Ho camminato attraverso una tempesta, senza sapere bene dove andare, ma poi mi sono affidata alle mie capacità, al Gohonzon e alle parole di sensei
Sono nata in una famiglia buddista, e questa è sicuramente la più grande fortuna della mia vita. In questi diciannove anni, per quanto pochi, ho incontrato tantissime difficoltà e anche per questo posso ritenermi molto fortunata.
Mio padre si ammalò quando ero piccola, ma nonostante la sua malattia ha sempre avuto il sorriso ed è stato proprio lui insieme alla mia coraggiosissima mamma a insegnarmi che anche nei momenti più bui si può sempre tirar fuori la luce. Mio padre morì quando avevo quindici anni.
Fu un duro colpo per me, tanto che per diverso tempo mi dimenticai della bellezza della vita. Esattamente un anno dopo la sua morte, mia madre andò in coma per un tumore del sangue e fu proprio in quel momento che riuscii a ricordarmi di tutti i suoi insegnamenti. Fui sconvolta da questi eventi, così tanto che decisi di prendere la mia vita in mano e che nulla, ma proprio nulla, sarebbe stato un ostacolo alla mia felicità. Ricordo ancora che tutti i medici davano mia madre per spacciata, in tanti credevano che non ce l’avrebbe fatta.
Ma io non dubitai nemmeno per un istante che entrambe saremmo uscite vittoriose da questa situazione. Fu proprio questa chiarezza nel cuore che mi permise di vincere su tutti i fronti. Ricordo che insieme a molti membri ci ritrovavamo ogni giorno per fare un’ora di Daimoku per mia madre. Beh… che dire, qualsiasi cosa fosse successa, qualsiasi avversità si fosse presentata sul mio cammino, io ero un Budda e niente mi spaventava.
Tra lo stupore generale, lei si risvegliò dal coma dopo cinque giorni e adesso, a distanza di due anni, mia madre è più giovane e splendida di quanto fosse prima della malattia.
Tanti potrebbero dire che è stata solo una questione di fortuna, un caso dettato dall’azzardo dell’esistenza, ma io avevo vinto ancor prima che lei si risvegliasse dal coma, prima che facesse la chemio e prima che le dicessero che era ritornata in salute.
Io ho vinto nel momento in cui ho deciso dentro il mio cuore che nulla sarebbe stato un ostacolo alla mia felicità. Ricordo ancora una frase che scrissi a mio padre prima che lo portassero in sala operatoria. Avevo otto anni, assistevo ai meeting che i miei genitori facevano a casa, captavo sempre molti stimoli, e quasi ingenuamente scrissi su un foglio questa frase: «Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (RSND, 1, 365). Questo incoraggiamento che feci a mio padre ritornò a galla quasi come per magia. Quando mia madre era malata arrivò un messaggio da sensei in cui era scritta la stessa frase di Gosho.
Come diceva Dante nel Paradiso, fu una sensazione indescrivibile, ineffabile, che per quanto uno si sforzi non può essere descritta a parole. Capii così la grandezza di questo Buddismo. Non è un’ancora a cui aggrapparsi per paura, ma un’arma affilatissima che lacera l’oscurità della vita, solo con un grande coraggio si può raggiungere la felicità assoluta.
Il Daishonin ci dice di essere coraggiosi: «Non dovreste sentire la minima paura nel cuore!» (RSND, 1, 568).
Non sempre si riesce a tirar fuori questo infinito coraggio, spesso la mente ci inganna, sorgono dubbi, voci insidiose e oscure che ci deviano su strade di sofferenza dove tutto sembra oscurarsi e perdere di significato. A me spesso accade, e molte volte mi scordo che siamo nati per essere felici e che dovremmo sempre essere nella primavera della vita. Spesso penso: «Va beh, oggi faccio così, ma domani voglio essere felice», ma come nell’opera teatrale di Samuel Beckett Aspettando Godot, questo Godot non arriva mai, e nemmeno la mia felicità arriva mai quando penso così. Essere coraggiosi è difficile, è uno sforzo costante, di tutti i giorni, che non si può posporre e di cui non ci si può dimenticare, ma è proprio questo coraggio che determina la vittoria o la sconfitta nella vita.
Lo scorso giugno ho dato l’esame di maturità. In questi cinque anni di liceo ho dovuto affrontare tantissime sofferenze e moltissime sfide, e la scuola non è mai stata di particolare sostegno, ma nonostante ciò pensavo che l’esame sarebbe stato una passeggiata. Mi sbagliavo, ero terrorizzata dall’idea di fallire, di non raggiungere le mie aspettative. La lucidità che avevo sempre avuto era scomparsa, ero annebbiata, impaurita e avevo molta difficoltà ad aprire i libri. Con un panico che mi lacerava e che mi impediva di studiare, ho recitato un’ora di Daimoku tutti i giorni, con l’obiettivo di vincere anche se in quel momento sentivo l’universo contro di me.
Non nego che sia stato difficile, spesso ero disperata, ma alla fine sono stata la seconda in tutta la scuola a fare il miglior esame. Ho camminato attraverso una tempesta, senza sapere bene dove andare, ma poi mi sono affidata alle mie capacità, al Gohonzon e alle parole di sensei.
Questa esperienza sarà sicuramente un tesoro per il futuro, a settembre partirò per un anno dove girerò da sola il Sud-est asiatico per poi trasferirmi in Canada. Una grande prova che necessita di molto coraggio. Io scelgo di vincere, scelgo di seguire il mio maestro, scelgo di ringraziare i miei genitori per la loro vittoria, e non c’è modo migliore che vincere io per prima.
Non domani, non tra una settimana, ma oggi. Oggi si vince.