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Volume 29, capitolo 1 "Felicità eterna", estratti dalle puntate 13-19 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:19

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Volume 29, capitolo 1 “Felicità eterna”, estratti dalle puntate 13-19

La forza della fede di una persona non dipende dagli anni di pratica, ma dalla ferma determinazione che arde nel suo cuore. I contadini di Atsuhara, di fronte alle ingiunzioni di abbandonare il Sutra del Loto, fecero risuonare con forza il loro Daimoku. Con quel gesto volevano esprimere la ferma volontà di “non lesinare la propria vita per la Legge”

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La forza della fede di una persona non dipende dagli anni di pratica, ma dalla ferma determinazione che arde nel suo cuore. I contadini di Atsuhara, di fronte alle ingiunzioni di abbandonare il Sutra del Loto, fecero risuonare con forza il loro Daimoku. Con quel gesto volevano esprimere la ferma volontà di “non lesinare la propria vita per la Legge”

Le puntate integrali sono pubblicate su www.ilvolocontinuo.it

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[13] Il 10 ottobre, concluso l’incontro con il professor Galbraith, Shin’ichi si diresse verso la città di Osaka. Era infatti in programma la sua partecipazione a una serie di eventi nel Kansai, dopo i quali si sarebbe diretto a Shizuoka per la cerimonia di commemorazione del settecentesimo anniversario dalla persecuzione di Atsuhara, presso il tempio principale.
Accadde nel 1275, e le vittime furono i discepoli di Nichiren Daishonin presso il villaggio di Atsuhara, nella contea di Fuji, distretto di Shimokata. Qualche anno prima, l’ondata di propagazione promossa da Nikko Shonin si era estesa toccando anche i preti del tempio Ryusen della scuola Tendai e i contadini della zona. Il Ryusen era un grande tempio che dava dimora a numerosi monaci, tra cui Nisshu e Nichiben, che si erano convertiti uno dopo l’altro alla vera Legge. Colpiti dagli insegnamenti del Daishonin, essi portarono avanti con entusiasmo l’opera di shakubuku fra gli altri preti. All’epoca regnava il caos nel tempio e Hei-no-sakon-nyudo Gyochi, reverendo capo, spadroneggiava a suo piacere.
Approfittando della sua appartenenza alla famiglia Hojo, aveva utilizzato i beni del tempio per scopi personali, rubato il denaro ed elevato dei ladri al rango di alti prelati incaricati delle offerte alla statua del Budda. Inoltre aveva commesso una serie di atti impensabili per un prete, come versare del veleno nello stagno del tempio per poi vendere le carpe o i carassi che vi nuotavano. Inoltre, sebbene fosse un tempio della scuola Tendai, il Ryusen aveva da tempo abbandonato il Sutra del Loto trasmesso da Tendai per recitare il sutra Amida.
In sostanza, la corruzione iniziava dalle basi del culto, proprio all’interno del tempio. In una situazione del genere i preti Nisshu e Nichiben, che avevano ricevuto gli insegnamenti di Nikko e avevano fatto proprio il cuore del Daishonin, si stavano impegnando apertamente nella recitazione del Daimoku. Rimarcando gli errori dottrinali delle altre scuole, tra cui il Nembutsu, avevano sostenuto fino in fondo che il Sutra del Loto era il corretto insegnamento. Gyochi temette che la crescita del movimento di propagazione del Sutra del Loto potesse mettere in pericolo la sua posizione. Ricorse quindi alla minaccia nei confronti dei preti che erano divenuti discepoli del Daishonin. Non solo non fece il minimo sforzo per cercare di discernere l’insegnamento corretto da quello erroneo, ma diede il via alla persecuzione unicamente per proteggere se stesso.
Le persone ebbre di autorità e potere non possono che temere i cambiamenti.

[14] Gyochi si scagliò con ostilità contro i preti che si erano convertiti al corretto insegnamento dicendo: «Il Sutra del Loto è un insegnamento inaffidabile. Smettete immediatamente di recitare questo sutra e mettetevi a recitare solamente il Sutra Amida. Se sottoscrivete un giuramento in cui vi impegnate a rendere omaggio al Nembutsu, vi permetterò di rimanere qui».
Vi furono alcuni tra loro che si piegarono a questa minaccia e abbandonarono la fede. Le avversità mettono sempre alla prova la sincerità della fede delle persone. Ma Nichiben e Nisshu non si sottomisero alle richieste di Gyochi e furono banditi dal tempio. Tuttavia rimasero lì nascosti, e dal tempio si recavano nel villaggio di Atsuhara e in quelli limitrofi per propagare la Legge. Grazie alla stima di cui entrambi godevano, la fiamma di kosen-rufu si propagò immediatamente.
Nel 1278 i fratelli Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, tre contadini di Atsuhara, abbracciarono il Sutra del Loto divenendo ben presto il punto di riferimento dei praticanti della zona. Il suono del Daimoku risuonò ovunque nelle case e per i campi, e nel 1279 una radiosa, piacevole primavera sbocciò nella provincia. Gyochi, profondamente irritato da quella grande crescita, iniziò a perseguitare i contadini che avevano abbracciato il Sutra del Loto.
In aprile ebbe luogo la rituale festa del tempio Sengen, presso il piccolo santuario distaccato nel villaggio di Atsuhara. Mentre una calca affollava il tempio per il Yabusame (gara di tiro con l’arco eseguito da un cavaliere, n.d.r.), un seguace del Sutra del Loto, Shiro, venne assalito da qualcuno mescolato tra la folla e rimase ferito.
In agosto Yashiro, uno dei discepoli di Nichiren, rimase ucciso. Era un chiaro avvertimento per tutti: se avessero perseverato nella fede nel Sutra del Loto sarebbe stata la loro fine. Fu un’azione perpetrata con la complicità dell’ufficiale vicario del locale distretto di Shimokata, nella contea di Fuji. Cercarono addirittura di addossare la colpa a Nisshu e ai suoi compagni. La furia di quella persecuzione dovette incutere un vero e proprio terrore nei contadini. Il Daishonin, nel Gosho Diversi corpi, stessa mente, parlando di Atsuhara afferma: «Al contrario, sebbene Nichiren e i suoi discepoli siano pochi di numero, poiché hanno lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, realizzeranno sicuramente la loro grande missione di propagare ampiamente il Sutra del Loto. Un solo scroscio di pioggia spegne molti fuochi ruggenti, e una singola verità dissolve molte forze malvagie (RSND, 1, 550)».
L’unità fa crescere tutte le persone, rendendole coraggiose. La vittoria risiede là dove c’è unità.

[15] La fede dei contadini di Atsuhara non vacillò mai, perché essi si fecero forza gli uni con gli altri. Gyochi e i suoi si misero a tramare ulteriori perfide insidie.
Il 21 settembre 1279, i contadini si erano riuniti per la mietitura del riso. Ufficiali governativi della contea di Shimokata, a cavallo e con archi, radunatisi in gran numero assalirono i contadini muniti solamente dei propri arnesi per il raccolto, perciò non poterono opporre alcuna resistenza. Ne furono catturati venti, a cominciare dai tre fratelli Shinjiro, Yagoro e Yarokuro, e consegnati al funzionario governativo di Shimokata.
Erano accusati di aver mietuto illegalmente il raccolto e usato violenza.
A denunciare i fratelli era stato Yatoji, il fratello maggiore dei tre, che non vedeva di buon occhio la loro fede. A livello umano è davvero doloroso e insopportabile vedere genitori e fratelli che condividono un legame di sangue, odiarsi tra loro e istigare una persecuzione ai danni dei propri cari. Capita a volte che il demone del sesto cielo si insinui nei corpi dei propri familiari per tendere insidie e persecuzioni.
Anche nel caso di Munenaka e Munenaga, noti come fratelli Ikegami, fu il padre Yasumitsu a osteggiare la loro fede. In particolare, Munenaka, il maggiore dei fratelli, fu diseredato per ben due volte.
Nella sua denuncia Yatoji accusava Nisshun di essere penetrato a cavallo, alla guida di briganti armati, all’interno della residenza del reverendo capo del tempio Ryusen, di aver rubato il raccolto dai campi del tempio e averlo fatto trasportare nelle sue stanze.
La verità era stata completamente stravolta. I contadini catturati vennero trasportati a Kamakura. L’interrogatorio si tenne presso la residenza privata di Hei-no-saemon-nojo Yoritsuna, vice funzionario del Consiglio dei samurai, lo stesso ufficiale che aveva perseguitato il Daishonin. Egli era segretamente in combutta con Gyochi.
Senza nemmeno prendere in considerazione le imputazioni a loro carico, li incalzò dicendo: «Abbandonate immediatamente la fede nel Sutra del Loto e lodate il Nembutsu. Se lo farete perdonerò i vostri misfatti, vi lascerò tornare a casa e potrete vivere in pace. Ma se non vi pentirete, vi assicuro che riceverete una pena ancora più severa».
Era solo un anno da quando i contadini avevano abbracciato la fede nel Sutra del Loto, ma nessuno di loro si lasciò intimorire.
La forza della fede di una persona non dipende dagli anni di pratica, ma dalla ferma determinazione che arde nel suo cuore.

[16] I contadini di Atsuhara, di fronte alle ingiunzioni di Hei-no-saemon-nojo Yoritsuna di abbandonare il Sutra del Loto, fecero risuonare con forza il loro Daimoku. Con quel gesto volevano esprimere la ferma volontà di “non lesinare la propria vita per la Legge”.
Yoritsuna andò su tutte le furie e ordinò al figlio tredicenne, Iinuma Hogan Sukemune, di colpire i contadini con delle “frecce sibilanti” (hibiki-ya), frecce con bulbi di legno al posto delle punte. Erano frecce segnaletiche (kabura-ya) con la punta in legno di paulonia che si diceva avessero il potere di scacciare gli spiriti maligni dal corpo della persona colpita.
Una volta scagliate, emettevano un suono e venivano sovente usate nella tradizionale caccia ai cani (uno sport molto diffuso tra gli aristocratici nel periodo di Kamakura, n.d.t.).
Mi si spezza il cuore al pensiero del terrore e del dolore che dovettero provare i contadini di Atsuhara in quella circostanza, ma essi resistettero fino in fondo all’atroce supplizio. Alla fine, il 15 ottobre, Yoritsuna fece decapitare Shinjiro, Yajiro e Yarokuro, che erano stati il punto di riferimento per i fedeli di Atsuhara. Ciononostante, nessuno dei contadini abbandonò la fede e continuarono imperturbabili a recitare Daimoku.
Quale disappunto avrà provato Yoritsuna di fronte all’incrollabile fede da loro dimostrata! Egli fu costretto a rinunciare al suo proposito e l’esecuzione si limitò ai tre fratelli. La pena riservata ai rimanenti diciassette fu l’esilio. Nisshun riuscì a rifugiarsi momentaneamente a Shimsa (l’attuale zona settentrionale della prefettura di Chiba) e si dedicò completamente, insieme a Nikko Shonin, all’opera di propagazione.
I discepoli del Daishonin penetrarono ovunque, ad esempio Nissho fra i preti, Toki Jonin e Shijo Kingo nella casta dei samurai e anche nelle loro famiglie, attraverso le rispettive mogli.
Per realizzare kosen-rufu in tutto il mondo e per concretizzare nella società l’insegnamento che afferma la Buddità inerente a ogni persona, cioè il Sutra del loto, è necessario erigere dentro di sé una fede incrollabile che permetta di superare tutte le avversità, la stessa fede mostrata dalle persone comuni di Atsuhara, a cominciare da questi contadini. Molti di loro non sapevano né leggere né scrivere.
Essi portarono avanti fino in fondo la pratica di non lesinare la propria vita per la propagazione della Legge, con una fede pura e senza lasciarsi piegare dalle persecuzioni del potere autoritario. In altre parole, per la prima volta tra le persone comuni emersero nobili individui che, abbracciando Nam-myoho-renge-kyo, l’insegnamento fondamentale del Sutra del Loto, furono disposti a lottare per kosen-rufu insieme al Daishonin. Nichiren nel Gosho afferma: «Se hai la stessa mente di Nichiren, devi essere un Bodhisattva della Terra» (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 341). Nell’impresa di aiutare tutte le persone a raggiungere la Buddità, la gente comune non è la semplice destinataria di quest’azione, ma è essa stessa la protagonista. In ciò risiede il Buddismo della gente comune.

[17] L’atteggiamento nei confronti della vita e il comportamento dei contadini di Atsuhara dimostra quale sia l’atteggiamento essenziale nella fede. La fede di una persona non dipende dal livello di istruzione, dalla posizione sociale o dalla disponibilità economica, ma dal coraggio con cui, di fronte alla grande prova di una persecuzione, l’affronta risolutamente e senza alcun timore, dalla fermezza che dimostra in quel momento.
Con questa ferma convinzione si può comprendere che “questo è il momento della verità”, e percorrere fino in fondo la strada che si è deciso di intraprendere, ricordando e imprimendo profondamente le parole del maestro nel cuore. È la consapevolezza di non voler lesinare la propria vita per la Legge, di non lasciarsi condizionare dagli attaccamenti quali il proprio tornaconto o gli interessi personali. Infine, è la salda convinzione di credere fino in fondo nei principi del Buddismo. È una convinzione libera da qualsiasi dubbio o esitazione.
Il Daishonin ammonì severamente, con queste parole, l’atteggiamento di coloro che, al contrario, abbandonarono la fede: «Eppure con la monaca laica di Nagoe, Sho-bo, Noto-bo, Sammi-bo e altri, che sono così vigliacchi, ottusi, avidi e pieni di dubbi è come versare acqua su una superficie laccata o cercare di tagliare l’aria» (Le persecuzioni che colpiscono il Santo, RSND, 1, 886).
Gli “ottusi” qui indicati sono coloro che manifestano la debolezza di non portare fino in fondo le proprie convinzioni e dimenticano gli insegnamenti del maestro, come nel passo: «Gli stupidi sono soliti dimenticare le loro promesse quando viene il momento cruciale» (L’apertura degli occhi, RSND, 1, 257).
Nel Gosho Lettera a Misawa il Daishonin insegna che il Re demone del sesto cielo ordina ai suoi seguaci: «Andate a insidiare quel devoto, ognuno secondo la sua abilità. Se non riuscite [a fargli abbandonare la pratica buddista], entrate nella mente dei suoi discepoli, dei suoi sostenitori laici e della gente del suo paese e cercate di consigliarlo o di minacciarlo» (RSND, 1, 793). […]
Creare circostanze che stravolgono inaspettatamente una situazione, o che colgono assolutamente di sorpresa per turbare la fede: questo è l’intento del Re demone del sesto cielo, ed è per questo motivo che nella lotta di kosen-rufu bisogna sempre stare in guardia.
Questi sono dei versi composti da Josei Toda:

In questo viaggio verso kosen-rufu
la montagna si farà sempre più impervia,
state in guardia!

[18] Gli esempi delle persecuzioni subite dai contadini di Atsuhara e in particolare il martirio dei tre fratelli Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, potrebbero farci pensare a un risultato opposto all’obiettivo della fede, che è il consolidamento della felicità.
La vita è infinitamente preziosa e unica, è il tesoro più importante da proteggere. Perché dunque Nichiren Daishonin dice: «Dovresti essere disposto a offrire la tua vita per il Sutra del Loto»? (La Porta del Drago, RSND, 1, 891).
Per gli esseri umani prima o poi giunge il momento di morire. Ai tempi del Daishonin, numerose persone venivano decimate da carestie, epidemie, guerre e cause simili, e ci si doveva preparare a perdere la vita nel caso delle temute invasioni dei Mongoli. La vita è il nostro tesoro più prezioso, e allo stesso tempo è effimera come la rugiada del mattino. Pertanto è fondamentale il modo in cui viviamo, come utilizziamo il nostro tempo mentre siamo in vita. Ecco perché Nichiren ci esorta a non sprecare la nostra esistenza così preziosa per scopi superficiali, quali ci potrebbe offrire la società, e a dedicarla alla pratica e alla propagazione del Sutra del Loto, che è la grande Legge eterna e immutabile che consente a tutte le persone di conseguire la Buddità e realizzare la felicità dell’intero genere umano.
Il Daishonin spiega: «Offrendo le loro vite al Sutra del Loto, essi divennero Budda» (RSND, 2, 1009). In tal modo si consegue infatti la Buddità, uno stato vitale caratterizzato da una felicità assoluta e incrollabile.
La vita è eterna, abbraccia le tre esistenze di passato, presente e futuro. Coloro che nella vita presente dovessero affrontare grandi persecuzioni o morire per aver abbracciato l’insegnamento corretto, apriranno la via della Buddità nella loro esistenza futura.
In Lettera da Sado Nichiren insegna che affrontando grandi persecuzioni possiamo estinguere in questa vita tutto il karma negativo accumulato dall’infinito passato. Chi determina di “non lesinare la propria vita per la diffusione della Legge” e di “offrire la vita per la realizzazione di kosen-rufu“, conseguendo uno stato vitale imperturbabile di gioia sconfinata, non farà mai una tragica fine.
Nel momento in cui stava per essere decapitato a Tatsunokuchi, il Daishonin disse a Shijo Kingo, che era in lacrime: «Quale gioia potrebbe essere maggiore?» (RSND, 1, 682).
E quando si trovava in esilio nella gelida isola di Sado, scrisse: «Non posso trattenere le lacrime quando penso […] alla gioia di conseguire la Buddità nel futuro» (Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 342). Quando decidiamo di dedicarci a kosen-rufu, la nostra vita si unisce a quella del Budda originale Nichiren Daishonin. Allora sgorga dal profondo del nostro essere una forza invincibile, e nel nostro cuore pulsa l’immensa gioia del Budda.

[19] Il primo presidente Tsunesaburo Makiguchi morì in carcere per proteggere fino in fondo il corretto insegnamento, mentre il clero della Nichiren Shoshu, temendo le persecuzioni del governo militarista, accettò il talismano shintoista, tradendo così lo spirito originario di Nichiren Daishonin. Il punto di origine della Soka Gakkai risiede proprio nella storia di Makiguchi, vissuto dedicandosi alla “propagazione della Legge a costo della vita” e morto in carcere per la causa di kosen-rufu. Il suo discepolo Josei Toda, che sarebbe diventato il secondo presidente, fu incarcerato insieme al maestro e durante la detenzione si illuminò alla consapevolezza di essere egli stesso un Bodhisattva della Terra; quindi, una volta uscito dal carcere, dedicò completamente la sua vita alla realizzazione di kosen-rufu.
Domandarsi “Per che cosa vale la pena di morire?” significa domandarsi per che cosa vale la pena di vivere. Sono infatti due facce della stessa medaglia. Lo spirito condiviso dal maestro che morì martire nel difendere fino alla fine il corretto insegnamento, e dal discepolo che portando avanti le ultime volontà del maestro lottò fino in fondo dedicando la sua vita a kosen-rufu, rappresenta il nobile spirito e la pratica concreta di “propagare la Legge a costo della vita”.
Shin’ichi era consapevole che la Soka Gakkai, come un grande aereo, sebbene in quel momento stesse viaggiando nella fase stabile di volo, avrebbe incontrato violente turbolenze lungo la rotta di kosen-rufu, come all’epoca delle persecuzioni di Atsuhara o del primo presidente Makiguchi. Egli era profondamente determinato a fare in modo che nella Soka Gakkai non ci fossero più “martiri” per la causa di kosen-rufu. E teneva saldamente la guida della Soka Gakkai giurando in cuor suo che se fosse stato necessario che qualcun altro sacrificasse la propria vita in nome di kosen-rufu, sarebbe stato solo lui. Era altresì convinto che per portare avanti kosen-rufu è necessario che ciascuno coltivi l’atteggiamento di essere sempre pronto a “propagare la Legge a costo della vita”.
Solo alzandosi con questa ferma convinzione è possibile conseguire la Buddità in questa esistenza e trasformare il karma.
L’atteggiamento di “propagare la Legge a costo della vita” significa decidere che lo scopo fondamentale della propria esistenza è kosen-rufu e dimostrare, attraverso la consapevolezza e il modo di vivere, la prova concreta del potere del Gohonzon e la verità di questo Buddismo, non solo per la felicità personale, ma per poterlo trasmettere agli altri.
«Ho deciso di riacquistare la salute, voglio essere in buona salute per realizzare kosen-rufu! Trasformerò il mio karma economico e supererò le mie difficoltà per kosen-rufu! Creerò una famiglia armoniosa per kosen-rufu!». Bisogna pregare fino in fondo e impegnarsi nelle attività della Soka Gakkai coltivando questo spirito.
La preghiera per il voto di kosen-rufu è la preghiera del Budda, dei Bodhisattva della Terra, per questo è in grado di attivare le funzioni protettrici della vita e dell’ambiente (shoten zenjin) e di smuovere l’intero universo.

(continua)

(traduzione di Marcella Morganti)

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