Anche la comunicazione, come tutte le attività umane, può creare valore nella misura in cui è volto a “mettere in comune” qualcosa, da cui il termine comunicare. Tuttavia può anche essere veicolo di separazioni e incomprensioni, per questo è un tema importante su cui riflettere. Anche nella Soka Gakkai affrontiamo questa sfida, soprattutto nell’era digitale.
Consapevoli che non esistono regole rigide e preconfezionate valide per tutti, come possiamo fare emergere la saggezza «che funziona in accordo alle circostanze mutevoli» e creare valore con il nostro modo di comunicare?
Il modo in cui comunichiamo è in costante cambiamento
La comunicazione ha subito un continuo cambiamento nel corso del tempo, e così anche i mezzi di cui l’essere umano si serve per comunicare. Per questo è importante riflettere sul modo in cui comunichiamo, sia in termini di contenuti che di mezzi di comunicazione.
A volte si ha la sensazione di perdersi in una giungla tra social network (come Facebook o Instagram), servizi di messaggistica istantanea (come WhatsApp o Telegram) e la diffusione in internet di informazioni spesso confuse e contrastanti tra loro. E molti di noi hanno la sensazione che nella realtà on line si perda il contatto con la dimensione umana, e addirittura non si riesca più a dialogare e stare insieme ad altre persone.
Sono riflessioni importanti, ma è anche importante superare un approccio secondo cui ai giorni nostri tutto sta peggiorando e che “di certo si stava meglio prima”. D’altronde, è molto probabile che la generazione futura guarderà ai nostri giorni con questa stessa nostalgia.
Con la consapevolezza che la comunicazione è in costante cambiamento, non è necessario demonizzare o rifiutare i mezzi tecnologici e i nuovi modi di comunicare, con il rischio di rimanere fuori dal nostro tempo e isolati dalla società.
Tuttavia, in quanto esseri umani, abbiamo la responsabilità di trovare un modo “virtuoso” di comunicare. Nel Buddismo si parla di “creazione di valore”: la ricerca creativa di una risposta alle sfide quotidiane per aumentare il grado di felicità individuale e collettiva, basandosi sempre sul rispetto della vita e della nostra umanità.
L’innovazione tecnologica e la comunicazione: pro e contro
Daisaku Ikeda, durante il dialogo con Majid Tehranian, professore di Comunicazioni Internazionali all’Università delle Hawaii, afferma: «Le tecnologie più recenti hanno il potere sia di rendere il mondo un luogo migliore, sia di provocare seri danni. Dobbiamo essere ben consapevoli del loro funzionamento, nonché di tutti i modi in cui possono essere impiegate. E, allora, potremmo farne uso a vantaggio di tutti» (D. Ikeda e M. Tehranian, Civiltà globale, Sperling & Kupfer Editori, pag. 212).
Da un punto di vista generale, negli ultimi decenni grazie a internet e ai social network si è incrementata sempre di più la possibilità di raggiungere persone distanti che altrimenti non potremmo contattare.
Allo stesso modo, grazie ai messaggi, alle e-mail e alle chat la velocità con cui riceviamo e inviamo testi, foto, video, canzoni è istantanea e le distanze tra le persone si sono molto ridotte: questo è un privilegio che fino a pochi anni fa era difficile anche solo immaginare.
Anche le informazioni e le notizie sono ormai diffuse in tempo reale e in modo accessibile.
Internet ha facilitato innumerevoli aspetti della vita sociale. Per quanto la connessione alla rete non sia ancora disponibile per tutti e in molte zone sia ancora troppo lenta, sicuramente è aumentata in modo esponenziale la percentuale di inclusione on-line della popolazione mondiale.
Questi aspetti positivi dell’innovazione tecnologica hanno cambiato radicalmente il modo in cui comunichiamo.
In ogni caso, ai vantaggi menzionati corrispondono problemi e interrogativi che è importante soppesare con cura.
La maggiore interconnessione è accompagnata in modo paradossale al crescente senso di solitudine. Alla maggiore velocità nella comunicazione corrisponde una maggiore qualità?
Certo, è più semplice inviare un messaggio scritto che chiamare una persona, o incontrarla. Pur essendo consapevoli che l’incontro con l’altro è un’azione che crea più valore, spesso ci limitiamo a inviare messaggi, optando per una comunicazione più comoda e indiretta. Questo accade non solo con le persone molto distanti da noi, ma anche con chi è a noi vicino e potremmo raggiungere in breve tempo.
Alla realtà “concreta” si è così affiancata una realtà “virtuale” che, pur essendo creazione ed espressione dell’essere umano, è cosa ben diversa, ma spesso le confondiamo.
È perciò importante riflettere sulle conseguenze concrete che le nostre azioni virtuali possono avere. Ad esempio, navigando sulla rete, capita di assistere o partecipare a confronti, critiche e scambi di opinioni che assumono facilmente toni violenti o volgari, che ledono la dignità degli interlocutori. Sempre più all’ordine del giorno sono i fatti di cronaca che testimoniano la gravità della violenza perpetrata in rete.
Fra l’altro le persone difficilmente userebbero le stesse espressioni in un confronto “vis a vis”. Avviene, però, che digitando su una tastiera sia più facile cadere in comportamenti indecorosi e offensivi, forse a causa dell’impersonalità della comunicazione virtuale. È perciò necessario uno spirito di automiglioramento nell’uso delle parole e dei comportamenti che veicoliamo, sia di presenza che online.
Inoltre, leggere e rispondere ai messaggi, o semplicemente controllare continuamente le nostre pagine social, ci porta a estraniarci dalle situazioni presenti e dalle persone con cui ci troviamo in quel momento: al lavoro, in famiglia, dagli amici, ma anche semplicemente da noi stessi. Appena abbiamo un momento libero lo “riempiamo” andando su internet o usando il cellulare, anche quando dovremmo prestare attenzione e dedicarci a ben altro. Sono stati condotti studi che dimostrano che anche la sola presenza di un telefono spento sul tavolo influenza la conversazione tra le persone sedute, che si sentono connesse tra loro in misura minore di quando non sono presenti telefoni.
Prende piede una forte tendenza all’alienazione, dagli altri e da noi stessi, che ci porta ad avere legami sempre più sottili. È una delle sfide dei nostri tempi con cui abbiamo il compito di confrontarci per cercare di migliorare la società.
Nella Proposta di pace del 2011 Daisaku Ikeda scrive: «È vero che lo sviluppo della tecnologia dell’informazione offre alle persone delle opportunità per creare nuovi legami, tuttavia le relazioni che si creano su internet non hanno alcuna caratteristica umana se si limitano a scambi anonimi e spersonalizzati. Simili interazioni possono essere solo inanimate e neutre, molto lontane dallo stupore rinnovatore, dalla risposta tangibile e dalla soddisfazione che derivano dallo sforzo di creare una comunicazione faccia a faccia, cuore a cuore» (BS, 146, 4).
In che modo possiamo rinsaldare il tessuto delle nostre relazioni, sempre più sfilacciato? È importante porsi questo tipo di domande e agire di conseguenza.
Il dialogo è la chiave
Nel già citato dialogo con Tehranian Ikeda indica una strada da percorrere, la più semplice e allo stesso tempo la più difficile: «Non c’è strumento migliore dell’incontro fra i cuori e le menti attraverso il dialogo. In un sincero incontro di menti non sorge mai il problema del flusso unidirezionale di conoscenze o di un’alluvione di informazioni prive di senso. Da un contrappunto di voci e di spiriti che si sforzano di entrare in comunicazione sgorgano nuove idee vitali e suggerimenti originali». Tehranian risponde: «Come sostiene lei, il dialogo è la chiave. […] Tuttavia una simile forma di comunicazione può essere realizzata più proficuamente negli incontri diretti e in piccoli gruppi che tramite un contatto mediato e a distanza con un gran numero di persone. […] In famiglia, tra amici e in circoli ristretti è possibile giungere più facilmente all’intimità, alla comprensione e alla solidarietà. Per questo stimo molto le attività delle associazioni di volontariato come la SGI» (Civiltà globale, pag. 212).
In un saggio scritto poco prima dell’11 settembre 2001 Ikeda afferma: «Il tipo di dialogo che può portare alla pace deve iniziare con un aperto e onesto dialogo con noi stessi. Dobbiamo risvegliarci alla comune coscienza che siamo tutti abitanti della terra. Questo tipo di consapevolezza non può essere trovato in qualche luogo lontano o sullo schermo di un computer. Giace nei nostri cuori, nella nostra capacità di condividere il dolore degli altri esseri umani» (BS, 136, 7).
Adoperandoci attivamente con saggezza, possiamo fare il giusto uso di tutti i mezzi di comunicazione, utilizzandoli per predisporre il terreno a un dialogo profondo, in cui non sono tanto le parole ad arrivare all’altro, ma il nostro cuore, il desiderio della sua felicità, l’empatia che manifestiamo a volte con voci calde e sorrisi incoraggianti, a volte con silenzi premurosi volti all’ascolto e alla comprensione di chi abbiamo vicino. Ci sono persone con cui non è possibile incontrarsi fisicamente. Ma anche in questi casi, ancor più che vedersi o parlarsi, è «il cuore che è importante» (RSND, 1, 889).
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L’uso delle tecnologie nell’attività buddista
La società è in continua evoluzione, sia in termini positivi che negativi. In quanto membri della Soka Gakkai, grazie al nostro impegno personale e alle attività per gli altri come le riunioni in piccoli gruppi o gli incontri personali, possiamo dare un importante contributo come cittadini. Anche nel campo della comunicazione, le continue sfide quotidiane costituiscono l’occasione per creare valore e stare vicino alle persone, per offrire speranza e manifestare appieno la nostra umanità
In una società turbolenta come la nostra, con correnti sempre più forti che spingono all’alienazione e all’isolamento, come buddisti possiamo dare un contributo prezioso instaurando legami di valore tra le persone. Per questo motivo è compito di ognuno stabilire un uso dei mezzi di comunicazione volto alla creazione di valore, con la consapevolezza che spesso la comunicazione per mezzo delle nuove tecnologie è terreno fertile per incomprensioni e malintesi, da cui possono originare conflitti e divisioni.
Proprio perché lo scopo della Soka Gakkai è costruire una società armoniosa e pacifica, il nostro impegno è rivolto a non lasciare le relazioni umane a un livello superficiale.
Possono essere molti gli esempi di un uso improprio dei mezzi di comunicazione. Facebook assomiglia troppo spesso a una giungla di citazioni errate o attribuite a persone sbagliate. A volte vengono pubblicati testi o citati messaggi con la pretesa di cambiare l’opinione altrui. Si crea così un vortice di violenza verbale, non solo in campo sportivo, economico o politico, ma addirittura religioso.
Il Buddismo si diffonde tramite il dialogo
Persino gli incoraggiamenti di fede vengono spesso inviati attraverso le chat, a volte con un messaggio rivolto contemporaneamente a più persone nello stesso gruppo Whatsapp. Tuttavia è fuorviante pensare che sia sufficiente usare uno smartphone o inviare un messaggio per riuscire in un incoraggiamento di questo tipo.
Ci sono situazioni in cui l’uso delle tecnologie è indispensabile per accorciare le distanze, per comunicare velocemente, tuttavia è bene ricordarci che il Buddismo si diffonde attraverso i legami da vita a vita e che l’attività buddista si svolge negli incontri con le persone, e non in rete.
Addirittura può capitare che persone che partecipano per la prima volta a una riunione buddista si ritrovino immediatamente inserite in una chat di gruppo in cui proliferano messaggi della natura più varia.
È nostra responsabilità tutelare la privacy di ogni persona, avendo cura che nessuno si senta invaso e considerando che, probabilmente, non sono molte le persone che hanno il piacere di ricevere una tale ondata di messaggi.
Ed è importante soprattutto perché riflette la cura che abbiamo per ogni singola persona, aspetto imprescindibile della nostra pratica buddista.
Una riflessione merita anche l’uso dei telefoni durante Gongyo e Daimoku. Una parte del Sutra del Loto che si legge mattina e sera dice: «Desiderano con un’unica mente vedere il Budda» (SDL, 317). Anche se la pratica del Buddismo – sia da soli che in compagnia – richiede un’assoluta concentrazione, purtroppo capita di distrarsi facilmente inviando e ricevendo continui messaggi o registrazioni audio.
D’altro canto, tenendo presente quali possono essere i problemi che derivano dall’uso della tecnologia e sforzandoci di limitarli, questi strumenti possono essere anche funzionali all’attività buddista, ad esempio, per stare in contatto con persone che vivono distanti e che è difficile incontrare, oppure per un veloce scambio di informazioni e appuntamenti. È sempre bene verificare l’avvenuta ricezione da parte dei destinatari e accertarsi che il contenuto dei messaggi sia stato ben recepito.
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Cosa significa per te creare valore attraverso la comunicazione?
Abbiamo intervistato alcuni professionisti per sentire dalla loro voce come si impegnano ogni giorno per trasformare in azioni gli ideali buddisti nell’ambito della comunicazione
Luigi di Iorio (docente)
Comunicare non è dire qualcosa a qualcuno, ma toccarne il cuore. Per riuscirci devi capire chi hai di fronte, diversamente diventa un mero scambio informativo. Un buon principio della comunicazione interpersonale dovrebbe essere quello di cercare di capire prima di farsi capire.
Daniele Canepa (copywriter)
Uno stesso tipo di evento puoi raccontarlo in modi diversi: la differenza sta nel mettere le persone nelle condizioni di fare le loro scelte oppure spingerle verso una decisione. È importante comunicare in modo efficace, onesto e non creare false aspettative. Diversamente tradisci la fiducia degli altri.
Clarissa Trianni (designer grafica)
Creare valore per me significa attingere a quella creatività che ci permette di trasformare alcune caratteristiche della propria vita e contribuire al miglioramento personale e altrui.
Alessandra Tinozzi (fotografa)
Il maestro Ikeda dice che per lui fotografare è solo un altro modo per incoraggiare. Lui mi ha insegnato a non essere schiava degli aspetti più superficiali della fotografia.
Gaia Pianigiani (giornalista internazionale)
Nel mio lavoro, comunicare è dare voce alle persone che non ce l’hanno, o perché non ricoprono un ruolo istituzionale o perché usano altri canali. Per quanto riguarda il raccontare l’Italia all’estero, la sfida è staccarsi dai cliquè e mettere in luce la trasformazione delle persone e della società.
È necessario verificare sempre le fonti primarie delle informazioni che veicoliamo e guardare al contesto delle notizie. Questo vuol dire dedicare del tempo, ma è l’unica vera arma contro la disinformazione.
Come possiamo utilizzare al meglio i social network?
Cristina Provenzano (giornalista televisiva)
Sui social network tutti possono dire la loro opinione, è uno spazio libero e spesso senza controllo. Le persone possono esprimere quello che pensano e tenersi in contatto, ma l’insidia di cadere in false notizie e polemiche è all’ordine del giorno. Partiamo dal presupposto che ciò che scriviamo influenza sempre gli altri. Spesso il giornalismo televisivo punta sul sensazionalismo e l’audience. La sfida è mettere al centro le persone.
Erica Yoko Necci (doppiatrice)
Oggi è più facile comunicare, ma è anche più facile creare conflitti. I social rispecchiano le problematiche della società: se uno tende a litigare, lo fa anche sui social; se uno vuole dialogare, dialoga anche sui social. Quando doppio seguo un copione, c’è poco di Erica. Ma il mio desiderio è arrivare al cuore delle persone, affinché si emozionino e vengano rivitalizzate.
Michele Giuseppone (videomaker)
La tecnologia unisce le persone, accelera tutto, permette di conoscere i fatti in tempo reale. Il presidente Ikeda e la SGI hanno dimostrato quanto sia importante stare attenti ai dettagli, perché per distruggere il risultato di un lungo lavoro, anche nell’ambito delle relazioni umane, basta un secondo o una parola sbagliata. I social “vivono” negli stati vitali bassi dove si cambia idea in continuazione e si dà sfogo a pensieri ed emozioni. Non sono sbagliati di per sé, ma bisogna utilizzarli con saggezza.
Claudia Mazzucco (giornalista)
Dobbiamo essere consapevoli che ogni mezzo di comunicazione di massa può diventare un modo per esercitare un potere. E l’abuso delle nuove tecnologie ha il potere di distruggere molto di più rispetto a quello che succede con la carta stampata. Se pubblichi un post irriverente, offensivo, superficiale, volgare, il danno è più grande e può essere strumentalizzato.
Daniele Canepa (copywriter)
Quando sui social citiamo una frase è fondamentale scriverne la fonte e verificare se le parole sono quelle originali. Internet ha liberato l’accesso all’informazione, ma può mettere in atto meccanismi di menzogna e calunnia sottili e molto più manipolatori rispetto ai media tradizionali.