Grazie agli incoraggiamenti del Gosho, del mio maestro e dei compagni di fede, ho imparato ad affrontare le difficoltà
Pratico da trentacinque anni. Mi stupisco, perché non avrei mai scommesso sulla mia costanza, ma soprattutto avevo un concetto della religione come qualcosa a cui aggrapparsi quando non si ha la forza di affrontare la vita.
Ritenevo di essere una persona abbastanza forte e autonoma, ma il cambiamento di mia cognata è stata la molla che mi ha fatto decidere di provare.
Ciò che è emerso subito, come quando stappi una bottiglia di champagne dopo averla agitata, è stata la mia tendenza alla collera che usciva senza freni, facendo soffrire anche le persone a me più vicine.
Questa presa di coscienza mi ha spinta a continuare. Apparentemente andava tutto bene: avevo un lavoro che mi piaceva, una casa e un marito, ma incolpavo sempre gli altri di tutto. Grazie agli incoraggiamenti del Gosho, del mio maestro e dei compagni di fede, ho imparato ad affrontare le difficoltà, che mi hanno resa una donna più forte e compassionevole.
Nel 1990 mia figlia Caterina manifestò delle crisi epilettiche, che nel 1997 si acutizzarono, e in quell’occasione capii che dovevo affrontare il mio karma: per anni avevo considerato la sua malattia come qualcosa che non mi riguardava.
Ho riconosciuto di provare rabbia nei suoi confronti perché non soddisfaceva il mio orgoglio di madre.
Recitare Daimoku con uno scopo più grande, quello di kosen-rufu, mi ha portata a dei risultati inaspettati. Ho iniziato a sentire una profonda gratitudine per sensei, per la Soka Gakkai e per Caterina che mi stava permettendo di sciogliere quella rabbia che c’era nella mia vita. Ho avuto la prova che stavo trasformando qualcosa di profondo: infatti gli elettroencefalogrammi di mia figlia, da quel momento in poi, sono risultati nella norma. Ho determinato di incoraggiare tante persone con questa esperienza e da quel momento lo shakubuku, che era sempre stato il mio punto debole, si è sbloccato: cinque persone a cui avevo parlato del Buddismo hanno deciso di ricevere il Gohonzon!
In seguito mio marito fu estromesso dalla società in cui lavorava e dovette ricominciare tutto da capo, ma ci sembrò una piccola difficoltà rispetto a quello che avevamo affrontato. Mi sentivo forte, continuavo a fare Daimoku e attività per gli altri. Superammo brillantemente quel momento, mio marito intraprese una nuova attività e tutto iniziò a muoversi.
Qualche anno dopo mi ritrovai ad affrontare un’infezione molto aggressiva per la quale stavo per perdere la vita. Ho avuto una grande protezione, ho incontrato il medico giusto che è intervenuto in tempo: dopo dieci ore di sala operatoria, uscii viva e grata alla vita.
Inaugurai il 2007 con il desiderio di parlare di Buddismo ai giovani. Chiesi a mia figlia se voleva accompagnare a una riunione una sua amica, poi si aggiunse Alina, un’altra ragazza che portò anche il fidanzato, e infine si auto invitò una mia amica. Nove mesi dopo mia figlia e la sua amica Alina hanno ricevuto il Gohonzon.
Dopo l’attività per la riunione europea in occasione del cinquantesimo anniversario della Divisione giovani, nel 2008, partecipai a un corso in Giappone dove incontrai il presidente Ikeda. Da lì ho sentito ancora più gratitudine per il mio maestro, per la vita, per ogni cosa che accade, per tutte le difficoltà, piccole e grandi.
Tuttavia, tornata a casa riemerse una sottile infelicità. L’affrontai con due ore di Daimoku ogni mattina, desiderando che venissero fuori tutte le cose ancora nascoste. Di lì a poco a mia mamma fu diagnosticato un tumore ormai in metastasi, e scoprii che mio marito aveva una relazione da nove anni. Per non vivere come un fallimento tutto ciò che mi stava accadendo non potevo che affidarmi al Gohonzon. Ripartii dal Daimoku e dall’attività per gli altri. Mia madre visse ancora un anno durante il quale potei accompagnarla con gesti affettuosi e parole dolci, abbiamo pianto insieme, abbiamo riso, ci siamo abbracciate. Se ne è andata serena mentre recitavo Daimoku. Con mio marito non è stato possibile ricominciare perché le nostre vite avevano preso strade molto diverse, così ci siamo separati. Mi trasferii in una casetta di “ringhiera” dove ho ricominciato tutto da capo, felice come non mai! Accanto a me c’erano molti praticanti, quasi tutti giovani.
Nel 2011, durante uno zadankai incontrai Silvano, il mio attuale compagno: non viveva una situazione facile, ma è un entusiasta e dopo pochi mesi ricevette il Gohonzon.
Nel frattempo mi trasferii sul lago Maggiore. Nel mio paese non c’erano altri praticanti, ma l’anno scorso due giovani donne hanno ricevuto il Gohonzon.
In quel periodo, il mio ex marito fu operato di un tumore ai polmoni, il mio compagno ebbe una leggera ischemia e a mio fratello venne diagnosticata la SLA, nella sua forma più aggressiva. Mi sono di nuovo affidata al Daimoku senza pormi troppe domande e soprattutto cercando di non lamentarmi. A volte è difficile determinare di ripartire, ma sensei afferma: «Tutto dipende da come ci sfidiamo, da come avanziamo e vinciamo a partire da quest’anno, a partire da oggi. Questo è lo spirito del Buddismo della “causa originale” (honnin-myo), ovvero lo spirito di “ripartire da ora”» (NR, 597, 4).
E così ho fatto. Subito dopo la diagnosi a mio fratello, sua moglie ha deciso di iniziare a praticare e dopo due mesi ha ricevuto il Gohonzon: sono sicura che è la miglior medicina e non dispero che prima o poi inizi anche lui. Desidero fortemente che le persone intorno a me siano davvero felici.
Facendo un bilancio di questi trentacinque anni di pratica, mi accorgo che le mie reali prove concrete sono soprattutto le lotte che ho affrontato e che mi hanno resa più forte e grata alla vita.