Davanti alla paura, la tentazione di indietreggiare è forte, ma la determinazione della monaca laica nei confronti delle persecuzioni per la sua fede, è un valido esempio di cosa significhi arrivare alla meta
«Sono più di vent’anni ormai che mi trovo in questa situazione e ho dato inizio alla grande battaglia e, nemmeno una volta, ho pensato di ritirarmi. Tuttavia, tra i miei discepoli e seguaci, quelli codardi per la maggior parte si sono già arresi o in cuor loro hanno battuto in ritirata.
Non ho parole per dire quanto sia toccato dal fatto che tu, una monaca laica, timorosa e con una scarsa conoscenza del Buddismo, finora non hai mai indietreggiato»
La grande battaglia
RSND, 2, 438
Nichiren Daishonin scrisse questa lettera vent’anni dopo il 28 aprile 1253. Le persecuzioni in quel periodo si erano intensificate e dovette affrontare una lotta dopo l’altra. «Nemmeno una volta ho pensato di ritirarmi» affermò con solennità e poco dopo, rivolgendosi alla monaca a cui indirizzò questa lettera, scrisse: «Finora non hai mai indietreggiato». La perseveranza nel mantenere una fede incrollabile di fronte a questa lunga e intensa battaglia è ciò che accomunava il Daishonin e la sua discepola, una monaca laica, una signora che non sapeva leggere, ma che possedeva un cuore puro.
Questo mi ha riportata alla relazione di non dualità di maestro e discepolo. «Nessuna vita – afferma Daisaku Ikeda nella spiegazione – è più nobile o più forte di quella dedicata alla via di maestro e discepolo. La fede unita di maestro e discepolo è la “spada affilata” per superare le avversità e trionfare nella vita» (cfr. BS, 175). E inoltre, citando lo storico inglese Arnold Toynbee sottolinea che l’unico modo per vincere sul proprio karma è diventare padroni di sé, ciò che nel Buddismo viene definita “rivoluzione umana”.
Era il 7 novembre 2015 quando a Holland Park, Londra, lessi una targa commemorativa su una panchina: «Arnold Toynbee, Daisaku Ikeda, Choose Life – A Dialogue», in ricordo del loro primo incontro da cui ebbe origine un libro. Pochi giorni dopo ci fu l’attentato a Parigi. Dolore, paura, incredulità. Quella sera fino alle due di notte pregai di fronte al Gohonzon per tutte quelle persone e per la pace nel mondo, ma sentii salire nel mio cuore una forte paura per la morte. Decisi di non farmi intimidire da quella terribile sensazione ma di “usarla”, di trasformarla in coraggio e realizzare una grande vittoria per kosen-rufu. Il giorno dopo, all’Ikeda Peace Center di Londra, incontrai Lio, una giovane donna di Parigi. Il fatto che fossimo quel giorno nella stessa città mi fece sentire quanto profondamente siano unite in ogni istante le nostre vite. Fui rincuorata e avvolta dal calore della famiglia Soka.
A volte le lotte per trasformare il karma sembrano non finire mai, ma Nichiren ci ha mostrato con la sua vita che ciò che conta è non mollare: solo perseverando nella fede fino in fondo in unità con il maestro si può vincere su qualsiasi avversità. Dopo tanto Daimoku recitato «come se dovessi estrarre l’acqua dal terreno riarso» (RSND, 1, 395) e azioni continue per aprire la mia vita agli altri sentii finalmente emergere con naturalezza una gioia infinita. Percepii grazie alla fede nel Gohonzon il flusso incessante, eterno della vita e la fortuna di essere nata a fianco del mio maestro e della Soka Gakkai. Ogni mia paura svanì. Alcuni giorni dopo una mia amica di Seattle, a cui avevo parlato di Buddismo e che recitava da alcuni mesi, decise di ricevere il Gohonzon a dicembre e al mio rientro in Italia si aprì una nuova strada per realizzare un mio sogno in ambito lavorativo, un sogno che avevo fin da quando ero bambina.
Grazie al desiderio di vincere qui e ora dando tutta me stessa come se ogni istante fosse l’istante della vittoria, sto sperimentando nel mio cuore una profonda gratitudine verso l’oscurità che mi permette di crescere, di migliorare, di fare emergere dalla mia vita una fede e una gioia senza limiti.