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Il mio voto indistruttibile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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Il mio voto indistruttibile

Erica Yoko Necci, Roma

Durante la Consulta nazionale Erica ha condiviso come, grazie al Buddismo, è riuscita a superare sin da piccola molte sfide di salute. Sostenuta dagli incoraggiamenti di Daisaku Ikeda, realizza brillanti vittorie in ogni campo della sua vita

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Ho avuto la fortuna di nascere da due meravigliosi giovani della Soka Gakkai.
A un anno e mezzo mi fu diagnosticato il diabete mellito. I miei genitori intrapresero questa sfida con grande coraggio, dedicandosi senza riserve alla pratica e all’attività buddista. Per fortuna anch’io amavo già il Daimoku e presto iniziai a partecipare alle riunioni con loro, dove ascoltavo con grande serietà.
A sei anni, misticamente ebbi occasione di lavorare come doppiatrice e compresi che quella era la mia strada, che tuttora amo e sperimento in ogni sua forma. 
A quattordici anni iniziai a partecipare assiduamente agli zadankai e a sedici diventai membro della Soka Gakkai, mentre facevo shakubuku a tutti i miei amici. Ho vissuto sempre con il desiderio di aiutare il mondo, ma presto iniziai a fare i conti con il conflitto che si manifestava nel mio cuore, l’idea di non poter vivere, di non avere la forza necessaria per far fronte alla mia malattia.
Avevo attacchi di panico, nascondevo una profonda depressione e il mio corpo era spesso così dolorante da avere difficoltà a deglutire il cibo.
Un giorno un medico mi disse: “Scusa, quand’è che vuoi morire? Devi prendere la decisione di salvare la tua vita”.
Leggendo il Diario giovanile di Ikeda decisi che, per gratitudine nei confronti della sua immensa lotta come essere umano per noi discepoli, avrei portato la mia vita verso la vittoria e sentii davvero di formulare il mio voto indistruttibile.
Leggevo costantemente il Gosho I due tipi di fede

«Oggi ci sono persone che credono nel Sutra del Loto; la fede di alcuni è come il fuoco, quella di altri è come l’acqua. Quando i primi ascoltano l’insegnamento, ardono di passione come il fuoco, ma, con il passare del tempo, tendono ad abbandonare la fede. Avere fede come l’acqua significa credere sempre, senza mai retrocedere» (RSND, 1, 798)

Nel lavoro il mio senso di inadeguatezza riemergeva ma, grazie al Daimoku, realizzavo risultati incredibili. Ho lavorato come doppiatrice ad alti livelli in film importanti come Harry Potter e La città incantata di Miyazaki, sono stata scelta come voce da registi tra cui Spielberg per vari suoi film, ottenendo numerosi premi.
A diciannove anni ho iniziato a fare attività byakuren e ho accettato la responsabilità di capitolo giovani donne di una zona molto vasta. A volte per incontrare i membri dovevo fare più di cento chilometri e non potendo ancora prendere la patente a causa della malattia, viaggiavo su corriere e treni recitando Daimoku nel cuore, come faceva Sensei.
Tutto quel Daimoku e l’attività rafforzarono la mia vita: guarii dagli attacchi di panico e il 18 novembre del 2013, a ventitré anni, riuscii a prendere la patente. Intanto il mio compagno di allora e due care amiche decidevano di ricevere il Gohonzon e altre persone a cui avevo fatto shakubuku iniziavano a praticare.
Nei mesi seguenti iniziai a manifestare un’infezione che diventò a lungo andare una condizione di dolore cronico che investiva tutta la parte inferiore del mio corpo.
Non sapevo cosa avessi né quale fosse la cura. I medici facevano varie diagnosi, ma il diabete complicava le cose.
Avevo sempre una borsa dell’acqua calda addosso per alleviare il dolore che mi attanagliava anche di notte, e un giorno mi dissi: «Non è possibile che io sia ancora così debole, a 26 anni non riesco più a camminare, quanto devo rafforzarmi!». Pensai a quanto avrei voluto che Sensei fosse accanto a me e aprii a caso una pagina del Diario giovanile, dovei Sensei diceva qualcosa di molto simile, mentre lottava con la sua malattia…:

«Mi preoccupa un po’ la mia abitudine di dormire con una borsa d’acqua calda sui piedi, vista la mia giovane età» (Diario giovanile, p. 447)

In quel momento sentii di aver incontrato il mio maestro e che non avevo nulla di cui preoccuparmi.
Decisi di andare in Giappone e di partecipare a un corso giovani.
Non rientrai tra i partecipanti al corso, ma recitando Daimoku capii che per aprire la strada di kosen-rufu non potevo basarmi sull’ambiente, ma dovevo essere io a decidere fino in fondo. Così comprai il biglietto per andare in Giappone.
Al Daiseido determinai come discepola di Sensei di guarire subito e di trovare la cura non solo per me, ma per tutte le persone che stavano affrontando quella malattia senza nome. Al rientro avrei recitato sei ore di Daimoku ogni domenica con tutte le giovani donne decidendo che in questa vita non mi sarei mai fatta sconfiggere dalla malattia.
Dopo le prime sei ore di Daimoku il mio corpo smise di manifestare tutta l’infinità di sintomi che avevo vissuto per tre anni, e di lì a poco si diffuse a livello nazionale la conoscenza di malattie femminili fino a quel momento ignorate. Così finalmente moltissime donne e ragazze ottennero diagnosi e cure adeguate dopo anni di sofferenze.
Recentemente il mio compagno, che ancora non praticava, mi ha proposto di recitare insieme un’ora di Daimoku al giorno per realizzare una famiglia felice.
Nel frattempo ho sanato la mia situazione economica quasi del tutto, tanto da comprarmi una casa. Inoltre quattro mie amiche hanno iniziato a praticare e ho conosciuto una ragazza diabetica con cui ho condiviso la decisione di guarire. Lei ha iniziato a praticare con tutta la sua famiglia e mi ha detto che sta pensando di ricevere il Gohonzon! 
Da quando Sensei non è più fisicamente con noi, sento che è nostra responsabilità trasmettere il potere della Legge mistica attraverso un’assoluta convinzione nella vittoria. Sensei scrive:

«Il Budda è chiamato Tathagata (colui che così viene), un termine che si riferisce all’attività dinamica della vita che pulsa di saggezza in ogni momento. Perciò è l’istante presente che conta, non qualche tempo futuro. Dobbiamo sforzarci assiduamente nella fede, approfondendo la nostra dedizione alla pratica buddista e trasformando il nostro karma, qui e adesso. Questo è il modo di accumulare le cause per la felicità che contiene anche l’effetto di essere felici» (BS, 180)

La mia determinazione è di mostrare al mondo il nostro incredibile movimento di umanesimo e di contribuire a kosen-rufu con 50 shakubuku felici entro il 2030!

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