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Senza alcun rimpianto - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:05

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Senza alcun rimpianto

Guido Pierazzi, Cecina

A cinquant’anni perde il lavoro di grafico e si imbarca come mozzo su un peschereccio, abbracciando con coraggio una condizione di vita completamente nuova

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A cinquant’anni perde il lavoro di grafico e si imbarca come mozzo su un peschereccio, abbracciando con coraggio una condizione di vita completamente nuova

Sono passati trentacinque anni dal primo numero del Nuovo Rinascimento. Ci racconti i primi tempi dell’attività in redazione?

Quando nel 1984 iniziai a praticare il Buddismo, mi trovai subito coinvolto nello staff del Nuovo Rinascimento. Lavoravo già da qualche anno in una delle migliori litografie/fotocomposizione di Firenze e in virtù di quell’esperienza iniziammo a convertire i testi del Nuovo Rinascimento contenuti nei dischetti (floppy-disk) in bobine di testo incolonnato alte qualche metro. Ricordo che al Centro culturale tutti insieme si lavorava alle modifiche sul tavolo luminoso, tagliando e incollando manualmente pezzi di testo e componendo addirittura alcuni titoli con i trasferibili! Certo oggi sarebbe inconcepibile impaginare un giornale a mano, ma a quel tempo ogni cosa richiedeva molto Daimoku e impegno.
In quel periodo facevo anche tanta attività di gruppo e spesso mi capitava di consegnare il giornale fresco di stampa direttamente alle persone. Ricordo quanta attesa per una nuova guida di sensei, per un’esperienza, ogni nuovo numero veniva sottolineato e regalato, era la nostra fonte di ispirazione sia per le riunioni che per la propagazione.

Nel 1998 inizi a lavorare in una grande tipografia e nel 2001 arrivano la nascita di Giulio e il matrimonio. Tutto sembra andare a gonfie vele ma poi…

La florida ditta per cui lavoravo chiuse all’improvviso e, dalla sera alla mattina, mi ritrovai senza lavoro. Diventava impossibile permettersi una casa a Firenze e così ci trasferimmo a Cecina, con l’intenzione di cercare lavoro nel mio settore.
Avevo fatto sempre quel mestiere e non pensavo certo di trovarmi, cinquantenne, a cercarne altri. Mi rivolsi al centro per l’impiego e feci un corso per pizzaiolo, uno per magazziniere, ma era tutto inutile. Davanti al Gohonzon cercai di chiarire meglio il mio obiettivo: volevo lavorare e avere tempo per la mia famiglia, ma non avevo idea di cosa fare. A un certo punto smisi di recitare per trovare lavoro e mi concentrai sui miei punti di forza: l’onestà, la fiducia guadagnata in passato da parte dei titolari, la mia voglia di lavorare.
Nel frattempo a Cecina mi ero inserito in un gruppo e avevo iniziato l’attività di Prometeo, allargando così la cerchia di persone con cui condividere la mia lotta e le difficoltà. Sensei afferma che il vero vincitore è colui che vince alla fine, e questa consapevolezza mi ha sempre incoraggiato nei momenti peggiori.

Poi cosa è successo?

Una mattina venne a recitare Daimoku un amico che mi disse che suo fratello cercava un aiuto per uscire in mare. Io non ero mai salito su una barca in vita mia, ma decisi di non tirarmi indietro. Indossai gli stivali, la cerata e uscii in mare per la prima volta. A bordo c’erano il capitano e un signore più anziano, e dovevo aiutarli a tirare su le reti con i pesci e tutto ciò che vi s’impiglia durante la pesca. Le mie mani abituate al mouse del computer accusarono subito i tagli della rete in nylon e il freddo pungente, e anche il mio stomaco iniziò a dare segni di insofferenza. Ma seguendo il consiglio dei pescatori adattai la mia dieta al nuovo stile di vita e andai avanti. Persi dieci chili, avevo tutti i muscoli doloranti ma sentivo che stavo facendo la cosa giusta. Al rientro nel porticciolo mi prendevo cura della barca come se fosse mia. Dopo qualche mese il capitano, visto il mio impegno e la passione mi fece fare un corso alla capitaneria di Livorno, e così venni ufficialmente imbarcato come mozzo. Così sono stato assunto a tempo indeterminato con uno stipendio mensile per tutto l’anno, un privilegio rispetto ai pescatori che vengono pagati a uscita.

Come hai vissuto un cambiamento così radicale?

Non ho alcun rimpianto. Certo è faticoso, l’inverno è freddo, ma è bello uscire in barca, stare in mezzo alla natura e poter ammirare ogni giorno un cielo e un mare diversi. Come fiorentino a volte mi sento fuori luogo, soprattutto quando parlo con le persone del posto. Il capitano diceva che lo facevano santo se riusciva a far di me un pescatore, ma pian piano sto acquisendo qualche segreto dal mare. Quando non usciamo in barca ci sono da riparare le reti strappate, e quando queste sono da buttare ne facciamo di nuove. Non mi sarei mai aspettato un cambiamento così, a 360 gradi, e indubbiamente la mia “bussola” è stata il Gohonzon.
Anche se io mi ritengo un privilegiato rispetto a molti padri di famiglia disoccupati, nella società il lavoro di pescatore non è considerato una vera professione. Ma penso al Daishonin, che proveniva da una famiglia di pescatori, e anche se non so come spiegare a mio figlio che non posso comprargli l’ultimo cellulare in voga, spero percepisca il senso di gratitudine per la vita che cerco di trasmettergli.

Cosa diresti a chi si trova senza lavoro?

Partire dai punti di forza e lavorare su quelli, ed essere sempre pronti ad abbracciare ciò che la vita ci propone. Come scrive il presidente Ikeda: «Per chi non ha ancora preso delle decisioni per il proprio futuro, consiglierei di concentrare le energie su ciò che oggi ha davanti. Scoprirete la vostra strada solo continuando a cercare, recitando sinceramente Daimoku per trovarla e chiedendo consiglio a chi vi è vicino» (Scuola e lavoro, esperia, pag. 68).

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