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Volume 29, capitolo 1 "Felicità eterna", estratti dalle puntate 20-28 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:25

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Volume 29, capitolo 1 “Felicità eterna”, estratti dalle puntate 20-28

Proprio perché abbiamo un karma e delle sofferenze possiamo dimostrare la grandezza e il potere del Buddismo di arrecare benefici superando le difficoltà; in questo modo esse diventano la nostra missione. Non esistono sofferenze che non si possano superare grazie alla fede

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Proprio perché abbiamo un karma e delle sofferenze possiamo dimostrare la grandezza e il potere del Buddismo di arrecare benefici superando le difficoltà; in questo modo esse diventano la nostra missione. Non esistono sofferenze che non si possano superare grazie alla fede

Le puntate integrali sono pubblicate su www.ilvolocontinuo.it

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[20] Ci impegniamo nella fede per realizzare la “felicità in questo mondo” (in giapp. shujo-sho-yuraku), cioè per poter gioire appieno della vita e costruire uno stato vitale di imperturbabile felicità.
Le persone tendono invece a pensare di poter diventare felici conseguendo fama e ricchezze materiali; ma non si possono ottenere vero appagamento e soddisfazione nella vita se si ricerca la felicità al di fuori del proprio cuore, cadendo preda di istinti e desideri. Anche dopo aver ottenuto ciò che si desiderava ardentemente, la gioia che ne deriva è fugace e ci si ritrova immediatamente con un senso di vuoto.
I desideri umani poi, per loro natura, tendono a crescere sempre di più, e appena non si è in grado di ottenere ciò che si desidera si cade preda dell’insoddisfazione e di un senso di inquietudine. Questo è il limite a cui si va incontro nel ricercare la “gioia attraverso i desideri”, cioè attraverso l’appagamento dei desideri mondani. Al contrario, la felicità suprema di godere dello stato vitale illuminato del Budda si chiama la “gioia senza limiti della Legge”. Una gioia che non si acquisisce tramite fattori esterni, ma che sgorga dall’interno delle nostre vite. Per questo Nichiren Daishonin affermò chiaramente: «Non c’è vera felicità per gli esseri umani al di fuori del recitare Nam-myoho-renge-kyo» (RSND, 1, 607). Solo nella recitazione di Nam-myoho-renge-kyo risiede la “gioia senza limiti della Legge”, la vera felicità. Ed è la ragione per cui, proprio come afferma il Daishonin: «Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri» (RSND, 1, 342), e «Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o un solo verso» (ibidem), la vera gioia e la vera felicità risiedono solo in una fede basata sulla pratica per sé e per gli altri. Le persone che lottano per kosen-rufu sono tutte Bodhisattva della Terra. Il Daishonin ci insegna che esse sono dotate delle quattro virtù del Budda di eternità, felicità, vero io e purezza (in giapp. jo-raku-ga-jo).
Eternità (jo) significa che lo stato vitale di Buddità inerente alla vita del Budda e delle persone comuni permane eternamente per le tre esistenze. Felicità (raku) è la condizione vitale di serenità, libera da qualsiasi sofferenza. Vero io (ga) indica che la nostra vera essenza è la condizione di Buddità, dotata di una forza incondizionatamente libera e indistruttibile. Purezza (jo) indica che, per quanto impuro possa essere questo mondo, le nostre vite sono in grado di compiere azioni nobili e pure come una fonte limpida che continua a sgorgare.
Solo consolidando dentro di noi questa condizione vitale di eternità, felicità, vero io e purezza possiamo manifestare la vera “felicità in questo mondo”, e da lì può nascere la determinazione di “propagare la Legge anche a costo della vita”.

[21] Shin’ichi si immerse in una profonda riflessione: «Lo sviluppo della Gakkai e la grande espansione del movimento di kosen-rufu nel dopoguerra si sono potuti realizzare unicamente grazie al maestro Toda e ai compagni di fede che hanno fatto proprio lo spirito di “propagare la Legge anche a costo della vita”, incarnato dal fondatore e primo presidente Tsunesaburo Makiguchi che ha lottato contro l’oppressione del governo militarista ed è morto per essere rimasto fedele ai suoi ideali».
Shin’ichi meditava sul passo di uno scritto di Nichiren Daishonin: «Se la sorgente è inesauribile, il fiume non si prosciugherà mai» (Fiori e frutti, RSND, 1, 808). L’11 ottobre egli partecipò alla riunione generale della circoscrizione di Joto, a Osaka, organizzata presso il Kansai Toda Memorial Hall a Toyonaka, per commemorare il settecentesimo anniversario della persecuzione di Atsuhara. Nel suo discorso, riferendosi alla persecuzione, parlò dello spirito di “sacrificare” la propria vita in nome della fede, interpretato nell’epoca attuale.
«Ai tempi nostri, in cui kosen-rufu avanza come un fiume ampio e possente, è molto importante che ogni compagno di fede, nessuno escluso, conquisti una vita lunga e traboccante di buona fortuna senza rimanere vittima delle avversità. Questa è la mia preghiera e il mio desiderio più profondo. Desidero che sappiate che recitare Nam-myoho-renge-kyo con il massimo impegno ed energia a prescindere da ciò che accade, sforzarvi di far conoscere agli altri il Buddismo del Daishonin, incoraggiare le persone, vivere appieno i vostri giorni per l’ideale di kosen-rufu e mostrare la prova concreta della vostra felicità sempre mantenendo una forte convinzione nella fede, tutte queste azioni riflettono lo spirito di “sacrificare la propria vita”». In realtà, con “sacrificare” o “dedicare la vita” non si intende un atto di eroismo, un “inno alla morte”.
Vivere nel modo giusto per un buddista, nell’epoca attuale, significa affrontare le sfide quotidiane, dedicarsi tenacemente alla pratica e impegnarsi per diventare “campioni e campionesse di felicità”, decidendo fermamente che kosen-rufu è la nostra vita.
Shin’ichi continuò il suo viaggio da Osaka a Kyoto dando guide ai membri, arrivò a Shizuoka e si recò alla cerimonia di commemorazione del settecentesimo anniversario della persecuzione di Atsuhara.
La sera del 14 ottobre venne presentato uno spettacolo di danza moderna intitolato I tre martiri di Atsuhara. Lo spettacolo interpretò magnificamente la determinazione dei membri della Soka Gakkai di ereditare la fede incrollabile dei tre martiri. I membri si erano sicuramente impegnati in numerose prove, continuando a dare il meglio di sé nel lavoro e nelle attività per kosen-rufu.
Shin’ichi li applaudiva in cuor suo pensando: «Il nobile spirito dei tre martiri è vivo nella nostra Gakkai e, finché essa ci sarà, l’insegnamento corretto non verrà mai distrutto».

[22] Il pomeriggio del 21 ottobre si tenne presso il Centro culturale di Itabashi, a Tokyo, la riunione dei responsabili di centro di ottobre.
Nel suo discorso Shin’ichi iniziò a raccontare lo stato d’animo con cui aveva composto le canzoni della Soka Gakkai: «Quest’anno ho voluto comporre queste canzoni per venire incontro alle richieste che mi sono giunte da ciascuna area e territorio, e dalle quattro divisioni. Tutti voi, miei compagni, vi state impegnando nelle attività della Gakkai senza sosta, giorno dopo giorno, con continui sforzi. Attraverso queste canzoni volevo trasmettervi parole di conforto che vengono dal profondo del mio cuore, ed esprimere tutta la gratitudine e la stima che nutro nei vostri confronti. Questo era il mio intento. Sebbene siano estremamente semplici e modeste, le ho scritte con tutto me stesso pensando che il dono di una canzone potesse rendervi felici, infondendo in voi anche solo un po’ di coraggio e di speranza. Anche in questa occasione, per venire incontro alle richieste della Divisione donne e dell’organizzazione di Ibaraki, ho voluto comporre il testo delle loro nuove canzoni intitolate rispettivamente Canzone delle madri e Il canto di vittoria della vita, che vorrei adesso presentarvi». […]

[23] Appena fu presentato il testo della Canzone delle madri, tra le donne si levarono voci gioiose e scoppiarono applausi che continuarono a risuonare nella sala per un po’. […] Shin’ichi aveva composto la canzone la sera precedente. Quel giorno aveva tenuto un incontro informale con delle responsabili di area presso il Centro culturale delle donne Soka (l’attuale Centro culturale Shinano). […] In quell’occasione le donne avevano espresso il desiderio di presentare una nuova canzone. Per festeggiare l’apertura del Centro, avvenuta nel giugno di quell’anno, le donne avevano deciso di scrivere una nuova canzone e alcune volontarie avevano realizzato una bozza intitolata Canzone delle madri.
Il testo venne fatto leggere a Shin’ichi, che espresse il suo parere: «Nella canzone il Centro culturale delle donne Soka appare come “il castello delle madri”, ma credo che non dovremmo limitare l’uso di questa espressione in riferimento a questo luogo. Ci sono milioni di membri nella Divisione donne, ma solo sessantamila hanno finora visitato il Centro. Sarebbe quindi difficile per tutte farsi un’idea precisa di questo “castello delle madri”, considerando che non è ancora stato visitato dalla maggior parte di loro. Non sarebbe più giusto considerare le vostre stesse famiglie come i “castelli delle madri”?
Il Daishonin afferma: «Il luogo in cui la persona sostiene e onora il Sutra del Loto è il luogo della pratica in cui la persona si reca. Non è che si lascia il luogo in cui ci si trova per andare da qualche altra parte» (La raccolta degli insegnamenti orali, BS, 123, 53). In altri termini, secondo l’autentico insegnamento buddista, il luogo dove ci si dedica quotidianamente alla pratica è il luogo dove possiamo conseguire la Buddità. Bisogna cioè costruire nel luogo in cui ci troviamo ora una felicità indistruttibile e trasformare la nostra casa nella Terra della luce tranquilla. Tutte voi della Divisione donne avete la missione di edificare nelle vostre famiglie un “castello di felicità”, il “castello delle madri”. È nelle nostre famiglie che la felicità assume la sua immagine reale».

[24] Nel corso dell’incontro, le responsabili donne gli fecero una richiesta: «Vorremmo chiederle, se fosse possibile, di scrivere il testo della canzone». Shin’ichi desiderava accontentarle.
Quel giorno, appena tornato a casa, iniziò a scrivere il testo, alle dieci e mezzo di sera. «Bene, ora mi metto a scrivere una canzone per la Divisione donne, io ti detto i versi, tu potresti prender nota?». La moglie Mineko accorse con un taccuino.
«Voi che versate sudore portando il vostro piccolo in braccio…».
Shin’ichi iniziò subito a dettare le parole che si susseguivano una dopo l’altra intessendo le strofe. Egli aveva già in mente il testo della canzone che raccontava la nobile vita di una donna dedita al viaggio di kosen-rufu.
Mentre trascriveva la prima strofa, nel cuore di Mineko affioravano i ricordi delle compagne di fede che durante la fase pionieristica della Gakkai si erano impegnate nella propagazione del Buddismo e nell’incoraggiare i membri, recandosi di casa in casa con i bimbi in braccio, sulla schiena o per mano. Tutte loro vivevano in ristrettezze economiche; c’era chi aveva i figli malati, chi soffriva a causa della discordia in famiglia e chi aveva perso il marito. Ciononostante, quelle donne si erano risvegliate alla loro missione dal tempo senza inizio, cioè kosen-rufu, e con tutte le forze si impegnavano nella recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e nello shakubuku.
Venivano spesso schernite dalla gente della comunità, che gettava contro di loro dell’acqua o del sale coprendole dei peggiori insulti. Ma le madri della Soka non si lasciavano sconfiggere. Anche asciugandosi le lacrime rispondevano con un sorriso e, abbracciando tutti con immensa compassione, avanzavano con fierezza sulla strada di kosen-rufu.
Nel loro cuore ardeva il sole della gioia; con slancio rigeneravano le loro vite in cui si apriva un cielo di speranza sconfinato.
Nichiren Daishonin scrive: «Una donna che abbraccia il re leone del Sutra del Loto non deve temere le belve dell’inferno o del regno degli spiriti affamati e degli animali» (Il tamburo alla Porta del Tuono, RSND, 1, 843). Le figlie cresciute da queste madri hanno ricevuto da loro il testimone di kosen-rufu e, una volta divenute giovani membri della Divisione donne, avanzano gioiose sul grande sentiero della stessa missione delle madri, eseguendo la melodia della felicità.
Shin’ichi scriveva il testo della canzone infondendovi il massimo rispetto e la più profonda ammirazione per quelle nobili madri che avevano affrontato con coraggio così tante lotte.

[25] Per l’inizio della seconda strofa della Canzone delle madri, Shin’ichi scelse inizialmente la frase “Mentre continuate a proteggere le case della gente comune”, facendo in modo che la lettura dell’ideogramma “casa” (ie, in giapponese) venisse resa con “castello” (shiro).
Decise poi di sostituire del tutto l’ideogramma “casa” con “castello”, per trasmettere l’idea che ciascun nucleo familiare costituisce per una madre il proprio castello. Espresse poi il concetto che ciascun membro della Divisione donne rappresenta un “piccolo sole”. Il sole sorge sempre, nelle giornate di pioggia come in quelle serene, e persino nella tempesta. Qualsiasi cosa accada, con tenacia, perseveranza, portando avanti fino in fondo il proprio lavoro, la propria missione, le madri sono sempre pronte ad avvolgere tutti con i loro raggi pieni di calore. Sono gli sforzi costanti che conducono alla realizzazione di una grande impresa.
Si giunse quindi alla composizione della terza strofa della canzone, “Che supera anche il dolore…”. Qui Shin’ichi voleva sottolineare come la vita sia una lotta inesorabile con il proprio karma. La realtà è un continuo susseguirsi di tempeste burrascose e la vita non va sempre a gonfie vele. Anche se non si vede dall’esterno, chiunque può sentire nel cuore una profonda pena o trovarsi ad affrontare una grande difficoltà. Le tempeste di sofferenza si abbattono con violenza una dopo l’altra.
Per questo bisogna recitare Daimoku! Per questo bisogna fare shakubuku!
Bisogna vincere, risvegliando la suprema condizione vitale del Budda e del Bodhisattva della Terra, superando ogni cosa con un cuore saldo, generoso e imperturbabile. Proprio perché abbiamo un karma e delle sofferenze possiamo dimostrare la grandezza e il potere del Buddismo di arrecare benefici superando le difficoltà; in questo modo esse diventano la nostra missione. Non esistono sofferenze che non si possano superare grazie alla fede.
Vi sono momenti in cui il nostro cuore, continuamente sferzato dai terribili colpi di gelide piogge, si troverà avvolto dalle nubi della disperazione. Ma non dimenticate mai che il sole brillerà e sorgerà ancora, incessantemente, oggi come domani. Diventate voi stesse un sole, come la Legge mistica che permea l’universo. Illuminate le vostre famiglie, la comunità e il futuro con la luce della vittoria e della gioia, la sfavillante luce della felicità.
Shin’ichi dettava il testo della canzone della Divisione donne infondendovi tutto il suo incoraggiamento, tutto ciò che provava nel suo cuore.

[26] Giunto alla seconda metà della terza strofa, Shin’ichi disse a Mineko: «Qui vorrei fare riferimento anche ai mariti. Nella canzone della Divisione uomini, infatti, Il viaggio della vita, avevo menzionato anche le mogli e i figli: “Quella vetta, quella salita, le montagne e i fiumi, li avete attraversati insieme alle vostre mogli e ai vostri figli”. Ora desidero inserire nel testo un riferimento ai mariti».
«Capisco – ribatté Mineko -. Ricordati però che tra le donne c’è chi ha perso il marito e sta crescendo i figli da sola, lavorando e lottando con tutte le forze. E ci sono donne che si impegnano ogni giorno, senza sposarsi mai».
«Hai ragione, allora scriviamo semplicemente: “Il castello di persone sorridenti”, in riferimento a tutti i componenti del nucleo familiare, mariti compresi». Mise poi mano alla quarta strofa: «Il maestro Toda paragonava spesso le donne a dei “gigli bianchi”. Vorrei usare questa similitudine. Che ne dici di renderla così: “Le madri sono dolci e forti. Che si levi il giglio bianco che coltivi nel petto”? Il giglio bianco è il simbolo della Divisione donne. Qui esprimo il desiderio che continuino a coltivare questa fierezza nel cuore. Hai qualche suggerimento da dare? Dal momento che si tratta della canzone della Divisione donne, vorrei un parere sincero da parte dei suoi membri…».
Sollecitata da Shin’ichi, Mineko accennò un sorriso e disse: «Trattandosi di un giglio bianco, mi sembrerebbe più indicato dire “che sbocci”, piuttosto che “si levi”». «Hai proprio ragione. D’accordo. Dobbiamo poi considerare che nella Divisione donne ci sono sia donne giovani che si sono sposate a diciott’anni, sia signore in età avanzata. Nella quarta strofa vorrei celebrare queste donne più avanti negli anni, che hanno lottato per kosen-rufu nella fase pionieristica del nostro movimento, perché molte di loro continuano con gioia a sostenere, proteggere e incoraggiare i membri più giovani, nonostante l’età». Shin’ichi rese quest’immagine con la frase: “Dimenticando anche il passar degli anni, le funzioni protettrici della vita vegliano sulla tua danza. La gloriosa melodia della canzone delle madri”.
Shin’ichi aveva impiegato solo cinque minuti per dettare il testo dalla prima alla quarta strofa. Quindi si mise a rileggere e a rivedere il testo trascritto in bella copia da Mineko. Non vi era quasi nulla da ritoccare. Scelse poi il titolo: Canzone delle madri, prendendo spunto dal finale dell’ultima strofa.

[27] Alla riunione dei responsabili di centro, Shin’ichi spiegò: «Per questa Canzone delle madri ho chiesto di comporre anche la musica, che dovrebbe essere completata entro oggi; spero proprio che vi piacerà».
La presentazione del testo ebbe una vasta risonanza tra le donne che l’avevano ascoltato. Una signora di età avanzata, arrossendo per l’emozione, espresse le sue impressioni: «Le parole della prima strofa “Portando il vostro piccolo in braccio” hanno fatto emergere nostalgici ricordi delle attività svolte in passato, mentre quelle della quarta strofa, “Dimenticando anche il passare degli anni”, mi hanno riportata al presente, facendomi pensare: “Ah, questa è veramente la canzone per me!”. Ho promesso nel profondo del cuore di dare il meglio anche d’ora in avanti, e di portare magnificamente a compimento la mia vita».
Una donna del gruppo Giovani mamme della prefettura di Toyama, dopo aver letto il testo sul giornale Seikyo, trasmise a Mineko le sue considerazioni: «Finora credevo di essermi dedicata con molto impegno alle attività della Divisione donne, ma dopo aver letto la canzone dalla prima alla quarta strofa, ho percepito l’autentico spirito che anima le donne e ho capito con quale fatica, con quanti sforzi e determinazione dedicano la loro vita a kosen-rufu. Mi rendo conto di non poter ancora affermare di essere a pieno titolo parte della Divisione donne, ma d’ora in poi desidero impegnarmi il più possibile, in modo da poter dichiarare con orgoglio di farne parte». Le persone a cui era stato chiesto di scrivere la musica quel giorno accorsero in gran fretta al Centro culturale di Itabashi e, dopo essersi consultate, iniziarono a comporre.
Dopo la riunione dei responsabili di Centro, Shin’ichi si trattenne al Centro culturale per un incontro informale con alcuni rappresentanti e attese che la musica fosse completata. Verso sera gli fu consegnata una cassetta con la canzone registrata, che ascoltò insieme a tutti i presenti.
«Che bella canzone! Domani, al Training Center di Shiga si terrà il Festival del Lago Biwa, giusto? Facciamola ascoltare anche là!». […]

[28] Il Festival del lago Biwa, il cui slogan era “Insieme, al sole”, si svolse in due tempi, al mattino e al pomeriggio, presso il campo sportivo del Training Center di Shiga, sotto uno splendido cielo azzurro e in un’atmosfera allegra e gioiosa. Vennero presentate una dopo l’altra varie esecuzioni, tra cui un magnifico coro composto da milleduecento persone, una performance di ginnastica ritmica, la rappresentazione teatrale dei Tre martiri di Atsuhara, un numero di ginnastica acrobatica a squadre, canti e danze folcloristiche.
Mineko presenziò alla seconda parte, nel pomeriggio, e in un discorso di saluto spiegò che il presidente Yamamoto non aveva potuto partecipare all’evento per via dell’accavallarsi di importanti impegni a Tokyo. «Sono quindi accorsa a porgervi le sue scuse». Riferì poi quanto Shin’ichi avrebbe voluto incontrare i compagni di fede di Shiga, e che le aveva affidato la cassetta con la Canzone delle madri della Divisione donne appena composta, per farla ascoltare innanzitutto a loro.
La canzone risuonò tra il pubblico. Nel testo Shin’ichi paragonava i membri della Divisione donne a dei “piccoli soli” e il tema del festival era proprio “Insieme, al sole”. Mineko percepiva quanto Shin’ichi e i membri di Shiga fossero uniti nello spirito. Spiegò ai cinquemila partecipanti quali fossero le idee e i sentimenti che egli aveva voluto trasmettere in ogni strofa della canzone. «Le madri sono forti, nobili, grazie a loro kosen-rufu può realizzarsi. Madri, brillate come un sole di felicità nel cielo azzurro delle quattro virtù di eternità, felicità, vero io e purezza, dominando dall’alto le nuvole dell’impermanenza di tutti i fenomeni terreni!». Questo era il desiderio di Shin’ichi. Mineko concluse così il suo discorso: «Vorrei infine invitarvi a proteggere con vigore e a far prosperare dei gioiosi castelli nelle vostre famiglie e comunità».
Fece poi il giro del campo sportivo per incoraggiare coloro che si erano esibiti. Il vento soffiava sollevando la sabbia. Si fermò davanti ai membri che avevano eseguito le danze folcloristiche e continuò a rivolgersi a tutti loro utilizzando un megafono.
Il cammino della nostra missione si intraprende riflettendo su cosa possiamo fare noi, ora, trasformando in azione le nostre idee.

(continua)

(traduzione di Marcella Morganti)

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