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"Giustizia", puntate 22-29 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:42

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“Giustizia”, puntate 22-29

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L’impegno di Shin’ichi era di creare armonia tra preti e laici e di parlare sempre con franchezza, consapevole che il formalismo e l’autoritarismo potevano minare le basi di una religione che vuole rimanere vicina alle esigenze delle persone

Prosegue la pubblicazione del secondo capitolo del volume 27, “Giustizia”.

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[22] Il patriarca Nichijun Horigome espresse la sua ammirazione nei confronti di Josei Toda in occasione della diciottesima riunione generale della Soka Gakkai che si svolse nel maggio del 1958, a un mese dalla sua morte. L’introduzione al Buddismo di settecentocinquantamila famiglie fu l’impresa realizzata da Toda e considerata da lui stesso la più importante della sua esistenza: «Come ben sapete, all’Assemblea sul Picco dell’Aquila descritta nel Sutra del Loto parteciparono i quattro bodhisattva guidati dal Bodhisattva Pratiche Superiori, seguiti da tanti bodhisattva e mahasattva numerosi quanto i granelli di sabbia di sessantamila Gange, che fecero la solenne promessa di propagare Myoho-renge-kyo nell’Ultimo giorno della Legge. Tutti questi bodhisattva si sono riuniti ora, qui, e ciò può essere solo conseguenza della promessa fatta sul Picco dell’Aquila. Credo che questi bodhisattva guidati dal presidente Toda siano stati chiamati dalla Soka Gakkai ad apparire nell’Ultimo giorno della Legge. Sono convinto che Toda abbia fatto apparire settecentocinquantamila famiglie che rappresentano i cinque o i sette caratteri di (Nam) myoho-renge-kyo».
Nichijun dette un grande riconoscimento ai risultati ottenuti da Toda nel progresso di kosen-rufu: «Partendo dalle fondamenta costruite dal presidente, d’ora in avanti kosen-rufu entrerà in una fase di continuo sviluppo». E aggiunse: «Credo che la promessa del vostro impegno, che tutti voi qui presenti insieme ai responsabili e ai rappresentanti di vari gruppi avete rinnovato con un’unica mente, rifletta le parole: “L’assemblea sul sacro Picco dell’Aquila che continua solennemente e non si è ancora sciolta” [Insegnamenti orali, BS, 117, 50]. Desidero quindi esprimere il mio più profondo rispetto a questa grande assemblea di Budda, riunitasi sul sacro Picco dell’Aquila, nella vera pura Terra».
La frase contenuta negli Insegnamenti orali di Nichiren Daishonin: «L’assemblea sul sacro Picco dell’Aquila che continua solennemente e non si è ancora sciolta» significa che la cerimonia sul Picco dell’Aquila narrata da Shakyamuni nel Sutra del Loto continua ancora oggi, solenne come allora. A quella riunione della Gakkai avvenuta dopo la morte di Toda, Nichijun paragonò quel consesso dei suoi discepoli a una grande assemblea di Budda. Questa era anche la convinzione che Toda aveva maturato in carcere. Nella mente del patriarca Nichijun si delineò chiaramente, nell’ottica buddista, il significato autentico della comparsa della Soka Gakkai.

[23] Anche Shin’ichi, che aveva assunto la carica di terzo presidente, si prodigò con massima dedizione e lealtà nella difesa della Nichiren Shoshu, con lo stesso spirito del suo maestro Toda. Pur impegnandosi continuamente nel creare armonia tra preti e laici, egli era sempre pronto a parlare con franchezza quando era necessario, consapevole che, se il clero fosse caduto nel formalismo, nel misticismo e nell’autoritarismo, il Buddismo di Nichiren non avrebbe mai potuto diventare una religione al servizio delle persone comuni.
Tuttavia erano molti i preti della Nichiren Shoshu che erano infastiditi per il fatto che Shin’ichi sottolineasse continuamente quale doveva essere il corretto comportamento di un prete, e per il fatto che egli si adoperasse con impegno a dar loro suggerimenti. Esattamente come dice il proverbio: «I buoni consigli suonano sgradevoli all’orecchio delle persone».
Era ormai fortemente radicato in loro l’atteggiamento di guardare sempre con arroganza, dall’alto in basso, i fedeli laici. «Una religione viene distrutta solo dal marcio che si genera al suo interno»: questa era l’acuta osservazione di Gandhi. È una massima che tutti i credenti dovrebbero tenere sempre a mente e nel cuore.
Era l’inizio del 1977 e la Soka Gakkai, in occasione dell’anno dedicato allo studio, fece il primo passo concreto verso una nuova fase di sviluppo del Buddismo di Nichiren. Tuttavia cominciarono ad arrivare a Shin’ichi varie testimonianze di membri profondamente frustrati dal fatto che i preti, durante le cerimonie oko insultavano continuamente la Soka Gakkai. Queste erano cerimonie che si svolgevano in tutti i templi della Nichiren Shoshu il 13 di ogni mese, il giorno della morte del Daishonin, durante le quali, dopo la lettura del sutra e la recitazione del Daimoku, il prete del tempio teneva un sermone.
Molti tra i templi della Nichiren Shoshu erano stati costruiti e donati dalla Soka Gakkai, ma accadeva spesso che, proprio durante la prediche, il prete attaccasse la Soka Gakkai davanti ai suoi membri.
Ciò che spingeva i membri della Gakkai, nonostante le ristrettezze economiche, a continuare a fare donazioni ai templi e a partecipare ogni mese a queste riunioni era la volontà di aver cura del proprio tempio e di approfondire la fede ma, nonostante questo, ogni volta si sentivano dire dai preti che ciò che faceva la Soka Gakkai era sbagliato e rappresentava un’offesa alla Legge.
I responsabili delle zone dove ciò accadeva andavano a incontrare i preti e continuavano con pazienza a discutere con loro; in alcuni casi i responsabili della Divisione giovani, presi dallo sdegno, protestarono apertamente. Nonostante questo, col passar del tempo gli insulti contro la Soka Gakkai diventarono sempre più pesanti.

[24] Il 15 gennaio 1977, in occasione della nona riunione generale del Dipartimento di studio, Shin’ichi tenne un discorso commemorativo sul tema “Il Buddismo nella storia”.
Nel suo intervento affermò che l’origine del Buddismo era da individuare proprio nel completo ribaltamento del rapporto tra individuo e religione: non sono gli esseri umani al servizio della religione, bensì è la religione al servizio dell’essere umano.
Approfondì poi il significato di cosa fosse una vera comunità buddista alla luce dello spirito originario del Buddismo, e chiarì il significato del movimento della Soka Gakkai.
In questo discorso volle presentare il pensiero buddista come principio universale capace di rivitalizzare l’intera umanità, e come principio umanistico in grado di cambiare radicalmente le sorti della civiltà moderna, ormai giunta a un vicolo cieco.
L’insegnamento di Shakyamuni aveva come fine la rivitalizzazione dell’umanità. Esso insegnava che, senza alcuna distinzione tra preti e laici o discriminazioni in base allo status sociale o alla provenienza, attraverso la pratica buddista tutte le persone erano in grado di conseguire la stessa condizione di Budda. Puntualizzò come una delle cause che avevano provocato la crisi del Buddismo, svuotandolo di ogni significato, era stato il fatto che l’universo religioso aveva perso il compito di guidare la gente comune, riducendosi a una religione del clero per il clero.
Tornò sul significato originario della figura di “maestro della Legge”, cioè del leader che avrebbe dovuto guidare la gente: Shin’ichi spiegò che “maestro della Legge” era colui che, cogliendo il momento opportuno, avrebbe dovuto guidare il movimento di kosen-rufu, predicando con dedizione la Legge e generando, nel vasto mare delle persone comuni, le onde della pratica per sé e per gli altri. Sottolineò con forza che il vero maestro era colui che lottava in nome della Legge, insieme alla gente comune.
Toccando nel suo discorso anche il tema del vero significato della figura di “prete” e di “fedele laico”, Shin’ichi dichiarò: «Si può affermare tranquillamente che, al giorno d’oggi, la Soka Gakkai svolga un compito riconducibile a entrambi questi due ruoli dei preti e dei laici. Non esiste al mondo una così nobile e armoniosa comunità di credenti, fedele alla volontà del Budda».
Proseguì soffermandosi sulla nascita dei templi, di come originariamente erano dei centri dove ci si riuniva per ricercare la via dell’Illuminazione, dove ci si impegnava nella pratica buddista e da dove si partiva per diffondere il Buddismo, e sostenne che, da questo punto di vista, si poteva affermare che i Centri culturali e i training center della Soka Gakkai fossero i templi dei giorni nostri. Questo discorso fu letto come una critica rivolta alla Nichiren Shoshu e successivamente fu utilizzato come pretesto per attaccare la Soka Gakkai.

[25] Tra gli argomenti di cui si servivano i preti della Nichiren Shoshu per colpire la Soka Gakkai, c’era l’accusa che fosse fautrice della teoria secondo la quale il presidente della Soka Gakkai era il Budda originale.
Ovviamente la Gakkai non aveva mai sostenuto questo, in alcun modo. Erano critiche che cercavano di strumentalizzare i discorsi di alcuni responsabili le cui frasi erano state fraintese o volutamente distorte.
Era proprio Toda a respingere categoricamente le affermazioni di coloro che sostenevano che egli fosse un Budda vivente o un guru, ed era lui il primo ad affermare di essere semplicemente un “nobile uomo comune”. Shin’ichi, come discepolo di Toda, affermava di essere «un uomo comune, figlio di un umile coltivatore di alghe nori di Ota».
I preti iniziarono a protestare perché, secondo loro, la Soka Gakkai trascurava i templi della Nichiren Shoshu. Anche questa era un’accusa ridicola. La Soka Gakkai aveva sempre desiderato la prosperità del clero e lo aveva difeso strenuamente. Non si era sempre impegnata fino in fondo, con dedizione, nella manutenzione del tempio principale e alla costruzione dei templi minori?
Usando poi come pretesto il fatto che i membri della Gakkai, per promuovere l’amicizia con le comunità locali, partecipavano alle feste paesane, i preti iniziarono a dire che erano accondiscendenti di fronte alle offese alla Legge.
Nei paesi, le feste tradizionali sono spesso di origine religiosa. Tuttavia, la componente religiosa si era ormai decisamente affievolita: erano di fatto usanze della comunità locale dove prevaleva la valenza sociale e culturale, essendo importanti momenti di ritrovo per la comunità. Rifiutare questo aspetto significava impedire ai membri di creare una vita sociale. Propagare kosen-rufu è possibile solo allargando la rete di amicizia e di fiducia attraverso la partecipazione agli eventi locali.
Lo stesso Nichiren Daishonin scrive: «Offendere la Legge significa voltare le spalle alla Legge» (Sulla recitazione del Daimoku del Sutra del Loto, RSND, 2, 204 ). Il significato originario del termine “offesa alla Legge” è quello di tradire, di andare contro il Buddismo originale. La cosa fondamentale, come ci fa capire il Daishonin nel passo: «È il cuore che è importante» (La strategia del Sutra del Loto, RSND, 1, 889), è che la nostra fede nel Gohonzon non vacilli mai.
Mentre l’aver accettato di venerare il talismano shintoista su pressione del governo militare è senza dubbio un atto da condannare come evidente offesa alla Legge, il fatto di partecipare a eventi sociali e culturali della propria comunità, coltivando la ferma determinazione di realizzare kosen-rufu, non può essere in alcun modo definita un’offesa alla Legge.

[26] Nel marzo 1977 la Gakkai annunciò la decisione di aggiungere due preghiere silenziose, una dedicata allo sviluppo della Soka Gakkai e un’altra come espressione di gratitudine nei confronti dei presidenti Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda.
Già da tempo erano giunte alla sede centrale della Soka Gakkai numerose domande di membri che chiedevano in quale momento di Gongyo pregare per lo sviluppo della Gakkai ed esprimere riconoscenza nei confronti dei due maestri. Dopo una consultazione con il clero, le nuove preghiere furono stabilite per rispondere a queste richieste.
Il 19 marzo si tennero inoltre, nella sede centrale e presso i principali Centri culturali del paese, le prime cerimonie di Gongyo per commemorare i defunti in occasione della “Primavera Higan” [nei periodi “Higan” di sette giorni intorno agli equinozi, primaverile e autunnale, tradizionalmente in Giappone si visitano le tombe degli antenati, n.d.r.]. Anche queste cerimonie furono organizzate in seguito alle richieste dei membri che desideravano celebrare nei Centri culturali funzioni commemorative per i compagni di fede defunti che, dopo essersi dedicati a kosen-rufu, erano tornati sul Picco dell’Aquila.
Tra l’altro, essendo un ente religioso indipendente, la Soka Gakkai doveva poter svolgere le proprie funzioni religiose separatamente dal clero: partendo da questo presupposto si erano svolte le funzioni commemorative tenute da membri della Gakkai nei Centri culturali.
Tuttavia, alle cerimonie funebri e alle grandi riunioni di studio del Buddismo, i preti cominciarono a dire che la Gakkai progettava la propria indipendenza dal clero in base all’affermazione di Shin’ichi secondo cui gli edifici della Soka Gakkai erano una sorta di tempio e monastero contemporaneo. I loro attacchi si rivolsero anche contro le lezioni di Shin’ichi pubblicate dal mese di aprile sul quotidiano Seikyo su L’eredità della Legge fondamentale della vita, nelle quali si sottolineava l’importanza di avanzare basandosi sul Gohonzon e sul Gosho. I preti sostenevano che tali affermazioni negavano l’importanza dei patriarchi; Shin’ichi non ne contestava la presenza o il ruolo, ma spiegava che, dal punto di vista della pratica buddista, la trasmissione della Legge era possibile solo attraverso l’esercizio costante della fede.
Com’era possibile parlare di insegnamento corretto senza basarsi sul Gohonzon e sul Gosho, senza creare una connessione diretta con il Daishonin? Avere “la stessa mente di Nichiren” non doveva essere alla base del corretto modo di vivere dei discepoli di Nichiren?

[27] La Soka Gakkai aveva aperto nuovi orizzonti per kosen-rufu in una società caotica e turbolenta radicandosi solidamente nella realtà, facendo proprie le sofferenze delle persone e impegnandosi a dialogare con la gente sul Buddismo. Ma i preti, che non riuscivano a prendere coscienza della responsabilità e della missione di realizzare kosen-rufu, non potevano capire l’importanza di rivelare e diffondere il Buddismo tra la gente, nella società. Continuavano a cavillare su parole pronunciate dai responsabili e a lanciare critiche nei confronti della Gakkai che, animata dall’entusiasmo di realizzare il voto di kosen-rufu, stava liberamente promuovendo le sue attività. Per di più alcuni settimanali, agendo da cassa di risonanza per le calunnie sempre più violente del clero, a partire dalla fine di luglio iniziarono a pubblicare articoli diffamatori contro la Gakkai: cominciò così a spargersi la voce che la Gakkai stava “tagliando i viveri” al Taiseki-ji e che si stava “appropriando” del tempio.
Usando quei settimanali, alcuni preti dei templi consideravano con ostilità la Gakkai e la diffamavano pubblicamente durante i sermoni dicendo: «Ciò che è pubblicato qui è tutta verità! La Gakkai vi ha ingannato, commette gravi offese alla Legge». I templi che attaccavano la Soka Gakkai divennero sempre più numerosi.
Per molti membri quegli attacchi erano come fulmini a ciel sereno. Tutti avevano fatto del proprio meglio impegnandosi con sincerità per sostenere i templi, ma ogni volta che vi si recavano per delle riunioni venivano chiamati “offensori della Legge”. Non sapevano più che cosa pensare. C’erano membri della Divisione uomini che rimanevano allibiti, membri della Divisione donne che trattenevano lacrime di rabbia, membri della Divisione giovani che protestavano verbalmente. Molti tornavano a casa con il morale a terra, tremanti di rabbia e umiliati, pensando: «Se dovrò sentire ancora cose simili non andrò più al tempio».
I preti insultavano la Gakkai perfino durante i funerali. Alle veglie funebri a cui partecipavano anche molti parenti che non appartenevano alla Gakkai, i preti arrivavano a dire che con la fede professata dalla Soka Gakkai non si poteva conseguire la Buddità. Acuire intenzionalmente il dolore per la perdita dei propri cari era un trattamento a dir poco disumano. Le lacrime per la scomparsa dei familiari divennero lacrime di rabbia. Più la Soka Gakkai si impegnava nel far avanzare kosen-rufu con tutte le sue forze e più veniva attaccata dai preti.
Quando qualcosa appare in modo così violento e inaspettato è la funzione del demone.

[28] La maggior parte dei preti che diffamavano la Soka Gakkai erano giovani e molti ignoravano la realtà della vita e si comportavano in modo arrogante. Ciononostante i membri della Gakkai facevano ogni sforzo possibile per proteggerli e sostenere le attività dei templi.
L’odio dei preti aumentava e le loro irragionevoli calunnie si moltiplicavano. Dietro a tutto questo c’era un individuo che aveva tradito la fiducia della Gakkai, l’avvocato Tomomasa Yamawaki, che stava macchinando un complotto.
Egli era un membro della Gakkai e in qualità di avvocato si occupava di pratiche legali per conto dell’organizzazione. Pian piano cominciò a vantarsi della sua conoscenza della legge, a disprezzare i responsabili più anziani di lui nella fede e a non ascoltare più nessuno, lasciandosi prendere dalla superbia. La scrittrice francese Georges Sand dichiara in un aforisma: «Lo spirito umano è incline all’orgoglio e l’orgoglio corrompe lo spirito».
In seguito Yamawaki iniziò a occuparsi di questioni legali oltre che della Gakkai, anche del clero, cominciando ad ampliare il suo giro di conoscenze. Allo stesso tempo sfruttava la sua posizione di avvocato per cercare di arricchirsi, dedicandosi all’amministrazione di aziende. Smise di partecipare alle attività nella Gakkai e finì per perdere la fede, lasciandosi guidare dall’avidità e dal culto del denaro. Ma la sua impresa mal amministrata fallì e si ritrovò pieno di debiti. Non avendo via di uscita continuò a mentire, e a invischiarsi in svariate cause, per essere alla fine severamente sanzionato.
Da molto tempo Shin’ichi si preoccupava per Yamawaki, e desiderava che percorresse la corretta via della pratica buddista. Per aiutarlo a impegnarsi seriamente nella fede, a volte cercava di consigliarlo con tono convincente, a volte dandogli delle guide severe. Ma Yamawaki, con la mente piena di superbia, provava forte antipatia, odio e gelosia nei confronti di Shin’ichi. Egli pensava che la Gakkai, un’organizzazione di fedeli, per quanto potesse essere grande, dovesse rimanere sotto il controllo del clero ed essere sottomessa a esso. Una volta nelle grazie dei preti, divenne una sorta di loro infiltrato nella Gakkai e sfruttando l’autorità del clero ne complottò la manipolazione.

[29] Verso la metà del 1976, Tomomasa Yamawaki si mise a diffondere tra i giovani preti false dicerie, i cui conoscenti erano in relazione con il patriarca: «La Gakkai ha deciso di scontrarsi con il clero. Ha intenzione di impadronirsene, di assoggettarlo». Erano tutte informazioni arbitrarie e prive di senso, intrise di calunnie. Tra questi preti ve ne erano alcuni che avevano la qualifica di docente, necessaria per diventare “superiori”, ma non avevano incarichi presso templi specifici.
Quelle informazioni alimentarono sicuramente le loro preoccupazioni per il futuro, insieme a sentimenti di diffidenza e odio verso la Gakkai. Essi credettero ciecamente alle parole di Yamawaki, dal momento che era avvocato e che aveva una responsabilità nella Gakkai. In seguito si scoprì che la persona che aveva continuato a mettere in circolazione false notizie al fine di diffamare la Gakkai sui settimanali era sempre lui, Yamawaki. Nei confronti di quegli attacchi dei preti, assolutamente irragionevoli, i massimi responsabili della Gakkai reagirono manifestando le loro rimostranze presso i preti addetti all’Ufficio amministrativo della Nichiren Shoshu.
Shin’ichi, desideroso di risolvere la situazione, trasmise ai preti di questo ufficio una serie di princìpi essenziali per la promozione dell’armonia tra monaci e laici pensati dalla Divisione giovani, chiedendo loro di esaminarli; ma i preti ostili alla Gakkai non prestavano più ascolto ai consigli dell’Ufficio amministrativo. Anzi, quella divenne l’occasione per dirigere i loro attacchi anche contro i colleghi addetti all’amministrazione.
I loro maltrattamenti assurdi verso i membri della Gakkai divennero sempre più violenti in ogni angolo del paese.
Un ragazzo di ventuno anni della Divisione giovani uomini della prefettura di Miyazaki a cui venne a mancare la madre, chiamò un prete per la cerimonia funebre nella sua abitazione. La madre aveva cresciuto da sola lui e le sue due sorelle.
Durante la cerimonia, egli mise una musica di sottofondo, una canzone della Gakkai molto amata dalla madre, ma il prete disse con disprezzo: «Non si possono ascoltare canzoni della Gakkai! È un’azione irriverente!». Il ragazzo rimase sbalordito e rabbrividì irritato da quelle parole. Con voce velata dal pianto disse: «Ma mia madre amava tanto questa canzone!» e rimise la cassetta nel registratore. Dopo la cerimonia di addio alla defunta il prete disse: «Non vengo al crematorio», e se ne andò via in fretta. Il ragazzo fu tormentato dalle voci delle persone che chiedevano come mai il prete non fosse venuto.
Maltrattare i membri della Gakkai approfittando di occasioni come la morte dei loro cari: questi episodi in cui la Gakkai si vide coinvolta furono dei momenti di lotta contro la spregevole e crudele natura rivelata da quei preti.

(continua)

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