Abbiamo chiesto a Silvia, Roberto e Laura cosa significa per loro la relazione maestro-discepolo
Silvia Larese, Milano
Ho iniziato a praticare il Buddismo nel 2003 e da subito, nonostante fossi una giovane donna che non accettava consigli, le parole di sensei sono arrivate dritte al mio cuore. Spinta dalla curiosità di comprenderne il motivo e impossibilitata a incontrarlo, ho iniziato ad approfondire col Daimoku questa relazione. Successivamente ho potuto partecipare a tre corsi SGI in Giappone dove l’ho incontrato. Ho avuto modo di capire che averlo vicino non significa stare nella stessa stanza, bensì spingere la propria vita nella direzione del suo stesso desiderio. In questi anni di pratica ho avuto diverse occasioni di toccare con mano che il presidente Ikeda, nonostante la distanza e la comunicazione non diretta, è sempre a conoscenza delle mie lotte: mi ha raggiunto con un regalo o un messaggio nei momenti di sofferenza.
Un episodio in particolare porto nel cuore: da tempo vivevo una condizione insopportabile che mi portava ad avere paura di vivere, desideravo profondamente lasciare tutto, letteralmente scomparire. Proprio in quel periodo ricevetti da lui un riconoscimento per il mio impegno per kosen-rufu, come se volesse dire: «Non mollare adesso, sei preziosa così, con tutta questa sofferenza e questo pasticcio, io vedo un Budda, tu scegli cosa essere».
Lui vede questo, sempre, in tutte le persone e mi ha insegnato che sta a me scegliere ogni giorno cosa vedere in me e negli altri. Sono convinta che approfondendo questa relazione giorno dopo giorno, quando non ci sarà più fisicamente lo sentirò vicino al mio cuore ogni volta che lo cercherò.
Spetta a me decidere, come la figlia del re drago, di manifestare la mia Buddità quando tutto e tutti sembrano negarla. Spetta a me decidere di darmi fiducia credendo nell’infinito potenziale di ogni essere umano e impegnarmi a trasformare il pezzettino di mondo in cui ho scelto di nascere.
Grazie sensei!
Roberto Terzani, Roma
Mi rimane difficile parlare della mia relazione con il maestro perché spetta proprio ai discepoli dimostrarne la grandezza. Sul fatto che il presidente Ikeda sia un grande e insuperabile maestro non ci sono dubbi, e che grazie a lui il movimento di kosen-rufu si è propagato in 192 paesi ne è la chiara testimonianza. Dire però che io sono un suo discepolo è per me un’assunzione di grande responsabilità. Posso affermare di sforzarmi di essere un buon discepolo e che forse è proprio questo sforzo quotidiano nel cercare di realizzare i suoi ideali che mi permette di avere un po’ più di coraggio, di compassione, di saggezza e di migliorare la mia vita. Ho promesso che mi sarei dedicato alla realizzazione di kosen-rufu la prima volta che l’ho incontrato, quando avevo ventidue anni: non ho mai dimenticato quella promessa e oggi sono ancora più deciso a realizzarla a tutti i costi. Dedico molto tempo ed energie alle attività della nostra organizzazione e sinceramente non lo faccio perché ho raggiunto chissà quale grado di compassione, ma solo per rispondere a quella promessa, perché so che è la cosa giusta da fare per la mia vita. Ho vinto sfide di ogni genere, nella vita quotidiana e nelle attività per kosen-rufu, sempre grazie al suo esempio e ai suoi incoraggiamenti. E questo, nei momenti cruciali, ha sempre fatto la differenza.
Laura Locci, Cagliari
All’inizio della pratica, mentre mi trovavo in Francia per l’Erasmus, in una situazione che consideravo impossibile data la scarsa fiducia in me stessa, pregavo per credere agli incoraggiamenti del maestro e metterli in pratica. Questo faceva emergere in me il coraggio e la fiducia di usare le difficoltà per incoraggiare gli altri studenti. Ho scoperto di avere delle capacità che non conoscevo, ho terminato l’esperienza con undici esami in lingua francese, ho completato tutti i tirocini e ho stretto legami con nuovi amici. Ogni giorno mi alleno ad approfondire questo legame: sensei è un esempio di vittoria assoluta. Essere una sua discepola significa sforzarmi di nutrire una fiducia e una determinazione che non lasciano spazio alla sconfitta.
Quando ho deciso che avrei contribuito a realizzare il disegno per kosen-rufu del mio maestro, ho cercato di capire cosa significa sviluppare una preghiera che sostiene l’umanità. Mi sono abbonata a varie riviste buddiste europee, incoraggiata dalle guide di sensei a coltivare uno spirito internazionale. Ho deciso di festeggiare il 3 maggio 2015 con un viaggio per kosen-rufu che mi consentisse, non solo di realizzare un sogno, ma di costruire ponti d’amicizia con persone provenienti da tutto il mondo. Sono stata un mese alle Hawaii dove ho partecipato anche alle attività della SGI, e quest’anno, per il 3 maggio, sarò nelle Filippine. Questo mi consente di entrare in relazione con persone diverse da me, accumulando i tesori del cuore e percependo concretamente il significato di kosen-rufu nel mondo. Questa decisione mi ha spinto a fare una rivoluzione umana senza precedenti e a vincere su una grande sofferenza. Ancora una volta mi sono chiesta: «Cosa farebbe sensei al mio posto?». La lotta condivisa con il maestro è stata la chiave della vittoria: ho capito più profondamente le sfide delle giovani donne e come sostenerle. Il mio atteggiamento ha incoraggiato parenti e amici e alcuni di loro hanno iniziato a praticare.
Sensei paragona i suoi discepoli ai diamanti che non possono essere scalfiti. Vorrei che ogni singola giovane donna scoprisse e coltivasse la grandezza del legame con il maestro.