In un clima difficile e teso Josei Toda decise di trasformare la Soka Gakkai in un ente religioso autonomo. Da quel momento, nonostante svariati attacchi da parte del clero, il movimento di kosen-rufu conobbe uno sviluppo straordinario
Prosegue la pubblicazione del secondo capitolo del volume 27, “Giustizia”.
Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[15] Jiko Kasahara denunciò il Taiseki-ji per lesa maestà. Basandosi sulle sue accuse il governo militare prese di mira i membri della Gakkai che si impegnavano con coraggio nello shakubuku dando inizio alla repressione contro la Soka Gakkai che portò alla morte in carcere di Tsunesaburo Makiguchi.
Appena Josei Toda seppe che Jiko Kasahara si trovava al tempio principale, andò a trovarlo e cercò di convincerlo a ritrattare la sua tesi. Ma Kasahara non ammise il suo errore. I membri della Divisione giovani, increduli di fronte al suo atteggiamento insolente, lo portarono, suo malgrado, davanti alla tomba di Makiguchi, deceduto in carcere, pensando che lì egli avrebbe finalmente riconosciuto le sue colpe. Incalzato dai giovani della Soka Gakkai, davanti alla tomba di Makiguchi, Kasahara ammise finalmente gli errori dello shinpon busshaku e scrisse una lettera di scuse. Quella notte stessa però, alcuni dirigenti della Nichiren Shoshu annunciarono alla Soka Gakkai che il 5 aprile Kasahara era stato riammesso e riabilitato fra i preti della Nichiren Shoshu.
Secondo loro egli si era pentito, e poiché aveva supplicato di poter finire i suoi giorni come prete della Nichiren Shoshu, considerata anche la sua veneranda età, in occasione delle celebrazioni per i settecento anni dalla proclamazione della Legge, in via eccezionale gli erano state concesse la grazia e la riabilitazione tra i membri del clero. Tuttavia, durante l’incontro con Toda, Kasahara non aveva voluto minimamente ammettere l’erroneità della sua tesi. Non era quindi pensabile che si fosse realmente pentito.
Dopo essere uscito dal carcere, Toda aveva seguito attentamente le mosse di Kasahara. Più volte gli era giunta voce che fosse stato riammesso nella Nichiren Shoshu, un fatto grave che egli non avrebbe potuto certo lasciar correre.
Il 3 maggio del 1951, giorno della sua nomina a secondo presidente della Soka Gakkai, Toda chiese conferma ad alcuni dirigenti della Nichiren Shoshu se Kasahara fosse effettivamente un loro prete. Gli risposero: «In questo momento non vi è fra noi nessun prete con tale nome. Kasahara è stato cacciato dalla Nichiren Shoshu». In seguito però, la Nichiren Shoshu riammise Kasahara fra i suoi ranghi senza che la Soka Gakkai ne venisse minimamente informata. Di fronte a questo genere di connivenza la paura è che si arrivi a distorcere persino i fondamenti spirituali.
[16] Jiko Kasahara, facendo passare come un atto di violenza e lesioni a suo danno l’episodio in cui era stato costretto dai giovani della Gakkai a ritrattare il suo errore, divulgò la notizia distribuendo persino degli opuscoli che illustravano l’accaduto.
L’assemblea della Nichiren Shoshu si riunì in seduta straordinaria per discutere questo caso e iniziò a esaminare quali risoluzioni adottare per questo “scandalo”, nel quale un fedele laico si era permesso di denunciare un prete proprio durante una cerimonia importante della Nichiren Shoshu.
Il provvedimento preso nei confronti di Kasahara si limitò a un “auspicio affinché venisse applicato un giusto provvedimento nei suoi confronti, secondo il regolamento della Nichiren Shoshu”, senza legittimare la ritrattazione che la Soka Gakkai aveva richiesto a Kasahara, benché la sua teoria fosse contraria alla dottrina di Nichiren.
Nei confronti di Toda invece, fu preso un provvedimento estremamente severo. Per questo “scandalo che non aveva precedenti nella storia della Nichiren Shoshu” provocato da Toda, gli fu chiesto di presentare una lettera formale di scuse, fu rimosso dalla carica di capo dei fedeli laici della Nichiren Shoshu e gli fu vietato di visitare il tempio principale.
Ovunque nel Gosho, Nichiren Daishonin denuncia l’importanza di lottare contro il male, citando un passo delle scritture buddiste che recita: «Se uno è amico di una persona ma manca della compassione di correggerla, in realtà è un suo nemico» (L’apertura degli occhi, RSND, 1, 259).
Quando seppe del provvedimento dell’assemblea, Toda non poté che rendersi conto di come i preti della Nichiren Shoshu avessero ormai perso completamente lo spirito originario di Nichiren.
Se essi avessero coltivato nel cuore la determinazione di proteggere fino in fondo il corretto insegnamento del Buddismo di Nichiren, non avrebbero potuto fare altro che lodare fortemente l’azione compiuta dai giovani della Soka Gakkai, che avevano costretto Kasahara ad ammettere l’erroneità della sua teoria. Per l’assemblea, però, la priorità era che la cerimonia si svolgesse senza intoppi, non la confutazione di un prete malvagio che minacciava di distruggere il Buddismo originale.
Toda non riusciva a reprimere un senso di vergogna e di amarezza di fronte all’indolenza di un clero che non intendeva minimamente ammonire quella gravissima offesa alla Legge, un tradimento di fatto all’insegnamento del Daishonin. Bisogna essere consapevoli che non si può “manifestare ciò che è vero” senza “confutare ciò che è falso”. Anzi, se non si confuta ciò che è falso si diviene alla fine complici del male.
Shin’chi Yamamoto e i giovani della Soka Gakkai si recarono a trovare i membri dell’assemblea della Nichiren Shoshu in tutto il paese e, mostrando sempre la massima cortesia, contestarono con argomentazioni logiche l’assurdità di tale provvedimento. Alla fine, la maggioranza dei membri dell’assemblea diede il suo consenso alla revoca del provvedimento.
Anche l’allora patriarca Nissho, senza tuttavia accogliere il provvedimento di revoca dell’assemblea e auspicando che la Soka Gakkai facesse autocritica per la confusione generata durante la cerimonia, prese una decisione che teneva comunque conto dei meriti accumulati da Toda nella lotta per la difesa della Legge.
[17] In seguito alla confutazione da parte della Soka Gakkai dell’errore commesso da Jiko Kasahara, il clero della Nichiren Shoshu, riunito in assemblea, aveva deciso di punire unicamente lui, il presidente Toda: in quel momento egli si rese conto che l’intento dei preti era di allontanarlo dai membri della Gakkai e pensò che anche in futuro le funzioni demoniache avrebbero sicuramente utilizzato mezzi simili per distruggere il movimento di kosen-rufu.
L’unità di itai doshin (diversi corpi, stessa mente) è il punto chiave per consentire lo sviluppo di kosen-rufu. Non vi era dunque alcun dubbio che le forze demoniache erano intenzionate a recidere i legami tra il presidente e i membri, nonché tra i membri stessi. Ciononostante, per tutta la vita Toda dedicò ogni sforzo al sostegno del clero, contribuendo alla ricostruzione del tempio principale e all’edificazione di tanti altri templi della Nichiren Shoshu. Organizzò anche la raccolta delle offerte per la costruzione del Daikodo (la grande aula magna) diventandone il principale referente. Parallelamente lottò con tutte le sue forze contro i preti che causavano la corruzione della Nichiren Shoshu e tradivano lo spirito del Daishonin. Tutte queste azioni da parte di un credente laico erano mosse dal desiderio di sostenere il clero. Più di ogni altra cosa Toda si preoccupava di confutare ciò che era erroneo e malvagio, per impedire che il Taiseki-ji finisse come il monte Minobu, una montagna dove regnavano le funzioni demoniache e le offese alla Legge. Sul monte Minobu il Daishonin trascorse gli ultimi otto anni della sua vita, iscrisse numerosi Gohonzon e compose importanti lettere e trattati. Tuttavia quel luogo fu in seguito macchiato dalle offese alla Legge e l’insegnamento del Daishonin venne calpestato.
A Nikko Shonin, Nichiren lasciò queste parole: «Se l’amministratore locale di un possedimento tradisce l’insegnamento corretto, io non ci vivrò» (Hennentai Gosho, raccolta cronologica degli scritti di Nichiren Daishonin, pag. 1729). In altre parole il Budda originale dichiarava: «Il mio spirito non può abitare la montagna delle offese alla Legge!».
Attenendosi alla guida del maestro, Nikko Shonin lasciò il tempio di Minobu. Se si va a pregare in templi invasi dalle offese alla Legge, dove non regna più lo spirito del Budda originale, ci si esporrà a relazioni karmiche negative che turberanno la nostra fede, e se si fanno delle offerte a quei templi non faremo che accumulare cause negative.
Il Daishonin afferma: «Se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 4).
La fede delle persone che si riuniscono e proteggono un luogo può renderlo una terra pura o impura. Di conseguenza, il luogo del voto per kosen-rufu, dove si riuniscono i compagni di fede della Soka Gakkai per adempiere la loro missione di Bodhisattva della Terra, è la suprema pura terra del Picco dell’Aquila.
[18] L’8 settembre 1952, anno in cui si era tenuto il grande raduno al tempio per la celebrazione dei settecento anni dalla proclamazione della Legge, la Soka Gakkai divenne un ente religioso indipendente. Dal maggio dell’anno precedente, ovvero da quando era stato nominato secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda pensava che la Gakkai dovesse costituire un ente religioso indipendente. Una delle ragioni di ciò era proteggere il clero.
Come illustra chiaramente il Gosho, più kosen-rufu avanza più si manifestano, una dopo l’altra, grandi avversità e persecuzioni. In queste circostanze, se la Gakkai fosse rimasta un’organizzazione affiliata al clero della Nichiren Shoshu, quest’ultima sarebbe diventata il bersaglio diretto di tutti gli attacchi.
Toda pensava quindi che per difendere il clero da pericoli di tal genere la Gakkai dovesse diventare un’entità religiosa autonoma, esposta a eventuali attacchi e critiche. Inoltre, per realizzare nuovi progressi di kosen-rufu, era necessario promuovere in modo flessibile un movimento creativo e adatto ai tempi, in modo che la Gakkai potesse manifestare al massimo le sue capacità. Era quindi indispensabile che potesse svolgere le sue attività come ente giuridico indipendente.
Toda riteneva che la società stesse diventando via via più complessa e che si andasse incontro a un’epoca caratterizzata da modi di vivere e di pensare molto diversi tra loro. Era impossibile che, con l’avvento di un periodo simile, un esiguo numero di preti così poco a contatto con la realtà esterna al loro mondo potessero prendere la guida di kosen-rufu e della Soka Gakkai. Toda ponderò a lungo la situazione.
«Purtroppo la determinazione dei preti di realizzare kosen-rufu non si avverte minimamente e sono ben scarse le loro azioni concrete mirate a questo ideale. La Soka Gakkai è paragonabile a un cavallo capace di galoppare per mille miglia in un giorno, ma se è il clero a tenerne le redini, quel cavallo non potrà mai manifestare la sua vera forza. In definitiva, ciò significherebbe perdere l’occasione di realizzare kosen-rufu.
«Per portare a compimento il mandato ultimo del Daishonin, ovvero la propagazione della Legge mistica, bisognerà lasciare la Gakkai “galoppare libera nella vasta distesa di kosen-rufu“. E per rendere possibile questo è necessario costituire un ente religioso di cui i fedeli costituiscano le fondamenta, un nuovo tipo di organizzazione dove tutti i membri possano agire al meglio nei rispettivi settori della società».
Giunto a questa conclusione, Toda decise di costituire un ente religioso.
[19] La Soka Gakkai aveva dunque avviato i preparativi per la costituzione dell’ente religioso in conformità alla legislazione sugli istituti religiosi con personalità giuridica, e l’annuncio di ciò venne pubblicato sul giornale Seikyo del primo novembre 1951. Verso la metà di dicembre, il clero della Nichiren Shoshu convocò Josei Toda presso l’ufficio amministrativo del tempio principale. Nonostante le condizioni di salute notevolmente aggravate, egli andò fino al tempio e spiegò perché fosse necessaria la costituzione di un istituto religioso.
Il direttore dell’ufficio Affari generali Seido Hosoi, che sarebbe poi diventato il patriarca Nittatsu, gli rispose che la costituzione dell’istituto religioso della Soka Gakkai comportava problemi di ordine legale sui quali la Nichiren Shoshu non aveva niente da dire, ma c’erano da parte dell’ufficio amministrativo alcune condizioni a cui la Soka Gakkai doveva sottostare: avrebbe dovuto far registrare le persone che decidevano di abbracciare il Buddismo di Nichiren Daishonin presso i templi della Nichiren Shohu in qualità di loro fedeli, doveva impegnarsi a rispettare la dottrina della Nichiren Shoshu e i tre tesori (il Budda, la Legge e l’ordine buddista).
Tenendo conto di queste direttive del clero, Toda dedicò ogni sforzo alla costituzione dell’ente religioso. In ogni battaglia esiste un momento preciso in cui si deve lottare. La nostra esistenza è limitata e se non agiamo al momento opportuno, rimarranno solamente rimpianti.
La costituzione della Soka Gakkai come ente religioso richiese tempo perché la proposta del suo regolamento venne riesaminata, ma finalmente l’anno successivo, sul giornale Seikyo del 20 giugno 1952, venne nuovamente resa nota la sua costituzione. Sei giorni dopo, a partire dal 26 giugno, il clero si riunì per quattro giorni in un’assemblea straordinaria in cui discusse delle modifiche al proprio sistema religioso e allo statuto. Intendeva inoltre aggiungere una clausola secondo cui i fedeli “danto” [laici affiliati alla Nichiren Shoshu, n.d.r.] e tutti gli altri praticanti non avrebbero potuto aderire ad altri enti religiosi al di fuori della Nichiren Shoshu.
La costituzione dell’ente religioso Soka Gakkai avrebbe consentito la nascita di un’ampia corrente di kosen-rufu e la realizzazione del mandato ultimo di Nichiren Daishonin, ma il clero stava ostacolando quel progetto.
Perciò la Gakkai contestò immediatamente quella clausola e ne reclamò l’annullamento, percependo il rischio che essa potesse trasformarsi in un mezzo per esercitare una pressione ingiusta sulle persone. Era come se ogni passo avanti compiuto con il desiderio di realizzare kosen-rufu e di proteggere il clero dovesse essere fatto controvento, un vento furioso: la via intrapresa dalla Soka Gakkai per costituirsi come ente religioso era una via impervia, contro cui si scagliavano violentemente avversità di ogni genere.
[20] Dopo aver ricevuto l’autorizzazione del governatore di Tokyo il 27 agosto 1952, e aver espletato le pratiche per la registrazione l’8 settembre seguente, venne costituito l’Istituto religioso Soka Gakkai. In questo modo si aprì la strada a un movimento religioso senza precedenti, costituito da praticanti laici. In altri termini, la Soka Gakkai aveva reso chiari ed espliciti la sua missione e il suo ruolo: diventare un ente religioso indipendente per concretizzare lo sviluppo di kosen-rufu, e intendeva propagare ampiamente il Buddismo di Nichiren nella società anche attraverso l’organizzazione di cerimonie ed eventi vari.
Da quel momento il movimento di kosen-rufu conobbe uno sviluppo incredibile. Sia il raggiungimento dell’obiettivo accarezzato da Toda per tutta la vita introdurre settecentocinquantamila famiglie al Buddismo del Daishonin che l’enorme progresso di kosen-rufu realizzato dopo la nomina di Shin’ichi Yamamoto a terzo presidente sono stati possibili solo quando la Gakkai, diventando un ente religioso indipendente, ha potuto liberamente sviluppare un vasto movimento della gente comune.
In seguito il clero, sprofondato nella corruzione e nella decadenza, mise in atto l’”operazione C” [dall’inglese cut, “tagliare”, n.d.r] e nel novembre del 1991 rivelò la sua brutalità con un provvedimento anacronistico: l’ordine di scioglimento della Gakkai. Nonostante lo scalpore che i preti pensavano di creare con la loro decisione unilaterale di “tagliare” i legami con la Soka Gakkai, ormai ente religioso indipendente, quel gesto non ebbe alcuna influenza nella società. Anzi, liberatasi completamente dal giogo del clero eretico, la Gakkai conquistò la sua indipendenza spirituale e poté innalzarsi serenamente, con sempre maggior coraggio, verso l’immenso cielo di kosen-rufu.
Shin’ichi pensò a quanto aveva influito, nel grande progresso di kosen-rufu, quella decisione di Toda di costituire un ente religioso e, pieno di ammirazione per la perspicacia e la grandezza del suo maestro, la cui comprensione permeava il futuro, si rese conto profondamente di come egli aveva saputo proteggere la Soka Gakkai.
Nel 1991 la SGI comprendeva centoquindici tra paesi e territori, ma nell’aprile del 2008 realizzò una vasta espansione arrivando a includerne centonovantadue. Al contrario, la Nichiren Shoshu, che aveva progettato l’annientamento dell’organizzazione che promuoveva realmente kosen-rufu, da allora cominciò la sua discesa inarrestabile verso il declino. Si può affermare che ciò sia stata la dimostrazione della scomunica del clero da parte di Nichiren Daishonin.
[21] Sin dall’epoca di Makiguchi non erano pochi i preti che non avevano una corretta comprensione della Soka Gakkai, che la disprezzavano o si mostravano ostili verso i suoi membri. Ma i patriarchi, che continuavano a osservare la pratica dei presidenti Makiguchi e Toda per la propagazione della Legge e a riconoscere il loro atteggiamento leale e sincero nei confronti del clero, non risparmiarono gli elogi verso i maestri e i discepoli Soka. Il patriarca Nissho Mizutani, che iscrisse sul Joju Gohonzon della Soka Gakkai «Per la realizzazione del grande desiderio di kosen-rufu attraverso la propagazione compassionevole della Legge», ammirava profondamente l’impegno della Gakkai per la realizzazione di kosen-rufu, e nel novembre del 1952 le rivolse parole di gratitudine in una sua lettera: «Considerando la storia della Nichiren Shoshu, le attività che attualmente sta portando avanti la Gakkai sono assolutamente senza precedenti. Se non fosse apparsa la Soka Gakkai, la Nichiren Shoshu avrebbe corso il rischio di cadere nel declino. Grazie alla benevolenza del Budda è nata la Soka Gakkai guidata da Josei Toda, che dedica il suo impegno al grande voto di kosen-rufu e che, senza sosta, si dedica costantemente alla pratica corretta dello shakubuku. Per il clero della Nichiren Shoshu, la Gakkai è veramente un’organizzazione ammirevole. Le attività di Toda e della Soka Gakkai promosse nella nostra epoca sono la testimonianza di un legame mistico che ci accomuna e che rappresenta per me un grande onore».
Il sentimento di umiltà che traspare nella parola “onore” riferendosi al legame con Toda e la Gakkai riflette lo spirito di Nikko Shonin trasmesso in uno dei suoi ventisei ammonimenti: «Se ci sono dei praticanti che attribuiscono alla Legge un valore superiore alla loro stessa vita, anche se fossero solo degli umili maestri della Legge, dovreste tenerli in grande considerazione e riverirli come fareste con il Budda» (Il Buddismo della gente, IBISG, pag. 109). Alla luce dello spirito fondamentale del Buddismo fondato da Nichiren Daishonin ed ereditato da Nikko Shonin, la grande impresa compiuta dalla Gakkai risplende solennemente. Anche il patriarca Horigome Nichijun, che nel 1956 successe a Nissho, già da molto tempo nutriva una profonda ammirazione e comprensione nei confronti della Gakkai. Nell’ottobre del 1947, alla seconda riunione generale della Soka Gakkai, Nichijun lodò con queste parole il presidente fondatore Tsunesaburo Makiguchi, morto in carcere per essere rimasto fedele alle sue convinzioni: «Fa profondamente riflettere il fatto che il maestro Makiguchi in realtà non abbia compiuto una trasformazione spirituale quando ha incontrato il Sutra del Loto, poiché quell’incontro fu solamente l’occasione di far emergere la sua autentica natura di messaggero del Budda. Egli trasmetteva una dignità indescrivibile a parole. Aveva degli alleati, ma anche numerosi nemici. Non posso che unire le mani in segno di rispetto di fronte alla forza di volontà con cui affrontò solennemente la via del martirio e al suo atteggiamento sincero in difesa della verità».
(continua)