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"La grande montagna", puntate 29-68 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:24

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“La grande montagna”, puntate 29-68

«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

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«Se potessi, scriverei una lettera di apprezzamento e incoraggiamento a ognuno di voi. Ma sono una persona sola e c’è un limite fisico a quello che posso realizzare. Così ogni giorno scrivo una puntata de La nuova rivoluzione umana. È la mia lettera quotidiana a tutti voi» (D. Ikeda)

Si conclude il primo capitolo “La grande montagna”.
Seguite la pubblicazione delle puntate che il presidente Ikeda sta scrivendo ogni giorno su :
www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione, l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[29] Il pomeriggio del giorno successivo all’incontro con Deng Yinchao, presso la Guest State House, il 13 aprile, Shin’ichi ebbe un incontro con Konosuke Matsushita, fondatore della Matsushita Electrics (poi Panasonic Corporation) nella zona di Shinjuku, a Tokyo.
Shin’ichi riteneva infatti suo dovere informare anche il presidente Matsushita, con il quale aveva creato un profondo legame di amicizia, della sua decisione di lasciare la presidenza della Soka Gakkai.
«Per le prossime generazioni, per il futuro, sto pensando di dimettermi da presidente e di impegnarmi assumendo un altro ruolo», disse Shin’ichi.
Il presidente Matsushima non domandò altro. Gli rivolse un sorriso dicendo: «Davvero? Ha deciso di lasciare la presidenza? Ho sempre creduto che vivere un’esistenza di cui poter andare fieri, sia una cosa meravigliosa».
Nelle sue parole c’era tutto. Il ruolo, le considerazioni o il giudizio della gente sono assolutamente irrilevanti. Nella vita trionfa colui che vive fedele alle proprie convinzioni, fedele a se stesso.
Quel giorno Shin’ichi si diresse verso il Centro culturale di Kanagawa appena completato, a Yokohama, per partecipare alla cerimonia di inaugurazione del Centro, che avrebbe avuto luogo il giorno successivo, il 14 aprile. Giunse in quel nuovo castello della Legge alle otto di sera.
Si trattava di un edificio distribuito su dieci piani, più due livelli sotterranei. Le mura in mattone rosso gli conferivano maestosità e si aveva la sensazione di essere in un paese straniero. A Yokohama, nella prefettura di Kanagawa, presso lo stadio Mitsuzawa, l’8 settembre del 1957 il maestro Josei Toda, in occasione del Festival sportivo dei giovani, aveva pronunciato la sua Dichiarazione per l’abolizione delle armi nucleari.
In altre parole, Kanagawa rappresentava il punto di partenza del grande movimento per la pace della Soka Gakkai.
Di fronte al Centro culturale sorgeva il parco Yamashita, oltre il quale si allungava il porto di Yokohama. Nella zona portuale, una meravigliosa striscia di oceano, le luci delle navi danzavano sull’acqua e quelle della città producevano l’effetto di tanti gioielli luccicanti.
Shin’ichi pensò che fosse il Centro adatto per annunciare la nuova partenza della Soka Gakkai nel grandioso viaggio per la pace e la cultura, nel momento in cui avevano appena finito di risuonare le “sette campane”.
Nel cielo stellato echeggiò il fischio di una nave.
Shin’ichi sentì avvicinarsi l’alba della rinascita.

[30] Con grande gioia dei compagni di fede, il 14 aprile si tenne una cerimonia di Gongyo per inaugurare il nuovo Centro culturale di Kanagawa, in due sessioni, pomeridiana e serale.
Shin’ichi partecipò a entrambe le cerimonie e incoraggiò con tutte le forze i membri, ringraziandoli per gli sforzi compiuti. Rivolgendo il suo saluto raccontò con nostalgia di quando, per la prima volta, aveva preso parte a uno zadankai nella città di Yokohama, nella prefettura di Kanagawa.
«Credo si tratti di trent’anni fa – disse Shin’ichi -. Allora avevo appena ventuno anni. Lo zadankai si teneva nell’abitazione di un responsabile vicino alla stazione Kokudo, della linea Tsurumi delle Ferrovie dello Stato (poi JR). Erano presenti cinque amici non praticanti. Non c’erano solo giovani, ma anche signore e signori di una certa età. Io parlai della mia esperienza con grande energia, come si addice a un giovane, e ribadii con forza e convinzione, tramite le guide del maestro Toda, la grandezza del Buddismo di Nichiren Daishonin. Se ricordo bene tutti e cinque gli ospiti decisero di entrare a far parte della Soka Gakkai».
Più che in una ricca esperienza di vita, la forza più potente nella propagazione della Legge risiede in un’assoluta convinzione del Gohonzon e nel sincero desiderio di rendere felice la persona che abbiamo di fronte. Questa è la ragione per cui le parole colme di convinzione e sincera premura, anche se pronunciate da un giovane, sono in grado di risuonare nella vita delle persone toccandone il cuore.
«Mi sono impegnato allo stremo delle forze in questa terra di Kanagawa nella propagazione della Legge, negli zadankai, nelle lezioni di Buddismo nei settori e nelle guide personali – proseguì Shin’ichi -. Questi costituiscono tuttora dei gioiosi e significativi ricordi di gioventù. Inoltre, coloro che si sono impegnati insieme a me nell’attività sono profondamente incisi nel mio cuore come preziosissimi e indimenticabili compagni di fede».
Shin’ichi pensò: «Quando annuncerò le mie dimissioni, sono certo che tutti rimarranno molto sorpresi. Qualsiasi cosa accada, la loro fede non deve assolutamente vacillare, nemmeno un po’. Per questo voglio ribadire fino in fondo l’importanza di costruire una fede salda e irremovibile».
E proseguì dicendo: «Anche nella storia della Soka Gakkai vi sono state numerose svolte e nodi cruciali da superare. Il punto da cui ripartire in ogni momento è racchiuso nello spirito di “alzarsi da soli” del maestro Makiguchi, nel grande spirito di kosen-rufu».

[31] La Soka Gakkai è un’unione di Bodhisattva della Terra che ha fatto la sua apparizione in questo mondo per adempiere al mandato di Nichiren Daishonin di realizzare kosen-rufu. Per questa ragione sia il primo che il secondo presidente, Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, con la ferma determinazione di propagare la Legge anche a costo della vita, hanno aperto la strada di kosen-rufu tenendo sempre a mente la realizzazione della felicità di tutta l’umanità.
Anche noi, a nostra volta, ereditando e portando avanti lo spirito dei maestri e discepoli Soka, ci stiamo impegnando con fierezza e coraggio nella propagazione della Legge per adempiere alla nostra missione in questa esistenza. Qualsiasi cosa accada, fino a quando riusciremo a proteggere il cammino dei maestri e discepoli Soka, il flusso della compassionevole propagazione della Legge non si fermerà.
Gli “ingranaggi” di questo grande meccanismo della storia che conduce alla pace nel mondo e alla felicità di tutta l’umanità continueranno a girare, e le vite delle persone continueranno a sbocciare magnificamente, come meravigliosi ciliegi in fiore.
Shin’ichi desiderava che tutti i compagni di fede continuassero a coltivare questa profonda convinzione.
Il pomeriggio del 16 aprile ricevette la visita dell’ex segretario di stato Henry Kissinger. Il loro incontro ebbe luogo presso l’International Friendship Hall (ora Tokyo International Friendship Hall), nel quartiere di Shibuya, a Tokyo. Il loro precedente incontro risaliva a quattro anni addietro.
Henry Kissinger era nato in Germania nel 1923 e, da ragazzo, per sfuggire alle persecuzioni dei nazisti contro gli ebrei si era rifugiato negli Stati Uniti insieme alla famiglia. Specializzatosi in Scienze politiche presso l’Università di Harvard, conseguì il dottorato e nel 1962 divenne professore presso la medesima università.
Durante l’amministrazione Nixon ricoprì gli incarichi di assistente del presidente e di segretario di Stato. In quegli anni incoraggiò le visite del presidente Nixon in Cina e in Unione Sovietica e promosse i negoziati per il Trattato per la limitazione degli <Hpl:=armamenti strategici (SALT) tra Stati Uniti e Unione Sovietica, oltre alle trattative di pace in Vietnam e in Medio Oriente. Le sue capacità diplomatiche nei negoziati attirarono l’attenzione del mondo intero. Nel 1973 venne insignito del premio Nobel per la Pace.
Nel 1977, con l’insediamento dell’amministrazione Carter, aveva lasciato definitivamente la Casa Bianca ed era divenuto professore presso la Georgetown University.
«Benvenuto, la aspettavamo!»: così dicendo Shin’ichi strinse con forza la mano del professore e, passeggiando insieme per il giardino del Centro, si aggiornarono reciprocamente sulla loro situazione. Egli aveva sempre continuato a cercare insieme a lui un mezzo per aprire la strada al cammino di una pace eterna.
Dallo stimolo che sorge dal dialogo nasce una nuova saggezza.

[32] Dopo aver passeggiato un po’ nel giardino, Shin’ichi Yamamoto e Henry Kissinger si misero a dialogare nella sala da ricevimento.
Kissinger gli parlò dell’imminente pubblicazione delle sue memorie: «In questo volume non ho parlato della mia vita, ma della politica estera che ho effettivamente condotto».
Shin’ichi rispose senza esitare: «Ciò che si fa realmente, sia in politica estera che nella propria vita, ha la massima importanza». Quelle parole fecero apparire sul volto di Kissinger un sorriso quasi imbarazzato. La loro conversazione toccò vari argomenti.
Rievocando il passato parlarono di personalità che avevano influenzato la loro vita, di “ciò che è più importante trasmettere ai giovani di oggi” e di temi relativi alla situazione mondiale.
Quando si trovarono a discutere del pericolo di una guerra, Shin’ichi sottolineò che per conseguire la pace erano indispensabili una filosofia, un pensiero e una religione che l’avvalorassero, e Kissinger si trovò totalmente d’accordo. A quel punto Shin’ichi, parlando della storia dell’India, menzionò la politica di Ashoka il Grande e ribadì l’importanza dei princìpi buddisti a sostegno della pace.
«Possiamo dire che Ashoka poté condurre una politica ideale basandosi sull’insegnamento buddista. Il Buddismo spiega che in origine ciascun individuo è dotato della Buddità, ovvero dello stato vitale incomparabilmente nobile ed elevato del Budda. Ed è appunto questa la filosofia dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani che afferma al tempo stesso in modo irrefutabile il principio del rispetto della dignità della vita. Da qui nasce la visione pacifista e umanistica che la caratterizza».
Consapevoli che per approfondire tali tematiche fosse necessario molto più tempo, entrambi promisero di incontrarsi ancora in futuro per continuare a dialogare e offrire spunti di riflessione per il ventunesimo secolo.
Ciò avveniva nel settembre del 1986, in un incontro durato due giorni, a cui si aggiunse uno scambio di corrispondenza pubblicato a puntate l’anno successivo, dal gennaio all’agosto del 1987, sul mensile Ushio.
Nel settembre dello stesso anno uscì inoltre la serie di dialoghi pubblicata dalla casa editrice della rivista, intitolata “Dialoghi sulla pace, la vita e la filosofia”.

[33] Shin’ichi aveva deciso che era giunto il momento di trasmettere e diffondere ampiamente nel mondo la filosofia dell’uguaglianza e del rispetto della dignità della vita che trae origine dal Buddismo e rappresenta la prima pietra per l’edificazione della pace, e che quella filosofia doveva diventare il fulcro spirituale del ventunesimo secolo.
Il 21 aprile, il giorno in cui cadeva il ventottesimo anniversario della fondazione del quotidiano Seikyo, egli tenne un incontro presso il Centro culturale di Kanagawa con S. Mulgaonkar, caporedattore del quotidiano The Indian Express, in occasione del quale dialogarono su tematiche quali la costruzione della pace e la missione giornalistica.
Mentre portava avanti dialoghi con leader e personaggi di rilievo con il grande obiettivo della pace nel mondo, Shin’ichi era interamente dedito alle guide personali e alle visite a casa ai membri, attività che conduceva con il desiderio di aiutare ognuno di loro a diventare felice. Anche in quel momento continuava a rivolgersi alle decine di visitatori che incontrava al Centro culturale di Kanagawa offrendo incoraggiamenti e guide.
«Qualunque cosa accada e indipendentemente dalla posizione che ricoprirò, continuerò a incoraggiare i nobili e preziosi membri della Gakkai. Continuerò ad avanzare insieme alle persone comuni»: così aveva determinato con fermezza nel profondo del cuore.
Prendersi cura di ogni singola persona, sostenerla e incoraggiarla sono azioni che hanno la stessa origine della costruzione della pace mondiale, in quanto nascono dalla filosofia e dalla compassione buddista, secondo cui gli individui sono tutti, indiscriminatamente, dei Budda.
Quel giorno Shin’ichi conversò anche con alcuni giovani, in particolare con Takayoshi Oga, responsabile dei giovani della prefettura di Kanagawa. «Il vostro palcoscenico si amplierà sino a includere il mondo intero! Poiché avete davanti a voi un’intera vita da vivere, perché non viverla insieme a me, diventando i protagonisti del nobile, affascinante romanzo di kosen-rufu mondiale?!».
Negli occhi di quei giovani che riflettevano un’ardente determinazione, Shin’ichi percepiva una speranza infinita.
Nella sua mente c’era nitida l’immagine delle persone che in ogni angolo del pianeta soffrivano a causa della guerra, della fame o della povertà.
Egli continuava a scervellarsi, a domandarsi cosa potesse fare per porre fine alla Guerra Fredda tra il blocco occidentale e quello orientale, che più di ogni cosa stava lacerando l’umanità.
«Continuerò a dialogare con i leader di tutto il mondo, in qualità di essere umano, di portavoce della gente comune, al fine di unire le persone. Benché possa sembrare impossibile, non esiste altra via per la costruzione della pace!»
Davanti ai suoi occhi prendeva forma, distintamente, il viaggio verso nuovi orizzonti della Soka nel ventunesimo secolo, insieme al vessillo dell’umanesimo che si stagliava alto nel cielo.

[34] Il 22 aprile Shin’ichi si recò al tempio principale per un incontro con il patriarca Nittatsu. Era un pomeriggio radioso. Sotto un cielo terso, il monte Fuji si stagliava in tutta la sua maestosa imponenza. Intorno alla cima ricoperta di neve galleggiavano le nuvole. Sulla vetta si stava probabilmente abbattendo una tormenta di neve.
Shin’ichi si sentì incoraggiato dall’aspetto saldo e imponente del monte Fuji. La decisione di dimettersi sia dalla carica di sokoto che da quella di presidente della Soka Gakkai rappresentava per lui una scelta positiva compiuta per il bene del futuro.
Naturalmente la decisione di dimettersi era stata presa per porre fine agli sconsiderati attacchi dei giovani preti della Nichiren Shoshu contro la Soka Gakkai e per proteggere i preziosi compagni di fede. Tuttavia egli percepì chiaramente che quella nuova alba segnava l’inizio di uno slancio in avanti della Soka Gakkai, proprio allora che le sette campane avevano appena finito di risuonare.
Inoltre egli aveva tante cose che gli rimanevano da fare, alle quali non aveva potuto dedicarsi fino ad allora per mancanza di tempo.
Una di queste era il dialogo interreligioso finalizzato alla pace nel mondo. Desiderava inoltre impegnarsi a fondo nell’incoraggiare i compagni di fede, ad esempio visitando a casa coloro che si erano dedicati all’attività in modo ammirevole nel corso degli anni.
Appena incontrò Nittatsu, Shin’ichi gli dichiarò ufficialmente di volersi dimettere dalla carica di sokoto di tutti i membri laici, intenzione che gli aveva già precedentemente comunicato.
Lo informò inoltre della sua decisione di presentare ufficialmente la lettera di dimissioni il 26 aprile. Nittatsu comunicò a Shin’ichi la sua volontà di nominarlo sokoto onorario, nel momento in cui si fosse dimesso da sokoto.
Shin’ichi dichiarò di volersi dimettere anche da presidente della Soka Gakkai, carica che aveva ricoperto per diciannove anni, ora che le sette campane, il grande obiettivo a cui la Soka Gakkai aveva sempre puntato, avevano finito di risuonare. Anche in questo nuovo assetto, infatti, riteneva di poter continuare a vegliare su tutti i membri, concentrando le sue forze nella promozione del movimento per la pace, la cultura e l’educazione della Soka. La Gakkai è l’organizzazione per kosen-rufu apparsa in questo mondo per la felicità della gente comune, per la pace nel mondo. Perciò non bisogna assolutamente permettere che il suo flusso si arresti.
Oltre a rafforzare in cuor suo la decisione di dar vita a una nuova sfida nel suo nuovo ruolo, continuava a pregare fino in fondo per un nuovo progresso della Soka. Questo era il grido che proveniva dal suo cuore: «Basta anche una sola persona disposta a lottare con tutte le proprie forze, per aprire la strada. Oh miei discepoli! Alzatevi insieme al maestro! È arrivato finalmente il momento della verità».

[35] Sulla prima pagina del Seikyo Shimbun del 24 aprile uscì un articolo di Shin’ichi intitolato Con la fine del ciclo delle sette campane, la cui pubblicazione era stata presa in esame e decisa assieme alla dirigenza della Soka Gakkai. Nell’articolo Shin’ichi, oltre a esprimere la sua gratitudine ai compagni di fede che avevano lottato insieme a lui condividendo gioie e dolori, desiderava incitarli a prepararsi per una nuova partenza, ora che il ciclo delle sette campane, il grande obiettivo della Soka Gakkai, era compiuto.
«Fin dai tempi del primo presidente Makiguchi – scrisse – abbiamo compiuto un grande sviluppo lungo la strada maestra di kosen-rufu con un ritmo scandito di sette anni. E oggi che il 3 maggio 1979 è alle porte, un giorno da celebrare, il coronamento delle sette campane è finalmente giunto».
Shin’ichi desiderava inoltre esprimere la più profonda gratitudine ai compagni di fede che avevano lottato insieme a lui con tutte le forze per la “sacra impresa” della compassionevole realizzazione di kosen-rufu.
«Sono trascorsi ventuno anni – proseguì Shin’ichi – dalla morte del presidente Toda, e diciannove da quando ho assunto la carica di presidente, e in questo lungo periodo di quasi vent’anni abbiamo scritto tutti insieme pagine di storia piene di sofferenze e di gloria. E oggi siamo arrivati fin qui. Vorrei esprimere nuovamente dal profondo del cuore il mio ringraziamento a tutti voi, valorosi eroi della Legge mistica che avete voluto proteggere e sostenere sia pubblicamente che privatamente questo semplice uomo dalle conoscenze e capacità limitate, quale io sono, impegnandovi con tutte le forze per kosen-rufu. Siate certi che i passi compiuti finora costituiscono un eterno, prezioso tesoro della vostra vita. Il nostro, in fondo, non è che un raduno di persone comuni nell’Ultimo giorno della Legge. Abbiamo quindi dovuto in molti casi procedere per tentativi. Abbiamo compiuto passi avanti e a volte passi indietro. Tuttavia, superando grandi ostacoli, abbiamo creato una marea crescente e riversato grandi sforzi per garantire stabilità al nostro movimento per assicurare la pace nel paese con l’adozione del Buddismo di Nichiren Daishonin, per la felicità dell’umanità e per la pace». Di questo Shin’ichi era profondamente convinto.
«Chi, fedele agli insegnamenti del Daishonin, ha aperto la strada al cammino di kosen-rufu attraverso la pratica di propagare la Legge anche a costo della vita? La Soka Gakkai! Sono stati i compagni che si sono dedicati con tutte le forze lottando insieme a me. Sono stati i Bodhisattva della Terra riuniti attorno al vessillo Soka per realizzare il mandato del Daishonin di kosen-rufu nell’Ultimo giorno della Legge. Senza la Soka Gakkai, gli insegnamenti e le parole del Daishonin non sarebbero altro che menzogne».

[36] Shin’ichi parlò della sua visione del futuro, riferendosi alla rete dei Bodhisattva della Terra che si era ampliata fino a includere più di novanta paesi del mondo, e al Buddismo di Nichiren Daishonin, l’unica speranza di fronte alla crisi che stava diventando una minaccia reale per l’umanità.
«Il processo di creazione della cultura e della pace a livello globale è ancora a uno stadio iniziale, ma i semi della pace e della cultura sono stati indubbiamente piantati e i loro germogli sono apparsi in tutto il pianeta. Finora mi sono impegnato incessantemente a tale scopo. Ma a partire da ora bisogna affrontare seriamente la sfida che tale processo comporta, guardare al futuro ed elaborare un grande progetto riguardo a ciò che persone di fede come noi saranno chiamate a fare. La religione è lo spirito che anima la pace e la cultura; e la forza degli individui che trascende le frontiere nazionali è in grado di creare un movimento che promuova la pace e la cultura. Nell’antichità la religione rappresentava la linfa vitale della cultura. Inoltre, la pace va costruita nel cuore degli esseri umani. Quando le basi saranno pronte, solo i nostri sforzi porteranno alla realizzazione di una corrente nella storia volta a edificare una pace e una cultura durevoli».
Se una persona di fede chiude gli occhi di fronte alla crisi che realmente attanaglia il mondo, rimanendo entro i limiti circoscritti della sua religione, quest’ultima non potrà che considerarsi inutile e ingombrante.
La religione è la forza necessaria all’edificazione della società, e la missione di un buddista è realizzare la pace mondiale e la felicità del genere umano. Ecco perché Nichiren Daishonin sottolinea l’importanza di adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese.
Il grande scrittore Lev Tolstoj afferma: «La religione, ora come in passato, è un’importante forza motrice, è il cuore della società umana».
Shin’ichi continuò: «A ogni modo, la nostra “catena montuosa di kosen-rufu” ha dato origine a una storia che possiamo ammirare in tutta la sua grandezza. Le numerose persone di valore che si stanno adoperando per la causa di kosen-rufu ne costituiscono le fondamenta, e i giovani che uno dopo l’altro appariranno con entusiasmo sul palcoscenico del ventunesimo secolo ne prenderanno il testimone. Quanta fiducia essi ci infondono! Noi tutti abbiamo atteso con gioia questo giorno, questo momento cruciale. La nostra è una vittoria conquistata attraverso legami di fede che vanno al di là delle posizioni che ricopriamo, degli ambiti in cui ci troviamo ad agire: è un canto di vittoria dell’essere umano».
Quella di Shin’ichi era una proclamazione di vittoria. I risultati inconfutabili ottenuti dalla Soka Gakkai, dai compagni di fede, al fine del conseguimento di kosen-rufu, hanno un valore indelebile, eterno.

[37] La prerogativa delle grandi imprese è la continuità. Le autentiche, grandi opere si realizzano grazie alla presenza di successori nelle generazioni future.
Shin’ichi espresse in seguito le sue idee: «Poiché kosen-rufu è una rivoluzione che va portata avanti in modo continuo e durevole, il punto fondamentale sarà come trasmettere tale testimone a coloro che ci succederanno. Il compimento di un’impresa rappresenta il punto di partenza per affrontarne una nuova. Il completamento di un periodo storico deve diventare un’opportunità di sviluppo di un nuovo, grande capitolo della storia. Giorno dopo giorno e mese dopo mese ho continuato a riflettere, a pensare a tutti i modi possibili per aprire un imponente cammino verso il ventunesimo secolo, costruire una corrente di felicità e serenità per tutti voi, e far sì che i vostri figli possano ereditare l’insegnamento corretto del Daishonin e prosperare in eterno. Tale è stata la mia responsabilità in accordo con l’epoca che ho vissuto. Infine sono giunto a trasformare il cammino per la “concreta realizzazione di kosen-rufu”, che da un ruscello è diventato un grande fiume, e poi una nuova corrente che sfocia nell’immenso oceano».
Shin’ichi rivelò poi che sentiva la necessità di rendere stabile e durevole questa grande corrente. Concluse l’articolo sottolineando con forza il desiderio di imprimere nel profondo nel cuore le auree parole del Daishonin, che paragona il sicuro conseguimento di kosen-rufu a «una freccia che, puntata verso terra, non può mancare il bersaglio» (RSND, 1, 341) e rideterminare insieme a tutti i compagni di fede la promessa di avanzare incessantemente nella fede, nella pratica e nello studio.
I membri della Gakkai che avevano letto l’articolo sul quotidiano Seikyo in cui Shin’ichi parlava delle sue impressioni in occasione del completamento del ciclo delle sette campane, percepirono la profonda gratitudine che Shin’ichi nutriva nei loro confronti, insieme alla volontà di compiere una nuova partenza, e con forte entusiasmo si rideterminarono nella fede. Nessuno poteva immaginare che quel giorno egli aveva presentato le dimissioni dall’incarico di presidente.
Un’immensa gioia aveva infatti avvolto i membri quella mattina.
Il 22, due giorni addietro, si erano tenute le elezioni dei consiglieri comunali nelle circoscrizioni speciali di Tokyo e le elezioni comunali ordinarie che concludevano le none elezioni amministrative unificate, e la sera del 23 era stata confermata la vittoria riportata dal partito Komei, sostenuto dalla Gakkai.

[38] Alle dieci del mattino del 24 aprile, presso il Centro culturale di Shinjuku, a Tokyo, ebbe luogo una riunione dei responsabili di prefettura. Il Centro si trovava a circa dieci minuti a piedi dalla sede centrale della Gakkai e dalla sede del quotidiano Seikyo, a Shinanomachi.
Dopo aver concluso con una splendida vittoria le attività di sostegno al partito Komei durante le elezioni amministrative unificate, i partecipanti riunitisi da tutto il Paese avevano un’espressione raggiante.
Shin’ichi Yamamoto non era ancora arrivato, ma la voce del presentatore che annunciava l’apertura della riunione aveva già iniziato a risuonare nella sala. Il direttore generale Kiyoshi Jujo prese per primo il microfono.
Era la riunione dei responsabili di prefettura che, precedendo il 3 maggio, segnava una nuova partenza dell’organizzazione, tuttavia sul suo volto non si scorgeva alcun sorriso o espressione allegra.
Jujo cominciò a parlare dell’origine del ciclo delle sette campane.
«Alla riunione generale dei responsabili di centro del 3 maggio 1958, l’anno della scomparsa del presidente Toda, quando tutti noi eravamo sprofondati nel dolore, il maestro Yamamoto ci parlò del concetto delle sette campane. Ricordando che il maestro Toda aveva affermato che a partire dalla fondazione, ogni periodo di sette anni aveva scandito un progresso considerevole della Gakkai, riferì che quell’anno avrebbe risuonato la quinta campana. Così riuscimmo a superare quel dolore e a lanciarci in una nuova partenza riponendo le nostre speranze nel futuro, in vista del 1979, che segnava il termine dei rintocchi della settima campana. Proprio ora sta per giungere il momento in cui finirà di suonare questa campana. Il maestro Yamamoto ha già annunciato che dal 1980 il progresso di kosen-rufu avrà ritmi quinquennali, e che a partire dal ventunesimo secolo avanzeremo nuovamente al suono delle sette campane. Sin dal suo insediamento, il maestro Yamamoto ha intrapreso diverse riforme per adattare ai tempi il nostro movimento, sviluppando ampiamente la corrente di kosen-rufu, che da un torrente è diventata un grande fiume e poi un oceano. Ha creato inoltre un’organizzazione dallo spirito sempre più democratico che ascolta le opinioni dei membri, e un sistema collegiale sempre più radicato. Nel 1974 ha inoltre proposto che il direttore generale, e non più il presidente, diventasse il rappresentante amministrativo della Gakkai».
Shin’ichi aveva promosso l’edificazione di una nuova struttura dell’organizzazione che potesse adattarsi al futuro.
La Soka Gakkai può assicurarsi una prosperità eterna nel momento in cui compie concretamente i preparativi più appropriati per svilupparsi al passo con i tempi.

[39] Pensando al futuro era indubbio che, sia la società che la Gakkai, si sarebbero sempre di più diversificate. Perciò Shin’ichi riteneva indispensabile che venissero recepite le diverse voci che giungevano dal suo interno, più di quanto si fosse fatto fino ad allora, e che la Gakkai stessa venisse retta da un sistema collegiale basato su decisioni prese collegialmente all’interno dell’organizzazione.
Ovviamente in tutto ciò il presidente costituiva una figura cardine, ma Shin’ichi prefigurava una struttura in cui i dirigenti si unissero compatti tra di loro e che, unendo le proprie forze, riuscissero ad avanzare.
Nella sua visione il modello ideale di organizzazione era quello in cui ciascun compagno di fede, partendo dalla consapevolezza di essere lui stesso il presidente, cercasse di creare unità con gli altri e portasse avanti l’attività promuovendola in prima persona.
Il direttore Jujo proseguì dicendo: «Il maestro Yamamoto ha preso una serie di misure a livello organizzativo necessarie affinché la carica di presidente sia sostenibile anche in sua assenza. Egli ci ha sempre detto così fin dal passato: “Finché ci sarò io può andare bene, ma quando io non ci sarò più la Soka Gakkai si troverà in gravi difficoltà. Ed è per questo che ora sto prendendo provvedimenti necessari. Non è possibile che io resti presidente in eterno. È necessario invece che, in un breve futuro, ci sia un avvicendamento alla presidenza e che io vegli e faccia crescere il nuovo presidente”. Ci ha detto inoltre: “Mentre voi non fate che guardare solo davanti a voi, io sto con lo sguardo già rivolto al futuro. Per questo sto prendendo provvedimenti”.
«Nel momento in cui ha inizio una nuova fase nella storia della Soka Gakkai costituita dalla fine delle sette campane, il maestro ha quindi deciso di annunciare le sue dimissioni da presidente».
In quel preciso istante tutti rimasero senza fiato. Alcuni non credevano alle proprie orecchie. Vi erano alcuni che guardavano con il volto esterrefatto il direttore Jujo, altri con le lacrime agli occhi. Lo stesso direttore Jujo, sebbene avesse il cuore gonfio di un profondo senso di commozione, si fece forza e proseguì dicendo: «Il maestro ci ha detto: “È necessario ripartire con una nuova struttura e con nuove nomine per la stabilità, la continuità e lo sviluppo della Soka Gakkai nel futuro”. Perciò ha deciso, dopo una sofferta riflessione, di dimettersi volontariamente da presidente».
Il maestro è colui che apre la strada al cammino dei discepoli. Il compito dei discepoli è poi quello di allargare il cammino aperto dal maestro e prolungarlo.
La vera relazione tra maestro e discepolo risiede nella trasmissione della missione di kosen-rufu.

[40] Le dimissioni di Shin’ichi Yamamoto da presidente della Soka Gakkai furono così improvvise che i responsabili di prefettura presenti non riuscirono a nascondere la loro perplessità.
Tutti pensarono che il maestro Yamamoto si fosse assunto ogni responsabiltà per porre fine agli attacchi del clero della Nichiren Shoshu contro la Soka Gakkai. Perciò non erano stati convinti dalle parole del direttore Jujo che parlava di “dimissioni volontarie”.
Il fatto che la questione con il clero fosse la ragione delle dimissioni di Shin’ichi da presidente era una verità innegabile. Tuttavia, in quella decisione c’era anche la sua forte convinzione della necessità di preparare la strada al futuro. La fronte del direttore Jujo era imperlata di sudore, e non appena si accorse, guardando il volto dei presenti, che nessuno era soddisfatto della sua spiegazione, ribadì con maggiore enfasi: «Il maestro Yamamoto ha spiegato così le ragioni delle sue “dimissioni volontarie”. Così dicendo, iniziò a leggere un taccuino su cui aveva annotato le parole di Shin’ichi.
«”La prima ragione è che, dopo ben diciannove anni di presidenza, il mio fisico è ormai giunto allo stremo delle forze. Desidero quindi, avendo a cuore la stabilità eterna della Gakkai, passare il testimone adesso che sono ancora in buona salute. Inoltre, oltre a esservi nell’organizzazione delle figure di riferimento come i discepoli di Makiguchi e Toda, il momento propizio è adesso, poiché si stanno formando tra i giovani, una dopo l’altra, tante persone di valore.
«”La seconda ragione è che, nel corso degli ultimi anni, abbiamo pian piano messo mano a una questione rimasta in sospeso dal 1970: mettere in atto una riforma della struttura e dell’organizzazione della Gakkai affinché sia in grado di rispondere alle esigenze della società e dell’epoca in cui viviamo. E proprio in quest’ottica si è deciso di istituire alcune norme statutarie che rispondono a tali esigenze. Pensando alle prossime generazioni, è già stata predisposta una struttura organizzativa che ci consenta di andare avanti in modo collegiale. Si delinea quindi un orizzonte sereno che mi permette di affidare con tranquillità la gestione dell’organizzazione.
«”La terza ragione è che, in questi ultimi anni, ho concentrato le mie forze nella promozione del movimento per la pace, l’educazione e la cultura basato sul Buddismo. Avverto forte la necessità di dover aprire ancor più la strada a questo cammino sia in Giappone che nel mondo. Desidero inoltre visitare a casa i compagni di fede che hanno costruito insieme la storia della Gakkai e che più si sono impegnati nell’attività per kosen-rufu, e portare avanti numerose pubblicazioni e scritti. Purtroppo tutto ciò richiede tanto tempo”. Queste sono le ragioni delle dimissioni volontarie del maestro Yamamoto», concluse il direttore Jujo.
In questo mondo ogni cosa cambia: le persone, la società, la natura.
La fede e lo spirito della Soka Gakkai costituiscono la forza per fare di questo cambiamento un trampolino per un grande balzo in avanti, per migliorare e dare inizio a una nuova sfida, pieni di speranza.

[41] I responsabili di prefettura presenti capirono i motivi della decisione di Shin’ichi di dimettersi da presidente, ma non riuscivano ancora a farsene una ragione. Il direttore Jujo proseguì dicendo: «Questa volta il maestro non solo ha rassegnato le dimissioni da presidente della Soka Gakkai, ma anche quelle di sokoto al clero della Nichiren Shoshu. Per quanto riguarda queste ultime, egli ha voluto assumere su di sé ogni responsabilità dei problemi sorti con il clero. Nel prendere atto delle dimissioni del maestro Yamamoto, la prima sensazione che ci assale è indubbiamente un profondo senso di tristezza. Ma l’importante non è forse cercare di comprendere bene la sua decisione, il suo cuore, e dare inizio con gioia a una nuova partenza verso il futuro? Forse non siamo così capaci, ma il cammino del discepolo non è quello di unire le forze per costruire una Soka Gakkai di cui il maestro possa stare tranquillo? Per quanto riguarda i prossimi passi, a seguito delle dimissioni volontarie del maestro Yamamoto da presidente, verrà indetta nel pomeriggio di oggi una riunione del consiglio amministrativo che, dopo aver ratificato le dimissioni, organizzerà una conferenza stampa dove verranno annunciate pubblicamente». Così concluse il suo discorso.
Non vi furono applausi. Molte tra le donne presenti avevano gli occhi gonfi di lacrime. Vi erano uomini che guardavano il soffitto con lo sguardo assente e responsabili dei giovani che, fissando un punto con gli occhi pieni di rabbia, stringevano le labbra in segno di indignazione.
In quel momento Shin’ichi entrò nella sala. Si levarono insieme delle voci che urlavano: «Sensei!».
Egli, camminando con calma, disse con forza: «Non è che una rappresentazione del dramma della vita che va in scena. Non è divertente? Kosen-rufu è una lotta impetuosa». Poi Shin’ichi recitò tre Daimoku insieme a tutti loro, si sedette dietro al tavolo e iniziò a osservare i volti dei partecipanti.
Tutti attendevano le sue parole col fiato sospeso: «Come vi è stato detto prima, non c’è nulla di cui essere preoccupati. Continuerò a lottare in base al mio nuovo ruolo. La lotta di kosen-rufu non avrà mai fine perché io sono un discepolo del maestro Toda».
Shin’ichi era un leone che si ergeva con coraggio di fronte alle avversità. L’orgoglio di essere maestri e discepoli della Soka si trasforma in coraggio ardendo e risplendendo meravigliosamente.

[42] Shin’ichi cominciò a parlare con un tono di voce possente: «Da ora in poi, mettendo insieme tutte le vostre forze, impegnatevi nel costruire una nuova ­Gakkai, in modo che il nuovo presidente divenga il punto di riferimento centrale. Io continuerò a vegliare su di voi. Non c’è assolutamente nulla per cui addolorarsi. La nostra, infatti, è una grandiosa, magnifica partenza».
Dalla sala si udivano voci che gridavano: «Sensei… Non si dimetta!».
Si avvertirono poi dei singhiozzi che si fecero sempre più forti. Alcuni si abbandonarono a un pianto disperato.
Un uomo si alzò e chiese: «Da adesso in poi, maestro, che ruolo assumerà?».
«Io rimango sempre lo stesso. Per me non cambia nulla! Qualunque sia la posizione che assumerò, continuerò a essere un individuo che si sforza di adempiere alla missione dei Bodhisattva della Terra, poiché sono un discepolo del maestro Toda che ha dedicato interamente la sua vita a kosen-rufu».
Un responsabile dei giovani gli fece una domanda, quasi a voler ottenere conferma a ciò che stava pensando: «Anche se si dimetterà dalla carica di presidente, lei resterà sempre il nostro maestro, vero?».
«Non vi ho forse insegnato finora tutti i princìpi fondamentali della fede? Un giovane non deve diventare troppo sentimentale in casi come questo. Dicendo a tutti i compagni “Forza, inizia una nuova epoca… Diamoci da fare!”, di tua spontanea iniziativa dovresti incoraggiare gli altri. Non temere nulla!».
Una dopo l’altra, si alzarono le mani di chi voleva fare delle domande. «Continuerà a venire alle riunioni dei responsabili di prefettura?», chiese un uomo.
Shin’ichi rispose: «Farete tutti insieme attività sotto la guida del nuovo presidente. Non potete appoggiarvi all’infinito su di me. Fino a questo momento mi sono impegnato con tutte le forze per darvi guida, per la crescita di tutti. Vi ho insegnato e trasmesso tutto. Non esistono scuole il cui percorso educativo non abbia fine».
«Continuerà a venire a darci guida nelle varie prefetture? La prego di venire nella nostra…!», disse una donna con le lacrime agli occhi.
«Grazie dell’invito… Ma non sono già venuto tante volte in tutte le prefetture fino a oggi? D’ora in poi desidero recarmi di più all’estero per contribuire alla costruzione della pace. Ci sono paesi in cui la guerra potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Desidero fare ogni sforzo possibile per la causa della pace».
Dalle sue parole sgorgava il forte spirito combattivo di una persona pronta a impegnarsi totalmente in difesa della pace.

[43] Un uomo che si trovava al centro della sala si alzò. Era il responsabile della regione del Tohoku, un giovane intorno a una trentina d’anni.
Cominciò ad alzare la voce, come se volesse sfogare la sua rabbia sui partecipanti alla riunione dei responsabili di prefettura: «Tutti parlate dando già per scontato che il nostro maestro si dimetta. Mi sembra assurdo. Io non riesco a convincermi di una cosa simile!».
Alle sue parole seguì il silenzio.
A quel punto la voce di Shin’ichi riecheggiò nella sala: «Le mie dimissioni sono il presupposto fondamentale della nostra discussione, perché dovrebbe essere altrimenti? Sono io che l’ho deciso. In questo modo si darà origine a una nuova corrente del nostro movimento assicurando la protezione di tutti i membri. Cosa c’è che non va? Invece di alzare la voce, i membri della Gakkai dovrebbero pensare ad avanzare mantenendo un’atmosfera amichevole, serena e una salda unità. Se condividete il mio stesso spirito, ora dovete pensare a incoraggiare e rincuorare i membri avvolgendoli con il vostro calore. Alzatevi e assumete tutti in mia vece la guida dell’organizzazione!
«Quando il presidente fondatore Tsunesaburo Makiguchi morì in carcere, il maestro Toda si alzò da solo e ne ereditò il testimone spirituale. Raggiungendo poi l’obiettivo di far entrare 750.000 famiglie nella Gakkai, le diede un enorme impulso. E quando Toda ci lasciò, io giurai nel profondo del cuore che avrei costruito solide fondamenta per kosen-rufu in Giappone e avrei aperto a ogni costo la strada al movimento di kosen-rufu nel mondo. È così che il Buddismo del Daishonin si è diffuso oggi in tutto il pianeta. A ogni cosa vi è un termine, una fine. Ma una fine è allo stesso tempo un nuovo inizio. Per realizzare questa nuova partenza è necessaria una ferma risoluzione, la fiamma scarlatta di una promessa appassionata. Bisogna alzarsi in piedi, alzarsi con la determinazione di un leone, di coloro che decidono di diventare dei successori nella fede. Avete capito? Conto su di voi, mi raccomando!».
La riunione dei responsabili di prefettura terminò tra le lacrime. Indipendentemente dalle circostanze, fino a che pulserà nel cuore di tutti i membri lo spirito che pervade solennemente la relazione tra maestro e discepoli Soka, si apriranno nuove strade e il movimento di kosen-rufu potrà conoscere nuovi sviluppi.
Più tardi, nel pomeriggio si tenne la riunione del comitato direttivo, in cui venne trasmessa e accettata l’intenzione di Shin’ichi di dimettersi dall’incarico di presidente.
Furono inoltre promulgate le “Regole e regolamenti” della Soka Gakkai, che erano rimaste in sospeso e che furono adottate in quella sede.
Così Kiyoshi Jujo e Kazusama Morikawa furono nominati rispettivamente presidente e direttore generale, mentre Shin’ichi diventava presidente onorario.
Per Shin’ichi si apriva un nuovo, straordinario capitolo della sua appassionante esistenza.

[44] L’insieme di “Regole e regolamenti della Soka Gakkai” approvato nel corso della riunione del comitato direttivo del 24 aprile, stabiliva come la ­Gakkai, in qualità di organizzazione religiosa, doveva condurre le attività religiose, occuparsi della formazione dei membri in modo che assimilassero i princìpi dottrinali del Buddismo del Daishonin e gestire l’organizzazione a tali scopi. In altre parole, essi costituivano le norme fondamentali in base a cui la Gakkai doveva portare avanti le sue attività come ente religioso.
Fino ad allora, oltre a tali “Regole e regolamenti”, la Gakkai era amministrata in base a regolamenti separati inerenti alle varie questioni, come quelli del comitato direttivo e del comitato delle nomine, parallelamente a diverse convenzioni osservate sin dai tempi della fondazione.
“Regole e regolamenti” era stato sistemato e codificato per rispondere alle esigenze di una Gakkai che stava compiendo un rapido sviluppo in molteplici ambiti e un progresso verso una nuova era che si inaugurava contemporaneamente al termine del ciclo delle sette campane. In “Regole e regolamenti”, che si presentava in quindici capitoli (successivamente modificati), si specificava che il presidente e il direttore generale sono eletti dal comitato direttivo e che il loro mandato era quinquennale.
Lo stesso giorno vennero presentate al comitato direttivo le dimissioni di Genji Samejima dalla carica di vicepresidente, che furono successivamente accolte.
Al termine della riunione dei responsabili di prefettura, verso mezzogiorno, la notizia delle dimissioni di Shin’ichi Yamamoto dall’incarico di presidente della Soka Gakkai venne diffusa per radio e in televisione.
Secondo la notizia, Shin’ichi lasciava anche la carica di sokoto, Kiyoshi Jujo sarebbe diventato il nuovo presidente e Shin’ichi il presidente onorario. L’informazione fu fatta così circolare nel paese, e per i membri fu un vero e proprio fulmine a ciel sereno.
C’era chi pensava che una cosa simile non potesse essere vera, che si trattasse di un’informazione falsa, e c’era chi invece si scervellava pensando all’eventualità che la notizia fosse vera. C’era anche chi si indignò chiedendosi perché il maestro Yamamoto aveva dovuto dimettersi.
La sede della Gakkai fu sommersa dalle telefonate di chi voleva informazioni precise e di chi esprimeva invece il suo risentimento. Alcuni piangevano sommessamente dall’altra parte della cornetta. Il centralino squillava continuamente.
Le navi che avanzano sul mare sbattono sulle onde violente che si scagliano su di esse, ma solo superando forti venti e onde furiose si può approdare verso nuove mete.
Shin’ichi affrontava da solo quella tempesta, in piedi sulla prua.

[45] Dopo la riunione dei responsabili di prefettura, Shin’ichi rimase per un po’ presso il Centro culturale di Shinjuku per dialogare e incoraggiare le rappresentanti della Divisione donne che più di chiunque altro erano rimaste scioccate dalle sue dimissioni.
Trascorse anche del tempo nel ricevere visite di ospiti che aveva già in programma. La sera era prevista una conferenza stampa della Soka Gakkai. Nell’edizione serale di tutti i giornali era stato dato grande risalto alla notizia delle dimissioni di Shin’ichi Yamamoto da presidente, e dell’insediamento di Kiyoshi Jujo come nuovo presidente.
I giornali, citando l’articolo pubblicato quel giorno sul giornale Seikyo che riportava il pensiero di Shin’ichi, dal titolo Con la fine del ciclo delle sette campane, avevano considerato quello come la manifestazione della sua volontà di dimettersi.
Fin dal pomeriggio cominciarono ad arrivare uno dopo l’altro gli addetti ai lavori delle testate dei giornali, delle televisioni e delle radio presso la sede del giornale Seikyo, dove era prevista la conferenza stampa e che, già poco dopo le sei di pomeriggio, era gremita di decine di giornalisti.
Verso le sette, non appena fecero la loro comparsa in sala il nuovo presidente Jujo, il nuovo direttore Kazumasa Morikawa e i vice presidenti Eisuke Akitsuki e Hisaya Yamamichi, i flash delle macchine fotografiche si accesero d’un colpo tutti insieme e il rumore degli scatti risuonò all’unisono. Shin’ichi aveva deciso di fare il suo ingresso in sala con una trentina di minuti di ritardo poiché non voleva rubare la scena al nuovo presidente Jujo. Durante la conferenza Akitsuki annunciò che, a seguito della ratifica da parte del consiglio amministrativo delle dimissioni volontarie da presidente di Shin’ichi Yamamoto, egli aveva rassegnato le dimissioni divenendo presidente onorario.
Venne anche annunciato che il direttore Jujo aveva assunto la carica di presidente e il vice presidente Morikawa quella di direttore.
In merito alle dimissioni di Shin’ichi venne poi annunciato che, preso atto che la Soka Gakkai ormai aveva raggiunto la storica pietra miliare costituita dal raggiungimento delle sette campane, che una nuova struttura e una nuova organizzazione erano state ormai predisposte, e che le persone di valore erano pronte, Shin’ichi si era dimesso dalla carica di presidente e aveva espresso la speranza di poter concentrare le sue forze nelle attività per la promozione della pace, della cultura e dell’educazione. La maggior parte degli addetti ai lavori aveva già sentito della notizia delle imminenti dimissioni di Shin’ichi ma, fino al giorno prima, era convinta si trattasse di una decisione che sarebbe stata presa più avanti.
Il segreto per cui la Soka Gakkai aveva compiuto quella straordinaria crescita mai vista prima risiedeva nella sua capacità di guardare sempre al futuro e avanzare compiendo con rapidità la prima mossa.

[46] Kiyoshi Jujo, con aria tesa, espresse le proprie determinazioni come neo presidente: «Raccogliendo il testimone del terzo presidente Yamamoto abbiamo dato il via a una nuova partenza basandoci su una nuova struttura organizzativa. Il presidente Yamamoto ci ha fornito guide sufficienti per portare avanti la Soka Gakkai tutti insieme. Perciò, il modo di procedere della Gakkai non cambierà d’ora in avanti. Si tratta di un compito gravoso a cui intendo adempiere con una nuova determinazione nel cuore. D’ora in poi avanzeremo mirando al ventunesimo secolo con un ritmo di scadenze quinquennali.
I primi cinque anni concentreremo le nostre forze nella formazione di persone di valore. Desideriamo inoltre far crescere la Gakkai come un solido movimento di pace all’interno della società, capace di sensibilizzare l’opinione pubblica per un mondo senza più guerre».
In quel mentre arrivò Shin’ichi Yamamoto. Dopo aver rivolto un sorriso ai giornalisti, si inchinò dicendo: «Vi ringrazio per tutti i vostri sforzi». Rivolse un inchino anche a Jujo e si sedette.
«Ci parli del suo stato d’animo in questo momento e delle ragioni delle sue dimissioni», fu la prima domanda che gli venne rivolta dai giornalisti. «Mi sento rassicurato – disse Shin’ichi -. Come se avessi appena deposto un gran peso. Ma al tempo stesso mi sento come se mi fossi appena assunto un nuovo carico sulle spalle, quello di vegliare sulla nuova organizzazione e su quello che sarà, d’ora in avanti, il cammino attorno al nuovo presidente». Alle sue parole una fragorosa risata scoppiò in sala. L’atmosfera tesa che la dominava mutò improvvisamente e anche sul volto di Jujo comparve il sorriso.
Shin’ichi desiderava fare della partenza della nuova Gakkai qualcosa di luminoso. L’umorismo è capace di spazzare via ogni nube nera.
Egli proseguì dicendo: «Come credo vi sia già stato spiegato, la ragione principale della mia decisione è che ho ritenuto che vent’anni da solo alla guida come massimo responsabile dell’organizzazione costituiscano un periodo troppo lungo. Ed è per questo che, già da tempo, consideravo che lasciando il posto ai miei successori sarebbero scaturite nuova energia creativa e vitalità. Vi è poi la stanchezza che si è accumulata. Ho comunque ancora cinquantuno anni e sono in grado di dare un sostegno vegliando su di tutti». La vita è una lotta continua.

[47] In risposta alle domande della stampa, Shin’ichi parlò delle attività alle quali intendeva dedicarsi in futuro: «La Gakkai svilupperà e amplierà ulteriormente il suo movimento per la pace, l’educazione e la cultura, che si basa sulla filosofia buddista e aspira alla pace mondiale. Intendo dedicare il mio tempo alle attività del nostro movimento».
I giornalisti continuavano a rivolgere domande a Shin’ichi. «Con il cambio della presidenza, in futuro cambieranno anche le relazioni tra la Gakkai e il partito Komei?». Era evidente che ciò che più interessava i giornalisti erano le relazioni della Gakkai con la politica. Con un sorriso Shin’ichi rispose: «Questo lo dovrete chiedere al nuovo presidente. Ma saranno le stesse relazioni che sono state mantenute finora, no?» disse Shin’ichi dando un’occhiata a Kiyoshi Jujo, seduto al suo fianco. Jujo annuì. «Ecco, vedete, sembra che saranno le stesse». E seguì un’altra risata.
«Quindi, la Gakkai continuerà a essere un’organizzazione che sostiene il partito Komei, come ha fatto finora, e il mio desiderio è che esso progredisca ulteriormente fino a ottenere la reputazione di essere il partito che meglio contribuisce al bene dei cittadini».
Shin’ichi rispose in modo franco a tutte le domande che gli venivano poste, e la conferenza stampa terminò un po’ prima delle otto di sera. Alcune giovani donne che facevano parte dello staff accoglienza guardavano Shin’ichi pensierose. Egli disse sorridendo: «Non preoccupatevi! Per quanto mi riguarda, non cambierà nulla!». Si diresse poi in un’altra stanza dove tenne una conversazione informale con alcuni responsabili giovani.
Si rivolse a loro con la determinazione di infondere il suo spirito in queste parole: «A prescindere dalle situazioni che mi troverò costretto ad affrontare, se i giovani si impegnano seriamente si potrà aprire un nuovo futuro. Per un discepolo il momento di lottare non è quando può ricevere direttamente, ogni giorno, le guide dal suo maestro. Questo potrebbe piuttosto definirsi un periodo di allenamento nella fede. La sua lotta decisiva inizia quando il maestro smette di essere direttamente alla guida dell’organizzazione. Eppure ci sono membri che quando il maestro scompare dalla scena approfittano per abbandonarsi al loro egocentrismo e dimenticano lo spirito della Gakkai. Una situazione simile si verificò quando il maestro Toda lasciò l’incarico di direttore della Gakkai. Voi non dovrete per alcun motivo comportarvi in questo modo. Alzatevi con fierezza e determinazione al mio posto! Diventate tutti “Shin’ichi Yamamoto”!».

[48] Era un po’ prima delle dieci di sera, quando dopo essere uscito dalla sede del giornale Seikyo, si diresse verso casa. Le nubi avvolgevano il cielo nascondendo la luna e le stelle. Pensando che si era concluso il primo atto del dramma della sua vita, sentì il suo cuore invaso da una profonda emozione. Egli aveva deciso ogni cosa, considerando il futuro di kosen-rufu e della Gakkai, l’armonia tra religiosi e laici e con il pensiero sempre rivolto ai compagni di fede che tanto amava.
Shin’ichi rifletteva dicendosi: «Anche in futuro, sul cammino della Gakkai imperverseranno più e più volte violente tempeste, ma dovremo avanzare superandole. Ora che ho dato le dimissioni assumendomi personalmente ogni responsabilità, forse per un certo tempo la situazione si calmerà, ma il problema è che le pressioni ingiuste esercitate dal clero, come è stato in passato, si ripeteranno. Esse costituiranno senza alcun dubbio la principale questione da risolvere per la Gakkai ai fini dell’avanzamento di kosen-rufu. Le mosse dei preti che complottano per assicurarsi il dominio della Gakkai, come anche gli intrighi di coloro che si sono allontanati dall’organizzazione, che ne tradiscono lo spirito e si rivoltano contro di essa, sono tutte azioni del re demone del sesto cielo che mira a distruggere il movimento di kosen-rufu e manifestazioni di “demoni malvagi che si impossessano di altre persone” (SDL, 254). Se non ci saranno persone coraggiose che con gli occhi della fede riusciranno a individuare tali funzioni demoniache e a lottare contro di esse con un ardente spirito combattivo per difendere i preziosi figli del Budda, sarà impossibile proteggere la Gakkai e anche le strade di kosen-rufu verranno irrimediabilmente sbarrate».
Con lo sguardo rivolto al futuro, Shin’ichi era profondamente preoccupato. Sua moglie Mineko lo attendeva sorridente nell’ingresso. Shin’ichi entrò in casa e Mineko gli versò una tazza di tè. «Oggi è terminato il mio incarico di presidente».
Sentendo quelle parole, la moglie sorrise facendo un segno di assenso con il capo. «Quanti sforzi hai fatto per un periodo così lungo! Sono felice che tu non ti sia rovinato la salute, che tu stia bene. D’ora in poi potrai incontrare molti più membri. Potrai andare anche da quei compagni di fede che abitano in tanti paesi del mondo. Finalmente sarai molto più libero. Potrai fare tutto il lavoro a cui vorrai dedicarti».
A Shin’ichi sembrava come se una luce avesse illuminato il suo cuore. Erano trascorsi diciannove anni dall’insediamento alla presidenza, quando sua moglie decise che quel giorno era un funerale per la famiglia Yamamoto. Sua moglie in tutti quegli anni l’aveva sostenuto e aveva lottato insieme a lui con tutte le forze. Mineko conosceva bene la decisione di Shin’ichi di intraprendere finalmente i viaggi per la pace finalizzati al conseguimento di kosen-rufu nel mondo. Pensando all’importanza di avere una compagna di fede che lottava al suo fianco, Shin’ichi provava per lei una profonda gratitudine.

[49] Nel cuore della notte del 24 aprile, Shin’ichi aprì il suo diario. Gli avvenimenti di quel giorno affioravano alla sua mente uno dopo l’altro, mentre un mare di emozioni gli riempiva il cuore.
«Il giorno che doveva segnare una nuova partenza colma di speranza verso il ventunesimo secolo è finito in modo così triste… I partecipanti alla riunione dei responsabili di prefettura avevano tutti un’espressione affranta». Scriveva con il desiderio che i ricordi di quella giornata restassero per sempre. Finito di scrivere pensò: «Ora il secondo atto del dramma della mia vita è comunque iniziato. Si alzerà finalmente il sipario sullo spettacolo trionfale di grandi avventure». Poi, riflettendo, disse a se stesso: «Che cos’è in fondo una tempesta? Io sono un leone, sono il diretto discepolo del grande leader di kosen-rufu, Josei Toda. Dedicandomi alla formazione di nuovi giovani e rinnovando la mia determinazione, costruirò una Soka Gakkai eterna, immortale!».
Ebbe la sensazione che il suo spirito combattivo scaturisse infuocato dalle profondità della sua vita. Una frase che era diventata il suo motto sin dai tempi della gioventù gli attraversò la mente: «Le onde si rafforzano ogni volta che incontrano un ostacolo».
Quella sera si tennero d’urgenza in varie località del paese riunioni in cui vennero comunicate le dimissioni volontarie di Shin’ichi e l’istituzione della nuova struttura dell’organizzazione. In una di queste riunioni, un responsabile del Kansai lesse un poema waka [forma poetica giapponese, n.d.r.] che Shin’ichi aveva dedicato a Josei Toda quando aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di direttore:

Altri potranno cambiare
ma io non cambierò mai,
non smetterò di servire il mio maestro
mantenendo il nostro mistico legame
dall’infinito passato.

Il responsabile dichiarò con voce risonante: «Come dice la poesia, anche se ha rinunciato alla carica di presidente, il maestro di tutti noi del Kansai continuerà a essere per sempre il maestro Yamamoto!».
Tutti in sala gridarono con il pugno alzato: «Giusto!».
Nell’edizione serale del telegiornale e del giornale radio venne presentata la conferenza stampa sulle dimissioni di Shin’ichi. I membri rimasero scioccati, ma molti di loro si rincuorarono pensando: «Queste dimissioni sono state decise dallo stesso maestro Yamamoto. Avrà sicuramente avuto un importante, profondo motivo. Ora è il momento in cui un autentico discepolo deve buttarsi a capofitto nel movimento di kosen-rufu e rassicurare il maestro!». Il maestro era un punto fermo nel cuore di tutti.

[50] Il 25 aprile, dopo una notte tumultuosa, in un articolo intitolato Verso l’edificazione di una nuova struttura dell’organizzazione a seguito del completamento del ciclo delle sette campane, sulla prima pagina del quotidiano Seikyo vennero presentati il nuovo presidente Kiyoshi Jujo e il nuovo direttore Kazumasa Morikawa, oltre alla nuova struttura adottata dalla Gakkai. Fu annunciato che Shin’ichi, che si era dimesso dalla presidenza, aveva lasciato anche l’incarico di sokoto ed era diventato presidente onorario. Venne pubblicato anche un messaggio di Shin’ichi intitolato: Ai membri di tutto il ­paese, in cui spiegava i tre motivi delle sue dimissioni volontarie dalla presidenza, annunciate il giorno precedente nel corso della riunione dei responsabili di prefettura. Con lo sguardo rivolto agli anni Ottanta che stavano per iniziare, Shin’ichi affermava: «Desidero offrire il mio totale sostegno allo sviluppo di una Soka Gakkai solida e affidabile nella società e nel mondo, che avrà il suo fulcro nel nuovo presidente». Molti membri lessero ripetutamente quell’articolo. Avevano capito perché e in che modo Shin’ichi era arrivato a dimettersi, ma avevano appreso la notizia solo il giorno prima e nessuno di loro riusciva a liberarsi da una sensazione di smarrimento. Alle tredici e trenta di quel giorno si tenne presso il Centro culturale Soka a Shinanomachi, la riunione dei responsabili di centro di aprile che commemorava il compimento del ciclo delle sette campane.
I partecipanti, che solitamente si riunivano con gioia e dinamismo, avevano tutti un’espressione irrigidita. Pensieri come: «Che ne sarà d’ora in poi del maestro Yamamoto?», «Che ne sarà della Gakkai?» gettavano un’ombra di inquietudine nei loro cuori e cancellavano il sorriso dai loro volti. I membri che entravano in sala sentivano subito che c’era qualcosa di diverso dal solito. Il tavolo e la sedia che erano normalmente posti di fronte sulla sinistra per il discorso del presidente, non c’erano. E quel dettaglio accresceva il senso di tristezza dilagante in sala. Finalmente apparve Shin’ichi. Si levarono grida di gioia. Sorridendo serenamente, disse: «Allora, lanciamo insieme tre urrà. Oggi festeggiamo la nuova partenza della Gakkai. Lo spirito della Gakkai si rivela nell’avanzare maestosamente. Il leone rimane sempre un leone, giusto?».
Quella voce rassicurante fece scaturire il coraggio nel cuore dei membri. Lo spirito combattivo di una persona richiama lo spirito combattivo di tutti. Nichiren Daishonin dichiara: «Quando il re leone ruggisce vedendo i cuccioli minacciati da altre fiere o da uccelli da preda, i cento cuccioli prenderanno coraggio» (RSND, 1, 843).
Le voci energiche dei presenti che gridavano “urrà!” risuonarono nella sala.

[51] Durante la riunione dei responsabili di centro, Shin’ichi intervenne per il suo saluto prima del nuovo presidente Kiyoshi Jujo. Tutti lo fissavano tesi mentre si dirigeva al microfono: «Non mi guardate con quelle facce spaventate… Non è forse quella di oggi la celebrazione della nascita di un nuovo presidente? E poi non mi sono forse impegnato portando avanti questa carica per ben diciannove anni? Non credete mi meriti almeno un bel “Grazie per tutti gli sforzi”, con un bel sorriso?».
Di fronte all’umorismo di Shin’ichi, una risata si propagò per la sala. L’aria tesa si alleggerì di colpo. Egli proseguì: «Il completamento del ciclo delle sette campane: questo è l’obiettivo verso cui era indirizzata la forte, fortissima determinazione per kosen-rufu del secondo presidente Toda. In questo progetto vi era il suo desiderio di costruire le fondamenta per un grandioso sviluppo di kosen-rufu nel mondo, prima che finissero di risuonare. Grazie al potere del Gohonzon e ai nobili sforzi di tutti voi, meravigliosi compagni di fede, siamo riusciti a realizzare il completamento del ciclo delle sette campane. Vorrei quindi cogliere l’occasione per ringraziarvi con tutto il cuore. Per assicurare eternità al movimento di kosen-rufu, è assolutamente necessario rivedere il sistema di gestione all’interno della nostra organizzazione che vuole una persona sola alla guida per un periodo di tempo eccessivamente lungo. Per questo si è voluto dare il via a una nuova partenza con lo sguardo rivolto al futuro. Il nuovo presidente Jujo è poco più anziano di me. Sarebbe naturale dare il cambio a una persona più giovane, ma ricordate che la nostra organizzazione è veramente grande. Perciò sono felice e mi sento rassicurato che la scelta sia ricaduta su una persona di sicuro giudizio, che ha scritto la storia della Soka Gakkai compiendo seri sforzi insieme a me, nei tempi pionieristici del nostro movimento. Il nuovo presidente è una persona molto scrupolosa e con un grande senso di responsabilità, una persona equa e di notevole costituzione fisica. Il neo direttore Morikawa è più anziano sia di me che del nuovo presidente, ma è una persona che ha portato sulle spalle insieme a noi l’eredità del maestro Toda. Non è un uomo appariscente, ma ha un atteggiamento straordinario nella fede. Vi prego di lottare con tutti voi stessi basandovi sulla fede di “diversi corpi, stessa mente”, uniti attorno al nuovo presidente e al nuovo direttore. Il Daishonin afferma: “Quando fra le persone prevale lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, esse realizzeranno tutti i loro scopi” (RSND, 1, 550). In questo passo è racchiuso il punto cardine per la realizzazione di kosen-rufu».

[52] Shin’ichi imprimeva via via sempre più enfasi alle sue parole: «Lungo il viaggio di kosen-rufu potrà accadere qualsiasi cosa. Anche grandi cambiamenti. Vi saranno, com’è ovvio, avvicendamenti fra i responsabili. Non bisogna perciò lasciarsi condizionare rallegrandosi o rattristandosi per ogni singolo evento, ma avanzare con slancio dritti verso kosen-rufu. Non è forse questo lo spirito della Soka Gakkai? Avanziamo fedeli allo spirito espresso nei Ventisei ammonimenti da Nikko Shonin, che afferma: “Finché kosen-rufu non sarà realizzato, propagate la Legge con tutte le vostre capacità, senza lesinare la vostra vita” (GZ, 1618). Io stesso, nel mio nuovo ruolo, come singolo essere umano farò avanzare kosen-rufu dedicando tutte le mie energie a questo scopo. Vi prego quindi di risvegliarvi ciascuno alla vostra missione, come singoli individui, e di alzarvi per questo. La cosa più importante è decidere nel proprio cuore di vivere fino in fondo per kosen-rufu, qualsiasi cosa accada. Ricordatevi sempre che l’organizzazione non è altro che lo strumento per condurre le persone al conseguimento della Buddità, alla condizione vitale di felicità, e che né l’organizzazione in quanto tale, né la responsabilità recano di per sé benefici. È ovvio che l’organizzazione è importante ma, paragonata a un essere umano, può esserne considerata come lo scheletro. Solo impegnandosi con tutte le forze nelle attività per kosen-rufu e per i propri amici è possibile far circolare al suo interno il calore del sangue umano, in modo che tutti siano avvolti dalla gioia, e ricevere noi stessi grandissimi benefici. Per questa ragione i responsabili non devono in alcun modo adagiarsi nel loro ruolo; bisogna impedire in tutti i modi che la nostra diventi un’organizzazione meramente burocratica. Vi prego di fare in modo che nell’organizzazione scorra sempre la linfa vitale della fede che possa rassicurare tutti, e che sia sempre un’organizzazione dedita ai membri e a kosen-rufu, dove ci si aiuta reciprocamente nello spirito di itai doshin (diversi corpi, stessa mente).
Qualsiasi cosa accada, il potere del Gohonzon è assoluto. Per questo bisogna avanzare con fede incrollabile. Non serve lasciarsi andare al sentimentalismo. A ogni modo, vi prego di diventare felici. La cosa importante è che voi stessi, le vostre famiglie, che tutti diventiate felici. Questo è il mio desiderio, la mia preghiera. Vi prego quindi di avanzare ogni giorno senza rimpianti, in modo tale che anche il Daishonin possa lodare ognuno di voi dicendo: “Che meravigliosa fede hai portato avanti! Sei davvero un ottimo discepolo”». Shin’ichi espresse così il suo stato d’animo. Desiderava che divenissero tutti valorosi eroi, e che portassero avanti la loro fede con lo spirito di alzarsi da soli, perché questa è la forza motrice per dischiudere la propria vita alla felicità, per aprire le porte a kosen-rufu.

[53] Dopo Shin’ichi, il nuovo presidente Kiyoshi Jujo si diresse per ultimo al microfono. Parlò a cuore aperto del suo stato d’animo: «Già diversi anni addietro il maestro Yamamoto ci disse: “I prossimi sarete voi a dare impulso alla Gakkai unendo tutti insieme le vostre forze. Dovrete pertanto coltivare in ogni ambito le vostre capacità, perfezionandole”. In realtà, in cuor mio, mi dicevo che il maestro Yamamoto sarebbe sempre rimasto alla presidenza e desideravo che non si dimettesse mai. Tuttavia egli ha preso la ferma decisione di rassegnare le dimissioni in concomitanza con la conclusione del ciclo delle sette campane. Diverso tempo fa ci disse: “Non dovete far affidamento su di me all’infinito, altrimenti non si potrà mai creare un’eterna corrente di kosen-rufu”. Tirammo allora fuori il coraggio e rispondemmo: “Sensei, non si ­preoccupi, ci siamo noi!”. E ora quel momento è arrivato. Non credo assolutamente di avere i meriti e le capacità necessarie per assumere un tale ruolo, né di esserne all’altezza, ma con l’aiuto di tutti voi farò ogni sforzo possibile per il bene dei membri. Vi ringrazio sin d’ora della vostra comprensione».
Jujo aveva assistito con i suoi occhi alle imprese realizzate da Josei Toda per la propagazione della Legge, senza lesinare la vita, e alle terribili lotte affrontate una dopo l’altra da Shin’ichi, il suo discepolo. Aveva quindi sicuramente compreso, osservando direttamente tali esperienze, quanto dovesse pesare la responsabilità del presidente della Gakkai.
«Trasmetterò nel ventunesimo secolo il nobile spirito della Soka Gakkai per la diffusione della Legge mistica, per il bene della gente e della società, lo spirito che ha sempre pervaso la vita del presidente fondatore, il maestro Makiguchi, del secondo presidente, il maestro Toda e del terzo presidente, il maestro Yamamoto, insieme al grande, incrollabile entusiasmo che anima la nostra organizzazione per il conseguimento di kosen-rufu, facendone una corrente stabile e costante. Mi impegnerò inoltre con rinnovata determinazione, per correggere il mio atteggiamento nella fede e nelle attività di propagazione del Buddismo, con l’intenzione di ricominciare daccapo, dai primi passi».
La determinazione nella fede deve essere rinnovata ogni giorno, per tutta la vita. Un buddista accumula assiduamente i suoi sforzi, ogni volta con uno spirito nuovo e con la fermezza di dire a se stesso: «È finalmente giunto il momento di lottare!».

[54] Alla fine Kiyoshi Jujo espresse i suoi pensieri, così come li sentiva affiorare nel cuore. «Desidero imprimere profondamente le guide finora ricevute dal maestro Yamamoto, cercando di portare avanti la pratica secondo il suo esempio, e allo stesso tempo approfondire la fede prendendo spunto da tutti voi che vi siete impegnati in prima linea nella nostra organizzazione. Vi prego quindi di non chiamarmi “maestro” solamente perché ricopro la carica di presidente. Solo i primi tre presidenti della Soka Gakkai sono i nostri “maestri”. Potete chiamarmi “signor Jujo” o semplicemente “Jujo”, senza tanti titoli onorifici. Diamo dunque inizio, in una relazione di uguaglianza e di unità con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, a un nuovo progresso, aiutandoci e correggendoci tra noi compagni di fede per migliorare insieme! In ogni caso, io mi metterò con tutto l’impegno al servizio dei membri, affinché possiate dedicarvi con gioia e serenità alla pratica buddista, e vi ringrazio di cuore del vostro sostegno».
Quelle parole sincere espresse con serietà conquistarono una naturale simpatia nella sala. Dare guida sulla fede non significa impartire ai membri insegnamenti dall’alto. Un leader deve saper offrire ispirazione e stimoli che possano toccare in profondità la vita degli altri e ottenerne la comprensione dando l’esempio come essere umano e mostrando la via da percorrere attraverso la sua determinazione, il suo entusiasmo e le sue azioni.
Gli ingranaggi per un nuovo avanzamento della Soka Gakkai si erano messi in moto sotto lo sguardo attento di Shin’ichi.
Il giorno seguente, il 26 aprile, Shin’ichi si recò dal patriarca Nittatsu al tempio principale della Nichiren Shoshu a Fujinomiya, nella prefettura di Shizuoka, e gli consegnò le dimissioni dalla carica di sokoto.
In quell’occasione il patriarca espresse parole di apprezzamento sui meriti di Shin’ichi, che per molti anni aveva contribuito alla prosperità del clero, e gli consegnò la lettera di nomina di sokoto onorario.
In serata, Shin’ichi si diresse verso il Training center di Shizuoka. In quel luogo, dove si respirava lo spirito del maestro Tsunesaburo Makiguchi, morto per essere rimasto fedele ai suoi ideali, egli desiderava riflettere su ciò che doveva fare concretamente per suscitare un grande slancio del movimento verso il ventunesimo secolo.
Una fine è al tempo stesso una nuova partenza. Ma per dispiegare le ali in un volo maestoso verso il futuro, occorrono idee concrete e piani elaborati.

[55] Presso il Training center di Shizuoka, Shin’ichi continuava a riflettere profondamente su come tenere i futuri incontri con i leader e le personalità di rilievo dei vari paesi, e come intraprendere dialoghi tra le diverse religioni e civiltà al fine di promuovere la pace mondiale.
Nel frattempo trovava occasioni per intrattenersi in incontri informali con i rappresentanti locali della prefettura di Shizuoka, tra cui alcuni membri delle Divisioni donne e studenti, insieme ai quali riconfermò il significato della via di maestro e discepolo Soka che dedicano la propria vita a kosen-rufu, e si appellò con tutte le forze affinché determinassero di intraprendere un nuovo sviluppo dell’organizzazione.
Già in quel periodo l’avvocato Tomomasa Yamawaki e il clero della Nichiren Shoshu, che complottavano per assoggettare la Soka Gakkai, avevano fatto in modo che Shin’ichi non potesse presenziare liberamente ­neanche alle riunioni. Facevano circolare la voce che era inammissibile che Shin’ichi, avendo rassegnato le dimissioni dalla presidenza, partecipasse alle riunioni e desse guide, ribadendo che non c’era alcun bisogno di pubblicare i suoi discorsi e riportare ciò che faceva sui giornali e sulle riviste della Gakkai.
In definitiva, il quotidiano Seikyo poteva trasmettere notizie riguardo a Shin’ichi unicamente quando si recava all’estero o teneva colloqui con importanti personalità. Le sue attività all’interno dell’organizzazione si limitarono così alle guide personali e alle visite a casa ai membri che si stavano impegnando fino in fondo nelle attività per kosen-rufu.
L’obiettivo di quel subdolo individuo che aveva rinnegato lo spirito della Gakkai e di quei preti malvagi, era togliere di mezzo Shin’ichi e spezzare i rapporti tra lui e i membri. Così facendo essi avrebbero potuto manovrare la Gakkai a loro piacimento e assoggettare i membri affiliandoli ai templi.
Impegnarsi strenuamente per gli ideali della Soka Gakkai significa condividere lo spirito di maestro e discepolo, che vivono dedicandosi totalmente alla causa di kosen-rufu.
Tsunesaburo Makiguchi, primo presidente e fondatore della Soka Gakkai, mantenne inalterato fino alla fine dei suoi giorni lo spirito di non lesinare la propria vita per la propagazione della Legge, morendo in prigione per la difesa dei suoi ideali, e il secondo presidente Josei Toda si risvegliò alla nobile missione di Bodhisattva della Terra conseguendo l’Illuminazione in carcere.
Questa fu l’origine dello spirito Soka.
Uscito di prigione, Toda dichiarò di voler realizzare l’obiettivo di far emergere una moltitudine di Bodhisattva della Terra, settecentocinquantamila famiglie aderenti alla Soka Gakkai, e insieme al suo discepolo Shin’ichi realizzò quel voto. Dimostrarono così il principio esposto da Nichiren Daishonin di “emergere dalla terra”.
Shin’ichi continuò poi ad avanzare verso la rea­lizzazione di kosen-rufu mondiale, intessendo legami cuore a cuore con i membri attraverso la relazione maestro e discepolo.
Una volta Toda disse: «La Gakkai, propagando la Legge, ha aiutato a diventare felici così tante persone nell’Ultimo giorno della Legge. Nei futuri testi buddisti verrà indelebilmente impresso il nome “Budda Soka Gakkai”».
Dedicandosi alla nobile missione di kosen-rufu, la Gakkai fa emergere violenti attacchi del re demone del sesto cielo.

[56] Nel ventesimo capitolo del Sutra del Loto, “Il Bodhisattva Mai Sprezzante”, appare un Budda chiamato “Tathagata Re Suono Maestoso” (SDL, 353).
Quest’appellativo non riguarda una sola persona. Dopo che il primo Tathagata Re Suono Maestoso si estinse, il Budda che apparve dopo di lui si chiamava anch’egli Tathagata Re Suono Maestoso. Il sutra spiega che «Questo processo continuò finché uno dopo l’altro non furono apparsi ventimila milioni di Budda, tutti con lo stesso nome» (Ibidem, 354).
In altre parole, questi ventimila milioni di Budda che portavano tutti il nome di Tathagata Re Suono Maestoso, come indica il sutra, continuarono per sempre a dedicarsi alla felicità degli esseri viventi.
Josei Toda interpretò con profonda perspicacia la figura del Tathagata Re Suono Maestoso spiegando che essa corrisponde a un’organizzazione, in particolare a un’organizzazione che coltiva l’armonia tra clero e laici.
La durata della vita di un individuo nella sua esistenza presente è limitata, ma lo spirito fondamentale che pervade la lotta per realizzare kosen-rufu si trasmette ininterrottamente dal maestro al discepolo, e colui che continua a impegnarsi nelle attività dell’organizzazione acquisirà l’energia vitale perpetua che caratterizza il Budda, incessantemente dedito alla felicità degli esseri umani.
L’espressione “Budda Soka Gakkai” indica la rete dei compagni di fede, la moltitudine di Bodhisattva della Terra che vivono per conseguire il grande voto di kosen-rufu nella relazione di maestro e discepolo creatasi a partire dal primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, e dal secondo presidente Josei Toda.
Quali sono dunque le condizioni necessarie per consentire l’eterno manifestarsi dei “Budda Soka Gakkai”?
La prima è che ogni membro dedichi la sua esistenza al voto di kosen-rufu fino alla fine dei suoi giorni. Ciò significa risvegliare la profonda consapevolezza che lo scopo fondamentale della nostra esistenza è kosen-rufu, e facendo nostre le sofferenze degli amici, continuare ad avanzare imprimendo nel cuore le parole del Daishonin: «Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o un solo verso» (RSND, 1, 342).
La seconda condizione è percorrere fino alla fine il sentiero della non dualità di maestro e discepolo, ereditando lo spirito dei maestri della Soka che hanno dedicato la vita alla diffusione della Legge, continuando a ricevere i loro insegnamenti e a farne il punto di riferimento per le proprie azioni.
Nella vita di ogni giorno ciò significa serbare il maestro nel cuore, dialogare con lui, domandarci cosa farebbe nella nostra situazione, e vivere continuando a lottare insieme a lui.
La terza condizione è l’unità di itai doshin (diversi corpi, stessa mente).
Nichiren Daishonin dichiara: «Che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, […] questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita» (RSND, 1, 190).
Unendo i nostri cuori e manifestando tutto il nostro potenziale per la realizzazione di kosen-rufu, potremo assicurare la trasmissione della linfa vitale della fede.

[57] Proprio in quanto tale, il “Budda Soka Gakkai” ha il dovere di adempiere alla grande missione di kosen-rufu costruendo un eterno flusso che prosegua questo cammino.
Shin’ichi disse con forza a se stesso: «Aprirò assolutamente il grande flusso delle persone di valore!». Riaffiorò alla sua mente il ricordo di quel 6 gennaio del 1951 quando, nel momento più duro per la sua azienda, il maestro Josei Toda lo convocò a casa sua e gli affidò ogni cosa per il futuro.
Nell’autunno del 1949, di fronte al fallimento del settore delle pubblicazioni, per sbloccare la situazione come amministratore esecutivo del credito cooperativo della Tohko Construction, Toda intraprese un’attività di servizi finanziari. Dovette però fare i conti con le circostanze economiche avverse di quel periodo, e la situazione della sua ditta non faceva che peggiorare.
Alla fine si concretizzò lo scenario peggiore: l’ingiunzione di sospensione di ogni attività commerciale. Cercando una via d’uscita, Toda diede vita, in veste di massimo consulente, alla società di credito cooperativo Daito, che però non ebbe successo. Alcuni dei suoi impiegati, covando odio e rancore nei suoi confronti, lo abbandonarono maledicendolo. Alcuni creditori gli fecero addirittura causa. Era in una situazione tale che avrebbe potuto persino venire arrestato. Toda era pronto a recarsi dalle autorità per fornire spiegazioni sull’accaduto.
Fu in una situazione del genere che Shin’ichi venne convocato a casa di Toda per fare ordine nella situazione debitoria del credito cooperativo della Tohko Construction. Toda chiese alla moglie Ikue di sedersi al suo fianco e appena aprì il suo cuore manifestando il suo stato d’animo, la moglie, scuotendo le spalle, scoppiò a piangere. Egli la rimproverò così, incoraggiandola: «Come può la moglie di un generale mettersi a piangere in un momento così importante!». Poi si rivolse a Shin’ichi: «Se dovesse accadermi qualcosa, vorrei lasciare a te la responsabilità di ogni cosa della Soka Gakkai, del credito e della società di credito Daito. Ti prego di accettare. Se è possibile, vorrei che ti occupassi anche della mia famiglia».
Toda proseguì dicendo: «La missione per cui sono venuto al mondo è anche la tua. Capisci cosa voglio dire? Qualsiasi cosa accada, sii sempre risoluto. Qualsiasi cosa accada, maestro e discepolo sono tali se vivono insieme in nome della grande missione di kosen-rufu».

[58] Lo sguardo di Josei Toda era già ­proiettato verso il futuro di kosen-rufu. Affinché lo spirito Soka potesse ­scorrere puro come un flusso cristallino, era pronto ad affidare ogni cosa a Shin’ichi, un singolo discepolo che prendesse il testimone come suo successore.
Shin’ichi comprendeva perfettamente lo stato d’animo del maestro. Come per ribadire ciò che aveva detto, Toda affermò: «Se io e te viviamo per la nostra missione, sono sicuro che verrà il giorno in cui il testamento di Nichiren Daishonin si realizzerà. Qualsiasi cosa dicano gli altri, andiamo avanti insieme per la nostra strada con forza sempre maggiore.
Shin’ichi alzò gli occhi velati di lacrime: «­Maestro, la prego di non preoccuparsi di nulla. Già da tempo avevo deciso nel mio cuore di dedicarle la mia vita e di vivere senza rimpianti. E questa mia risoluzione non cambierà mai, nemmeno in futuro».
Fu il dialogo solenne tra un maestro e il suo discepolo che ebbe luogo in una situazione disperata, senza vie di uscita. In quel momento riaffiorò alla mente di Shin’ichi la scena dell’ultimo dialogo tra il generale Kusunogi Masashige, in procinto di partire per la battaglia di Minatogawa (l’attuale Kobe, presso la prefettura di Hyogo), e il figlio primogenito Masatsura.
Nel 1336 Kusunoki Masashige, per impedire la conquista di Kyoto da parte di Ashikaga Takauji, divenuto nemico dell’imperatore, si diresse verso il campo di battaglia di Minatogawa.
Di fronte alle preponderanti forze dell’esercito di Ashikaga Takauji, la sua sconfitta era inevitabile e Masashige era consapevole che lui stesso non avrebbe fatto ritorno da vivo. Prima della battaglia decisiva convocò presso la località di Sakurai (nella prefettura di Osaka) il figlio Masatsura, e gli ordinò di tornare indietro. Nonostante ciò il figlio, deciso a morire insieme al padre, non volle ritirarsi.
Masashige, tra le lacrime, riuscì alla fine a convincere il figlio affermando che se fosse morto anche lui, Takauji avrebbe conquistato il potere. La scena venne poi celebrata nella canzone Song of Sakurai (testo di Naobumi Ochiai), comunemente nota come Dai-nanko. Una canzone che Toda amò particolarmene e che chiese spesso ai giovani di cantare.
Masashige disse a Masayuki: «Orsù dunque, cresci in fretta per metterti al servizio del paese!».
Toda aveva affidato alle parole di questa canzone il suo desiderio che i giovani lasciassero presto il loro nido per vivere fino in fondo per il grande voto di kosen-rufu.

[59] Le parole che Josei Toda aveva pronunciato il 6 gennaio 1951, mentre archiviava i suoi documenti dopo aver esaurito tutte le sue risorse, secondo Shin’ichi si sovrapponevano allo stato d’animo di Kusunogi Masashige espresso nella canzone Dai-nanko.

Asciugando le lacrime
Masashige convocò il figlio Masatsura.
“Tuo padre deve recarsi a Hyogo,
lontano, al di là della baia,
morirà sul campo di battaglia.
Ora sei giunto fin qui
ma dovrai ritornare in patria”.

In quel momento, al Training center di Shizuoka, dopo più di ventotto anni, Shin’ichi pensava a ciò che doveva provare quel coraggioso generale, che si preparava ad affrontare una grande battaglia ed era pronto a morire, con il desiderio di lasciare un successore, e a ciò su cui meditava il suo maestro. All’idea di intraprendere un nuovo viaggio verso la realizzazione di kosen-rufu nel mondo, affidando la Gakkai del futuro a Kiyoshi Jujo, ai nuovi responsabili centrali e alle giovani persone di valore che sarebbero diventate i suoi successori, si sentì stringere il cuore pensando alla determinazione di Toda in quell’epoca.
Shin’ichi si diresse verso il pianoforte bianco del Centro culturale.
Le sue dita cominciarono a correre sulla tastiera dando inizio all’esecuzione del brano Dai-nanko.

O padre, mi potrai dire qualunque cosa,
ma come vuoi che io torni da solo, abbandonandoti.
Perché dovrei tornare, non tornerò.
Io, Masatsura, sono ancora giovane,
resterò al tuo fianco e ti servirò fino alla morte”.
“Non è per me che io voglio che tu torni.
Se non mi sacrifico io a morire in battaglia
tutto andrà secondo la volontà
di Takauji Ashikaga…

Egli promise a Josei Toda, il suo maestro: «Masashige e Masatsura, che rispettò le ultime volontà del padre, lottarono contro il clan Ashikaga, vennero sconfitti e fecero una fine deplorevole, ma io non soccomberò. Proteggerò a ogni costo tutti i membri e aprirò il sipario sul nuovo palcoscenico di kosen-rufu mondiale!».

[60] Shin’ichi rifletteva profondamente: «Il maestro Toda ha lasciato me come suo unico, autentico discepolo. Ha saputo infondere in me tutta la sua vita, mi ha trasmesso il Buddismo del Daishonin, la fede, ogni ambito del sapere, l’arte della leadership, lo studio della natura umana, dedicandosi continuamente alla mia formazione. Il fallimento delle sue imprese e quei giorni così duri e dolorosi che ho trascorso affrontando terribili avversità, erano stati probabilmente predisposti dalle funzioni protettrici dell’universo affinché potessi temprarmi e sviluppare la forza di un leone. Anch’io, per diciannove anni, da quando sono stato nominato presidente, mi sono interamente dedicato alla formazione di persone di valore che sono apparse successivamente… una prima moltitudine, poi una seconda, una terza, una quarta… ma la loro vera e propria formazione inizia ora. Desidero che i responsabili centrali che mi succederanno e che possono considerarsi il primo gruppo di tali persone di valore, inizino il loro viaggio in mezzo alle tempeste, si assumano l’intera responsabilità della Gakkai e lottino con tutte le forze per diventare autentici “leoni”. Determinando di intraprendere una strenua lotta senza mai tirarsi indietro, faranno brillare “lo spirito del re leone”. Io potrò vegliare sulla loro crescita, incoraggiarli personalmente e dar loro consigli ponendomi come un loro compagno di fede. Non permetterò assolutamente che i compagni che mi succederanno e che avranno la responsabilità di portare avanti l’organizzazione “muoiano sul campo di battaglia” come Masatsura!».
Shin’ichi ebbe la forte convinzione che tutto procedeva secondo la volontà del Budda. «La formazione di “giovani leoni” a cui affidare il ventunesimo secolo sarà da ora in poi estremamente importante. Desidero che diventino successori di talento, dotati di saggezza e coraggio, che possano far fronte a qualsiasi sconvolgimento epocale».
Per trasmettere ai giovani questi suoi pensieri, egli decise di registrare in una cassetta la canzone Dai-nanko da lui eseguita al pianoforte, e di offrirla ad alcuni rappresentanti dei suoi discepoli. Un dipendente del Centro culturale gli portò subito un registratore.
Dopo aver inizialmente registrato le parole «Offro questo brano musicale a tutti voi che amo e in cui credo, pregando per il successo delle vostre importanti attività nel ventunesimo secolo», Shin’ichi si diresse al pianoforte. Seguì un’esecuzione in cui egli mise tutto il suo spirito, espresso talvolta con note energiche, insieme all’augurio della crescita dei suoi discepoli, gridando nel suo cuore: «Alzatevi, miei discepoli, miei compagni! Avanzate con coraggio! Sarete voi a diventare “Shin’ichi”!».

[61] L’anno precedente, il 3 luglio 1978, Shin’ichi aveva composto e scritto il testo della canzone dei giovani uomini O miei compagni, destatevi e agite e l’aveva offerta ai suoi giovani successori.

Dedicandovi interamente all’avventuroso viaggio di
kosen-rufu,
suonate e fate riecheggiare le sette campane.
Un giorno arriverà il glorioso secolo del vostro trionfo.
Con i fiori o le tempeste di neve
o miei compagni, destatevi e agite.

Proprio come diceva la canzone, dopo che le sette campane ebbero risuonato, la Gakkai accolse l’alba di una nuova partenza, proiettata verso un secolo glorioso.
Il 3 maggio, sotto un cielo sereno, si tenne la quarantesima riunione generale di Centro della Soka Gakkai per celebrare il coronamento del ciclo delle sette campane, presso la palestra dell’università Soka, a Hachioji. Tutti i partecipanti sapevano che quella riunione avrebbe segnato una nuova partenza. Tuttavia, nessuno riusciva a togliersi quell’ombra di tristezza dal cuore e il pensiero che si era fortemente insinuato: «E ora che fine farà la Gakkai?». Alla riunione, che sarebbe iniziata alle due di pomeriggio, era prevista la partecipazione del patriarca Nittatsu e di alcuni responsabili del clero della Nichiren Shoshu. Dall’una e mezza Shin’ichi, insieme al neo presidente Kiyoshi Jujo e a un gruppo di responsabili, si stava preparando ad accoglierli all’ingresso dell’Università. Dopo un po’ arrivarono un pulmino e un’automobile, da cui scesero i preti.
«Benarrivati, grazie di essere venuti!»: Shin’ichi, che indossava un tight, li accolse con un cortese inchino, ma molti di quei preti non risposero al saluto e gli passarono davanti con il viso impassibile e un atteggiamento arrogante. Alcuni gli lanciarono sguardi di sufficienza e sorrisi gelidi.
Nella mente di Shin’ichi apparivano susseguendosi i volti strazianti dei membri che stavano soffrendo per i crudeli maltrattamenti di quei preti malvagi.
In quell’occasione egli rifletteva che, se ritirandosi dalla scena e comportandosi come volevano i preti, la situazione si fosse risolta, avrebbe agito in quel modo.
Chi erano le persone da proteggere? I valorosi membri della Gakkai, i compagni di fede che tanto amava. I preziosi figli del Budda.
A tale scopo egli aveva deciso di fare da scudo, di sacrificarsi.
In un cuore risoluto sorge il sole del coraggio.

[62] Quel giorno nella riunione generale non si sentivano né la gioia né lo slancio vitale che solitamente animano le riunioni della Gakkai. Contrariamente al cielo azzurro che si estendeva fuori dalla sala, i cuori di tutti i partecipanti erano avvolti da nubi minacciose.
I responsabili che avevano organizzato la riu­nione, stando attenti al loro comportamento per non irritare i preti, a volte mostravano un’espressione preoccupata, a volte cercavano di incoraggiarsi l’un l’altro.
Prima dell’inizio della riunione i responsabili dei giovani avevano dato indicazione di non chiamare Shin’ichi Yamamoto, non lanciare grida e non applaudire al suo ingresso nella sala o prima del suo discorso.
Quando Shin’ichi venne a sapere di quelle indicazioni si rattristò, conoscendo i veri sentimenti dei membri che sembravano impauriti dai possibili scoppi d’ira dei preti. Egli si presentò sul palco della palestra. Trattenendosi dall’accoglierlo con un grande applauso, ognuno gli rivolse in silenzio il suo sguardo caloroso.
Dopo il discorso di apertura seguirono interventi sul tema del coronamento del ciclo delle sette campane e della visione del futuro, e le determinazioni di alcuni rappresentanti dei giovani e del Dipartimento di studio.
Tutti coloro che presero la parola evitarono intenzionalmente di menzionare gli sforzi e i meriti di Shin’ichi nel corso della terza presidenza della Gakkai. In seguito un membro della Divisione donne, rievocando quella riunione, espresse così la sua indignazione: «Per ben diciannove anni il maestro Yamamoto si è impegnato con tutto se stesso correndo da una parte all’altra del paese per tutti noi. Perché ora nessuno poteva più dire “è stato grazie al maestro Yamamoto che abbiamo potuto compiere il grande progresso di kosen-rufu che oggi constatiamo?”».
Giunto il momento del saluto del presidente onorario, Shin’ichi si avvicinò al microfono. Si sentì uno sporadico, titubante applauso.
La parte destra del palco era occupata per la maggior parte dai preti. Nella palestra dominava un’atmosfera pesante, come se tutto fosse controllato da quell’”autorità monacale”. Tuttavia gli occhi dei partecipanti che fissavano Shin’ichi rivelavano tutta la loro sincerità. I pensieri di quei compagni valorosi che si trattenevano con tutte le forze dal gridare il suo nome, raggiunsero infallibilmente il suo cuore. Dicendo dentro di sé: «Non temete! La vostra vera lotta inizia ora!», Shin’ichi dominava con lo sguardo la palestra, e sorridendo si inchinò.
Era lo Shin’ichi di sempre. «Il leone non teme nessun altro animale e così neppure i suoi cuccioli» (RSND, 1, 885). Egli desiderava che proprio in quelle circostanze ognuno acquistasse un rinnovato vigore, manifestando la forza del leone.

[63] La voce calma e forte di Shin’ichi risuonò per la sala: «Ho abbracciato questa fede all’età di diciannove anni. Da quel momento, per circa trent’anni, nonostante la salute cagionevole sono stato in grado di portare avanti la lotta per kosen-rufu senza passare neppure un giorno in ospedale». Ribadì che questa era la prova del potere del Gohonzon e citò un passo del Gosho L’apertura degli occhi che aveva sempre inciso nel profondo del cuore e che aveva letto durante la cerimonia di insediamento a terzo presidente, il 3 maggio del 1960: «”Questo io affermo. Che gli dèi mi abbandonino. Che tutte le persecuzioni mi assalgano. Io continuerò a dare la mia vita per la Legge!” (RSND, 1, 253). Che anche il cielo mi abbandoni, che mi assalga ogni genere di avversità… La decisione di sacrificare la mia stessa vita è già presa. Si tratta della ferma e ardente determinazione di Nichiren Daishonin di dedicare la propria vita alla propagazione della Legge».
Shin’ichi e i suoi compagni di fede, facendo della volontà del Budda il proprio giuramento, avevano aperto le porte all’arduo cammino di kosen-rufu nell’Ultimo giorno della Legge. Grazie al fatto di aver messo in pratica questa sua volontà, la linfa vitale della giustizia del Buddismo si è mantenuta integra e l’insegnamento di Nichiren Daishonin, come una fonte luminosa di rinascita, ha fatto brillare la sua luce sfavillante nella società.
Shin’ichi sottolineò con forza: «Sono convinto che io stesso e tutti noi dobbiamo portare avanti per tutta la vita queste parole, a dimostrazione della ferma determinazione della nostra fede, che ne pensate? Qualsiasi cosa accada la nostra fede, al pari di una grande montagna, deve essere salda». E proseguì dicendo: «Sono trascorsi ventun anni da quando il maestro Toda ci ha lasciati. Abbiamo qui terminato di far risuonare il ciclo delle sette campane che costituiva il primo obiettivo per celebrare il quarantanovesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai. Vorrei quindi ribadire oggi che, grazie alle vostre straordinarie capacità, siamo riusciti a realizzare, durante gli anni della mia presidenza, una dopo l’altra, le volontà dei maestri Makiguchi e Toda. Vi ringrazio con tutto il cuore per questo!».
Per la ricorrenza del diciannovesimo anno della presidenza di Shin’ichi, la rete dei compagni Soka componeva una meravigliosa “ghirlanda di fiori di felicità” che contava ormai dieci milioni di persone in tutto il mondo, e il movimento per la pace, la cultura e l’educazione basato sul Buddismo, aveva dato vita al grande corso dell’umanesimo.
Questo era il presagio dell’avvento di un’era di “kosen-rufu nel mondo” mai vista prima.

[64] Costruendo solide fondamenta di kosen-rufu in Giappone e piantando i semi del Buddismo in vari paesi del mondo, Shin’ichi aveva aperto ovunque “verdi distese di felicità”.
In quegli anni, per quanto riguarda l’organizzazione della Soka Gakkai, fondò i gruppi degli studenti delle scuole superiori, medie ed elementari, e per promuovere estesamente il movimento a livello culturale, istituì il gruppo degli educatori, il gruppo internazionale e quello degli artisti e scrittori. Inoltre fece costruire in tutto il paese nuovi Centri culturali, nuovi castelli della Legge mistica per kosen-rufu. E realizzò uno dei grandi sogni di Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda: il complesso delle scuole Soka.
Per far fiorire il movimento per la pace e la cultura basati sul Buddismo e sull’umanesimo creò, uno dopo l’altro, l’Associazione Concertistica Min-On, l’Istituto di Filosofia Orientale e il Museo Fuji. Inoltre fece nascere, nel panorama politico, il partito Komei. Portò avanti l’impegno di proteggere fino in fondo il clero della Nichiren Shoshu facendosi promotore della costruzione di templi presso il Taiseki-ji, edifici quali lo Sho Hondo, il Daikyakuden e il Daikeijo, e fece erigere in tutto il paese numerosi templi minori portando il clero a un periodo di prosperità mai conosciuto prima. Questi contributi della Soka Gakkai non potranno mai essere cancellati da alcuna ingiuria o menzogna, perché costituiscono l’eterno e indistruttibile orgoglio scolpito nella storia di tutti i compagni di fede che hanno dedicato totalmente la loro vita insieme a Shin’ichi.
Durante la riunione generale Shin’ichi passò a presentare il nuovo presidente Kiyoshi Jujo e il neo direttore Shoichi Morikawa, esprimendo questo profondo desiderio: «Vi prego con tutto il cuore di proseguire e sviluppare ancora di più, unendo in un’”unica mente” i vostri “diversi corpi”, questo nostro mondo chiamato Soka Gakkai».
Manifestò poi la ferma determinazione di vegliare sui membri per tutta la vita. Inoltre ribadì di essere un buddista, e proseguì con forza: «Come ho già chiesto ai responsabili della nuova direzione, desidero, se possibile, fare personalmente visite a casa per ringraziare per i loro sforzi e incoraggiare tutti coloro che si sono impegnati insieme a me nel corso di questi lunghi anni, fin dalla fase pionieristica della Soka Gakkai; i familiari di quei compagni che non sono più tra noi; coloro che si sono impegnati più di chiunque altro, così come i compagni costretti a casa dalla malattia».
Per quanto si cerchi di limitare il nostro raggio d’azione, non possiamo assolutamente interrompere la nostra lotta per kosen-rufu. Ciò non dovrà mai accadere.
Un buddista è colui che vive fino in fondo la propria esistenza in nome della missione di kosen-rufu.

[65] Il tempo concesso a Shin’ichi per il suo saluto era poco meno di una decina minuti. Fino a quel momento era accaduto spesso che durante le riunioni dei responsabili di centro Shin’ichi annunciasse la sua grandiosa visione del futuro di kosen-rufu offrendo linee guida piene di speranza, o che lanciasse proposte concrete per risolvere i problemi che la società e il mondo intero si trovavano ad affrontare.
Di fronte alle parole rassicuranti, intrise di humor, con cui sembrava rivolgersi direttamente a ciascuno dei partecipanti, tutti si sentivano rassicurati, a volte scoppiando in allegre risate, e rafforzavano la loro determinazione di compiere un nuovo progresso. Quella in corso invece era una riunione generale dove non si percepiva alcuna emozione, era un incontro puramente formale.
Dopo il saluto di Shin’ichi vi fu una lezione speciale tenuta dal patriarca Nittatsu e si procedette con i saluti del neo direttore Kazumasa Morikawa e del neo presidente Kiyoshi Jujo. Jujo manifestò il suo proposito di impegnarsi, partendo dalle solide basi costruite dal terzo presidente, per garantire stabilità, continuità e uno sviluppo costante della Soka Gakkai.
La riunione si concluse in modo freddo. Sicuramente in quel momento i preti della Nichiren Shoshu che, come impazziti, si erano messi a gettare discredito sulla Soka Gakkai bramando di acquisire il controllo sui fedeli, i malvagi truffatori che, con perfido ingegno, avevano complottato dietro le quinte, sorridevano soddisfatti al pensiero che tutto stava andando secondo i loro piani.
Shin’ichi coglieva perfettamente la realtà corrotta delle loro vite, schiave dell’invidia e dell’avidità.
Non appena uscito dalla palestra per incamminarsi lungo il corridoio tra gli edifici, alcune persone che si trovavano nella piazzola, tra cui una signora con il bambino piccolo sulle spalle, riconobbero Shin’ichi e gridando «Sensei… Sensei!» si accalcarono fino al corrimano.
Non erano i partecipanti alla riunione, ma persone che avevano aspettato tutto quel tempo per poter vedere Shin’ichi anche solo per un attimo. I loro occhi luccicavano di lacrime. Egli fece un ampio cenno con la mano dicendo loro: «Grazie! State bene!». Quell’incontro durò solo un attimo. Ma in quel preciso istante le loro vite si fusero così profondamente che nulla avrebbe potuto mai più separarle.
In ciò consiste il legame di maestro e discepolo nella Soka Gakkai.
«Sarò io a proteggere d’ora in avanti queste nobili persone, questi meravigliosi figli del Budda! Io farò in modo che diventino felici, fino alla fine!». Shin’ichi rinnovò così la sua determinazione di proteggere assolutamente, fino in fondo, i membri.

[66] Shin’ichi Yamamoto, dopo aver salutato i preti, tra cui il patriarca Nittatsu, che stavano partendo, entrò in una sala appartata dove si era fatto preparare dalla moglie Mineko un foglio di carta giapponese [washi, carta tradizionale di riso, n.d.t.], l’inchiostro, il suzuri [vaschetta per stemperare l’inchiostro di china, n.d.t.] e un pennello.
In quel giorno, che avrebbe dovuto lasciare un’impronta significativa nella storia della Soka Gakkai, Shin’ichi desiderava lasciare per iscritto il suo giuramento e i suoi sentimenti verso i discepoli. Aveva già deciso l’ideogramma che avrebbe composto.
Il grosso pennello intriso di inchiostro percorse con vigore il foglio bianco producendo quasi un suono sulla carta. L’ideogramma era “Grande montagna”.
Sotto l’ideogramma scrisse questa frase: «Amici miei! Prego affinché la vostra fede sia salda e irremovibile di fronte alle tempeste», «scritto il 3 maggio 1979 presso l’Università Soka al termine della cerimonia».
A gennaio del 1950, nel momento in cui la ditta del maestro Josei Toda attraversava il momento più difficile, Shin’ichi scrisse una poesia intitolata Con la preghiera rivolta al monte Fuji. Un verso della poesia recitava: «In questo nostro secolo / in un mondo di sofferenza, / consumato dagli attaccamenti / lodo il monte Fuji / che senza ostentazioni si erge maestoso in lontananza, / senza lasciarsi piegare dagli attacchi e dalle critiche».
In quel momento l’immagine del maestro Toda che aveva vissuto fino in fondo la sua esistenza per kosen-rufu, saldo di fronte alle tempeste delle calunnie e degli attacchi che si erano abbattuti su di lui, si sovrapponeva, nel suo cuore, all’immagine solenne e maestosa del monte Fuji.
Nell’ideogramma “Grande montagna” era impresso il grido che proveniva dal profondo dell’animo di Shin’ichi: «La Legge mistica è eterna, non perirà mai. Nelle nostre vite, vissute fino in fondo per kosen-rufu, risiede una speranza infinita. Dobbiamo essere saldi come una grande montagna di fronte alle avversità. Di cosa dovremmo mai aver paura? La Soka Gakkai si è impegnata fino in fondo nella pratica di propagare la Legge senza lesinare la propria vita, come è descritto negli insegnamenti di Nichiren Daishonin, ed è sempre avanzata indossando “l’armatura della perseveranza”. I maestri e i discepoli Soka, grazie a questa salda fede, sono stati in grado di vincere in ogni occasione».
Shin’ichi prese nuovamente il pennello e scrisse l’ideogramma “Grande ciliegio”.
Sotto, a margine di questo ideogramma, scrisse: «Con la preghiera che i benefici sboccino completamente nelle vite dei nostri amici, 3 maggio 1979 presso l’Università Soka, con le mani giunte».
«Qualunque siano le ardue prove cui saremo sottoposti, la Legge di causa ed effetto è severa. Avanziamo coltivando nel nostro cuore il grande ciliegio  Soka»: questa era la preghiera di Shin’ichi.

[67] Alle cinque e mezza del pomeriggio Shin’ichi partì in automobile dall’Università Soka insieme a Mineko. Senza tornare alla sede della Soka Gakkai, si diresse direttamente al Centro culturale di Kanagawa, a Yokohama.
Dal mare di Yokohama, da cui si raggiunge il mondo intero, aveva promesso nel profondo del cuore di intraprendere una nuova partenza per la realizzazione di kosen-rufu nel mondo, l’autentica lotta di maestro e discepolo.
Quando alle sette di sera arrivò a Yokohama, l’oscurità della notte avvolgeva  la città. Da una stanza del Centro culturale si mise a contemplare il mare. Sotto i suoi occhi appariva la storica nave da trasporto merci e passeggeri, Hikawa Maru, conservata e ormeggiata nel porto, che fu varata nel 1930, anno della fondazione della Soka Gakkai.
Da allora avevano risuonato le sette campane e la Gakkai si apprestava a lanciarsi nella grande traversata di kosen-rufu mondiale.
Shin’ichi aveva l’impressione di poter riprendere finalmente fiato.
Un responsabile che era vicino a lui, disse: «Questa mattina il suo nome è apparso sul giornale».
Il nome di Shin’ichi figurava infatti al sesto posto nella classifica delle prime venti “personalità giapponesi famose più stimate”, scelte dai cittadini giapponesi in un sondaggio d’opinione pubblicato dal quotidiano Yomiuri [il quotidiano giapponese più diffuso in Giappone e nel mondo, n.d.t.] in collaborazione con l’Istituto americano d’inchiesta Gallup. Nella lista apparivano nell’ordine: Shigeru Yoshida (politico ed ex primo ministro n.d.r.), Hideyo Noguchi (premio Nobel per la medicina, n.d.r.), Ninomiya Sontoku (riformatore agrario del XIX sec., n.d.r.), Yukichi Fukuzawa (scrittore ed educatore, che contribuì a porre le basi del Giappone moderno, n.d.r.), l’imperatore Showa e Shin’ichi Yamamoto.
L’articolo puntualizzava: «Tra questi, egli è l’unico civile attualmente in vita e l’unico rappresentante del mondo religioso».
Ripensando a quella drammatica giornata, Shin’ichi sentì che pur essendo un fatto curioso, l’articolo non era uscito per puro caso.
Allo stesso tempo avvertiva le grandi aspettative e il forte sostegno dei compagni di fede. Si ricordò che tre settimane addietro, quando aveva trasmesso a Deng Yingchao, moglie dell’ex premier Zhou Enlai, la sua intenzione di dimettersi dal ruolo di presidente, lei gli aveva detto: «Non deve ritirarsi finché avrà il sostegno del popolo».
Voleva sicuramente incoraggiarlo a rispondere alle aspettative delle persone, a ricompensare la loro lealtà e a continuare a combattere.
Così, anche in quel momento prese in mano il pennello, e determinando: «Qualunque sia la mia posizione, io continuerò a lottare!»; «La mia autentica battaglia comincia ora!» scrisse gli ideogrammi di “Lotta condivisa”.
E mentre gridava nel suo cuore: «Oh miei discepoli, alzatevi e agite insieme a me!», scrisse a lato della calligrafia: Sono deciso / a fare di kosen-rufu / una determinazione irremovibile / per l’intero corso della mia esistenza / convinto / che ci siano autentici, sinceri compagni di fede. / Con le mani giunte, la sera del 3 maggio 1979».

[68] Il cielo plumbeo si era gradualmente tinto di viola e poco a poco cominciò a distinguersi il profilo della penisola. Dopo un po’ di tempo una luce dorata sfolgorò nel cielo orientale e il mare cominciò a brillare, mentre si levava una fresca alba di maggio.
Il 5 maggio, dal Centro culturale di Kanagawa, Shin’ichi contemplava il mare sul far del giorno. Era un giorno festivo, la festa dei bambini, e anche il Giorno dei successori della Soka Gakkai.
Shin’ichi venne a sapere da un responsabile di Kanagawa che un membro proprietario di una nave da crociera desiderava fargli da guida intorno al porto di Yokohama, e dopo una trentina di minuti accettò l’invito e salì sull’imbarcazione. Il nome della nave era Ventunesimo secolo. Il Centro culturale di Kanagawa visto dal mare era magnifico.
Considerando che quel mare era collegato all’Oceano Pacifico, Shin’ichi ebbe l’impressione di osservare il vasto mare di kosen-rufu mondiale del ventunesimo secolo e sentì il suo cuore scoppiare di emozioni.
Il giorno precedente, il 4 maggio, aveva tenuto un colloquio informale con alcuni rappresentanti della prefettura di Kanagawa che si erano distinti per il loro impegno nelle attività, e anche quel giorno conversò con dei membri dei gruppi Mukojima e Joto, rappresentanti degli omonimi capitoli nati negli anni pionieristici del movimento, ringraziandoli per i loro sforzi e le lotte coraggiose.
Un “meccanismo” basato sull’incoraggiamento, creato da Shin’ichi, si era già messo vigorosamente in moto a partire dagli incontri con quei nobili compagni. Per quanto possibile egli desiderava partecipare alle riunioni delle Divisioni giovani e futuro, i cui membri si sarebbero assunti la responsabilità del ventunesimo secolo, dedicandosi interamente a incoraggiarli. Inoltre, nel parco Yamashita, davanti al Centro culturale di Kanagawa, si riunivano ogni giorno numerosi membri ed egli avrebbe voluto organizzare delle riunioni per poterli lodare con tutte le forze.
Ma ciò non gli era concesso. «Stando così le cose, darò forma allo spirito eterno della Soka tramandandolo ai discepoli che mi succederanno in futuro!».
Quel giorno, in qualità di autentico discepolo di Josei Toda, il maestro di kosen-rufu, iscrisse di getto il suo voto con il pennello: “Giustizia”, e in basso a destra: “Innalzando da solo il vessillo della giustizia”.
«Finalmente inizia la mia vera battaglia! Qualunque sia il mio ruolo, io lotterò fino in fondo. Anche se dovessi trovarmi da solo. Mostrerò la mia vittoria a tutti, assolutamente, mantenendo saldo lo spirito di non dualità di maestro e discepolo. La giustizia si dimostra avanzando sempre e ovunque, fino in fondo, sul nobile sentiero di kosen-rufu!».

(fine del capitolo)

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