È di nuovo la stagione in cui nel quartiere di Shinanomachi fiorisce il “Ciliegio dei giovani”, che si trova davanti alla sede della Soka Gakkai. Ogni anno, quando torna la primavera e i miei pensieri vanno all’imminente fioritura degli alberi di ciliegio, torna anche l’anniversario della morte del mio maestro Josei Toda, avvenuta il 2 aprile [1958, n.d.r.].
Quando un essere umano è di fronte alla morte della persona più importante della sua vita, quando ne fissa il corpo senza vita, si addolora, si confronta con se stesso ed è pronto a tutto.
Anche dopo la cerimonia indimenticabile del 16 marzo 1958, quarantadue anni or sono, Josei Toda continuò a impartire direttive dal Rikyo-bo, l’appartamento dove alloggiava quando era al tempio principale. Ma le sue condizioni di salute continuavano a peggiorare e il 26 marzo, consapevole del proprio decadimento, diede istruzioni al medico, che era un suo discepolo e un membro della Soka Gakkai, dicendo:
«Per favore, non dire alla mia famiglia delle mie pessime condizioni di salute, altrimenti si preoccuperanno e non servirà a niente. So cosa sta per succedermi, ma tu contattali solo dopo che sarò morto. Non ha senso farli preoccupare. Questa è la teoria del valore»
Data l’insistenza di Toda, non potemmo far sapere ai familiari delle sue condizioni fino al 30 marzo, giorno in cui insieme al direttore Satoru Izumi andai a trovarli a Tokyo e, dopo aver discusso insieme della situazione, decidemmo di ricoverare Toda in ospedale.
A metà della notte, poco dopo le due del mattino del 1 aprile, Josei Toda lasciò il tempio principale e dalla stazione di Numazu fece il viaggio in treno fino a Tokyo in cuccetta. Non riusciva a stare in piedi e dunque lo trasportammo così com’era, direttamente dal suo letto. Subito dopo l’arrivo alla stazione di Tokyo nelle prime ore del mattino fu ricoverato all’Ospedale Surugadai dell’Università Nihon, nel quartiere Chiyoda.
Poi il giorno seguente, 2 aprile, giunse la notizia che le sue condizioni erano leggermente migliorate e i suoi discepoli si rallegrarono. Ma alle sei e quarantacinque del pomeriggio il figlio di Toda mi chiamò alla sede della Gakkai per dirmi che suo padre era morto.
Così, a cinquantotto anni, si chiuse il sipario della vita turbolenta di Josei Toda, un grande leader di kosen-rufu. Ancora oggi non riesco a descrivere lo shock che provai alla morte del mio maestro: fu come se il sole fosse tramontato per sempre per non risorgere mai più.
Stranamente, quando arrivò la notizia i direttori e i responsabili del Gruppo giovani si trovavano tutti nella sede della Soka Gakkai, il bastione principale del movimento di kosen-rufu.
L’unità – che dopo la morte di Toda sarebbe stata più importante che mai per l’organizzazione – era già lì presente.
Quando ci penso, vedo che ogni parola e ogni azione di Toda rappresentavano un’ultima direttiva mirata a istruire e a guidare noi, i suoi discepoli, in modo che potessimo continuare il lavoro di kosen-rufu una volta che lui fosse scomparso: ogni parola e ogni azione erano il nostro allenamento per il futuro.
Il 22 marzo si era tenuta una riunione dei massimi responsabili della Soka Gakkai negli alloggi al Rikyo-bo. Erano tutti inginocchiati a semicerchio intorno a Toda, il quale sedeva sul suo futon, mentre le sue parole, scaturite dal profondo dell’essere, saettavano per la stanza come fulmini:
«La Soka Gakkai è la mia vita. Dovrà rimanere sempre un’organizzazione di fede pura che esiste per la realizzazione di kosen-rufu. Non dobbiamo mai rimanere fermi e lasciare che la nostra preziosa organizzazione possa essere inquinata da cuori e spiriti impuri!»

Tutti coloro che ebbero modo di udire quel potente ruggito di leone riescono a sentirlo chiaramente ancora oggi.
Toda ripeteva sempre che la Soka Gakkai era per lui più importante della sua vita stessa.
Durante la Seconda guerra mondiale, Tsunesaburo Makiguchi, primo presidente della Soka Gakkai, era stato imprigionato dal governo militare ed era morto in carcere. Molti responsabili della Gakkai avevano abbandonato la fede e l’organizzazione si era sgretolata. Poche settimane prima della fine della guerra, il 3 luglio del 1945, quando fu rilasciato dalla prigione, Toda bruciava dal desiderio di vendetta.
Voleva vendetta per il male del potere che aveva ucciso il suo maestro in prigione e aveva gettato milioni di persone nella sofferenza più indicibile. Sapeva che, se avesse combattuto sinceramente per realizzare kosen-rufu, i tre ostacoli, i quattro demoni e i tre potenti nemici sarebbero apparsi numerosi per fermarlo. Ma se la Gakkai fosse rimasta debole e priva di spirito come era stata durante la guerra, se avesse esitato o tremato di fronte alle opposizioni, egli non avrebbe mai potuto vendicare la morte del maestro.
Doveva perciò costruire un’organizzazione di persone la cui decisione e il cui impegno rimanessero imperturbati, senza curarsi delle grandi persecuzioni o oppressioni che si fossero trovati ad affrontare.
E Toda era deciso a far crescere dei paladini della giustizia pronti a mettere in gioco la vita per combattere il male e le ingiustizie, campioni che non avrebbero esitato di fronte alle tempeste più feroci.
Questo fu il magnifico giuramento di Josei Toda, il quale era andato oltre la paura della morte.
Delle persone che si riuniscono senza uno scopo, senza un obiettivo, non possono raccogliere la determinazione e la forza necessarie a effettuare un vero cambiamento. Di conseguenza, non possono sperare di vincere nella lotta tra il Budda e le forze negative. Makiguchi era solito dire:
«Meglio un solo leone, che un migliaio di pecore»
Guardando nel buio del lontano futuro, fissando lo sguardo sull’incognita che sta ben oltre il presente, Toda in prima persona cominciò a far crescere, con cura laboriosa, un discepolo dopo l’altro, ognuno pieno di dedizione sincera. Continuò a forgiarli come leader eccellenti con una forza interiore senza pari, persone che avrebbero mostrato appieno il loro potenziale, non importa quanto profondo sarebbe stato il buio che avrebbero affrontato nell’Ultimo giorno della Legge.
Nichiren Daishonin ha scritto:
«I seguaci di Nichiren sono come leoni ruggenti» (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1 , 885)
E anche:
«Sebbene Nichiren e i suoi discepoli siano pochi di numero, poiché agiscono in itai doshin, realizzeranno la loro grande missione di propagare il Sutra del Loto» (Diversi corpi, stessa mente, RSND, 1 ,550)
La SGI, che concretizza le parole del Daishonin, è un’organizzazione di persone che hanno un coraggio da leone, unite da una forte solidarietà; il nobile compito di questa organizzazione è combattere i molti individui privi di scrupoli e inaffidabili che esistono in questo mondo, e di non farsi mai sconfiggere da loro. Per questo la SGI è l’organizzazione che ha ereditato il volere del Budda ed è quindi la sola qualificata per portare avanti l’obiettivo di kosen-rufu che nessun altro è stato capace di raggiungere.
Che cosa è kosen-rufu? In un certo senso significa intensificare le forze del Budda, cioè coloro che agiscono in accordo con l’intento e la volontà del Budda mentre combattono decisi contro i mali dell’odio, dell’inganno e delle macchinazioni. Significa espandere la rete di persone che si dedicano al bene e lottano per questa causa con tutte le proprie forze fino in fondo.
Quando Toda divenne secondo presidente della Soka Gakkai – il 3 maggio 1951 – dichiarò che avrebbe fatto in modo che settecentocinquantamila famiglie entrassero a far parte dell’organizzazione, mentre in quel momento i membri erano solo tremila. Quando vennero a sapere di questo progetto ambizioso di aumentare di duecentocinquanta volte il numero delle adesioni, questi membri rimasero senza parole e non credevano alle proprie orecchie. Eppure, raggiungere una valida forza composta da settecentocinquantamila famiglie era lo scopo che Toda aveva giurato a se stesso di realizzare fino in fondo, così da gettare le basi eterne per kosen-rufu in Giappone. E nell’arco di appena sette anni quello scopo fu raggiunto.
Un mese dopo la morte di Toda, il patriarca Nichijun parlò del profondo significato del numero settecentocinquantamila:
«Io credo che nell’Ultimo giorno della Legge, la Soka Gakkai, con il presidente Toda in testa, li abbia chiamati a raccolta [i Bodhisattva della Terra]. In altre parole, io credo che il presidente Toda abbia riunito questo numero di persone, settecentocinquantamila, perché così esse rappresentano i cinque o i sette caratteri di Myoho-renge-kyo»
Da parte mia posso solo considerare la realizzazione di quello scopo come il senso della venuta di Toda in questo mondo. Ma Toda vedeva questo scopo di una vita solo come un altro passo lungo il viaggio. Manteneva lo sguardo fisso sul futuro, muovendosi sempre in quella direzione, senza fermarsi un momento. Il suo più profondo desiderio era eliminare la disperazione dalla faccia della terra, perché kosen-rufu nel mondo – vale a dire la felicità e la pace per tutto il genere umano – era il mandato del Budda.
Nel dicembre del 1957, subito prima che fosse raggiunto il numero di settecentocinquantamila, egli mi disse: «Il nostro prossimo scopo è due milioni!». Poi, all’inizio del nuovo anno, un giorno prima del suo compleanno [11 febbraio], il suo scopo era cresciuto ancora: «Credi di poter realizzare tre milioni di famiglie nei prossimi sette anni?» «Sì – risposi senza esitare – Lo farò. Mi sento più deciso che mai».
Qualche giorno più tardi, a marzo, mi disse felice di aver sognato di essere andato in Messico:
«Daisaku, il mondo è il tuo palcoscenico. Vai per il mondo»
Secondo i desideri del mio maestro, come terzo presidente della Soka Gakkai aprii la porta a kosen-rufu in tutto il mondo e nel novembre 1962 raggiunsi lo scopo di tre milioni di famiglie.
Nel momento in cui si realizzò, levai lo sguardo a uno scopo ancora più grande:
«Il prossimo obiettivo: sei milioni di famiglie!»
E quattro anni dopo, nel 1966, raggiunsi anche quello scopo.
Vincere le proprie battaglie dà un senso di gioia. Perdere lascia una sensazione di infelicità.
Quindi, se state per fare uno sforzo, è importante che vi sforziate di vincere. Portare a compimento una sfida è la partenza per quella successiva.
Toda fu un grande maestro dedito alla propagazione della Legge, fu un grande leader.
È cruciale dunque che i suoi discepoli si ergano come paladini di kosen-rufu. Forte di questa decisione, ho sopportato gli infiniti attacchi dei tre potenti nemici e ho ottenuto una vittoria senza precedenti per la Soka Gakkai. Nichiren Daishonin, tutti i Budda e i bodhisattva attraverso il tempo e lo spazio lodano i miei sforzi. Toda mi sorride, felice di vedere quanto ho realizzato. Niente mi dà una gioia più grande.
A ogni modo, il palcoscenico di kosen-rufu è vasto e senza limiti. Il mondo ci aspetta. La gente del futuro aspetta noi.
Miei coraggiosi compagni, andiamo avanti. Uniti da una decisione rinnovata, rafforziamo ancora la nostra invincibile forza di leoni e facciamo del ventunesimo secolo un’epoca in cui prevarranno la verità e la giustizia.
