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Capitolo 2, puntate 1-6 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:19

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Capitolo 2, puntate 1-6

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

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«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Seguite le puntate che il presidente Ikeda sta scrivendo ogni giorno pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[1] Forza, impegniamoci nel dialogo!
Tiriamo fuori il coraggio
e diamo inizio a dialoghi
che possano incoraggiare gli altri,
scrutando il dolore e la sofferenza
che si celano nei loro occhi
e ascoltando le loro parole titubanti!
Parliamo loro della filosofia della speranza e della giustizia
a braccia aperte, condividendo le sofferenze
con uno stato vitale esultante di gioia!
Sforziamoci con perseveranza
di comporre melodie che suscitino empatia,
con sempre più passione
e ferrea convinzione!
Forza, continuiamo a dialogare!
Il potenziale insito nella vita di un singolo individuo
è illimitato!
La fresca determinazione di una persona
stimola quella di un’altra e di tante altre ancora,
come onde concentriche,
propagando un movimento di rigenerazione
come il moto incessante di diecimila ondate.
«Uno è la madre di diecimila» (RSND, 1, 117).
Attraverso il dialogo
piantiamo semi di felicità nel cuore fertile degli individui
risvegliandoli alla loro nobile missione in questo mondo.
Attraverso il dialogo
uniamo i cuori, mettiamo in relazione mondi diversi,
edifichiamo la fortezza inespugnabile
della pace duratura.
Forza, anche oggi dialoghiamo!

Nel corso della riunione generale di Centro diretta dal neo presidente Kiyoshi Jujo, il 3 maggio 1979, Shin’ichi Yamamoto, che si era dimesso dalla carica di terzo presidente della Soka Gakkai e ne era diventato presidente onorario, vegliando sulla partenza della nuova organizzazione, pensava a nuove attività volte alla realizzazione di kosen-rufu nel mondo. Egli si dedicava con vigore a incoraggiare i membri e, con l’obiettivo di creare nel mondo nuove correnti di pace, si impegnava nel dialogo con ambasciatori e importanti personalità dei diversi paesi.
Il dialogo sviluppa quel potere pacifico capace di inaugurare nuove epoche.

[2] Shin’ichi cercava il più possibile di evitare di recarsi alla sede centrale della Gakkai.
Desiderava che il neo presidente Kiyoshi Jujo e i responsabili centrali potessero guidare l’organizzazione nel modo che ritenevano più giusto; voleva inoltre evitare che la sua presenza alla sede spingesse in qualche modo gli altri a continuare a far affidamento su di lui.
Il più grande desiderio di Shin’ichi era che i massimi responsabili a cui aveva affidato il futuro dell’organizzazione ereditassero il nobile spirito dei maestri e discepoli Soka, che si dedicassero con le proprie forze a organizzare le attività e a dare guide ai membri, adempiendo alla loro missione e alla responsabilità di realizzare kosen-rufu. Desiderava inoltre la crescita dei giovani che avrebbero assunto la responsabilità delle future generazioni.
Mentre pregava profondamente, ricordò che si dice che i leoni lascino cadere i propri cuccioli appena nati in una valle scoscesa, per poi allevare solo i sopravvissuti.
Come i leoni che sottopongono i propri cuccioli a una prova così dura, desiderando in realtà la loro grande crescita, anche Shin’ichi in quel momento, con la stessa intenzione, vegliava sugli sforzi dei suoi successori.
Intanto la stampa e in particolare alcuni settimanali, commentavano insistentemente le dimissioni di Shin’ichi cercando di creare il maggior clamore possibile. Apparvero gli oppositori che anche in passato avevano ripetutamente contestato la Gakkai, mentre in modo irresponsabile venivano diffuse notizie basate su sospetti infondati, che miravano solamente a distruggere la Gakkai.
In quelle circostanze Shin’ichi continuava a incoraggiare con calore i membri e a scattare con loro foto ricordo nei Centri culturali di Kanagawa, Tachikawa, al Training center di Shizuoka e ovunque si recasse.
A prescindere dagli avvenimenti, egli non si allontanava mai dall’”orbita di kosen-rufu” realizzando ogni giorno, senza mai lamentarsi, ciò che aveva deciso di fare.
In quel modo dimostrava che solo avanzando, come il sole nel suo moto, si poteva vincere nella vita e realizzare kosen-rufu.
L’11 maggio, al Centro culturale di Tachikawa, come se dialogasse con le divinità benevole del sole e della luna, Shin’ichi scrisse una poesia.

A ovest il sole tramonta maestoso
a est la luna piena irradia il suo bianco chiarore
mentre l’aria della sera diffonde freschezza.
Nel silenzio di quest’attimo
mi appare un dipinto della vita dal tempo senza inizio,
e anche la mia vita
è libera e senza impedimenti.

[3] Shin’ichi si impegnò attivamente nell’intraprendere scambi e dialoghi con intellettuali e ambasciatori di tutti i paesi, allo scopo di unire il mondo e aprire il cammino verso una pace duratura.
Il 19 maggio ebbe un incontro presso un hotel di Tokyo con il presidente dell’Associazione di amicizia sino-giapponese Liao Chengzhi, giunto in visita in Giappone a capo di una delegazione cinese per promuovere le relazioni tra i due popoli, a bordo della “Minghua”, nave simbolo dell’amicizia fra i due paesi.
Durante questi incontri Shin’ichi espresse la ferma decisione di dedicarsi fino in fondo, qualunque fosse il suo ruolo, allo sviluppo degli scambi sino-giapponesi nell’ambito della pace, della cultura e dell’educazione. Sottolineò con forza l’importanza di creare forti legami all’interno della società civile, per costruire amicizie indissolubili per le generazioni a venire.
Il presidente chiese a Shin’ichi di tornare in Cina; sarebbe stata la sua quinta visita nel ­paese. I due, dopo la prima visita di Shin’ichi, avevano avuto modo di dialogare in ripetute occasioni creando un profondo legame di amicizia.
Il presidente morì quattro anni dopo, nel giugno del 1983. L’anno successivo Shin’ichi fece visita alla tomba del defunto presidente e si intrattenne insieme alla moglie e ai figli nel ricordo della sua nobile vita.
A ottobre del 2009 Shin’ichi e la moglie Mineko vennero insigniti della laurea ad honorem dalla Zhongkai University of Agriculture and Engineering di Canton, in Cina. Zhongkai era un amico intimo di Sun Yat-sen ed era il padre di Liao Chengzhi.
La storia della fondazione della Zhongkai Agriculture Institute, da cui derivò questo istituto accademico, fu strettamente legata alla vita di He Xiangning, la moglie di Liao Zhongkai che visse la sua esistenza nell’impegno per costruire la nuova Cina insieme al marito. Presso di essa venne poi istituito un Centro studi su Liao Chengzhi e Shin’ichi, inaugurato a novembre del 2010.
I semi di amicizia che Shin’ichi aveva sparso nel mondo erano ormai divenuti alberi che estendevano i loro rami verso il vasto cielo del ventunesimo secolo.
Dopo l’incontro con Liao Chengzhi, il 22 maggio Shin’ichi tenne dei colloqui presso il Centro culturale di Kanagawa con il direttore internazionale e l’editorialista dell’agenzia di stampa sovietica RIA Novosti, e con addetti dell’Ambasciata Sovietica.
In quell’occasione vi fu uno scambio di vedute su temi di attualità quali il Salt 2, i negoziati per la limitazione delle armi strategiche tra Stati Uniti e Unione sovietica, e i problemi che l’Asia e il mondo si trovavano ad affrontare nell’ambito della pace, dell’educazione e della cultura. Venne inoltre avanzata con forza a Shin’ichi la richiesta di una nuova visita in Unione Sovietica.
Pregare sinceramente, impegnarsi con tutte le forze e agire concretamente per la realizzazione della pace eterna. In ciò consiste la responsabilità di un buddista.

[4] Shin’ichi intraprese dialoghi per promuovere la pace e l’amicizia. Il 25 maggio ebbe un colloquio con l’ambasciatore dello Zambia S.E. M.K. Chief Mapanza, il 29 un incontro con i coniugi Zhou Yang, leader nel panorama letterario cinese.
A giugno estese i suoi dialoghi incontrando anche l’ambasciatore della Nuova Zelanda S.E.R.M. Miller e quello della Nigeria S.E.B.A.T. Balewa. Animato dalla profonda convinzione che il ventunesimo secolo sarebbe stato il secolo dell’Africa, Shin’ichi concentrò le sue forze soprattutto negli incontri con personalità africane. Percepiva chiaramente che, se non si fossero garantite pace e prosperità al continente africano, dominato come colonia per lunghi anni dalle grandi potenze e dilaniato da fame e povertà, non ci sarebbe stato un futuro per l’umanità.
Oltre agli incontri con personalità straniere, Shin’ichi continuò a intrattenere dialoghi con esponenti giapponesi di spicco. E trovando spiragli di tempo tra questi impegni, ovunque si recasse andava a trovare a casa per incoraggiare i membri che si erano impegnati insieme per kosen-rufu nelle circoscrizioni di Tsurumi e Kohoku, a Yokohama, nella prefettura di Kanagawa, nelle circoscrizioni di Itabashi, Chuo e Toshima di Tokyo, a Koganei e a Kodaira.
Se i cuori di maestro e discepolo sono fortemente uniti nell’ideale di kosen-rufu, la solida compagine Soka non verrà minimamente scossa dalle avversità. Per fare ciò è indispensabile un dialogo a cuore aperto. Solo così è possibile stimolare e risvegliare in un’altra persona la consapevolezza della sua missione e far crescere legami di fiducia.
Ogni volta che incontrava i compagni di fede che avevano condiviso la fase pionieristica del movimento, Shin’ichi era solito pronunciare queste parole: «La fase che corona l’esistenza di una persona è la più importante».
Per quanto ci si possa essere impegnati in passato scrivendo pagine gloriose di storia, se si abbandona la pratica negli ultimi anni, ciò costituisce la sconfitta della propria vita.
Nichiren Daishonin afferma: «Per esempio, il viaggio da Kamakura a Kyoto dura dodici giorni: se viaggi per undici giorni e ti fermi quando ne manca uno solo, come puoi ammirare la luna sopra la capitale?» (RSND, 1, 911).
Solo nell’atteggiamento di mantenere vivo lo spirito di “ricercare la via per tutta la vita”, di “sfidarsi per tutta la vita”, di “lottare per tutta la vita”, risiede la vittoria che brilla ininterrottamente nelle tre esistenze, per l’eternità.

[5] Con le dimissioni di Shin’ichi dalla carica di sokoto [responsabile di tutte le organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu, n.d.r.] e di presidente della Soka Gakkai, gli attacchi da parte dei giovani preti sarebbero dovuti cessare.
Il primo maggio, tramite un’ordinanza del consiglio direttivo della Nichiren Shoshu, i fedeli vennero richiamati al rispetto delle seguenti disposizioni: «Viene severamente proibito, durante i sermoni, di trasmettere princìpi dottrinali che esulino dal Gosho. Nonostante le reiterate ordinanze si è assistito a gravi disordini per cui si invita, d’ora in avanti, a una severa autodisciplina».
«Nei confronti dei membri della Soka Gakkai, a esclusione dei casi in cui esprimano esplicitamente la propria volontà e il desiderio di divenire membri danto [affiliati ai templi della Nichiren Shoshu, n.d.r.], viene proibito ogni tentativo di costrizione in tal senso».
Accadde però che il patriarca Nittatsu fosse costretto a rimproverare dei preti che, ignorando l’ordinanza, continuavano a gettare discredito sulla Soka Gakkai. Numerosi giovani preti nei templi continuarono, anche durante i sermoni, a lanciare insulti e attacchi, e vi fu piuttosto un’intensificarsi dei tentativi di “convertire” i membri della Soka Gakkai in membri danto. Le loro orecchie erano ormai sorde alle parole del consiglio direttivo del tempio, e persino a quelle del patriarca.
La Nichiren Shoshu iniziava a mostrare le prime avvisaglie del caos.
Era la mattina del 22 luglio, poco dopo le 6, quando giunse a Shin’ichi la notizia della morte del patriarca Nittatsu.
Il giorno 17 il patriarca aveva presenziato a una cerimonia funebre presso un tempio a Fukuoka. Aveva fatto ritorno al tempio principale il 18 e la mattina del giorno dopo, sentendosi poco bene, era stato ricoverato in ospedale presso la città di Fujinomiya. Era deceduto alle 5,05 di mattina del giorno 22, per un infarto miocardico. Aveva settantasette anni. Shin’ichi partì immediatamente dal Centro culturale di Kanagawa per la sua visita di condoglianze.
Arrivò al tempio principale poco prima delle 9. Recitò Daimoku, offrì l’incenso e pregò per lui. La sera di quello stesso giorno venne allestita una pre-veglia funebre presso il Daikyakuden, e durante la cerimonia venne fatto un annuncio importante: un alto esponente del clero comunicò infatti che il monaco Shin’no Abe, sovrintendente generale, ad aprile dell’anno precedente aveva ricevuto in segreto dal patriarca Nittatsu la trasmissione della Legge e sarebbe divenuto il sessantasettesimo patriarca della Nichiren Shoshu.
La posizione della Soka Gakkai, anche in questa circostanza, fu di cercare di proteggere il clero pregando per la realizzazione di un’armoniosa comunità di fedeli, per il bene di kosen-rufu.

[6] Dal 6 all’8 agosto vennero celebrati la veglia e i funerali del patriarca Nittatsu a cui parteciparono anche i massimi responsabili e i rappresentanti della Soka Gakkai, a partire da Shin’ichi Yamamoto.
Quell’estate arrivarono in Giappone circa milletrecento membri della SGI, da quarantuno paesi e tre territori nel mondo.
Shin’ichi partecipò sia al raduno internazionale dell’amicizia che si tenne il 13 agosto presso il Centro culturale di Kanagawa, sia alla cerimonia mondiale di Gongyo per la pace che ebbe luogo il giorno 15 al Toda memorial Hall di Tokyo, e incoraggiò i membri in veste di presidente della SGI.
Quali che fossero le circostanze, Shin’ichi non poteva assolutamente astenersi dall’incoraggiare questi sinceri compagni di fede che lottavano con slancio per kosen-rufu ed erano giunti in Giappone da ogni parte del mondo, facendo ardere nel cuore lo spirito di ricerca della Legge.
Nichiren Daishonin afferma: «Non importa se è un demone o un animale, se spiega anche un singolo verso o frase del Sutra del Loto, come dice il Sutra stesso, dovete rispettarlo come fareste con il Budda. Questo intende il Sutra quando afferma: “Dovrai alzarti e salutarla di lontano, mostrandole lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda”» (RSND, 1, 671).
Nichiren Daishonin considerava questo principio di “alzarsi a salutare di lontano con lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda” come il supremo e unico insegnamento da tramandare.
Il nostro fondamento sono sempre le guide di Nichiren Daishonin.
Nel cuore di Shin’ichi si rafforzava ogni giorno di più l’idea che la nuova epoca di kosen-rufu nel mondo fosse finalmente giunta.
In occasione del raduno internazionale dell’amicizia egli lanciò questo appello: «Il semplice fatto che milletrecento membri da tutto il mondo siano venuti in Giappone ricercando l’insegnamento del Daishonin, costituisce di per sé un fatto straordinario nella storia del Buddismo. Vi prego di mantenere sempre la consapevolezza che voi tutti siete pionieri che stanno aprendo strade mai percorse prima. Voi state costruendo la storia. Sicuramente, una volta rientrati nei vostri rispettivi paesi, vi troverete ad affrontare realtà dove vi sono pochissimi membri, e in molti casi sarete gli unici a praticare in aree molto vaste. Ma la cosa più importante è alzarsi da soli. Il Daishonin diede vita, da solo, al grande flusso di kosen-rufu. Anche la ricostruzione della Soka Gakkai nel dopoguerra ebbe origine dal mae­stro Toda che si alzò da solo. Questo è lo spirito di un buddista e rappresenta lo spirito della Soka Gakkai. Vi invito ad alzarvi da soli, divenendo dei leoni! Anche io lo farò!».

(continua)

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