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La voce scoperta - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:48

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La voce scoperta

Davide Piludu, Firenze

Specializzandomi in tecnica vocale e lavorando in ambito teatrale e musicale mi capitava spesso di esibirmi davanti a un pubblico. L’unica ragione per continuare a cantare era ricevere gli apprezzamenti di chi mi ascoltava; erano solo gli altri a stabilire il mio valore

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Specializzandomi in tecnica vocale e lavorando in ambito teatrale e musicale mi capitava spesso di esibirmi davanti a un pubblico. L’unica ragione per continuare a cantare era ricevere gli apprezzamenti di chi mi ascoltava; erano solo gli altri a stabilire il mio valore

Sono cresciuto in una cittadina vicino Cagliari, e la sensazione che ho sempre avuto era quella di essere un alieno, un diverso, senza mai prendere spazio nei contesti in cui mi trovavo e senza mai svelarmi troppo per paura di essere allontanato dalle persone che amavo o che, semplicemente, avevo intorno. Quindici anni fa, in piena adolescenza, non disponevo di molte finestre sul mondo, ma avevo due informazioni nella mia testa su ciò che mi stava succedendo: la prima era che mi piacevano i ragazzi; la seconda, che questo era “sbagliato”. Così sono cresciuto nella paura di me stesso, chiudendo nel silenzio ogni mia emozione.
Consentivo solo al teatro di darmi dei momenti di libertà, di sollievo dai miei pensieri, dalla mia vita sottovuoto, dalla paura di essere sbagliato. A teatro mi sentivo forte: le fragilità di un personaggio potevano far emergere le mie senza rivelarmi realmente. Il mio silenzio trovava spazio attraverso le voci degli altri. E proprio la voce è stato il mio grande cruccio e la faticosa via verso la mia rivoluzione: fin da piccolo avrei voluto cantare, ma non ho mai sopportato il suono della mia voce. Era come se dicesse cose di me che non volevo dire. Perciò, a diciassette anni, ho iniziato a studiare canto con un unico silenzioso scopo: apprendere tutta la tecnica necessaria a mascherare la mia voce.
Specializzandomi in tecnica vocale e lavorando in ambito teatrale e musicale mi capitava spesso di esibirmi davanti a un pubblico, ma, nonostante tutto, il fastidio nel sentirmi non cambiava. L’unica ragione per continuare a cantare era ricevere gli apprezzamenti di chi mi ascoltava; erano solo gli altri a stabilire il mio valore.
Quando nell’agosto del 2012 iniziai a praticare il Buddismo non avevo nulla. Avevo vissuto gli ultimi quattro anni spostandomi da una casa all’altra, da una città all’altra, sempre con la valigia pronta nell’attesa della prossima partenza. Dopo la solita fuga in una nuova città, questa volta ospite da un’amica a Firenze, per non crollare a seguito dell’ennesima relazione fallita, ho iniziato a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Lo facevo per non cadere così tanto in basso da non riuscire più a rialzarmi. Conoscevo il Buddismo da tanti anni perché due delle mie più care amiche lo praticano, ma il pensiero di recitare una frase per riuscire in qualcosa non mi sembrava particolarmente logico. A questo si aggiungeva il mio retaggio religioso e la mia educazione sono nato in una famiglia neocatecumenale in cui ogni giorno si prega per sopravvivere e si ringrazia per essere in vita che non mi permettevano di pensare di avere “qualcosa in più”. Nella disperazione totale, senza casa, senza lavoro né soldi e senza nemmeno più un sogno, ho iniziato a recitare. Il primo obiettivo dichiarato è stato “desidero essere felice qui e ora, a prescindere da tutto, con me stesso e con gli altri”. Questo è ancora il mio primo desiderio ogni volta che prego per la mia rivoluzione umana e per cambiare il mio karma.
Nei mesi a seguire, in una situazione in cui la depressione avrebbe potuto stroncarmi e chiudermi completamente in me stesso come già era successo in precedenza, mi sono preso cura della mia vita. Avevo tentato di essere felice in molti luoghi e in molte relazioni, ma in realtà ero sempre in fuga. Finché non ho deciso di fermarmi con la sola persona che avrebbe dovuto accogliermi, amarmi e farmi sentire a casa: me stesso. Grazie agli splendidi amici che la rete della Soka Gakkai mi ha permesso di incontrare, e attraverso lotte e vittorie, sono emerso. Il Buddismo ha abbracciato la mia vita nel momento in cui i miei occhi oscurati vedevano solo le mie sconfitte. Ho compreso invece che quegli apparenti fallimenti, tutti quei percorsi a metà, avevano già iniziato a mettere insieme un meraviglioso puzzle di successi.
Attraverso la difficoltà di trovare una casa, ho capito che in realtà non riuscivo a trovare il mio spazio nelle situazioni importanti e che ad ogni difficoltà cercavo di fuggire. Ora vivo da tre anni in una città che amo, in una bellissima casa che rispecchia il mio modo di essere, e sono consapevole del fatto che ovunque sceglierò di andare in futuro, sarà casa mia. Attraverso la difficoltà nel portare avanti le mie relazioni sentimentali, recitando davanti al Gohonzon, mi sono chiesto scusa per aver offeso la mia vita non riuscendo a vedere il mio valore; da quel momento ho iniziato un percorso d’amore con me stesso e una splendida relazione con il mio attuale ragazzo e compagno di viaggio. Le difficoltà economiche mi hanno stimolato a cercare una nuova strada, così ho iniziato a lavorare come vocal coach, reinventando questo lavoro e puntando sulle mie caratteristiche e potenzialità; nel dar vita ad una attività così economicamente incerta, mi sono “aggrappato” al Daimoku con l’obiettivo di farcela ad ogni sfida, di non arrendermi mai, di non cedere alla difficoltà e soprattutto alla paura che la precarietà economica che ho sempre vissuto in famiglia mi stesse inseguendo. Ho deciso di non essere mai sconfitto e di diventare il migliore in ciò che ho scelto di fare. Grazie agli studi meticolosi condotti sulla voce e sui processi di fonazione, ho creato un “training laringeo” volto a sbloccare le strutture chiuse dalla paura o da piccoli traumi. La mia ipersensibilità mi ha portato a sviluppare processi di comprensione e di “addomesticamento” della mia parte emotiva, che ora propongo ai miei allievi per abbattere le paure e scardinare gli schemi legati alla non accettazione della propria unicità. Nell’arco di pochissimo tempo, il mio lavoro è cresciuto fino a diventare stabile, e si è sviluppato in un vero e proprio metodo, portandomi a lavorare come giurato e vocal coach in realtà nazionali e internazionali di grande prestigio.
Inoltre ho avuto la possibilità di esporre il mio metodo come prototipo di cambiamento individuale e sociale ad una TEDx conference, un evento che si svolge in molte città del mondo nel quale vengono chiamati come relatori persone con idee innovative da condividere per creare valore nella società [TED (Technology Entertainment Design) è una conferenza su una vasta gamma di argomenti che si tiene ogni anno a Monterey, California; sulla stessa filosofia e con le medesime linee guida, ma organizzati in modo autonomo, sono nati in tutto il mondo degli eventi affini, i TEDx, n.d.r.]. All’interno del discorso che dovevo tenere davanti a ottocento persone ponevo questa domanda: «Vale la pena vivere trincerati dietro la paura di sbagliare?». E nel fornire la risposta, la mia oscurità è emersa con puntualità: alla prova generale, buio totale, non ricordavo più nulla del mio discorso! La mattina della conferenza, dopo aver recitato un Daimoku energico in camerino, ho deciso che avrei vinto; per me e per la mia famiglia. Per dimostrare che si può sconfiggere l’immobilità della paura. Per dimostrare a tutti quelli che, come me, non si sono mai concessi “troppo” perché anche poco è già troppo che ci si può prendere il proprio spazio nella vita. Osare, credere con coraggio, come i miei maestri mi hanno insegnato. In concomitanza con il mio discorso al TEDx, ho scritto al presidente Ikeda ringraziandolo di cuore per il suo esempio. Inoltre il giorno successivo ho sostenuto l’esame di studio di primo livello, al termine del quale, con enorme e profonda gioia, ho parlato al telefono con mia madre, settantenne, dicendole che quando ci fossimo rivisti avrei voluto condividere con lei e mio padre il meraviglioso percorso di fede che mi ha portato a diventare la persona raggiante che sono ora. Volevo aprirmi con loro e parlare di questa pratica da quando ho deciso di ricevere il Gohonzon, ma non ne avevo ancora avuto il coraggio. Lei ha accolto con piacere questo mio desiderio, mentre mio padre ha avuto maggiori difficoltà. Ma so di avere già vinto: quella con lui è una battaglia che combatto pregando per la sua felicità senza la pretesa di volerlo cambiare. L’amore non chiede nulla in cambio.
Nel momento in cui ho cominciato a scrivere questa esperienza ho rilanciato l’obiettivo di lavorare con la mia voce: ho ripreso la mia attività di cantante e performer e sto lavorando attualmente al mio primo album.
Il Buddismo non ha cambiato la mia essenza, ha solo messo ordine nel caos che avevo dentro, perché ciò che di bello c’era in me potesse uscire. È così che è emersa la mia missione: togliere sofferenza per dare gioia. Sono Davide, ho trentuno anni e il mio lavoro è quello del bodhisattva.

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