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Il coraggio di affrontare - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:57

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Il coraggio di affrontare

Antonella Ravasenga, Torino

Davanti al Gohonzon sentii emergere una grande tranquillità e arrivai a percepire la grandezza del rapporto tra madre e figlia. Sentii che nulla avrebbe potuto separarci, il Daimoku risvegliava in me la forza del leone

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Davanti al Gohonzon sentii emergere una grande tranquillità e arrivai a percepire la grandezza del rapporto tra madre e figlia. Sentii che nulla avrebbe potuto separarci, il Daimoku risvegliava in me la forza del leone

Pratico dal 1999, lo stesso anno in cui è nata mia figlia, con un grave disturbo genetico. A parlarmi di Buddismo è stata la mamma di un’altra bambina ricoverata nel reparto di rianimazione infantile. Lì per lì non ho dato peso alle sue parole, ma col passare dei giorni, in mezzo a tanto dolore, ho iniziato a riflettere sulla mia vita: ero immersa nella sofferenza, attanagliata dalla paura, mi sentivo impotente.
Mia figlia Martina lottava, tra la vita e la morte, con una malattia che le aveva compromesso quasi tutti gli organi, cervello compreso, con serissimi problemi di coordinazione. Quando mi comunicarono la diagnosi – deficit congenito di vitamina B12 – pensai che fosse meglio non sopravvivesse: non avevo il coraggio di affrontare la situazione. Il giorno dopo, quando andai a trovarla in rianimazione, per la prima volta la vidi priva della forza di lottare, come una candelina che si stava spegnendo. Capii che la mia paura si rifletteva nella sua condizione, e in un attimo decisi di iniziare a praticare.
Cominciai subito a fare molto Daimoku e a studiare il Buddismo, per comprendere più profondamente.
Quando mia figlia venne dimessa aveva nove mesi e non era in grado di coordinare alcuna funzione. Veniva nutrita per via enterale, con l’ausilio di una macchina. Grazie al potere della preghiera, tre mesi dopo pian piano iniziò a succhiare il latte e ad alimentarsi.
In seguito, a causa delle numerose medicazioni che ero costretta a farle, iniziò a rifiutarmi. Recitavo Daimoku con questo dolore immenso, mentre riaffiorava l’antica sofferenza del rapporto conflittuale con mia madre.
Un giorno davanti al Gohonzon sentii emergere una grande tranquillità e arrivai a percepire la grandezza del rapporto tra madre e figlia.
Sentii che nulla avrebbe potuto separarci e con questa certezza continuai a curarla assumendomi la piena responsabilità di ogni scelta.
Il Daimoku risvegliava in me la forza del leone e le parole del Gosho nutrivano la mia speranza: «Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (RSND, 1, 365).
Quando Martina raggiunse un anno d’età, la risonanza magnetica rivelò che la sua condizione cerebrale era sorprendentemente migliorata, e a due anni cominciò a camminare.
Nel 2001 mi venne proposta la responsabilità di gruppo: in quelle condizioni mi sembrava impossibile prendermi cura di altre persone, ma sentii che era una grande occasione per aprire la mia vita e trasformare la sofferenza.
Nel frattempo alcuni miei shakubuku ricevettero il Gohonzon. Al termine dell’asilo Martina pronunciava solo la parola “mamma”. La neuropsichiatra mi prospettava un futuro molto buio, ma io ero certa che avrei visto la luce. In autunno mi dedicai all’attività degli esami di Buddismo senza risparmiarmi e determinai che Martina riuscisse a parlare prima di iniziare le elementari.
In primavera iniziò a pronunciare la parte finale di ogni parola.
A quel punto la logopedista ci comunicò la necessità di acquistare un computer costosissimo per permetterle di seguire le attività scolastiche. Determinai di risolvere anche questo problema con il Daimoku, e pochi giorni dopo incontrai la mamma di una mia ex allieva, una maestra elementare specializzata nel sostegno, che si prese a cuore Martina e iniziò con lei un lavoro molto mirato di esercizi vocali e coordinazione oculo-manuale: era davvero la persona giusta!
A settembre Martina era talmente migliorata che poté iniziare la prima elementare senza bisogno del computer. Intanto coglievo ogni occasione per trasmettere la pratica e lodare la Buddità degli altri, mentre entravo sempre più in sintonia con la mia. Ripresi a insegnare danza mentre riemergevano i miei sogni: il teatro, la coreografia…
L’anno in cui Martina iniziò le medie mio marito divenne membro e a me venne proposta la responsabilità di capitolo.
Con Roberto decidemmo di ospitare a casa un gruppo che si era appena formato, e così anche Martina ebbe la possibilità di partecipare agli zadankai. Quando la responsabile del gruppo mi disse di aver determinato in cuor suo che Martina diventasse membro della Soka Gakkai, esplosero le mie paure: avevo accompagnato dieci miei amici a ricevere il Gohonzon, eppure nel caso di mia figlia vedevo solo limiti!
A settembre 2015 Martina è entrata nell’attività Futuro e a dicembre è diventata membro. Durante la cerimonia ha incoraggiato tutti dichiarando di voler essere felice!
Nel 2017 ho promesso al mio maestro di “lavorare sodo accanto a lui in questi due anni”, puntando al 18 novembre 2018.
Così ho deciso di concentrarmi sul gruppo a casa mia che stava attraversando un momento difficile, fino a realizzare l’obiettivo di quattro nuovi membri e farne riavvicinare quattro che si erano allontanati.
In concomitanza con Senzatomica a Torino aumentammo il Daimoku, incoraggiando e coinvolgendo ogni persona.
Moltiplicammo le visite a casa sforzandoci di mettere in pratica le indicazioni del nostro maestro, studiando il libro Vi affido i membri della Soka Gakkai e gli editoriali su Il Nuovo rinascimento.
Tutti insieme abbiamo sperimentato la grande gioia di dedicarci a kosen-rufu e di far parte della Soka Gakkai.
Ora Martina frequenta l’ultimo anno delle superiori e sta studiando con grande impegno per sostenere l’esame di Buddismo. Quanto a me, mi dedico con tutto il cuore a dialogare con i giovani. Riprenderò il percorso artistico accantonato e mi sfiderò fino in fondo affinché in ogni gruppo del capitolo almeno due giovani ricevano il Gohonzon!

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