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Pensare e agire come farebbe il mio maestro - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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Pensare e agire come farebbe il mio maestro

Rosa La Piana, Chivasso (TO)

Insieme ai membri della sua famiglia, Rosa è tra quei giovani pieni di entusiasmo che hanno partecipato alle prime visite del presidente Ikeda in Italia, occasioni indimenticabili per determinare di realizzare kosen-rufu insieme a lui, trasformare il suo karma e costruire una vita felice

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Ho conosciuto il Buddismo grazie a mio fratello Nino che nel 1976 tornò da Tokyo – dove lavorava con un gruppo musicale – e fece shakubuku a tutta la famiglia.
Io avevo sedici anni e mia sorella Piera tredici; subito iniziammo a recitare Daimoku con lui, entusiaste della novità. Per i primi quattro anni più che altro facevamo shakubuku alle nostre amiche partecipando ogni tanto, la domenica mattina, a kosen-rufu Gongyo.
Nel 1980 io e mia sorella iniziammo a praticare regolarmente, dopo sei mesi anche nostra mamma si unì a noi, partecipando alle riunioni dell’unico gruppo che c’era allora a Torino.
In estate cominciai a sentir parlare della visita di Sensei in Italia, che sarebbe stata a maggio 1981. E cominciai a recitare Daimoku per poterlo incontrare. C’era molto fermento tra noi giovani, si sentiva una grande emozione e felicità. Mi proposero di partecipare al balletto folcloristico preparato dai membri di Piemonte, Liguria e Lombardia. Alle prove ero terrorizzata e impacciata, ma continuavano a dirmi: “Davanti a Sensei trasmetterai solo la gioia di praticare e di realizzare kosen-rufu!”. Ogni volta che volevo mollare mi tornavano in mente quelle parole: dovevo ricordandomi che lo stavo facendo per trasmettere gioia a Sensei e ai membri. Riuscii ad andare fino in fondo e a superare i miei limiti.
Il 7 marzo dell’81 io, mia sorella e mia mamma ricevemmo il Gohonzon. Quel giorno decisi di non smettere mai di praticare. Il 31 maggio, il giorno del festival, eravamo in cinque persone della mia famiglia all’indimenticabile incontro con il nostro maestro. Con noi c’erano anche sei principianti nostri shakubuku, di cui tre diventarono membri da lì a poco. Dopo i balli e i canti dei membri italiani e giapponesi (circa cento persone avevano seguito Sensei e Kaneko in quel viaggio in Europa), ci fu un’esplosione di gioia.
Quando Sensei salì sul palco e iniziò a parlare, sentii una serenità immensa.
Era diverso da come lo immaginavo, lo vidi come una persona di famiglia, molto vicino a me, e sentii nel suo discorso tanta umanità e affetto. Esattamente come un uomo comune che parlava a persone comuni. Ci incoraggiò a fare shakubuku, apartire dalla nostra famiglia e dagli amici. Ci disse:

«Il Po che scorre lungo l’Italia, sorge fra le lontane vette delle Alpi e sfocia vicino a Venezia. Anche la sorgente di questo grande fiume inizia con una goccia d’acqua sulle Alpi. Allo stesso modo, questo movimento del Rinascimento della vita, fra trenta, cinquant’anni diventerà sicuramente come la corrente di un grande fiume. Create un’organizzazione che sia come “una famiglia nella fede”, dove il rispetto e la fiducia siano le basi per l’incoraggiamento reciproco…» (Ai miei cari amici italiani, pag. 9)

E ci incoraggiò a mirare a venti anni di pratica!
Quell’incontro fu il punto di origine della mia relazione con il maestro, sentii che potevo farcela e che mi trovavo con le persone giuste, i membri della Soka Gakkai, con cui condividere lo stesso obiettivo di kosen-rufu. Sensei ci ha trasmesso la sua convinzione che in Italia saremmo diventati come il grande fiume Po, e così è stato. Il grande sviluppo che vediamo oggi in Italia è stato realizzato grazie alla visione di Sensei che ha creduto in noi, quasi tutti giovanissimi, nel momento pioneristico del nostro movimento.
In seguito ho avuto altre quattro occasioni di incontrare Sensei: il 4 giugno ‘81 a Milano, a Trets nell’83, in Giappone nell’89 e a Milano nel ‘92: tutte occasioni preziose per determinare di realizzare kosen-rufu insieme a lui, trasformare il mio karma negativo e costruire una vita felice.
Sensei ci disse:

«In Giappone ci sono molte persone che praticano il Buddismo di Nichiren Daishonin. Quando iniziarono molti di loro erano poveri, deboli di salute e avevano problemi familiari. Dopo dieci o venti anni di pratica sincera essi hanno dimostrato una magnifica prova, trasformando il loro profondo karma negativo in felicità. Molti membri della nostra organizzazione sono diventati persone importanti nella società. Spero che anche voi seguiate i loro passi mirando a completare i vostri anni di pratica» (Ibidem, 11)

Tenendo sempre le guide di Sensei nel cuore mi sono sforzata al massimo per creare una famiglia felice per kosen-rufu.
Oggi sono sposata con Vittorio, che ha iniziato a praticare qualche anno dopo di me e abbiamo tre figli meravigliosi, di cui due fanno attività come responsabili delle Giovani donne.
Tra noi e la mia famiglia di origine siamo in dieci a far parte della Soka Gakkai, e siamo determinati a far praticare anche il resto della famiglia. Grazie al legame con il Gohonzon e con il maestro Ikeda sento di aver trasformato il mio karma negativo in gioia in tanti aspetti della mia vita.
Nel 2011 e nel 2017 ho partecipato a due corsi della SGI in Giappone. E anche se non ho incontrato Sensei fisicamente, in quanto non partecipava più alle riunioni ufficiali dal 2010, lui ci è stato sempre vicino con molti messaggi e regali. Inoltre conservo ancora nel cuore le parole e gli occhi dei membri giapponesi che mi hanno trasmesso il loro legame con Sensei proprio come se fosse lì con noi.                
Ora che Sensei non è più in vita, sento profondamente che tocca a me, a tutte noi, trasmettere il cuore del maestro, le sue guide e il suo pensiero alle nuove generazioni. In tal senso abbiamo una grande missione. Per questo il mio obiettivo quotidiano davanti a qualsiasi situazione è “pensare e agire come farebbe Sensei!”

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