Il gruppo Felice Resistenza cresce grazie a un forte Daimoku, i giovani arrivano uno dopo l’altro e la ricerca dello spazio in cui riunirsi diventa la scoperta dello spazio personale del singolo. E grazie allo sforzo comune nasce anche il gruppo Cuore di Loto
Ascoltando le voci entusiaste di Barbara e Valentina vengono subito in mente le parole di Daisaku Ikeda: «Una passione ardente da sola conquista il cuore delle persone e accende in loro il coraggio» (La rivoluzione della leadership, esperia, pag. 32). È impossibile non essere contagiati dal loro spirito gioioso.
Barbara arriva nel gruppo Felice Resistenza nella primavera del 2012. Il gruppo era composto da poche persone e al primo incontro non si trova molto a suo agio. Non è sicura di rimanere e pensa di cercarne un altro. Ma, recitando Daimoku, capisce che se quello era il gruppo che aveva trovato allora era quello giusto per la sua rivoluzione umana. Questa apertura manifesta subito i suoi effetti e il secondo zadankai è bellissimo e incoraggiante.
Accompagnato da un forte Daimoku il gruppo cresce e arrivano tanti giovani. A novembre arriva Valentina, poi Eleonora, Chiara, Vanessa, Letizia. Le riunioni sono sempre gioiose e calorose e sono accompagnate da una costante ricerca per trovare una casa in cui farli. Trovare un luogo capiente e facilmente raggiungibile da tutti ogni volta è un’esperienza. Barbara sente che per trasformare questa situazione e trovare stabilità è necessario rafforzare l’unità e i legami tra le persone. Decide di ripartire dalla recitazione del Daimoku e organizza ogni settimana un incontro di gruppo. Questa azione costante dà i suoi frutti. I legami si rafforzano, le persone cominciano a sostenersi a vicenda senza più avere come unico riferimento i responsabili. Valentina racconta: «Ognuno conosceva le lotte degli altri, ci sentivamo in tutti i modi possibili: chat, telefonate, e-mail, sms, ma soprattutto ci incontravamo per recitare, parlare di noi, studiare, uscire assieme. Se trovavi un articolo, una frase che ti incoraggiava, non vedevi l’ora di parlarne agli altri. E continuiamo a farlo anche adesso». L’entusiasmo con cui i responsabili di gruppo si dedicano agli altri diventa un esempio concreto. Non sono mai mancati i momenti di confronto e approfondimento, sempre sostenuti dal desiderio di crescere e diventare felici, vincendo insieme.
«Come responsabili abbiamo imparato che non dovevamo riempire noi tutti gli spazi vuoti, il nostro obiettivo era che tutti avessero il loro spazio, che potessero crescere e dare il proprio speciale contributo. Ognuno è un leader e la nostra sfida è recitare affinché emerga» racconta Barbara. In linea con le parole del presidente Ikeda: «Il fondamento delle attività della SGI per far crescere persone capaci è mettere in grado ciascuno di dimostrare pienamente il proprio specifico potenziale» (BS, 167, 57). E di fronte agli inevitabili scontri e alle diversità ciò che unisce ogni volta è una forte preghiera. Di fronte al Gohonzon il desiderio di trovare un punto di unione trasforma ogni tensione in legami sempre più forti.
A metà del 2013 la consegna del Gohonzon di Daniele è così emozionante e partecipata che diventa il punto di partenza di una grande crescita. A fine anno i Gohonzon ricevuti sono otto.
Gli zadankai diventano un appuntamento fondamentale, una preziosa fonte dove rigenerarsi. Tutti desiderano contribuire per una buona riuscita e i partecipanti non vedono l’ora di poterci accompagnare la propria madre, un amico, un collega. Il gruppo diventa così numeroso che alle riunioni è indispensabile avere un moderatore per permettere a tutti di prendere parola. Si inizia a parlare di divisione. L’argomento che per molti diventa subito sinonimo di crescita in alcuni componenti suscita grande sofferenza. Interviene Barbara: «Avevamo un’idea di come dividere il gruppo ma ci siamo affidate al Daimoku perché ognuno decidesse dove andare e non si sentisse obbligato. Volevamo che la divisione fosse armoniosa e gioiosa. Così è stato. Alla fine proprio la persona che aveva sofferto di più per la divisione ha deciso di spostarsi nel gruppo meno numeroso, prendendosi la responsabilità in prima persona di sostenerlo». E così, dopo aver consegnato due Gohonzon, prima dell’estate è nato il gruppo Cuore di Loto. Nel centro di Bologna è spuntata una nuova torre, simbolo non di potere e difesa ma di felicità e pace, dove sbocciano nuovi dialoghi e nuove storie.