Le radici del sangha moderno si trovano nella decisione di Makiguchi di aderire all’insegnamento del Daishonin. Il suo atteggiamento anticonformista lo portò a condividere e a diffondere il pensiero buddista che mette in risalto l’unicità di ciascuno. La sua integrità lo condusse in prigione fino alla fine dei suoi giorni
Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944), il fondatore della Soka Gakkai e quindi della comunità buddista di cui facciamo parte, è stato una delle figure più importanti del Giappone moderno. Un rivoluzionario che per tutta la vita si è ribellato contro il principio che gli esseri umani debbano essere “utili” o sudditi del potere costituito: un pensiero che lo condusse in carcere e gli costò la vita. Di lui e su di lui esiste una vasta produzione letteraria che trascuriamo in questa sede, ma che andrebbe studiata con attenzione.
In questa puntata dobbiamo partire dal 1928. Makiguchi aveva cinquantasette anni: spinto da un amico inizia a studiare il Sutra del Loto e rimane influenzato dall’interpretazione del testo di Nichiren Daishonin che trova perfettamente corrispondente alla sua visione della vita. Soprattutto è la prova concreta nella pratica religiosa che lo attrae, oltre al fatto che la fede si basa sulla Legge mistica e non su una divinità esterna all’essere umano. Inoltre il Daishonin gli offre una prospettiva nuova sul ruolo positivo che la religione può svolgere verso la società.
Si converte al Buddismo insieme al suo giovane discepolo Josei Toda. Il 18 novembre 1930 fonda la Soka kyoiku Gakkai, la “Società educativa per la creazione di valore” che riuniva educatori ispirati dai suoi princìpi pedagogici e dalla loro connessione col Buddismo del Daishonin. Nel 1937 l’associazione conta già sessanta partecipanti e nel 1939 si tiene la prima riunione generale: Makiguchi diventa presidente e Toda direttore. Nel ’40 i membri del sangha sono quintuplicati e alla soglia della Seconda guerra mondiale crescono fino a tremila. Fin dalla sua conversione Makiguchi si dedica allo studio rigoroso del pensiero del Daishonin: la possibilità di condurre un’esistenza dedicata al massimo bene per sé e per gli altri lo affascina totalmente.
Per questo la prima fondamentale attività del sangha fu quella che lui definì zadankai: incontri in piccoli gruppi dove i praticanti potevano raccontare le esperienze concrete della loro pratica buddista. Da quel momento, fino ai nostri giorni, e in tutto il mondo, questo tipo di riunione è diventata la base irrinunciabile delle attività della Soka Gakkai.
Nel Soka Kyoikugaki Taikei scrive: «Il Buddismo segna una netta linea di demarcazione tra verità e valore. Nichiren, nella Raccolta degli insegnamenti orali afferma: “Comprensione è un altro termine per saggezza. La fede rappresenta il valore o il prezzo che noi attribuiamo a un gioiello o a un tesoro, e la comprensione rappresenta il gioiello stesso. È per mezzo della sola parola fede che possiamo acquistare la saggezza dei Budda delle tre esistenze. […] Al di fuori della fede non può esserci nessuna comprensione, e al di fuori della comprensione non può esserci alcuna fede”». Nel 1941 il Giappone attacca Pearl Harbor e il governo impone a tutti i gruppi religiosi di custodire il talismano shintoista come simbolo di sostegno e condivisione della guerra. Per paura di persecuzioni la Nichiren Shoshu accetta l’imposizione, Makiguchi – al contrario – la rifiuta. Nel maggio del 1943 viene arrestato per la prima volta e le riunioni di discussione iniziano a essere sorvegliate dalla “polizia del pensiero”. A giugno dello stesso anno, istigato dal prete Jimon Ogasawara, il patriarca Nikkyo convoca Makiguchi al Taiseki-ji per costringerlo ad accettare il talismano: l’anziano educatore afferma che non accetterà mai una cosa simile, perché ciò avrebbe voluto dire andare contro l’insegnamento del Daishonin.
La Nichiren Shoshu lo espelle dalla scuola Fuji insieme a tutti gli altri responsabili.
Il 5 luglio del 1943 Makiguchi si reca a una riunione e si ferma fino a tarda notte a parlare con i membri, e il padrone di casa lo invita a fermarsi per la notte.
La mattina seguente due poliziotti della stazione di Shimoda lo arrestano, poco dopo anche Toda e diciannove membri della Soka vengono imprigionati: questi ultimi ritrattano e vengono lasciati liberi. Toda rimane con il suo maestro.
Il 18 novembre 1944 Makiguchi muore. Il suo atteggiamento fermo davanti a una persecuzione così dura viene ereditato da Toda e diventa il fondamento della futura Soka Gakkai che verrà ricostruita nel dopoguerra. Per comprenderlo è significativo leggere cosa Toda scriveva ai suoi parenti: «Non risparmio i miei sforzi nel recitare sinceramente Gongyo mattina e sera e nel recitare Daimoku per altre cose particolari. Aspettate tranquillamente, con pazienza. Per noi la cosa più importante è la fede. Noi diciamo di aver problemi, ma questi, di fronte alle avversità che il Daishonin affrontò durante la sua vita, sono assolutamente lievi. Con questa consapevolezza dobbiamo rafforzare ancora di più la nostra fede. Noi, che viviamo con i grandi e illimitati benefici, non possiamo lamentarci».