La capacità di accogliere è una dote che il gruppo Arco ha sempre coltivato e, non a caso, i suoi membri arrivano da ogni parte del mondo: la varietà di provenienza, lingua e cultura «è una grande ricchezza perché comporta un allenamento costante a interagire con il “diverso da me”»
Il gruppo Arco di Trastevere esiste da più di vent’anni. È sempre stato un gruppo dinamico, composto da persone che per caso o per necessità viaggiano, si spostano, cambiano quartiere, città, nazione o addirittura continente.
Negli ultimi anni è aumentata sensibilmente la componente internazionale: oggi, nella casa di Via della Paglia, si ritrovano a sedere in cerchio la Germania, la Svizzera, il Perù, il Brasile (con una presenza particolarmente massiccia), la Romania, oltre all’Italia. Le persone che lo compongono o che sono cresciute al suo interno vivono a Taranto, Bari, Milano, Matera, Parigi, Londra, Vienna, New York, Rio de Janeiro, Brisbane (Australia) e Roma, magari in quartieri diversi da Trastevere. Negli ultimi tre anni sono emersi nuovi responsabili: le due attuali del gruppo Arco più altri quattro che hanno assunto la responsabilità altrove.
Per ognuno la varietà di provenienza, di cultura, a volte anche di lingua, è una grande ricchezza perché comporta un allenamento costante a interagire con il “diverso da me”. È un ottimo allenamento alla tolleranza, ma soprattutto ha permesso ai membri di sviluppare un forte spirito di accoglienza, la caratteristica che più contraddistingue questo gruppo. Chi partecipa per la prima volta resta sempre colpito dal calore della loro ospitalità, dalla disponibilità all’ascolto e dall’atmosfera gioiosa. Spesso fanno tante belle risate. Per questo ognuno è ben disposto a portare agli incontri le persone nuove a cui parlano del Buddismo: sono certi che conserveranno un buon ricordo della loro prima riunione, indipendentemente dal fatto di proseguire o meno nel percorso della pratica. Alla fine delle riunioni tutti sono più felici di quando sono arrivati. Questo spiega anche perché spesso i loro incontri sono super affollati.
La capacità di accoglienza nasce dalla consapevolezza che le persone nuove sono la vera “benzina” del gruppo, il motivo per il quale si organizzano gli incontri settimanali del giovedì sera. Ma ci sono tante altre occasioni in cui i membri si ritrovano: una volta alla settimana c’è una recitazione di un’ora, e poi succede spesso che si faccia Daimoku a casa dell’uno o dell’altra, o che si incontrino informalmente per condividere un’esperienza, magari davanti a un caffè. E non di rado festeggiano tutti insieme le singole vittorie.
Tra i membri c’è un contatto quasi quotidiano e il risultato sono legami forti e duraturi, “contagiosi” grazie alla gioia e ai benefici che procurano. Senza mai perdere il contatto con le persone che si sono trasferite all’estero che tutti sentono sempre vicine. C’è anche un forte spirito di condivisione e le attività promosse dall’Istituto sono sempre accolte con entusiasmo sfidando il tempo che sembra non esserci mai. In questo periodo ad esempio tante persone sono impegnate nella mostra Senzatomica che si sta svolgendo a Roma. C’è chi fa la guida per adulti o bambini, chi si occupa delle pulizie, chi porta amici a visitarla e a settimane alterne recitano Daimoku tutti i giorni la mattina presto per il successo dell’iniziativa.
Un valore importante è anche l’unità fra le due responsabili, molto diverse ammettono entrambe, ma felici di aver trovato la compagna ideale di questo percorso. «Ad esempio la statistica – dice Maria – è sempre stata un’attività scomoda, alla fine della riunione isolarsi per compilarla e trasmetterla non mi è mai piaciuto». «Giusto è vero – incalza Diomira – e ultimamente è anche complicata! – ridono divertite – però abbiamo deciso di sfidarci anche perché è chiaro che è una cosa importante. Abbiamo impiegato tre mezze giornate per fare bene, come piace a noi fare le cose, la sintesi di fine anno. Sono state giornate impegnative, forse anche faticose, ma utili e addirittura piacevoli», conclude Maria.
Risultato di questo modo di agire è che oggi c’è una rete di persone che hanno a cuore il gruppo e lo sostengono. Questo permette davvero di prendersi cura di ogni singola persona, perché c’è sempre qualcuno disponibile per chi ha bisogno di fare Daimoku insieme, di essere incoraggiato, di condividere sofferenze o gioie. E gli effetti si vedono: le persone che negli ultimi anni si sono allontanate sono pochissime, mentre sono stati consegnati tanti Gohonzon: otto nel 2014, sei nel 2013 e tre nel 2012.