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Volume 27, capitolo 4 "Spirito di ricerca", puntate 9-20 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:32

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Volume 27, capitolo 4 “Spirito di ricerca”, puntate 9-20

«Conquistiamo insieme la vetta di kosen-rufu puntando ai prossimi dieci anni. Da un nuovo cammino nasce sempre una nuova speranza. Naturalmente ci attendono anche terribili tempeste di neve, ma il Daishonin afferma: “Quanto più grandi saranno le difficoltà che incontrerà, tanto più grande la gioia che egli proverà grazie alla sua forte fede”»

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«Conquistiamo insieme la vetta di kosen-rufu puntando ai prossimi dieci anni. Da un nuovo cammino nasce sempre una nuova speranza. Naturalmente ci attendono anche terribili tempeste di neve, ma il Daishonin afferma: “Quanto più grandi saranno le difficoltà che incontrerà, tanto più grande la gioia che egli proverà grazie alla sua forte fede”»

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[9] Shin’ichi Yamamoto si adoperò in vari modi e incoraggiò più volte Megumi Saima affinché potesse realizzare una grande crescita come responsabile della Divisione donne del Tohoku. Sostenuta dai suoi incoraggiamenti, ogni volta che affrontò delle prove nella sua vita riuscì a superarle grazie alla fede rafforzando la sua convinzione nel Buddismo. Nel giugno del 1976 divenne responsabile donne della prefettura di Miyagi, e nel dicembre dello stesso anno fu nominata responsabile del Tohoku.
Hiromi Nozaki, segretaria della Divisione donne del Tohoku che affiancava Megumi nelle attività, aveva trascorso la sua infanzia a Tokyo. All’età di quattro anni aveva perso il padre in guerra e da quel momento era vissuta solo con la madre. Quando i bombardamenti aerei su Tokyo si intensificarono, Hiromi e tutta la sua scuola dovettero rifugiarsi nella prefettura di Gumma, mentre la madre andò a vivere provvisoriamente a casa dei nonni paterni, a Kanagawa.
Dopo la guerra, Hiromi si trasferì con la madre presso la casa dei nonni materni nella prefettura di Fukushima. Dopo poco la madre andò a vivere da sola a Sendai, dove aprì un ristorante di soba (pasta di grano saraceno) e lavorò duramente per permettere a Hiromi di studiare al liceo e poi all’università. A causa dell’affaticamento, la madre cominciò a soffrire di ulcera gastrica, non riuscì più a mandare avanti la gestione del ristorante e arrivò al punto di non poter più pagare neanche le tasse. Per liberarsi dalla sofferenza provò a seguire vari insegnamenti religiosi, ma continuava a trascorrere le giornate senza riuscire ad alzarsi dal letto, e si ritrovò in una condizione di indigenza sempre più grave. Hiromi, che stava continuando i suoi studi, si laureò come nutrizionista e dopo la laurea andò a vivere con la madre a Sendai, come lei sperava.
Tuttavia non riuscì a trovare l’impiego che desiderava e, controvoglia, si impiegò in una società specializzata nell’estrazione di carbone dove svolgeva lavori d’ufficio di vario genere. Sia la madre che la figlia trascorrevano le giornate nell’insicurezza e nell’insoddisfazione. In quel periodo la madre sentì parlare del Buddismo del Daishonin da una conoscente e così entrò a far parte della Soka Gakkai. Dopo poco anche Hiromi iniziò a praticare e prese una forte determinazione grazie alle parole piene di convinzione dei membri, secondo cui tutte le preghiere possono infallibilmente esaudirsi. Era il mese di luglio del 1955. Dal momento in cui entrò a far parte della Gakkai, la salute della madre migliorò visibilmente. Hiromi la vedeva piena di gioia mentre faceva il bucato con energia. Nel loro futuro cominciava a intravedersi un fievole bagliore. La fede è quella forza che accende nel cuore la fiamma del coraggio, che fa nascere nelle notti buie della disperazione la luce della speranza.[…]

[13] Hiromi pensava continuamente a come sviluppare il suo spirito di ricerca. Per ragioni quali la distanza geografica, i membri del Tohoku, rispetto a quelli di Tokyo o aree limitrofe, avevano poche occasioni di incontrare i massimi responsabili della Gakkai. Hiromi voleva evitare che la sede centrale della Gakkai fosse, dal punto di vista della fede, sempre più distante dai membri.
Quando Shin’ichi assunse la terza presidenza della Soka Gakkai, lei prese questa decisione: «Determiniamo che il presidente Yamamoto è il nostro maestro di kosen-rufu e avanziamo con lui all’unisono, unendo i nostri sforzi. Affinché ciò si realizzi, prima di tutto dovrò fare tutto il possibile per ricevere guida dai massimi responsabili e comprendere e condividere sempre di più il cuore di sensei. Inoltre, farò del mio meglio per trasmettere costantemente a tutti i membri una nuova, fresca energia». Quando veniva a sapere che una responsabile passava dalla stazione di Sendai, lei andava ad aspettarla per ricevere dei consigli nella fede e poi trasmetterli ai suoi compagni. In poco tempo, le giovani donne del Tohoku ebbero la consapevolezza e l’orgoglio di aver stabilito un legame diretto con la sede centrale della Soka Gakkai. Inoltre, Hiromi si recava spesso a Tokyo per chiedere consigli e guide: questo fu per lei un periodo di grande crescita.
Quando si perde lo spirito di ricerca si smette di progredire nella fede e si comincia a lasciarsi sopraffare dall’arroganza. Un buddista deve essere “un eterno ricercatore della Via”: solo in questo modo potrà aprire davanti a sé la strada della rivoluzione umana.
Hiromi si sposò con un insegnante che faceva parte della Divisione giovani uomini e in seguito passò alla Divisione donne. Anche qui si distinse sempre più per il suo spirito di ricerca, e nel 1976 fu nominata segretaria della Divisione donne del Tohoku, succedendo a Megumi Saima, che era anche responsabile donne della prefettura di Miyagi.
Anche dopo il matrimonio, le due donne continuarono ad affrontare a più riprese numerose avversità, ma si erano rafforzate impegnandosi fino in fondo nelle attività delle giovani donne, perciò non si persero mai d’animo. La vita è paragonabile a un “eroico” combattimento contro il proprio karma, e solo vincendo in questa lotta si può conquistare la felicità.
Nei momenti in cui si affronta questa inevitabile realtà dove si vince o si perde, ci si rende perfettamente conto di quanto sia necessario possedere quella sorgente di forza vitale che è la fede, e consolidare la forza interiore che consente all’essere umano di non vacillare mai, in nessuna circostanza.

[14] Megumi era una donna precisa e scrupolosa che agiva sempre con calma e ponderatezza, mentre Hiromi aveva un carattere allegro e non perdeva mai il buonumore. Unendo le loro capacità stavano diventando una nuova forza trainante per kosen-rufu nel Tohoku.
Nel pomeriggio del 27 maggio del 1978 Shin’ichi, che assisteva alla piantumazione commemorativa di un ciliegio dedicato alla Divisione donne presso il Centro per la Pace del Tohoku, si rivolse con un sorriso alle donne presenti dicendo: «I ciliegi resistono al freddo di lunghi inverni e accolgono la primavera facendo sbocciare dei bellissimi fiori, simboleggiando l’insegnamento del Daishonin “l’inverno si trasforma sempre in primavera” (RSND, 1, 476). Compagne della Divisione donne del Tohoku, in qualunque situazione vi troviate, per quanto penosa o dolorosa possa essere, superatela sempre con la fede, e fate sbocciare dei magnifici fiori di felicità, proprio come questo ciliegio».
Dopo aver assistito alla cerimonia di inaugurazione di una lapide commemorativa collocata nel giardino, su cui erano incisi gli ideogrammi dei presidenti della Soka Gakkai, e dopo aver visitato il Centro, Shin’ichi incontrò alcuni rappresentanti delle sei prefetture del Tohoku. All’inizio della riunione egli espresse il massimo rispetto a tutti i presenti con queste parole: «Desidero porgere a tutti voi che avete edificato l’incrollabile Soka Gakkai del Tohoku, la mia profonda ammirazione per aver intrapreso la lotta per kosen-rufu in accordo con il principio di “non lesinare la propria vita” e “abbreviare il sonno durante la notte e limitare il tempo libero durante il giorno” (cfr. Il problema da meditare notte e giorno, RSND, 1, 552), e per aver resistito al clima rigido della vostra regione e alle avversità della vita. “Attraversare fiumi e monti in mezzo a tempeste di neve” è una metafora che esprime la difficoltà di affrontare le traversie della vita, e proprio come indica letteralmente quest’espressione, il vostro è stato un progresso realizzato sfidando vere e proprie tormente di neve».
Shin’ichi sapeva bene con quali difficoltà i compagni del Tohoku erano riusciti ad aprirsi la strada per kosen-rufu nelle loro comunità. Aveva ascoltato esperienze di uomini che per diffondere il Buddismo del Daishonin e incoraggiare i membri avevano dovuto attraversare a piedi aree coperte da enormi quantità di neve; esperienze di donne che benché isolate e ostracizzate dalle loro comunità per via della fede, non avevano mai perso il sorriso e avevano conquistato la fiducia delle persone intorno riuscendo pian piano a condividere con loro il Buddismo. Erano dei compagni di fede valorosi che avevano cercato con tutte le forze di promuovere kosen-rufu, proprio come insegna il Gosho. Chi più di loro poteva essere considerato un Bodhisattva della Terra, un messaggero del Budda?

[15] Shin’ichi aveva continuato a seguire con attenzione i compagni di fede del Tohoku fin dai tempi dei pionieri. Perciò si era reso conto di come essi non si fossero mai scoraggiati di fronte a qualunque ostacolo che avevano incontrato.
Gli abitanti del Tohoku avevano dovuto affrontare fino ad allora calamità di ogni genere: dai danni provocati dal freddo fino alle conseguenze dello tsunami che aveva colpito il Cile. Tuttavia, di fronte a ogni difficoltà avevano ravvivato nel cuore la fiamma del loro spirito combattivo che li portava a dire: «Ma il Gohonzon non esiste proprio per questo?»; «Non siamo forse qui proprio per dare forza agli abitanti di questa terra?»; «Non è forse per questo che ciascuno di noi deve alzarsi da solo per kosen-rufu?».
Sono stati proprio i compagni di fede del Tohoku ad allargare la comprensione e la simpatia della gente nei confronti della Soka Gakkai, dimostrando di essere capaci, seppur colpiti da terribili avversità, di rialzarsi dalla terra dove prima giacevano, sollevando la testa con coraggio.
[…] Pensando ai compagni di fede di quella regione, Shin’ichi ebbe la ferma convinzione che lo sviluppo di kosen-rufu in quella zona avrebbe conosciuto un’ulteriore accelerazione, e ciò che avrebbero realizzato sarebbe passato alla storia come il “modello di kosen-rufu di Michinoku” (antica denominazione dell’area del Tohoku che comprende le prefetture di Akita, Yamagata, Aomori, Iwate, Miyagi e Fukushima).
Durante quell’incontro egli lanciò questo appello: «Conquistiamo insieme la vetta di kosen-rufu puntando ai prossimi dieci anni. Da un nuovo cammino nasce sempre una nuova speranza. Naturalmente ci attendono anche terribili tempeste di neve, ma il Daishonin afferma: “Quanto più grandi saranno le difficoltà che incontrerà, tanto più grande la gioia che egli proverà grazie alla sua forte fede” (Una nave per attraversare il mare della sofferenza, RSND, 1, 29). Incontrare grandi ostacoli è la dimostrazione che la nostra fede viene messa alla prova. Il Daishonin prosegue dicendo: “Senza grandi difficoltà non esisterebbe il devoto del Sutra del Loto” (ibidem). Il karma di chi percorre la vera Via è quello di lottare contro queste grandi difficoltà. Non dovete assolutamente avere paura».

[16] […] Dopo aver ascoltato attentamente i resoconti dei rappresentanti delle varie prefetture, Shin’ichi lanciò con forza questo appello: «La prefettura di Iwate si estende su una superficie molto vasta. In essa sono ancora profondamente radicate antiche usanze, e immagino che i malintesi e i pregiudizi nei confronti della Soka Gakkai costituiscano per voi un grande ostacolo.
Sono consapevole dei vostri infiniti sforzi; ma se per caso vi sentite ormai rassegnati e pensate “non ci posso far nulla se kosen-rufu qui non progredisce”, non riuscirete mai a manifestare la vostra vera forza. Un ichinen di questo tipo sarà probabilmente la causa fondamentale della vostra sconfitta.
Innanzitutto dovete lottare e vincere sul problema fondamentale costituito da questo senso di rassegnazione. Poi l’organizzazione di Iwate deve portare avanti il suo progetto per un futuro pieno di speranza, in conformità con la realtà di questa prefettura e delle sue comunità e nel rispetto della natura di questa terra, avanzando con obiettivi chiari.
Nichiren Daishonin afferma: “Affido a te la propagazione del Buddismo nella tua provincia” (Le proprietà del riso, RSND, 1, 991). L’importante è sviluppare in voi la consapevolezza che la missione di portare avanti kosen-rufu in questa terra vi è stata affidata dal Budda originale in persona. Solo così riuscirete a manifestare la vostra vera forza. La prefettura di Iwate ha dato i natali a personaggi dai poliedrici talenti, è stata una vera e propria miniera di personalità di ingegno. […] Sono il clima e l’ambiente ostile di Iwate a formare persone straordinarie. Anche nella Soka Gakkai, pur essendo persone comuni, vi sono moltissime persone di valore. Vi sono membri che si dedicano con spirito sincero alla pratica buddista anche nei villaggi sperduti di montagna dove non ci sono altri praticanti, nonostante l’ostilità delle persone attorno. Sono tutti eroi valorosi della gente comune. Sarà il loro impegno a costruire il futuro, ad aprire le porte a una nuova era. Perciò prego tutti voi responsabili di avere la massima cura di ciascuno di loro, di incoraggiarli con tenacia e di farli crescere come intrepidi “generali” dotati di una forza incredibile. La realizzazione di kosen-rufu a Iwate è un mio grande desiderio. Sicuramente verrò presto a trovarvi nella vostra terra».

[17] Kosen-rufu è in grado di far prosperare e far sbocciare il fiore della felicità in qualunque prefettura e area del paese. Per far avanzare il movimento di kosen-rufu, Shin’ichi concentrò scrupolosamente la sua attenzione su ogni prefettura, città o villaggio del paese e, mosso dalla ferma volontà di far crescere persone di valore, ogni volta che aveva un po’ di tempo cercava di parlare con ciascuna di loro.
Era il pomeriggio del 28 maggio. Shin’ichi partecipò alla riunione dei responsabili della prefettura di Miyagi che si tenne presso il Centro per la pace del Tohoku. Mentre camminava per l’edificio sentì una voce che lo chiamava dal cancello: «Sensei!».
Era la responsabile della Divisione donne di settore, Yoshie Nakatsugawa, insieme a un signore che lei aveva introdotto al Buddismo. Vi erano anche il responsabile di nucleo e un’altra responsabile della Divisione donne di nucleo (attuale responsabile del gruppo “giglio bianco”). Shin’ichi disse: «Prego, venite pure dentro», e li invitò ad entrare. Yoshie, arrossendo, presentò a Shin’ichi il signore che era con lei. «Sensei – disse – lui è un mio collega che ha deciso di praticare. Oggi ha ricevuto il Gohonzon».
«Davvero? Congratulazioni di cuore!», disse Shin’ichi; poi aggiunse: «Qualsiasi cosa accada impegnati con determinazione nella fede e diventa assolutamente felice!».
Così dicendo strinse la mano a tutti. Yoshie, con le lacrime agli occhi, aggiornò Shin’ichi della sua situazione. «L’estate scorsa, mio figlio maggiore è stato assunto come dipendente presso un Centro culturale e ora è fortemente determinato a vivere fino in fondo per kosen-rufu. Credo che anche il mio defunto marito ne sarebbe davvero felice. La ringrazio con tutto il cuore».
Suo marito era deceduto a seguito di una malattia nel 1964, all’età di quarantaquattro anni, lasciandola sola con tre figli, dei quali il più grande frequentava ancora la sesta elementare. Yoshie era stata anche oggetto di critiche per il fatto che il marito, pur praticando, fosse morto così giovane. «Tutto questo è successo perché ha rinnegato il culto dei suoi antenati ed è entrato a far parte della Soka Gakkai», le dicevano alcuni. Si sentiva mortificata, ma non si lasciò piegare.
Il Buddismo ha il potere di tirar fuori dagli esseri umani la loro vera forza.

[18] Sdraiato sul letto, prima di esalare l’ultimo respiro, il marito le disse tenendole la mano: «Anche se non sarà facile, ti prego di aver cura dei nostri figli. Mi raccomando, occupati della loro educazione affinché non vengano mal giudicati da nessuno e diventino dei bambini meravigliosi».
«Va bene, farò sì che diventino persone lodevoli e degni eredi dell’insegnamento del Daishonin». Dopo aver accompagnato il marito verso l’ultimo viaggio, Yoshie promise in cuor suo: «Manterrò a ogni costo la promessa fatta a mio marito e, anche nella peggiore delle situazioni, continuerò a vivere diventando sempre più forte. Io ho il Gohonzon. Mi impegnerò al massimo nella pratica secondo le guide di sensei e della Soka Gakkai, e diventerò assolutamente felice!».
Yoshie si rialzò coraggiosamente in mezzo alle tempeste del karma e, lavorando come impiegata in uno stabilimento siderurgico, si dedicò all’educazione dei suoi figli. Quando tutti e tre cominciarono ad andare a scuola le difficoltà economiche aumentarono, ma lei continuò a lavorare stringendo i denti e a dare il massimo nelle attività della Gakkai. «È normale che un essere umano si sforzi più degli altri. Ma senza la buona fortuna, tali sforzi non porteranno ad alcun risultato. La fede nel Buddismo del Daishonin è l’unica via per accumulare buona fortuna».
I figli di Yoshie, vedendo la madre lavorare così duramente non riuscivano a confidarle il loro desiderio di continuare gli studi al liceo e all’università; ma quando decisero di dirglielo, lei rispose con un sorriso: «Certo, nessun problema». Seppur con tanti sacrifici, il figlio maggiore si laureò, la figlia continuò gli studi fino al liceo mentre, in quel maggio del 1978, il figlio minore era al terzo anno dell’università. Se fosse stato possibile, Yoshie desiderava incontrare Shin’ichi, fargli un resoconto dettagliato della sua esperienza parlandogli del marito defunto e dei figli, e ringraziarlo dal profondo del cuore. Quell’occasione giunse improvvisamente. Ma appena vide Shin’ichi, riuscì solamente a dirgli qualche parola e il suo volto si coprì di lacrime che alla luce del sole sembravano tante perle argentate, emanando a tratti una magnifica luce dorata. Finché una persona manterrà la sua fede, ogni sfida sarà coronata di una gloria che illuminerà la sua esistenza.

[19] Shin’ichi si rivolse a Yoshie avvolgendola con il suo sorriso. «Dopo la perdita di tuo marito, sei riuscita a crescere meravigliosamente i tuoi figli. È una cosa davvero ammirevole. Hai vinto! Le madri sono davvero grandi. Trascorri tranquillamente questa giornata nel Centro per la pace del Tohoku, il Centro culturale di tutti voi. Partecipiamo insieme alla riunione dei responsabili!».
A quel punto Yoshie mostrò un’espressione imbarazzata. «Veramente, ho sentito che alla riunione di oggi possono partecipare solo le responsabili a partire da quelle di capitolo. Io sono responsabile di settore, perciò non posso parteciparvi».
«Non si preoccupi, chiederò io il permesso… Venga, andiamo insieme!».
Quasi tutti i partecipanti alla riunione erano già nella sala. Appena arrivò all’ingresso, Shin’ichi ringraziò le byakuren per i loro sforzi e rivolse qualche parola ad alcuni giovani uomini, accorsi in gran fretta. Shin’ichi aveva determinato di dialogare e incoraggiare più persone possibili, e si adoperava con ogni mezzo affinché nell’organizzazione si sentisse sempre un grande calore umano.
Per far sì che tutto si svolga nel modo più efficace, in un’organizzazione si dovrà dare la massima importanza alla rapidità e alla razionalità. In questo modo però, si tenderà a uniformare ogni cosa e progressivamente le attività verranno organizzate in modo formale e burocratico. Cento persone hanno cento individualità diverse, non solo differenze fisiche ma soprattutto caratteriali. Se si cerca di omologare tutte queste persone adattandole a una struttura uniforme, non si potranno valorizzare le loro preziose e svariate personalità, e in un’organizzazione fredda e monotona si perderà tutto il calore umano. È anche vero che se un’organizzazione conta molte persone, vi saranno aspetti che dovranno essere gestiti in modo razionale.
Sarà fondamentale quindi mettere in luce ogni persona, prendersene cura costantemente e costruire nell’organizzazione rapporti di fiducia, da persona a persona.

[20] La Soka Gakkai esiste allo scopo di realizzare l’obiettivo di kosen-rufu, perché ognuno possa progredire nella fede, far conoscere il Buddismo di Nichiren ad altre persone e costruire la felicità per sé e per gli altri. In altre parole, compito dell’organizzazione è proteggere e far crescere ogni singola persona, e le responsabilità servono a portare avanti e condividere tale compito. Le responsabilità nell’organizzazione non devono quindi creare relazioni verticali, “gerarchiche”, tra gli esseri umani che, secondo il Buddismo, sono tutti uguali. Se si tiene sempre presente il significato originale dell’organizzazione e le persone si uniscono attraverso l’incoraggiamento reciproco e attraverso legami di fiducia, si potranno evitare effetti negativi come la formalità e la burocratizzazione della Soka Gakkai.
La riunione dei responsabili della prefettura di Miyagi iniziò con la recitazione di Gongyo, a cui seguirono discorsi dei responsabili, un coro, altri interventi, e si concluse con una guida di Shin’ichi. Quel giorno egli sottolineò in particolare quanto è importante nella Gakkai condividere gioie e sofferenze con i compagni di fede. «Incoraggiandoci nei momenti dolorosi, superando insieme sofferenze e difficoltà e assaporando la gioia, potranno nascere forti e profonde relazioni umane. Anche il maestro e il discepolo creano dei legami indistruttibili vivendo insieme i momenti di gioia e sofferenza. Per tutta la vita, Nichiren Daishonin dovette subire varie persecuzioni, come l’esilio di Izu, le persecuzioni di Komatsubara e di Tatsunokuchi, e l’esilio a Sado. Per questo affermò: «Ho subito altre grandi prove troppo numerose da elencare» (I benefici del Sutra del Loto, RSND, 1, 599).
Colui che fu sempre accanto al Daishonin e condivise con lui gioie e sofferenze è Nikko Shonin. Anche Shijo Kingo lo accompagnò durante la persecuzione di Tatsunokuchi e, tenendo il morso del suo cavallo lo seguì, pronto a togliersi la vita se lo avessero decapitato.
La forza dell’unione tra maestro e discepolo è sicuramente la forza di un cuore che è disposto a condividere sia la gioia che la sofferenza».
Nichiren afferma: «Se fossero persone consapevoli dei propri debiti di gratitudine o comunque in grado di ragionare, di due colpi che si abbattono su di me, desidererebbero addossarsene uno» (Risposta a Yasaburo, RSND, 1, 734). Il Daishonin subì quelle persecuzioni per impedire a tutti gli esseri viventi di rimanere in preda a grandi sofferenze. Con questa frase egli ci insegna che per un essere umano la vera via da percorrere si trova nel saper condividere anche la sofferenza.

(continua)

(traduzione di Marcella Morganti)

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