“Gemmare” al posto di dividere. Se quest’ultimo indica una separazione, gemmare significa moltiplicare. Più volte Natascia ha temuto di non farcela a seguire le persone, ma ha scoperto che lo spirito di alzarsi da soli produce risultati inaspettati. Ogni volta il gruppo è sbocciato
“Gemmare”. Fu questo il verbo che usai nell’annunciare la divisione del gruppo Santa Teresa degli Scalzi (Napoli) di cui ero corresponsabile. Il salone della casa che ci ospitava era gremito. Gemmare mi parve meglio di dividere perché quest’ultimo porta con sé un’idea di separazione. Gemmare moltiplica. Così, con cinque membri “pionieri”, iniziai la nuova avventura in via Foria, terra vergine per le attività buddiste. «Te la senti di assumere da sola la responsabilità di questo gruppo?» mi chiesero i referenti che da un paio d’anni recitavano per questo scopo e io con loro.
Era il 2011. Avevo conosciuto il Buddismo nel 2006 e lo ritengo il più grande colpo di fortuna che mi sia capitato. Da allora ho imparato che ogni proposta è un’occasione. Dunque accettai. Sul nome non ebbi dubbi: Grande Via, il titolo di un racconto di Anna Maria Ortese dedicato a quella strada non molto amata dai napoletani sia perché è un boulevard di origine francese in una città di vicoli spagnoli, sia perché porta al cimitero. Per la Ortese no, è la «strada della meditazione». La scrittrice aveva trasformato il “veleno” di quel luogo in medicina. Io ci abitavo dal 2001 e da allora avevo iniziato a lavorare per la sua rifioritura. Quest’occasione era perfetta. Mi pesava però essere l’unica responsabile. Vivevo da sola, lavoravo molto e l’attività era un esercizio funambolico. Iniziai ad accusare lo sforzo: arrivavo trafelata, chiedevo e richiedevo di essere affiancata da un corresponsabile.
Intanto il gruppo cresceva e la vita delle persone “gemmava” felicemente. Posso dire che tutti i membri fondatori sono andati via “causa felicità”. Un esempio: tre donne con storie sofferte d’amore si sono trasferite per matrimonio o convivenza. Il Grande Via, però, si svuotò. Non mi persi d’animo. Lo definii una “fisarmonica” che per suonare si gonfiava e si contraeva. Ma la stasi delle nomine era il mio tormento. Una notte ne piansi. Ricordai le parole di Daisaku Ikeda: «Mi alzo da solo». Da qui lo snodo. Decisi che non c’era da chiedere, avrei trovato io stessa una soluzione. Mi sarei comportata come se tutti fossimo corresponsabili e se una sera il lavoro mi avesse chiamato da un’altra parte, sarei andata con gioia. Dopo poco si trasferì da noi una donna che anni prima aveva fatto con me un viaggio di ritorno da Trets. Un virgulto vigoroso di fede che indicai subito per la nomina. Nonostante ora fossimo in due il gruppo non cresceva. Anzi s’assottigliava. Lei lavorava più di me. Arrivavamo stremate. Ma unite continuammo a recitare per creare valore. In tutto questo percorso, mia sorella e mia madre hanno ricevuto il Gohonzon (mamma, a settantatré anni, ha fatto l’esame di primo livello e mia nonna, a novantuno, qualche volta ripete Nam-myoho-renge-kyo). Il gruppo sbocciò all’improvviso, la mia corresponsabile ebbe una promozione e fu trasferita a Bologna.
Il pensiero di essere di nuovo sola mi sfiorò per un solo istante, ma non caddi nella trappola e adesso non sento alcun peso. Intanto, un paio di anni dopo la creazione del gruppo, ero riuscita a comprare la casa che cercavo da molto tempo, vista mare. Così ho lasciato il vecchio appartamento dove tutto era iniziato, anche le riunioni di discussione. L’avevo preso in affitto col mio fidanzato dell’epoca che, solo dopo la nostra separazione e l’inizio della mia pratica, mi raccontò di essere stato tra i primi buddisti di Napoli e di aver conosciuto Ikeda. Prima di lasciare quella casa, avevo avuto il tempo di dividerla con la mia compagna di banco del ginnasio che, avellinese come me, aveva bisogno di una base a Napoli. Le parlai della pratica buddista e ricevette il Gohonzon.
Il gruppo-fisarmonica è ancora in fase di espansione: si è innervato di nuove presenze, straordinarie persone che dissodano il loro karma con pazienza e stupore. Sono nate Nevia Miki e Leda; la mia corresponsabile è tornata e aspetta un figlio. Qui si gemma ancora.
La nostra storia