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Un viaggio di dialogo basato sull’umanesimo che trascende le differenze culturali e abbatte qualsiasi muro - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:15

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Un viaggio di dialogo basato sull’umanesimo che trascende le differenze culturali e abbatte qualsiasi muro

Puntata 4: La sfida di trasformare il karma dell’umanità

In questa quarta puntata ripercorriamo la storia di come Ikeda Sensei – che da giovane sperimentò le atrocità della guerra – ereditò dal suo maestro Josei Toda il testimone dell’assoluto rifiuto della guerra e dell’impegno a promuovere la pace e il dialogo nel mondo intero. Questa puntata è stata pubblicata sul Seikyo Shimbun del 23 novembre 2023

Incontro tra il primo ministro Zhou Enlai e il maestro Daisaku Ikeda. Nonostante le sue precarie condizioni di salute, il premier cinese volle incontrare Ikeda a cui affidò il futuro dell’amicizia tra Cina e Giappone (5 dicembre 1974, presso l’ospedale 305 di Pechino)
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«La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità» (RU, Prefazione, VI):

queste parole, che compaiono nella prefazione de La rivoluzione umana, esprimono il tema principale dell’opera e anche del suo proseguo, La nuova rivoluzione umana. Non solo, costituiscono la dichiarazione della sfida a cui Ikeda Sensei ha dedicato tutta la sua esistenza.
Sensei iniziò a scrivere La rivoluzione umana il 2 dicembre 1964 a Okinawa, in Giappone, un luogo che era stato teatro di una cruenta battaglia durante la Seconda guerra mondiale e dove la popolazione aveva sofferto enormemente. Il romanzo si apre con le seguenti parole:

«Nulla è più barbaro della guerra. Nulla è più crudele» (RU, 1, 1)

Lui stesso era stato tra i giovani che avevano sperimentato l’atrocità di quella guerra.

Daisaku Ikeda è nato nel 1928, nella zona che oggi corrisponde al quartiere Ota di Tokyo. È cresciuto in un’epoca in cui, come avrebbe scritto più tardi, «il Giappone era coinvolto in modo del tutto anomalo negli sviluppi della guerra». 
La seconda guerra sino-giapponese era scoppiata quando Ikeda Sensei aveva appena nove anni, e ne stava per compiere quattordici quando ebbe inizio la Guerra del Pacifico (Seconda guerra mondiale); a causa di questo conflitto, i suoi quattro fratelli maggiori vennero chiamati alle armi uno dopo l’altro.
La sua famiglia fu costretta ad abbandonare la propria casa e a trasferirsi in un’altra, che però poi venne rasa al suolo durante un raid aereo. Dopo la fine della guerra, vide sua madre versare lacrime di dolore nell’apprendere della morte in battaglia del figlio – suo fratello maggiore. Non solo, soffrendo di tubercolosi, il giovane Daisaku era costantemente seguito dall’ombra della morte.

Da giovane, Daisaku e suo fratello maggiore, Kiichi, conservavano entrambi un frammento di uno specchio rotto appartenuto alla madre. Quando Daisaku venne a sapere che Kiichi era stato ucciso in Birmania (l’attuale Myanmar) durante la Seconda guerra mondiale, prese in mano il proprio frammento di specchio pensando a lui.

In seguito avrebbe scritto: «Odiavo la guerra. E odiavo i leader che avevano incitato le persone alla guerra». Il giovane Daisaku aveva diciassette anni al momento della resa da parte del Giappone. «Mi sono chiesto cosa avrei potuto fare per far sì che una tragedia simile non accadesse mai più».
Varcò la soglia del suo primo zadankai, il 14 agosto 1947, proprio nel momento in cui Josei Toda stava tenendo una lezione sul trattato di Nichiren Daishonin Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese.
Al termine della riunione, il giovane chiese a Toda quale fosse secondo lui il modo corretto di vivere, cosa significasse essere un vero patriota e cosa ne pensasse dell’imperatore. E rimase profondamente colpito dal fatto che Toda rispondesse a quelle domande in modo chiaro e conciso, e che fosse stato arrestato e incarcerato poiché si era opposto fermamente alla guerra. Dieci giorni dopo, il giovane Ikeda prese fede nel Buddismo di Nichiren e divenne un discepolo di Toda.

In Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, Nichiren Daishonin scrive:

«Se vi preoccupate anche solo un po’ della vostra sicurezza personale, dovreste prima di tutto pregare per l’ordine e la tranquillità in tutti e quattro i quadranti del paese» (RSND, 1, 25)

Il primo passo di Sensei lungo il cammino della fede segnò anche il primo passo verso la realizzazione del suo tanto a lungo accarezzato sogno della pace.                                   

Poco prima di compiere trent’anni, Sensei riportò nel suo diario come aveva trascorso ogni decennio della sua vita fino a quel momento. Non solo, sebbene i medici gli avessero detto che non sarebbe vissuto oltre i trent’anni, egli incluse anche i suoi obiettivi per i decenni a venire:

«I miei primi dieci anni: la mia infanzia, come figlio di un coltivatore di alghe. I miei vent’anni: ho sviluppato la conoscenza di me stesso, ho lottato contro il demone della malattia. I miei trent’anni: pratica e studio del Buddismo; la lotta per sconfiggere il demone della malattia. I miei quarant’anni: perfezionare lo studio del Buddismo; perfezionare la pratica del Buddismo. I miei cinquant’anni: affermarmi nella società. I miei sessant’anni: portare a termine le fondamenta di kosen-rufu in Giappone» (Diario giovanile, Esperia, 608)

L’8 settembre 1968, otto anni dopo essere diventato il terzo presidente della Soka Gakkai, Sensei – che allora aveva quarant’anni – fece una precisa “dichiarazione alla società”, rivolta al mondo intero.
In occasione dell’undicesima riunione generale del Gruppo studenti espose in modo dettagliato un’audace proposta per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Giappone e Cina di fronte a diecimila studenti e a diversi media giapponesi e stranieri. Quel giorno ricorreva anche l’undicesimo anniversario della Dichiarazione di Toda per l’abolizione delle armi nucleari. Con l’intensificarsi della guerra fredda e le ripercussioni della Rivoluzione culturale cinese, le relazioni tra Cina e Giappone si trovavano in una fase di stallo. Inoltre, un politico giapponese che si era adoperato per ristabilire i rapporti tra i due paesi era stato assassinato. Perché Sensei fece questa proposta in un tale clima di tensione, consapevole di mettere a repentaglio la propria vita?

«Non ho scelta. Sono un buddista. La missione sociale di un praticante buddista è quella di lavorare per la felicità di tutta l’umanità e per la pace mondiale»

Sono questi i sentimenti che lo animavano. La sua proposta incontrò opposizioni, avvertimenti e persino minacce, sia in Giappone che all’estero. Eppure Yoshimi Takeuchi, uno studioso giapponese di letteratura cinese, la elogiò come «un raggio di luce». Non solo, l’influente politico Kenzo Matsumura, che da tempo si stava impegnando per migliorare le relazioni tra Cina e Giappone, dichiarò che, con quella proposta, quella causa aveva «guadagnato un milione di alleati».
Liu Deyou, un giornalista del quotidiano cinese Guangming Daily residente in Giappone, ricevette una copia della proposta e inviò subito un telegramma in Cina con un resoconto in merito. La notizia raggiunse il primo ministro Zhou Enlai, responsabile di ogni aspetto della politica estera cinese.
Nel settembre 1972, il partito politico giapponese Komeito fece da intermediario nei negoziati per favorire il processo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Ciò fu possibile perché la proposta di Ikeda Sensei, fondatore del partito, era stata molto apprezzata in Cina e il premier Zhou Enlai aveva riposto in lui grande fiducia.  
Dopo aver appreso della morte di Sensei [lo scorso 15 novembre], un portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha dichiarato: «Era un caro amico di lunga data del popolo cinese, e godrà sempre della nostra fiducia e del nostro rispetto. Quando nel 1974 visitò la Cina per la prima volta, si dichiarò disposto a costruire un “ponte dorato” per la pace tra Cina e Giappone. Ci auguriamo che il ponte dorato da lui creato duri per sempre».

Sensei compie i suoi primi passi in Cina, dalla stazione Lo Wu di Hong Kong, il 30 maggio 1974

Sensei mise piede per la prima volta sul suolo cinese il 30 maggio 1974. All’epoca non c’erano voli diretti [fino in Cina]: prese quindi un treno da Hong Kong – allora territorio britannico – fino al confine con la Cina, che attraversò a piedi. La sua visita durò due settimane. Durante il viaggio, a una giovane che gli aveva domandato perché fosse andato in Cina, aveva risposto:

«Sono venuto a trovarti!»

Concentrandosi sempre sulla felicità di ogni singola persona, Sensei portò avanti con risolutezza la sfida di indirizzare il mondo verso un’epoca di pace e coesistenza armoniosa.

Quello stesso anno Ikeda Sensei ebbe l’opportunità di recarsi per la seconda volta in Cina. La notte del 5 dicembre 1974, l’ultimo giorno della sua visita, incontrò il Premier Zhou Enlai, costretto a letto a causa di un tumore che si era diffuso in tutto il corpo. I medici e le persone vicine al primo ministro si erano opposti all’incontro.
Zhou si avvicinò lentamente a Sensei e, stringendogli la mano, disse:

«Ho voluto davvero incontrarla. […] Presidente [Ikeda], lei ha enfatizzato la necessità di promuovere relazioni amichevoli tra i popoli delle nostre nazioni, al di là di tutte le difficoltà connesse a questo processo. La cosa mi rende molto felice» (NRU, 20, 261)

Il premier sottolineò inoltre:

«Gli ultimi venticinque anni del XX secolo saranno un periodo cruciale per tutta l’umanità» (Ibidem, 264)

Rispondendo al desiderio di Zhou Enlai di continuare a promuovere l’amicizia tra Cina e Giappone, Sensei riversò le sue energie nella creazione di opportunità di scambi educativi e culturali tra i giovani dei due paesi. Fece anche da garante per sei studenti cinesi coinvolti in uno scambio accademico, sponsorizzati dal governo giapponese, che studiarono all’Università Soka. Furono i primi a studiare in Giappone dopo la normalizzazione delle relazioni tra le due nazioni.

L’anno dopo aver proposto la normalizzazione delle relazioni tra Giappone e Cina, Sensei ricevette una lettera da Arnold J. Toynbee, uno dei principali storici del ventesimo secolo, con cui lo invitava a «discutere con lui di un certo numero di questioni fondamentali che il mondo aveva di fronte» (NRU, 16, 100).
Il loro primo dialogo ebbe luogo nel maggio 1972 nell’abitazione del professor Toynbee, in Inghilterra. All’epoca, la guerra del Vietnam si stava trascinando e incombeva la minaccia di una guerra nucleare. Quello stesso anno, il rapporto del Club di Roma dal titolo “I limiti della crescita” sconvolse il mondo con l’affermazione: «La Terra raggiungerà i suoi limiti di crescita entro i prossimi cento anni».
Toynbee nutriva da tempo un profondo interesse nei confronti del Buddismo, ritenendo che sostenesse ideali e prospettive in grado di indicare un cammino per superare le crisi che la civiltà moderna si trova ad affrontare.
Considerava il presidente Ikeda come il leader di un “Buddismo vivente”.
Il loro dialogo si svolse in più incontri nell’arco di circa due anni, per un totale di oltre quaranta ore. I contenuti vennero raccolti e pubblicati nella primavera del 1975 in un libro in giapponese, intitolato Dialogo per il ventunesimo secolo, e nel 1976, la Oxford University Press pubblicò l’edizione inglese, intitolata Choose Life. A oggi è stato pubblicato in trentuno lingue ed è considerato da molti un “libro di testo per l’umanità”.

Daisaku Ikeda e lo storico britannico Arnold J. Toynbee in un parco di Londra, 9 maggio 1972

L’ultimo giorno del loro dialogo, nel 1973, la televisione britannica diffuse ampiamente la notizia di un altro incontro, quello tra il leader dell’Unione Sovietica e il Cancelliere dell’allora Germania dell’Ovest.
Il professor Toynbee dichiarò:

«Per quanto il suo dialogo con il presidente Ikeda non potesse certo attrarre così tanta attenzione come un incontro al vertice, era comunque di grande valore per il bene delle future generazioni. Con sincera convinzione, aggiunse che credeva che dialoghi come il loro fossero la chiave per costruire la strada verso una pace duratura» (cfr. NRU, 16, 152)

Espresse inoltre la sua speranza che Sensei, molto più giovane di lui, continuasse a coinvolgere le persone di tutto il mondo in simili dialoghi volti a unire l’umanità.
Toynbee scrisse su un pezzo di carta alcuni nomi, tra cui quello del microbiologo statunitense René Dubos, Aurelio Peccei, co-fondatore del Club di Roma e molti altri pensatori e intellettuali di spicco, ribadendo l’auspicio che Sensei trovasse il tempo per incontrarli. Il maestro Ikeda incontrò anche molti altri intellettuali di tutto il mondo, dialogando con loro sulle prospettive per il ventunesimo secolo e costruendo ponti di pace attraverso le sue parole e le sue azioni.

L’8 settembre 1974, dopo aver visitato la Cina nel mese di maggio, Sensei si recò per la prima volta in Unione Sovietica. La guerra fredda aveva diviso il mondo in due parti, con l’Unione Sovietica alla guida del blocco comunista. Molte persone, oltre a criticare la proposta di Ikeda Sensei di normalizzare le relazioni tra Giappone e Cina, si opposero fermamente alla sua visita in Unione Sovietica, domandando in modo provocatorio perché mai un leader religioso dovesse visitare un paese che negava la religione.
Sensei rispose:

«Perché in quei paesi vi sono esseri umani. Andrò lì a incontrare le persone» (NRU, 20, cap. 2, 126)

Ikeda Sensei incontrò personalità pubbliche come Rem Khokhlov, rettore dell’Università statale di Mosca, e Mikhail Sholokhov, premio Nobel per la letteratura. Dialogò anche con persone comuni e studenti dell’Università statale di Mosca. Ad esempio, parlò con la custode di uno dei dormitori e con un uomo anziano e suo nipote che stavano pescando. Fece tutto il possibile per creare incontri calorosi, sciogliendo ogni tipo di sfiducia nel cuore delle persone. Durante l’ultimo giorno della sua visita in Unione Sovietica, Sensei incontrò il premier Aleksej Kosygin presso il Cremlino.
In quell’occasione, Kosygin gli chiese: «Qual è la sua ideologia di base?».
Sensei rispose senza esitazione:

«Credo nella pace, nella cultura e nell’educazione, alla base delle quali c’è l’umanesimo»

E Kosygin: «Apprezzo la sua filosofia. È necessario mettere in pratica questi ideali anche qui in Unione Sovietica».
Sensei domandò quindi al premier: «L’Unione Sovietica sta per caso pensando di attaccare la Cina?». All’epoca le relazioni dell’Unione Sovietica con la Cina erano tese quanto quelle con gli Stati Uniti.
«No, l’Unione Sovietica non ha intenzione di attaccare la Cina».
«Posso trasmettere questo messaggio ai leader cinesi?», domandò Sensei.
«La prego di sentirsi libero di dire ai leader cinesi che l’Unione Sovietica non attaccherà il loro paese», rispose Kosygin (cfr. NRU, 20, pagg. 207-211).
Tre mesi dopo, durante la sua seconda visita in Cina, Sensei trasmise le parole del premier Kosygin alla leadership cinese.
Cong Shigefeng, direttore del Centro di ricerca Zhou Enlai dell’Università di Nankai in Cina, avrebbe riferito in seguito: «Il premier Zhou attribuì grande importanza a quelle informazioni».
L’anno seguente, nel gennaio 1975, Sensei ebbe un colloquio con il segretario di stato americano Henry Kissinger: in questo modo, aveva incontrato i rappresentanti delle tre maggiori potenze mondiali – Cina, Unione Sovietica e Stati Uniti – adempiendo al compito affidatogli da Toynbee. Come privato cittadino, si impegnò con grande dedizione nella diplomazia volta alla pace e alla prevenzione di una guerra nucleare.

Ikeda Sensei, che aveva dato concretamente avvio alle sue attività per la pace negli anni ‘70, si concentrò ulteriormente in tale direzione dopo le sue dimissioni dalla carica di presidente della Soka Gakkai, il 24 aprile 1979, pur rimanendo presidente onorario della Soka Gakkai e presidente della SGI (Soka Gakkai Internazionale), fondata il 26 gennaio 1975.
Nel giugno 1982, Ikeda Sensei presentò una proposta alla seconda sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicata al disarmo, chiedendo l’abolizione delle armi nucleari. Inoltre nel gennaio 1983, in commemorazione del 26 gennaio – Giorno della SGI – presentò una “Nuova proposta per la pace e il disarmo”. Dal 1983 al 2022 ha presentato una Proposta di pace ogni anno, per un totale di quaranta. Dopo la caduta del muro di Berlino, nel novembre 1989, gli sforzi di Sensei volti alla creazione della pace si intensificarono ulteriormente. Quando, l’anno successivo, vennero alla luce le trame del clero della Nichiren Shoshu mirate a distruggere la Soka Gakkai, Ikeda Sensei continuò ad avanzare imperturbabile, costruendo ponti di dialogo tra civiltà e religioni. Negli anni ‘80 e ‘90 Sensei incontrò numerosi leader mondiali, tra cui Richard von Weizsacker, presidente della Germania appena riunificata; Nelson Mandela, presidente del Sud Africa; Fidel Castro, presidente di Cuba; Rajiv Gandhi, primo ministro indiano; Lee Kuan Yew, primo ministro di Singapore; e Mahathir bin Mohamad, primo ministro della Malesia. Strinse anche legami di amicizia con Rosa Parks, nota come madre del movimento per i diritti civili degli Stati Uniti, con Yehudi Menuhin, celebre violinista, Linus Pauling – due volte premio Nobel per la chimica e la pace – e John Kenneth Galbraith, economista di fama mondiale.

Il maestro Ikeda e il presidente Mikhail Gorbaciov durante il loro primo incontro al Cremlino, Mosca, il 27 luglio del 1990

Dopo la morte di Ikeda Sensei, i media giapponesi e internazionali hanno sottolineato in particolare la sua amicizia con Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell’Unione Sovietica. I due si incontrarono per la prima volta il 27 luglio del 1990 presso il Cremlino, a Mosca. Gorbaciov aveva attuato la perestrojka (“ricostruzione o riforma”), un programma per ricostruire la società sovietica all’epoca estremamente impoverita. Nel dicembre 1989, in occasione del vertice delle Nazioni Unite a Malta, aveva dichiarato la fine della Guerra fredda. 
Nel 1990 era diventato il primo presidente dell’Unione Sovietica. Durante il loro primo incontro, Ikeda Sensei ruppe il ghiaccio con una nota di umorismo:

«Sono venuto qui per discutere con lei. Facciamo volare le scintille e confrontiamoci onestamente e apertamente, per il bene dell’umanità e delle relazioni tra il Giappone e la Russia!» (NRU, 30, 652)

A quelle parole, il presidente Gorbaciov rispose con altrettanto umorismo: «Ho sentito molto parlare delle sue attività, ma non avevo capito che fosse una persona così impetuosa!» (Ibidem)
La loro conversazione durò più di un’ora e toccò vari argomenti, tra cui lo stato della perestrojka e il suo significato, così come le loro aspettative nei confronti dei giovani.
Il presidente Gorbaciov affermò: «Il “nuovo pensiero” connaturato al programma della perestrojka (riforma) è un ramo dell’albero di quella stessa filosofia [che lei sostiene]» (Ibidem, 30, 653).
Il presidente Gorbaciov annunciò inoltre la sua intenzione di visitare il Giappone nella primavera successiva, notizia che divenne di primo piano in Giappone. Mantenendo fede alla sua parola, nell’aprile del 1991 il premier visitò il Giappone – il primo capo di Stato sovietico a recarsi nel paese – dove trovò il tempo, nonostante la sua agenda fitta di impegni, di incontrare Sensei. Successivamente, anche dopo le sue dimissioni da presidente dell’Unione Sovietica gli scambi tra i due e le loro famiglie continuarono. Si incontrarono in totale dieci volte. Una raccolta dei loro dialoghi è stata pubblicata in un volume intitolato Le nostre vie si incontrano all’orizzonte. Nel campus dell’Università Soka di Tokyo, accanto agli alberi di ciliegio dedicati a Zhou Enlai e sua moglie Deng Yingchao, Gorbaciov e sua moglie Raissa piantarono un albero di ciliegio, che continua a fiorire ancora oggi in tutto il suo splendore.

Oltre ai suoi dialoghi con leader e pensatori di tutto il mondo, Sensei ha tenuto conferenze presso numerose università e istituzioni accademiche. Scrive:

«Nell’università e nei suoi scopi, l’umanità può trovare accordo e armonia. L’apprendimento trascende le differenze nazionali, politiche ed etniche»

Il presidente Ikeda ha tenuto due conferenze presso l’Università di Harvard, la prima nel settembre 1991, dal titolo “L’età del potere morbido”, e la seconda nel settembre 1993, dal titolo “Il Buddismo Mahayana e la civiltà del ventunesimo secolo”, in cui ha esposto la visione del Buddismo sulla vita e sulla morte.
Alla radice dei disordini odierni – compresa la guerra – c’è il tentativo della civiltà moderna di evitare la questione della morte. Parlando della filosofia del Buddismo mahayana, che trova gioia sia nella vita che nella morte, il maestro Ikeda ha condiviso la sua visione di costruire una civiltà umana fondata sul dialogo aperto e sul rispetto per la vita. Al termine della sua conferenza, durata circa quaranta minuti, la sala è stata scossa da un fragoroso applauso di approvazione. Da allora, Ikeda Sensei ha tenuto molte altre conferenze: presso l’Università di Mosca (per la seconda volta), l’Università di Bologna, la Columbia University negli Stati Uniti, l’Università dell’Avana a Cuba e il Rajiv Gandhi Institute for Contemporary Studies in India, in cui ha presentato la sua visione basata sull’umanesimo, per trasformare il karma dell’umanità.

Il maestro Ikeda durante la sua seconda conferenza all’Università di Harvard, negli Stati Uniti, dal titolo “Il Buddismo Mahayana e la civiltà del ventunesimo secolo” (24 settembre 1993)

Nel gennaio 1998, quando compì settant’anni, Sensei scrisse in un saggio:

«Se avessi continuato a scrivere quello che avrei realizzato dall’età di sessant’anni fino a oggi, accanto a ciò che immaginavo per il decennio successivo, leggeremmo così: fino ai settant’anni: l’affermazione dei principi per un nuovo umanesimo; fino agli ottant’anni: il completamento delle basi per kosen-rufu nel mondo. Da qui in poi, in accordo con la Legge mistica e la natura immortale e senza tempo della vita secondo quanto esposto dal Buddismo, sono determinato a guidare kosen-rufu per tutta l’eternità» (NR, 371, 10)

Oggi ci troviamo ad affrontare innumerevoli sfide, vecchie e nuove, tra cui la crescente minaccia di una guerra nucleare, i conflitti etnici, la crisi climatica. Attraverso le sue parole e le sue azioni, Ikeda Sensei ci ha indicato i modi e i principi per risolvere simili problemi.
Insieme, con i giovani in prima linea, continueremo a impegnarci a creare un futuro migliore per le generazioni successive.

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