Il 3 aprile è stata inaugurata a Roma presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), la mostra Seeds of Hope (Semi di speranza)
«Speriamo che questa mostra possa sostenere gli sforzi per un’educazione comune e per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile adottati dall’ONU e per piantare semi di speranza nel cuore delle persone» ha detto Hirotsugu Terasaki, della Soka Gakkai Internazionale, che promuove dal 2000 con Carta Internazionale della Terra l’educazione a uno sviluppo sostenibile. All’inaugurazione hanno partecipato anche la vice direttrice della FAO Maria Helena Semedo e Sua Eminenza l’Arcivescovo Tomasi
È un grande onore poter ospitare per la prima volta in Italia, nella storica Biblioteca David Lubin, la mostra Semi di speranza, in occasione del secondo simposio internazionale di Agroecologia. A nome dei membri della SGI presenti in 192 Paesi e territori del mondo, vorrei esprimere la mia più sincera gratitudine.
La mostra Semi di speranza è nata da un’iniziativa congiunta tra SGI e Carta internazionale della Terra, e fino a oggi è stata ospitata in trentotto Paesi e territori.
Il nostro mondo deve oggi affrontare numerose e difficili sfide ambientali che minacciano l’integrità ecologica del pianeta: primo tra tutti il rischio del cambiamento climatico. Questi temi sono centrali negli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs) stilati dalle Nazioni Unite, e un avanzamento verso la loro soluzione richiede una globale unità d’intervento. L’obiettivo essenziale della mostra è sviluppare questa coscienza solidale nella società civile, attivando nei visitatori la consapevolezza che ogni persona è dotata di “semi di speranza” che possono sbocciare in una profonda e positiva trasformazione della comunità umana.
Questa idea è stata al centro delle tematiche che il dottor Aurelio Peccei – fondatore del Club di Roma – e io abbiamo esplorato nel corso del nostro dialogo condotto e pubblicato nel 1984. Egli espresse egregiamente la questione affermando: «Esiste in ogni individuo una naturale “dotazione” di qualità e abilità lasciate in latenza, che tuttavia possono essere portate alla luce e utilizzate per affrontare il deterioramento della condizione umana».
Quest’anno si celebra il cinquantesimo anniversario della fondazione del Club di Roma. Ciò rende ancora più significativa la presenza della mostra a Roma, strumento utile per diffondere un messaggio in sintonia con le idee che il dottor Peccei e io abbiamo approfondito.
Il messaggio fondamentale è che l’empowerment, che fa emergere le illimitate potenzialità insite in ogni individuo, costituisce il fondamento su cui costruire una società globale sostenibile.
Nella mostra troviamo otto esempi di persone che hanno preso l’iniziativa per trasformare la propria comunità e il mondo. Tra queste l’attivista ambientale e Premio Nobel Wangari Maathai – scomparsa nel 2011 – che si è intensamente impegnata nel lavoro della FAO e con la quale la SGI ha intrattenuto numerosi dialoghi.
Ognuno dei pannelli racconta le loro attività mettendole in relazione con un principio della Carta della Terra.
Il processo di stesura della Carta della Terra è iniziato con il Summit della Terra nel 1992. Il testo fu finalizzato e reso pubblico nel 2000 come dichiarazione dei valori e dei princìpi fondamentali che possono guidare l’umanità nella creazione di un futuro sostenibile. La SGI ha partecipato al processo di stesura e ha sostenuto costanti sforzi per promuovere e divulgare lo spirito della Carta della Terra.
Nel capitolo finale di Laudato si’, la sua Enciclica 2015 sull’ambiente, Sua Santità Papa Francesco ha fatto riferimento alla Carta della Terra sottolineando l’importanza dell’educazione ecologica e della spiritualità.
È chiaro infatti che l’educazione ambientale e il ruolo che essa svolge nel promuovere una riflessione sulla vita e sul nostro stile di vita, acquisiranno sempre più importanza nel futuro.
Strettamente connessa all‘empowerment che avviene attraverso l’apprendimento, vi è la necessità di un cambiamento di paradigma che rielabori il nostro orientamento di base riguardo alla politica, all’economia, all’industria e alla società, aprendo così la strada alla costruzione di una comunità umana globale sostenibile. Per questo motivo è di cruciale importanza il principio cardine dell’Agroecologia che mira a forme di agricoltura sostenibili, condotte in armonia con il mondo naturale.
La promozione di un’agricoltura sostenibile è una delle sfide proposte tra gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs): il suo successo avrà un rilevante impatto nel conseguimento degli altri SDGs. Ciò è confermato da una recente ricerca dell’Università delle Nazioni Unite (UNU) che descrive i benefici dell’agricoltura sostenibile sulla salute umana, sull’educazione e sulla parità di genere.
La sicurezza alimentare è stata una questione di grande interesse per il dottor Peccei, che durante il nostro dialogo affermò: «I problemi alimentari sono probabilmente un buon esempio per mostrare come ogni nazione o regione, contribuendo secondo le proprie possibilità, può aumentare il bene comune della popolazione mondiale e raccogliere frutti di gran lunga maggiori di quanti ne raccoglierebbero rimanendo isolate».
In questo modo il dottor Peccei ha espresso una visione pienamente in armonia con la mia. Sono convinto che l’orientamento agroecologico giocherà un ruolo decisivo nel risolvere molte delle sfide identificate negli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs). Per questo motivo il mio desiderio e il mio augurio è per un grande successo di questo importante simposio.
In conclusione, porgo a tutti i miei migliori auguri di buona salute, benessere e prosperità delle rispettive organizzazioni.
(3 aprile 2018)