrare più “amici della Legge mistica” possibile per intraprendere nuove lotte condivise basate sullo spirito di maestro e discepolo, rideterminando di portare avanti insieme il voto di kosen-rufu. Il 9 maggio Shin’ichi partecipò alla cerimonia di Gongyo per l’inaugurazione del Centro culturale appena completato di Nerima, a Tokyo: erano cinque anni che non si recava in questa circoscrizione, dal gennaio del 1973, quando aveva fatto una foto-ricordo con i membri della zona.
Nell’agosto del 1947, nello stesso anno e nello stesso mese in cui Shin’ichi aderì alla Soka Gakkai, la circoscrizione di Nerima fu separata da quella di Itabashi, l’ultima stabilita dal governo metropolitano di Tokyo delle attuali ventitré. Andando da Shinanomachi a Nerima, mentre era in macchina, si ricordò di quel momento e sentì crescere dentro di sé l’intensità del legame che lo univa a quel luogo. Arrivò un po’ dopo le due del pomeriggio. L’edificio di tre piani in cemento armato aveva la facciata in calce che dava su un’autostrada, mentre sul retro si estendevano orti che con il loro dolce paesaggio rasserenavano lo spirito.
Sceso dalla macchina, si recò presso un negozio gestito da membri, nel quale si lavorava e si vendeva del tè, vicino al Centro culturale, sul lato opposto della strada. Al suo interno c’erano un tavolo e delle sedie per la degustazione. Shin’ichi invitò le persone del negozio e alcuni membri della Divisione donne che abitavano nei dintorni a fare una chiacchierata. E così iniziò un’inaspettata riunione di discussione.
Nei luoghi in cui desideriamo realizzare kosen-rufu, prestando attenzione alla situazione di ogni persona, ringraziandola per i suoi sforzi, incoraggiandola e riunendo più persone, possiamo dare vita in un attimo a una riunione di discussione.

[11] Dopo aver partecipato a una cerimonia di piantumazione al Centro culturale di Nerima, Shin’ichi fece una foto ricordo con il coro della Divisione donne e tenne una riunione informale con circa quaranta responsabili, tra cui riconobbe alcuni del periodo pionieristico con i quali aveva condiviso alcune attività: «Che bei ricordi, vero? Sono contento di vedervi in buona salute». Tra questi c’era Tsuruko Kaneda, con cui Shin’ichi aveva fatto attività quando era responsabile incaricato del capitolo Bunkyo, che si inchinò in segno di saluto con uno splendido sorriso.
Nel maggio del 1953, la signora Kaneda decise di aderire alla Soka Gakkai dopo aver ascoltato le parole di Shin’ichi a una riunione di discussione alla quale aveva partecipato insieme alla sorella, anch’essa all’epoca non praticante. L’impresa del marito di Tsuruko era fallita e, come se non bastasse, soffriva di tubercolosi. Dei suoi tre figli il primogenito, che doveva frequentare la prima elementare, si ammalò anche lui di tubercolosi, oltre che di asma e colite, dimagrendo visibilmente. Vivevano nell’indigenza, riuscendo a stento a trovare i soldi per comprare qualcosa da mangiare, per non parlare poi delle spese mediche.
Tsuruko non riusciva a vedere la minima speranza: per lei il futuro era buio, avvolto nelle tenebre più cupe. Non aveva più energie, neanche per sistemarsi i capelli, e sul suo viso perennemente pallido non c’era mai l’ombra di un sorriso. Trascorreva ogni giorno sospirando, con un pensiero fisso: «Voglio morire». La capacità di nutrire speranza nel futuro può essere considerata un “indicatore” della felicità di un individuo. Se si pensa che il futuro sia cupo e immerso nell’oscurità, ci si lascerà tormentare dall’inquietudine, e nemmeno in un ambiente favorevole si potrà percepire felicità.
Nel periodo in cui Tsuruko era travolta dalle sofferenze, una conoscente della sorella invitò quest’ultima a una riunione di discussione. La sorella che soffriva anch’essa avendo perso il marito in guerra, spinta dalla compassione per Tsuruko, a cui capitava una disgrazia dietro l’altra, le parlò della riunione. «C’è un incontro organizzato da un movimento religioso chiamato Soka Gakkai, perché non vieni con me? Senti cosa dicono e se ti sembra che possa giovarti in qualche modo, perché non fai anche tu quella pratica?».
Le due donne, con una cartina in mano su cui gli avevano scritto le indicazioni stradali, si recarono al luogo della riunione, presso una tintoria di Ikebukuro, a Tokyo. Nella stanza, c’erano circa cinquanta persone e si respirava un forte entusiasmo.

(continua)

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