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Un'ondata di prove concrete / 11 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 19:03

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Un’ondata di prove concrete / 11

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Sei entrato a far parte della Soka Gakkai nel 1985, a ventidue anni. Quali sono le esperienze di fede che più profondamente si sono incise nella tua vita?

Nel 1995 morì mio fratello che soffriva di depressione. Ricordo che mentre recitavo Daimoku per lui mi tornò in mente una spiegazione del presidente Ikeda in cui diceva che facendo il voto per kosen-rufu le nostre sofferenze diventano la “spada ingioiellata” per realizzare la nostra rivoluzione umana.
Allora feci il mio voto: poiché mio fratello era morto, avrei accolto ogni sfida per kosen-rufu in modo da trasformare, oltre al mio karma, anche il suo. La mia condizione vitale cambiò insieme all’orientamento del mio cuore. Mi proposero subito dopo la responsabilità nazionale dei soka-han e mi trovai a incoraggiare tante persone che soffrivano della stessa malattia di mio fratello. La sua morte era diventata un’occasione per creare valore.
Nel 2004, all’improvviso morì mio padre: il nostro rapporto era sempre stato pessimo, ma grazie alla pratica ero riuscito a trasformarlo completamente. Poi nel 2008 anche mia madre si ammalò gravemente: l’idea di perderla era insopportabile, tanto da non riuscire a fare Daimoku per lei.
Nel frattempo era emerso un grave problema sul lavoro che mi spinse a recitare tanto Daimoku. Nella spiegazione del Conseguimento della Buddità in questa esistenza il presidente Ikeda ci esorta a recitare Daimoku con la convinzione che noi siamo Nam-myoho-renge-kyo. Il problema sul lavoro si risolse completamente, mia madre ha cominciato a praticare, ha partecipato ad alcune riunioni, e io ho potuto accompagnarla serenamente alla conclusione della sua vita recitando Daimoku accanto a lei.
Un’altra esperienza fondamentale riguarda mia figlia Gaia. Nel 2013 le è stata diagnosticata una grave malattia autoimmune; una mattina svenne e fu portata in ospedale. I suoi valori peggioravano velocemente e fu trasferita d’urgenza in terapia intensiva. I medici non dicevano niente, ma si capiva che erano preoccupati. Ero solo, in mezzo ai lettini del reparto e stavo perdendo anche mia figlia.
Cominciai a recitare interiormente Daimoku. Mi venne in mente sensei, a quante volte nella Nuova rivoluzione umana racconta che pregava dentro di sé per la vittoria delle persone. Quel pensiero mi commosse e mi sentii avvolgere dalla sua infinita compassione. Dovevo rinnovare il mio voto. Mentre recitavo mi “rivolsi” alla “mia” oscurità fondamentale: «Puoi provarci ancora… puoi portarmi via mia figlia, ma finché avrò vita io mi dedicherò a kosen-rufu. Qualunque cosa accada non mi arrenderò mai!». La risposta fu immediata. Provai un senso di libertà e leggerezza, percependo che il mio Daimoku abbracciava tutto. Ho continuato a recitare e i valori di Gaia cominciarono a migliorare. Venti minuti dopo era sveglia e si era ripresa.
Mentre era in ospedale mi chiese di poter leggere alcuni libri di sensei e da quel momento ha deciso di praticare correttamente. Quando è tornata a scuola ha fatto shakubuku a tutta la classe; l’insegnante di religione le ha chiesto di parlare di Buddismo durante l’ora di lezione e molti suoi compagni sono venuti alle riunioni di discussione. Ora sta bene e le cure sono efficaci. Pratica con forza e fa attività nella Divisione futuro. Tutti in famiglia abbiamo capito che la sua malattia è la sua missione!

Cosa significa per te dare prova concreta nel lavoro?

Durante il mio primo corso in Giappone, nel 1997, chiesi un consiglio nella fede riguardo al lavoro; da lì sono ripartito con una nuova determinazione e dopo pochi mesi si è manifestata l’occasione della mia vita.
Era appena nata Gaia, mia moglie Laura non lavorava, ma grazie al Daimoku e alla promessa fatta al maestro, ho trovato il coraggio di iniziare una nuova strada come libero professionista.
Negli anni ho ricevuto numerosi premi per il conseguimento degli obiettivi professionali: sono manager per conto di una banca e coordino trenta consulenti finanziari. La competizione è fortissima e le logiche di comportamento manageriale richieste schiacciano la dignità della vita delle persone.
Per me la sfida principale nel lavoro è ottenere risultati mostrando la prova concreta come discepolo del presidente Ikeda, rispettando e valorizzando ogni persona.
Nel 2013, mentre affrontavamo la malattia di mia figlia, alcuni colleghi hanno cominciato ad attaccarmi diffondendo calunnie sul mio conto.
La mattina mi svegliavo con l’angoscia, recitavo Daimoku e andavo a lavorare, ma non vedevo progressi. Poi ebbi l’occasione di approfondire la spiegazione di sensei sul Gosho I tre tipi di tesori: sembrava scritta appositamente per me. Dovevo concentrarmi solo sui tesori del cuore e sul mio comportamento come discepolo.
L’attività in tutto questo è stata fondamentale. Cominciai a sostenere gli uomini di un capitolo: ci incoraggiavamo a vicenda, leggevamo le guide di sensei e condividevamo le nostre esperienze; alcuni uomini che non partecipavano mai all’attività cominciarono a venire regolarmente e facevano esperienze. Parlai del Buddismo ad alcuni colleghi, due di loro hanno praticato e uno ha ricevuto il Gohonzon.
Finalmente stavo meglio, ero di nuovo fiducioso e di lì a poco nel lavoro mi fu affidata la responsabilità di una nuova area. Come effetto di questo cambiamento nel 2015 il mio team ha superato l’obiettivo aziendale realizzando il 127%.

Puoi raccontarci del tuo legame col presidente Ikeda?

Ho incontrato sensei quattro volte, ma il punto di origine di questo legame risale al voto che ho fatto quando è morto mio fratello. Un episodio in particolare è inciso nel mio cuore: quando è venuto a Firenze nel 1994 facevo attività come soka-han al Centro culturale di Firenze. Un pomeriggio ci comunicarono all’improvviso che potevamo fare Gongyo con lui nel butsuma principale; la sala si riempì velocemente ma continuavano ad arrivare membri. Si decise perciò di attivare un collegamento audio-video in un’altra sala, ma nessuno andava ad attivarlo perché tutti volevano stare dove era sensei. Pensai a cosa avrebbe fatto lui, e subito mi misi a correre verso l’altra sala per attivare il collegamento, proprio mentre stava iniziando la cerimonia. Sentii una profonda gioia e il suo cuore vicino al mio. Questo rimane per me il punto da cui ripartire ogni giorno.

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Laura Boschi

Nel giugno del 1983, dopo sei mesi di pratica, fui invitata a Trets, dove incontrai sensei per la prima volta. Fui profondamente colpita dalla sua forza e dalla sua convinzione e decisi di entrare a far parte della SGI. Prendendo questa fede come base della mia vita, da allora ho sempre continuato a recitare Daimoku insieme ai compagni di fede. Tre anni dopo incontrai Massimo e provai il desiderio di condividere con lui questo Buddismo. Lo invitai a uno zadankai e decidemmo di impegnarci insieme per diventare felici. Da quel momento abbiamo condiviso sia le sfide familiari sia quelle personali. Ora il nostro desiderio è che i nostri figli realizzino vite meravigliose compiendo ciascuno la propria missione.

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Gaia

Quando a quindici anni mi venne diagnosticato il deficit immunitario, pensai: «Perché devo vivere una vita così sfortunata?». Ero veramente scoraggiata. L’unico conforto era la mia famiglia che mi sosteneva costantemente. Ricoverata in ospedale recitavo Daimoku nel mio cuore e leggevo i libri di Ikeda. Presto mi sentii libera dall’ansia e piena di coraggio. La mia fede nel tempo si è rafforzata e ho potuto superare la mia malattia. Grazie a questa esperienza ho deciso di diventare un medico per aiutare le persone che soffrono. Studierò medicina con grande impegno per poter realizzare il mio sogno.

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Pietro

Quando ero alle scuole medie non riuscivo ad andare d’accordo con gli insegnanti. Mi confidai con i miei genitori che mi incoraggiarono a recitare Daimoku insieme per risolvere il problema. È stata la prima volta che ho risolto una situazione praticando. Via via provavo un senso di sollievo e finalmente riuscii a trovare il coraggio di creare una relazione positiva con i professori. Ho ancora molto da imparare su questo Buddismo, ma continuerò a recitare Daimoku e a leggere più libri possibile, soprattutto quelli di Ikeda.

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