A cura di Gaia Pasqualotto
La cultura moderna, in particolare quella occidentale, è permeata da una visione prettamente dualistica, in cui molti aspetti della vita sono affrontati come contrapposti.
«Il pensiero dualistico è stato il fondamento dell’evoluzione della civiltà umana, ma è anche la radice di gran parte dei suoi attuali problemi» (I misteri di nascita e morte, Esperia, pp. 120-121)
Classificare i fenomeni della vita in categorie opposte come bene-male, corpo-spirito, uomo-ambiente è un approccio che è stato proposto da alcuni filosofi come Aristotele (383 a.C. – 322 a.C.) e Cartesio (1596-1650) in risposta a un bisogno di semplificare la complessità della vita riducendola ai minimi termini per poterla analizzare. Da un lato questa visione della vita ha permesso lo sviluppo della scienza analitica e della medicina che a loro volta hanno permesso lo sviluppo della civiltà umana. Tale semplificazione però non è in grado di spiegare la complessità della vita e a trasformarne le sofferenze perché rimane focalizzata sulle differenze superficiali. In ultima analisi, potremmo arrivare a dire che una visione del mondo basata sulle differenze contiene in sé la causa del conflitto. In questo senso, comprendere con la propria vita la non dualità implica quindi sviluppare le radici della pace.
Il Buddismo offre una visione più ampia della vita che è confermata dalle più o meno recenti scoperte scientifiche. Il termine giapponese per definire la natura non dualistica della vita è nini-funi, ovvero due nei fenomeni ma non due nell’essenza. Questo concetto racchiude in sé la consapevolezza che i fenomeni dell’universo, sebbene possano assumere forme (manifestazioni) apparentemente molto differenti, derivano essenzialmente da un’unica matrice comune.
Una delle non-dualità più importanti è proprio quella tra il sé e l’ambiente perché è il due/non-due con il quale ci confrontiamo sin dalla nascita in ogni istante della vita.
Sono il nostro ambiente i nostri genitori, fratelli o sorelle e/o le figure di riferimento che si sono prese cura di noi mentre crescevamo, è il nostro ambiente la scuola, il lavoro, i vicini di casa, proprio quel gruppo buddista, ogni fenomeno e risorsa naturale che ci circonda, l’Italia, l’Europa e l’intero mondo, il sistema solare e l’universo sono tutti il nostro ambiente e secondo il Buddismo profondamente siamo tutti interconnessi. Gli elementi di cui è costituito il nostro corpo, sono gli stessi che facevano parte di una stella miliardi di anni fa.
In questa visione lo stato di armonia e salute del nostro corpo, della nostra famiglia, del nostro governo e dell’ecosistema che accoglie la nostra vita sono sintomatici del nostro stato vitale ma sono anche la causa esterna per trasformarlo.
Con tutta la saggezza accumulata e le evidenze scientifiche, non è più possibile nascondersi dietro un’interpretazione del mondo dualistica e superficiale. Avere una visione basata sul due-non due ci permette di vedere dove serve il cambiamento e ci mette in grado di attivarlo.
Cosa collega i due opposti? La trasformazione, soku in giapponese, ovvero la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Nella trasformazione c’è la vita.
Tuttavia è davvero difficile applicare questa verità in ogni ambito della vita quotidiana senza soccombere all’ansia dell’impotenza di non poter controllare ciò che è più grande di noi. Riusciremo a prenderci cura della nostra comunità, dell’ecosistema, del nostro corpo durante una malattia, a realizzare una famiglia che oggi non c’è, a creare relazioni armoniose?
Con pazienza i nostri maestri hanno continuato a spiegare questo concetto per incoraggiarci a sentirlo profondamente e a farlo quotidianamente nostro.
Realizzare prove concrete e vittorie rafforza la nostra fede e ci permette di fare cose ancora più grandi. È sulla base di questa consapevolezza che Nichiren nel Gosho Il Conseguimento della Buddità in questa esistenza scrive:
«Se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (RSND, 1, 4)
Questo tipo di pensiero apre a ogni sfida che viviamo un’infinita speranza perché, se è vero che ogni cosa è intimamente connessa con tutte le altre, noi che attiviamo il potere di Nam-myo-ho-renge-kyocon la nostra voce, nella nostra vita, nella nostra casa possiamo raggiungere proprio adesso ogni angolo dell’universo e far emergere la natura di budda di ogni fenomeno, anche il più distante da noi.
Non a caso i caratteri di myo e ho rappresentano la non dualità della vita. Ho è ciò che ha forma, tutti i fenomeni, la vita manifesta ma temporanea, i benefici visibili, e Myo è il vero aspetto, la natura di budda, i benefici invisibili, la vita latente, la potenzialità nascosta. Con questa consapevolezza facciamo emergere ogni giorno la Buddità insita nella vita concretizzandola in ho.
Avere lo strumento della pratica buddista per attivare questo potere è una fortuna incommensurabile e ci rende anche responsabili di cambiare il sistema di vita dualistico che domina la società con una rivoluzione pacifica che trasforma il destino dell’umanità dalle radici. Infatti il karma si trasforma attraverso pensieri, parole e azioni. Cambiare il nostro pensiero, il modo in cui ci raccontiamo e vediamo il mondo è l’inizio di un cambiamento concreto.
Se comprendiamo bene questo punto senza accorgercene avremo anche realizzato la non dualità tra noi discepoli e il maestro Ikeda. La non dualità tra maestro e discepolo infatti non è altro che riconoscere che siamo Bodhisattva della Terra che svolgono la missione di risvegliare tutti gli esseri umani al fatto che la natura illuminata è presente in ognuno ed è sempre disponibile e attivabile.
Maestro e discepolo sono uniti nella misura in cui riconoscono la loro missione condivisa di aprire gli occhi a tutte le persone su questa verità. In questo senso, comprendere il concetto di non dualità è importante per poter dialogare con le persone e sostenerle nel cambiare la loro visione del mondo, da una visione dualistica a una visione in cui la direzione del cuore e la determinazione di un singolo individuo possono creare un cambiamento significativo verso una società dove tutti possano godere di una vita pacifica e dignitosa.
Bibliografia:
- Buddismo e Società 207, aprile 2021
- Buddismo e Società 199, marzo/aprile 2020
- Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte, Esperia
- Il Buddismo di Nichiren Daishonin, Profilo storico e Principi fondamentali, Esperia, 2014
