Dopo un anno di sfide e lavori saltuari feci uno stage presso una delle case editrici di moda più note al mondo. Grazie allo sforzo e alla decisione di vincere lì dove ero, sono stata assunta come visual designer e stylist realizzando il lavoro che avevo sempre sognato
Verso la fine degli anni Ottanta, prima che io nascessi, mio padre conobbe il Buddismo grazie a Giancarlo, uno dei pionieri di Latina, che subito lo coinvolse nelle attività, e proprio in quel periodo mia madre ebbe un grave incidente stradale: la sua macchina cadde da un dirupo, ma lei rimase perfettamente illesa.
Sono convinta che il Daimoku e l’attività per kosen-rufu che mio padre stava facendo avevano attivato le funzioni protettrici verso la sua vita e, di conseguenza, anche verso la mia e quella di mio fratello. Se mia madre fosse morta in quell’incidente non saremmo mai nati. Da lì a pochi anni, fu proprio la figlia di Giancarlo a parlarmi del Buddismo!
In quel periodo soffrivo di attacchi di panico, problemi alimentari che mi avevano resa invisibile, litigi con mia madre e mio fratello, e un rapporto d’amore sofferente. Cominciai a praticare e, nonostante le difficoltà, provavo una grande gioia nel condividere il Buddismo con gli altri.
Uno dei primi obiettivi fu quello di incontrare un ragazzo “buono, gentile e onesto”. Grazie a una preghiera sincera compresi per la prima volta il valore della mia vita, quel “tesoro del cuore” che niente e nessuno avrebbe mai potuto strapparmi. Tutto il resto venne di conseguenza.
Dopo un po’ incontrai Simone, il mio attuale compagno, al quale parlai subito del Buddismo e cominciammo a praticare insieme. Provai diverse volte a prendere contatti con altri praticanti, ma poi trovavo sempre una scusa per declinare i loro inviti: il mio cuore era ancora troppo chiuso. Continuammo a praticare da soli per quattro anni, ma la nostra vita non decollava. A un certo punto arrivammo a chiederci: «Che cosa stiamo aspettando?».
Da lì cominciò la mia lotta per aprire la vita. Grazie all’attività nella Gakkai imparai ad avere fiducia negli altri. Ricevetti il Gohonzon e decisi di diventare felice. Smisi di concentrarmi sulla mia infelicità e iniziai a dedicarmi agli altri impegnandomi nella crescita delle giovani donne del mio settore.
Poco tempo dopo, tutto ciò che non avevo avuto il coraggio di vedere fino ad allora riemerse nella mia vita, innanzitutto la difficile relazione con mio padre, che in quegli anni aveva vissuto senza lavoro e sempre più isolato. Scoprii di avere paura di lui, così decisi di trasformare il nostro rapporto. Ricercavo profondamente il legame con il maestro Ikeda, e leggendo La saggezza del Sutra del Loto rimasi folgorata da una frase: «La figlia del re drago esprime l’unità di genitore e figlio, cioè padre e figlia che conseguono insieme la Buddità. Con la propria Illuminazione la figlia può salvare anche il padre» (Saggezza, 2, 55).
Dovevo partire da me. Pregai con sincerità davanti al Gohonzon decidendo di fare azioni coraggiose: iniziai a chiamarlo tutti i giorni, incoraggiandolo e parlandogli del Buddismo senza paura. Fu allora che mio nonno si ammalò. Il modo in cui mio padre affrontò quella situazione mi mostrò il potere invincibile della preghiera: nonostante avessero sempre avuto un rapporto conflittuale cominciò ad andare a trovarlo e a sostenerlo, proprio come io stavo facendo con lui. Dopo la sua morte, anche mio padre si riavvicinò alla pratica. Oggi sono infinitamente grata di averlo nella mia vita, così sensibile, creativo, intelligente, unico… E c’è una nuova Marta che vuole amarlo e basta, e desidera più di ogni altra cosa la sua salute e la sua felicità.
Incoraggiati da questi cambiamenti, anche mio fratello e mia madre decisero di ricevere il Gohonzon, e sostenendoci a vicenda iniziammo a recitare Daimoku per creare una famiglia armoniosa.
In questi ultimi due anni sono successe tante cose. All’inizio del 2015, il capitolo di cui ero diventata responsabile contava solo cinque giovani membri attivi. Io ero disoccupata, perciò mi gettai nelle attività con tutta me stessa: questo è stato il motore della mia rivoluzione umana e la chiave per percepire quanto l’impegno per kosen-rufu sia inscindibile dalle nostre vittorie quotidiane.
Dopo un anno di sfide e lavori saltuari feci uno stage presso una delle case editrici di moda più note al mondo. Grazie allo sforzo e alla decisione di vincere lì dove ero, otto mesi fa sono stata assunta come visual designer, e stylist realizzando il lavoro che avevo sempre sognato!
Ogni giorno vado in ufficio con l’obiettivo di far conoscere il Buddismo alle persone intorno a me. Questo atteggiamento ha portato a un cambiamento radicale di prospettiva. Mettendo al centro il desiderio di realizzare kosen-rufu, tutti i problemi si sono ridimensionati e il lavoro è diventato sempre più piacevole e soddisfacente. Le pause si sono trasformate in momenti preziosi per parlare di Buddismo con le mie colleghe. Una di loro ha da poco ricevuto il Gohonzon. E ora sto insegnando presso l’Istituto europeo di design, una grande occasione per trasmettere l’umanesimo buddista a tanti studenti.
Nel frattempo, il nostro capitolo è cresciuto fino ad arrivare a ventisei membri giovani attivi e tanti giovani principianti! Quest’anno, inoltre, il mio compagno è riuscito a comprare una casa per noi, un luogo sempre aperto per le riunioni buddiste, dove il Gohonzon è al centro, così come nella nostra vita.
In questi anni il mio cuore si è davvero aperto! È diventato più forte e coraggioso, e voglio che diventi ancora più grande, pronto a trasformare e accogliere sofferenza e gioia. Ho promesso a sensei che sarò felice al 100%. Sono grata al mio maestro, da lui ho imparato ad amare la vita, e soprattutto a viverla!